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Arbitrato come misura deflattiva degli appelli civili,

CAPITOLO 4: L’ARBITRATO DEFLATTIVO

4.8 Arbitrato come misura deflattiva degli appelli civili,

Il comma 4 dell’art 1, dispone che, in caso di istanza congiunta delle parti, la trasmissione del fascicolo al consiglio dell’ordine degli avvocati “ è disposta in grado di appello e se il procedimento arbitrale non si conclude con la pronuncia del lodo entro 120 giorni dall’accettazione della nomina del collegio arbitrale, il processo deve essere riassunto entro il termine perentorio dei successivi 60 giorni”.

Quando il processo è riassunto, il lodo non può più essere pronunciato. La normativa può essere definita lacunosa e impone all’interprete problemi di comprensione su quale sia la relazione tra la sentenza già pronunciata in primo grado dal giudice statale, il procedimento d’appello e l’arbitrato deflattivo.

Come sostenuto da ampia dottrina216, difficilmente si potrà sostenere che il lodo possa avere efficacia demolitoria e sostitutiva della sentenza di primo grado. Le parti non delegano, né il legislatore le autorizza a farlo,

direttamente agli arbitri funzioni di sindacato e di riforma della pronuncia del giudice di primo grado, il che sarebbe con molta probabilità

incostituzionale in relazione all’art 102, comma 1, Cost, nonostante la base volontaria.

In questo caso con l’accordo compromissorio, ovvero con l’istanza congiunta, le parti, condizionatamente alla tempestiva pronuncia del lodo arbitrale, rinunciano agli effetti della sentenza di primo grado.

Ciò che non convince è che in questo caso l’arbitrato avrebbe un doppio oggetto: non solo il diritto soggettivo dedotto in lite, ma anche la verifica, alla stregua dei medesimi parametri che il legislatore ordinario prevede per l’appello, della tenuta dell’accertamento di primo grado, e laddove

possibile, la decisione nel merito della causa originaria.

Non è nemmeno ipotizzabile che il collegio arbitrale possa pronunciare un lodo esclusivamente rescindente della sentenza di primo grado, lasciando alle parti l’onere di instaurare ex novo un giudizio di primo grado: infatti o sono le parti a rinunciare agli effetti della sentenza e allora la pronuncia rescindente risulta inutile, oppure è il lodo che rescinde quegli effetti, non avendo però senso la rinuncia dato che la pronuncia deve essere annullata e sostituita dal lodo. Significherebbe avviare un procedimento arbitrale per ottenere un risultato già raggiunto dalle parti con un loro atto abdicativo, ma non è questa una soluzione efficiente, né in termini di costi né di benefici. L’arbitrato si pone così come sostituto di tutti i gradi del processo di merito con l’unica particolarità che gli arbitri dovranno fornire il loro giudizio su domande, eccezioni e prove già cristallizzate nel processo di primo grado svolto dal giudice statale.

A differenza del giudizio di primo grado, il giudizio di appello rimane in uno stato di quiescenza per tutta la durata del giudizio arbitrale. Così la tempestiva pronuncia del lodo produrrà una serie di effetti:

- stabilire nel merito torti e ragioni;

- libererà l’effetto abdicativo della rinuncia alla sentenza di primo grado, che le parti non potranno utilizzare per impugnare i lodo ex art 829 cpc; - provocherà l’estinzione del processo di appello.

Verde217 invece ritiene che non possa aversi giudizio arbitrale tutte le volte in cui il giudizio sia costituito come fase di un più ampio procedimento che si collega alle fasi anteriori e posteriori tramite termini, forme, preclusioni, decadenze ecc.

Da questa opinione sembra doversi desumere l’impossibilità di compromettere in arbitri tutti i processi di tipo impugnatorio.

Briguglio218 d’altro canto, afferma che l’arbitrato sostitutivo dell’appello porti con sé una serie di problemi applicativi, a partire dal fatto che urta con il buon senso la trasmigrazione agli arbitri della causa già pendente innanzi

217 Verde, La convenzione di arbitrato, cit. 66 218 Cfr. A.Briguglio, Nuovi ritocchi, cit 13

alla Corte d’appello con la prospettiva di tornarvici in caso di impugnazione del lodo.

