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Approcci combinatori che hanno come bersaglio diverse vie

Questa tipologia di approccio è quella più studiata e che ha dato i risultati migliori.

Già nella medicina tradizionale si usavano misture di metaboliti secondari di origine vegetale per trattare le infezioni.

I metaboliti secondari agiscono interessando bersagli diversi, dal momento che sono rappresentati da molti composti con differenti proprietà farmacologiche.

Il timolo, un monoterpene fenolico con note proprietà antibatteriche, per esempio, è stato preso in considerazione in associazione all’EDTA e alla vancomicina per investigare se la loro combinazione possa aumentare l’efficacia dell’antibiotico contro patogeni MDRs (R. Hamoud et al., 2014). L’ acido dietilenaminotetracetico (EDTA) è normalmente usato come conservante nei cibi e come agente antimicrobico.

L’EDTA è in grado di chelare ioni calcio e magnesio, la cui rimozione può indebolire la parete batterica, facilitando l’ingresso di farmaci e rendendo così più vulnerabili i microbi.

La vancomicina è un glicopeptide usato nel trattamento di infezioni causate da batteri Gram +, essendo in grado di inibire la sintesi del peptidoglicano.

Il peptidoglicano forma la maggior parte della parete dei Gram +, mentre forma solo un sottile strato nella complicata parete cellulare dei Gram- che sono ulteriormente protetti da una membrana lipidica esterna.

Timolo, EDTA e vancomicina sono stati valutati misurando le minime concentrazioni inibenti (MIC) nei confronti di diversi ceppi batterici sia Gram + che Gram –.

Il timolo, preso singolarmente, mostra una moderata attività antibatterica contro sia Gram + che Gram – e ceppi MDRs.

I monoterpeni, infatti, sono composti altamente idrofobici che sono in grado di dissolvere le membrane biologiche; così facendo, se usati in

associazione con vancomicina ne favoriscono l’ingresso nelle cellule aumentandone l’efficacia.

L’EDTA ha dimostrato avere attività batteriostatica ma non battericida nei confronti di tutti i ceppi.

I batteri Gram + sono più resistenti all’ EDTA grazie alla loro spessa parete, per cui se usato in combinazione con vancomicina non ne cambia l’efficacia.

Come atteso, la vancomicina ha una forte attività contro i Gram + mentre rispetto ai Gram – la sua azione è molto debole.

La combinazione di timolo insieme ad EDTA e vancomicina è risultata particolarmente efficace contro E. coli, un batterio Gram – che normalmente non è sensibile a questo antibiotico.

Questo risultato offre nuove prospettive nella cura dei patogeni Gram –, nei confronti dei quali l’arsenale farmacologico risulta limitato.

Lo screening di metaboliti secondari derivanti sia da microrganismi che da alghe e piante superiori è fonte di diversi composti bioattivi molto promettenti con attività farmacologiche diverse (Chung et al., 2011).

Sono state riconosciute le potenzialità terapeutiche delle sostanze fitochimiche per lo sviluppo di agenti contro ceppi di S. aureus methicillin resistant (MRSA).

La combinazione tra questi principi naturali e alcuni antibiotici può aumentare l’efficacia di tali antimicrobici e rappresentare un’alternativa al trattamento di infezioni causate da ceppi MDRs e in particolare da MRSA, la cui terapia risulta attualmente limitata e molto costosa (Celenza et al., 2012).

I naftochinoni, per esempio, sono sostanze fitochimiche con un’ampia attività farmacologica e sono stati ampiamente usati a fini industriali (Hussain et al., 2007).

I naftochinoni agiscono aumentando lo sviluppo di ROS che danneggiano lipidi, proteine e acidi nucleici e sono inoltre in grado di formare complessi irreversibili con gli aminoacidi nucleofili delle proteine portando alla perdita della loro funzione.

Il beta lapachone e il suo isomero alfa lapachone sono naftochinoni naturali estratti dall’albero Lapacho (Tabebuia avellanedae) o sintetizzati a partire dal lapacholo (fig. 20).

Fig. 20 I) alfa lapacholo II) alfa laphacone III) beta lapachone IV) deidro

alfa lapachone

Questi composti hanno dimostrato un’ampia varietà di proprietà farmacologiche (antitumorali, antinfiammatorie, anti-tripanosoma, antimalariche e antimicrobiche) e possono anche agire come inibitori della transcrittasi inversa dell’HIV-1 e delle topoisomerasi eucariotiche e procariotiche (Ferreira et al., 2010; Kobayashi et al., 2011).

Alfa e beta lapachone hanno dimostrato una forte attività contro ceppi MRSA (Macedo et al., 2013) e questo rappresenta un grande opportunità visto che la terapia anti-MRSA è limitata all’uso di glicopeptidi (vancomicina, teicoplanina) e oxazolidine (linezolide) e sono già stati segnalati ceppi MRSA resistenti anche ai glicopeptidi (Coombs et al., 2011).

