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GLI APPORTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE NELLA COSTRUZIONE DELLO STATO MULTICULTURALE IN COLOMBIA

7. Approccio differenziale e specificazione delle pretese

Tuttavia, sembra che la Corte costituzionale sia anche (almeno in parte o potenzialmente) sensibile a questo fenomeno. Una (diversa) tendenza, infatti, mostra un atteggiamento di (progressiva) valorizzazione delle comunità indigene nelle intersezioni con altri gruppi sociali oppressi che tende al contempo a valorizzare la tridimensionalità delle loro pretese.

Ciò si verifica proprio in relazione al rapporto dei gruppi indigeni con il loro territorio. Pertanto, se prima ho sottolineato la difficoltà che si può verificare riguardo al collegamento inscindibile tra cultura e territorio – problema che si enfatizza proprio come conseguenza della concezione di cultura adottata dalla Corte costituzionale colombiana – ora, paradossalmente, incentrerò la mia analisi proprio sulla tutela del territorio come garanzia delle pretese dei gruppi indigeni: pretese non solo di riconoscimento, ma anche di distribuzione e certamente di rappresentanza. Così, la enfatizzazione del rapporto tra gruppo indigeno e territorio (se preso sul serio) diventa anche una sorta di test-case per valutare gli eventuali vantaggi di adottare un approccio che consideri le intersezioni dei gruppi indigeni con altre minoranze (quindi, il cd. ‘approccio differenziale’) capace, come si vedrà più avanti, di dare rilevanza anche alla tridimensionalità delle pretese dei gruppi indigeni in relazione all’uso del proprio territorio (quindi, la ‘consulta previa con consenso obbligatorio’52).

Riguardo al primo aspetto, ossia l’intersezione tra (almeno) due minoranze, un caso specifico durante l’ultimo decennio ha suscitato l’interesse della Corte costituzionale: l’intersezione tra la minoranza gruppi indigeni e la minoranza sfollati (desplazados).

A questo proposito la Corte costituzionale ha impiegato il cd. approccio differenziale che, anche in relazione ai gruppi indigeni e neri (approccio etnico), alle donne (approccio di genere), ai bambini, e alle persone con disabilità, è stato rafforzato dalla stessa Corte in diversi provvedimenti (p.e. 92 del 2008; 251 del 2008, 4 e 5 del 2009; 6 del 2009, 98 del

50 Per un’analisi di questo fenomeno v. D. BOCAREJO, Dos paradojas del multiculturalismo colombiano. La

espacialización de la diferencia indígena y su aislamiento político, cit., passim.

51 Si tratta di un criterio interpretativo elaborato dalla Corte nella sentenza T-254/1994 che, nella sua

prima versione, ben potrebbe essere letto come un canone secondo cui la garanzia delle pretese di riconoscimento (e, vale la pena ribadirlo, delle pretese di distribuzione e di quelle di rappresentanza eventualmente coinvolte) dipende, in termini proporzionali, dal grado di “purezza”, isolamento e non mobilità della rispettiva cultura (o di ciò che si considera la rispettiva cultura). Tuttavia, a partire dalla sentenza T-514/2009 il principio è stato (forzatamente) ri-formulato. Così, per esempio, nella sentenza T- 661/2015, la Corte precisa che questo principio si riferisce solo al bisogno «de la intensificación del diálogo, en la medida en que las diferencias culturales se hagan más notorias. Sin embargo, el grado de conservación cultural no puede llevar al operador judicial a desconocer las decisiones autónomas de cada comunidad, incluidas aquellas dirigidas a iniciar un proceso de recuperación de tradiciones, o a separarse de algunas de sus tradiciones».

2013; 443 de 2015): si tratta di direttive rivolte ai pubblici poteri contenenti indicazioni su come dovrebbero essere configurate le politiche in materia di sfollamento (desplazamiento) forzato nelle zone rurali della Colombia dovuto soprattutto al conflitto armato. Un conflitto che, peraltro, affonda le proprie radici in un contesto sociale ed economico caratterizzato storicamente, come abbiamo già visto, da un sistematico spoglio e sfruttamento delle terre53. Un fenomeno, quello dello sfollamento (desplazamiento), già

identificato nella famosa sentenza T-025 del 200454 (seguita, appunto, dai provvedimenti

prima ricordati) come un cd. Stato di Cose Incostituzionale, caratterizzato cioè da una persistente e sistematica violazione di diritti fondamentali55.

L’espressione ‘approccio differenziale’ può essere intesa, o sarebbe da intendersi come ‘approccio intersezionale’, ossia come un approccio che prende in considerazione le intersezioni di ogni gruppo sociale con (per esempio) il fenomeno del desplazamiento, nella considerazione del fatto che, in realtà, il desplazamiento non tocca sempre tutti i gruppi nella stessa maniera e con la stessa intensità.

All’interno di queste intersezioni, una delle condizioni più problematiche è appunto quella in cui versa la categoria indigeno-desplazado, un gruppo che rappresenta più o meno il 10% della popolazione che si auto-riconosce come indigena, corrispondente al 17% della popolazione etnica vittima di sfollamento in Colombia56 e quindi a circa il 2% dei più di 6

milioni di desplazados finora registrati57. Una intersezione (indigeno-desplazado) a sua volta

potenzialmente destinataria di ulteriori incroci: come appena detto, non a caso, la stessa Corte ha enfatizzato, mediante i suoi provvedimenti, la specificazione delle diverse categorie che potrebbero caratterizzare la singola persona desplazada, cogliendo il fatto che, appunto, quest’ultima ben potrebbe trovarsi nella condizione, per esempio, di sfollata- bambina-disabile-vittima di violenza sessuale.

