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Se a tutt’oggi l’affluenza e la richiesta maggiore di cura è rivolta alla condizione materno infantile, attraverso il progetto di stanzialità, si potrà assistere il progressivo “invecchiamento” del fenomeno immigratorio, che a tutt’oggi sfugge all’attenzione anche dei servizi dedicati, il che può far modificare il “profilo di salute” ed indurre ad una rivisitazione della, seppur limitata, offerta di servizi indirizzata alle persone immigrate anziane.

Quella dell’immigrazione è sicuramente una delle realtà in cui il ‘sociale’ ed il ‘sanitario’ si intrecciano indissolubilmente, a volte fino a confondersi, nel bisogno di definire progetti e percorsi di alta integrazione sociosanitaria.

L’approccio multi-professionale dedicato alle attività sociosanitari dei migranti richiede un forte coordinamento tra operatori coinvolti, una significativa esperienza nel campo, un’azione efficiente dei servizi sociali e il coinvolgimento, anche, dei mediatori culturali.

È in un confronto interprofessionale di testimonianza sulla relazione, sull’intervento professionale e sulle strategie che gli operatori mettono in atto nel lavoro quotidiano che si è in grado fornire aiuto alle persone immigrate che si rivolgono ai servizi.

Oggi però sembra emergere in modo pressante una funzione del Servizio Sociale relativa alla capacità di questo professionista di ri-connettere e ricomporre con un approccio olistico ciò che all’interno delle persone e nel loro relazionarsi con la società si è frantumato, che tende a parcellizzarsi, minacciando quella globalità e integrità che figurano tra i principi fondanti della professione.

Tale approccio si gioca anche all’interno del lavoro quotidiano del servizio sociale a contatto con altre figure professionali proprio per la caratteristica capacità e competenza dell’assistente sociale di utilizzare una visione allargata, triadica nella lettura dei problemi e nelle proposte: lo scopo è quello di riflettere sul materiale a disposizione per poter elaborare un progetto personalizzato/quadro che contempla le interrelazioni tra più soggetti: utente, professionista/i all’interno di un sistema organizzativo e sistema ambiente.

A tal proposito Ferrari M. nel suo libro “La frontiera interna” individua alcune tipologie di operatori sociali, con immagini piuttosto suggestive, facendo riferimento alla loro posizione rispetto all’utente da un lato e all’organizzazione per la quale lavorano dall’altro. 70

L’operatore riflessivo, tra le tipologie individuate, è quello che si situa in una posizione di mediazione tra le istanze che provengono dalle persone e le regole organizzative e procedurali del servizio/Ente/Azienda di appartenenza, non troppo immerso nelle procedure ma nemmeno troppo schierato dalla parte dell’utente.

Il significato della “presa in carico” in termini di assunzione di compiti e funzioni che stanno all’interno dell’accompagnamento, sostegno ed intervento nella relazione d’aiuto, rimanda al compito di assumersi la responsabilità professionale della gestione delle situazioni di cui ci si occupa in quanto operatori sociali.

In un articolo sull’“operatore leggero” la Olivetti Manoukian evidenziava come il sostantivo usato spesso nel campo degli interventi nel sociale, la presa in carico appunto, può rimandare al fatto che quel che viene preso in carico è l’utente stesso che figura quindi come un peso, un 70Ferrari M. La frontiera interna. Welfare locale e politiche sociali” 2014 Ed Academia Universa Press

peso molto grosso […] e gli operatori rischiano di farsi tentare dall’idea di potersi effettivamente assumere l’enorme peso di poter risolvere i problemi, di avere la responsabilità di raggiungere quello che la società ha in un certo senso distrutto […] di conseguenza si ha paura appunto del “carico”».

Ma come ci suggerisce ancora Olivetti Manoukian: « la presa in carico può anche rimandare ad una accezione diversa: essere carico (essere gravato), ma anche essere entusiasmato, perché forti dimensioni ideologiche, motivazionali, animano il lavoro sociale» e un operatore può diventare leggero «nella misura in cui riesce ad alleggerire i problemi perché li vede, li guarda, con un sguardo più competente, che permetta di vedere intrecci, di fare spazio ad ipotesi avvincenti audaci a come affrontarli non intrappolato dal vincolo cieco del dilemma della povertà delle risorse». 71

Le pratiche lavorative degli assistenti sociali non possono pertanto essere prese in considerazione come scisse dalle pratiche organizzative, perciò troveremo diversi modi e livelli in cui la discrezionalità personale si interseca con il mandato organizzativo, ma che se ne discosti entrando in conflitto con l'organizzazione, o che si rifugi nella cornice protettiva della stessa, l'operatore si trova comunque a fare i conti con il contesto organizzativo in cui lavora.

Secondo Selznick, considerato il padre dell’istituzionalismo, le organizzazioni sono sistemi sociali le cui componenti interne devono soddisfare una serie di bisogni quali: la sicurezza in relazione alle pressioni dell’ambiente esterno (i propri confini); la stabilità interna dell’autorità e delle comunicazioni; la continuità della politica (dei propri obiettivi); il mantenimento delle relazioni informali interne; il mantenimento dell’immagine (il significato ed il ruolo dell’organizzazione). Dunque, di fronte alle forze tangenziali esterne, pur di continuare a soddisfare quei bisogni, le organizzazioni sono disposte a scendere a compromessi e a rivedere i propri programmi72.

E' interessante anche interrogarci sui codici culturali che orientano le nostre organizzazioni e che in qualche modo rendono diverso un servizio rispetto ad un altro, indicandone le finalità. Attraverso l'orientamento sono declinati anche i mandati istituzionali che poi vengono tradotti in prassi operative e quindi la cultura dell'organizzazione è nodo cruciale per la produzione di un servizio perché ne influenza il pensiero, le azioni e la spendibilità delle professioni.

L'operatore quindi, è colui che può consentire all'organizzazione di muoversi, di apprendere, di cambiare, in quanto si trova in immediato contatto con i bisogni e i cambiamenti sociali; produrre apprendimenti a livello organizzativo significa produrre innovazione nel servizio, significa far sì che il servizio possa stare al passo con il cambiamento dei bisogni sociali. Non è detto però che l'organizzazione sia disposta ad apprendere o che sia sensibile ai cambiamenti in atto, si mostra allora rigida e sorda di fronte ai bisogni espressi degli operatori, cartina tornasole dei cambiamenti sociali in atto.

71Olivetti Manoukian F. L’operatore sociale leggero in Re/immaginare il lavoro sociale” -Geki di Animazione sociale 2005

72Bonazzi G. Storia del pensiero organizzativo. Vol.2: La questione burocratica. Ed. Franco Angeli 2007

Il rischio attuale è che l'operatore si trovi schiacciato in una doppia pressione, i vincoli organizzativo-istituzionali e una maggior ristrettezza di risorse da una parte, e le richieste dell'utenza, sempre più in aumento dall'altra.