Inoltre il beta lapachone è in grado di inibire la crescita di ceppi MRSA quando associato a beta-lattamici, carbapenemi e fluorochinoloni (Macedo et al. 2013).

In uno studio precedente è stato descritto l’effetto sinergico tra beta lapachone e isoniazide nei confronti di Mycobacterium fortuitum e

Spesso la combinazione di un antibiotico con un adiuvante non antibiotico (definito come qualsiasi composto usato per migliorare la cura della malattia) è la strada più efficace per combattere la resistenza agli antibiotici.

Una delle classi più familiare di adiuvanti non-antibiotici sono gli antisettici o biocidi.

La clorexidina, un biguanide usato come disinfettante ad ampio spettro di azione attivo verso Gram +, Gram – e miceti che ha azione battericida perché in grado di aumentare la permeabilità della membrana cellulare con conseguente precipitazione delle proteine citoplasmatiche, è uno degli antisettici più comunemente usato.

La clorexidina è stata associata con successo alla minociclina e alla rifampicina per prevenire le infezioni dovute all’uso del catetere (Sampath et al., 2001).

Inoltre, molte classi di composti conosciuti come per esempio antistaminici, ansiolitici, antipertensivi, antispastici e antinfiammatori sono attualmente in studio come agenti adiuvanti nella terapia antibiotica (Ejim et al., 2011).

Una strategia efficace per aggirare certi meccanismi di resistenza è quella di usare un antibiotico battericida e un adiuvante che contemporaneamente ne inibisca la resistenza.

Questo approccio è particolarmente utile nel caso di potenziale distruzione dell’antibiotico da parte degli enzimi del batterio ed è già ampiamente usato nell’associazione del beta lattamico amoxicillina e di un inibitore delle beta lattamasi come l’acido clavulanico.

Composti che inibiscono le pompe di efflusso sono stati anche usati in molte combinazioni con antibiotici per sopprimere i fenotipi resistenti. La reserpina,un alcaloide indolico con attività antipertensiva e antipsicotica, è anche in grado di inibire le pompe di efflusso nei batteri MDRs.

La reserpina, usata in combinazione con il chinolonico ciprofloxacina, è in grado di sopprimere la resistenza in S. aureus e Streptococcus pneumoniae (Lomosvskaya et al., 2001).

Il celecoxib oltre all’attività antinfiammatoria (è un antinfiammatorio non steroideo inibitore delle COX-2) si è anch’esso dimostrato in grado di inibire le pompe di efflusso e può aumentare la sensibilità di S. aureus nei confronti di molti antibiotici quali ampicillina, kanamicina, cloramfenicolo e ciprofloxacina (Kalle e Rizvi, 2011).

La maggior parte degli inibitori delle pompe di efflusso aumenta la sensibilità dei microrganismi agli antibiotici permettendone l’accumulo intracellulare (Kourtesi et al., 2013).

E’ necessario fare due considerazioni riguardo l’ uso di un inibitore quale un adiuvante non antibiotico:

1. a differenza degli adiuvanti antisettici, che hanno di per se stessi un potenziale antimicrobico, gli inibitori aggirano o reprimono un meccanismo di resistenza ma non hanno attività antimicrobica diretta,

2. il meccanismo complementare di un adiuvante inibitore diretto contro la resistenza all’antibiotico non solo aumenta l’efficacia del suo partner antimicrobico ma non necessariamente provoca l’insorgenza di un nuovo meccanismo di resistenza (R. Hamoud et al., 2014).

Queste due distinzioni indicano le premesse per lo sviluppo di nuove promettenti terapie che utilizzino questo approccio.

Uno degli approcci più nuovi nella terapia combinatoria riguarda l’uso di adiuvanti biologici.

L’accoppiamento di un antibiotico con un adiuvante batteriofago si può rivelare più efficace che non i singoli componenti ed è attualmente già disponibile nella Repubblica di Georgia (ex Unione Sovietica) il

immersi in una matrice polimerica biodegradabile per curare le ulcere venose infette che sono spesso refrattarie ai comuni agenti antimicrobici (Markoishvili et al., 2002).

Anche gli anticorpi (IgG) sono stati proposti come adiuvanti per promuovere la risposta immunitaria nell’ospite e aggirare i meccanismi di resistenza.

In particolare ne è stata dimostrata l’efficacia in topi con infezione del peritoneo indotta da E. coli e Klebsiella (Barekzi et al., 2002).

Anticorpi policlonali umani sono stati iniettati localmente nel sito di infezione e contemporaneamente è stato somministrato per via endovenosa un antibiotico ad ampio spettro (Ceftazidine).

La sopravvivenza dei topi è stata valutata in uno studio di coorte facendo un confronto fra l’effetto della somministrazione di soli anticorpi, di solo antibiotico e della somministrazione di entrambi.

I risultati hanno dimostrato una sinergia significativa nella terapia in combinazione.

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