Comunque, anche senza enfatizzare le altre categorie58, in relazione all’indigeno-sfollato

e alla sua pretesa di reintegrazione nel proprio territorio, la Corte ha precisato che il

53 Sulle difficoltà definitorie di ‘desplazado’ o ‘desplazada’ e sul dibattito al riguardo v., per esempio, I.VÉLEZ

TORRES, Desplazamiento y etnicidad: fracasos del multiculturalismo en Colombia, in Destacados, gennaio-aprile 2013, pp.

158-161.

54 Corte costituzionale colombiana, T-025/2004.

55 Per un’analisi approfondita del fenomeno del desplazamiento alla luce della sentenza di tutela T-025/2004

e dei provvedimenti successivi, v. C.RODRÍGUEZ-GARAVITO,D.RODRÍGUEZ-FRANCO, Radical Deprivation on

Trial. The Impact of Judicial Activism on Socioeconomic Rights in the Global South, Cambridge University Press, New

York, 2015, passim, spec. pp. 30-52; (per una possibile tassonomia degli effetti di questa e di altre decisioni strutturali: Parte II).

56 Si stima che il 14% della popolazione etnica colombiana sia stata vittima di desplazamiento forzato:

CENTRO NACIONAL DE MEMORIA HISTÓRICA, Una nación desplazada: informe nacional del desplazamiento forzado en

Colombia, CNMH-UARIV, Bogotá, 2015, p. 37: «Las comunidades étnicas colombianas han sido una de las

principales víctimas del desplazamiento forzado y han sufrido un desproporcionado impacto pues esta forma de violencia ha afectado sus formas de vida tradicionales y ancestrales. De acuerdo al registro oficial, en total, 869.863 personas desplazadas pertenecen a un grupo étnico, lo cual quiere decir que esta forma de violencia ha afectado al 14 por ciento de la población étnica censada en 2005».

57 Peraltro, il 15% della popolazione afro-discendente è stata vittima di sfollamento: percentuale che

rappresenta l’80% della popolazione etnica vittima di desplazamiento e, quindi, quasi l’11% dei più dei 6 milioni di sfollati in Colombia. Gli afro-discendenti e i gruppi indigeni sono, dunque, le due categorie più colpite dallo sfollamento forzato in Colombia. CENTRO NACIONAL DE MEMORIA HISTÓRICA, Una nación desplazada:

informe nacional del desplazamiento forzado en Colombia, cit., p. 39: «A partir de las cifras del censo de 2005, se

estima que cerca del 15 por ciento de la población afro ha sido víctima del desplazamiento forzado, cifra que para los pueblos indígenas corresponde al 10 por ciento. Debido a que estos grupos representan respectivamente el 10 y el 3 por ciento de la población colombiana, las elevadas cifras de expulsión revelan una afectación desproporcionada y agravada con ese tipo de población».

58 Ad esempio, per un’enfatizzazione di questo fenomeno con attenzione anche a una prospettiva di

genere (che tiene quindi conto anche della popolazione LGBTI), v. con un approccio intersezionale: D. GUZMÁN RODRÍGUEZ,N.CHAPARRO GONZÁLEZ, Restitución de tierras y enfoque de género, Dejusticia-Antropos,

soddisfacimento di tale pretesa deve prendere in considerazione le specificità culturali dei gruppi etnici e, quindi, non solo la dimensione individuale, ma anche la dimensione collettiva e dunque il pregiudizio (afectación) subito dal gruppo in conseguenza del desplazamiento59. Dovrebbe cioè trattarsi di una forma di riparazione che, prendendo in

considerazione l’intersezione indigeno-desplazado (due gruppi oppressi) rende possibile, ai membri di questa categoria, il ritorno al proprio territorio d’origine, in sintonia, del resto, a quanto previsto dall’art. 16 della Convenzione OIL n. 169 e dagli artt. 10 e 28 della Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni. Tale normativa, peraltro, in una direzione condivisa dalla Corte costituzionale colombiana, prevede, ma solo come seconda opzione riparativa – qualora, cioè, non fosse possibile il rientro allo stesso territorio di origine –, la sistemazione, previo consenso, in un territorio di uguale qualità, estensione e caratteristiche giuridiche.

Queste politiche di restituzione delle terre60, alla luce della già riferita teoria

tridimensionale della giustizia elaborata da Fraser, possono essere lette (o potrebbero essere lette) non solo come espressione di una politica di riconoscimento, ossia di una politica che cerca di attribuire all’indigeno-desplazado uno status di rispetto e stima mediante interventi di promozione esclusivamente identitaria. Le stesse politiche di restituzione delle terre possono essere lette anche come espressione di una politica di distribuzione, cioè, di misure dirette a riequilibrare la distribuzione della ricchezza e, quindi, a dare indipendenza alla voce dell’indigeno-desplazado nel dibattito pubblico mediante la concomitante garanzia di diritti sociali, l’autonomia nella gestione delle proprie risorse e, nelle parole della Corte, la stabilizzazione socio-economica. Infine, queste misure di riparazione possono essere lette anche come espressione di una politica di rappresentanza: in effetti, tali misure non solo comportano l’inclusione dell’indigeno-desplazado nella cornice (frame) dei destinatari di politiche di riconoscimento e di redistribuzione, ma prevedono anche canali di rappresentanza ‘ordinaria’. Mi riferisco, ad esempio, a quelle misure che consentono la partecipazione dei gruppi di indigeni coinvolti nei processi decisionali sulla riparazione.

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