Nella disciplina dell’arbitrato sostitutivo dell’appello, il termine per la pronuncia del lodo è dimezzato rispetto a quello previsto in via ordinaria dall’art 820 cpc: gli arbitri devono deliberare entro 120 giorni, anziché 240 dall’accettazione dell’incarico.

In questa particolare situazione, l’abbreviazione è comprensibile, alla luce del fatto che le parti si devono limitare a rinnovare il giudizio sulla base degli atti del processo di primo grado, non dovendo così compiere ulteriori atti istruttori.

Qualora debbano però essere ammessi mezzi di prova o disposte

consulenze, il termine può subire proroghe: non è chiaro se di 180 giorni, come previsto dal codice di rito, oppure se si debba intendere che anche il termine della proroga deve essere dimezzato. In assenza di esplicite

previsioni sembra preferibile optare per il non dimezzamento del termine di proroga.

Qualora l’inattività degli arbitri comportasse una mancata pronuncia del lodo entro i termini stabilitile parti avrebbero la possibilità di riassumere il procedimento di appello in sede ordinaria entro 60 giorni.

La mancata o tardiva riassunzione dell’appello comporterà l’estinzione dello stesso con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di primo grado ex art 338 cpc.

La norma fa salvo il lodo, pur intervenuto successivamente dopo il decorso dei 120 giorni, che sia stato deliberato nella pendenza del termine di

riassunzione dell’appello, sempre che una delle parti non abbia già notificata all’altra la comparsa di riassunzione, o abbia notificato l’atto di decorso del termine ex art 821 cpc.

In questo caso gli arbitri non potranno deliberare il lodo tardivamente, se non per adottare un lodo di rito in cui dare atto della loro decadenza. La norma non specifica cosa accada al lodo, nel caso in cui, dopo la riassunzione dell’appello, sia stato comunque pronunciato nel merito, in

assenza della previa notifica dell’atto contenente l’eccezione di decadenza ex art 821 cpc.

Non è chiaro se lo si debba considerare inesistente o sarà soggetto

all’impugnazione per nullità, se sia possibile per gli arbitri pronunciare lodi definitivi o parziali ( problema aperto legato all’efficacia del lodo al di fuori del giudizio arbitrale e alla sua attitudine al giudicato).

Alla luce della giurisprudenza espressasi con la sentenza 223/2013, possono considerarsi risolti numerosi problemi applicativi.

Da questa sentenza, e da un’analisi generale dei principi in materia, appare contraddittorio affermare che il lodo non definitivo, una volta divenuto non più impugnabile, non sia vincolante per le parti e per i futuri giudici anche statali in caso di riproposizione della stesa domanda.

A maggior ragione ciò dovrà accadere in caso di lodi parziali: la regolamentazione dei lodi di merito non definitivi e parziali finirà per

seguire la stessa disciplina dell’art 310 cpc che fa salve le sentenze di merito pronunciate nel processo estinto.

Se il collegio sarà riuscito a pronunciare tempestivamente un lodo definitivo di merito, questo potrà essere impugnato per nullità dinanzi alla corte d’appello del distretto in cui è fissata la sede dell’arbitrato, e all’esito dell’impugnazione potrà accadere che il lodo venga annullato.

In tale ultima evenienza, il comma 4 dell’art 1 del D.L 132/2014 prevede che, a norma dell’art 830 cpc, quando è stata dichiarata la nullità del lodo pronunciato tempestivamente, il processo deve essere riassunto entro 60 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza di nullità.

Pare che con la terminologia ‘ a norma dell’art 830 cpc’ debba intendersi che nella decisione sull’impugnazione per nullità, la corte d’appello

conoscerà in ogni caso la fase rescindente, mentre si pronuncerà nel merito solo nei casi previsti dal comma 2 di tale articolo.

Negli altri casi di nullità la corte si limiterà ad annullare il lodo.

Per non far passare in giudicato la sentenza di primo grado, le parti, entro 60 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la nullità del

lodo, dovranno riassumere il processo arbitrale, dando quindi impulso alla nomina di un nuovo collegio di arbitri per rinnovare il giudizio sostitutivo dell’appello.

Ultima particolarità della nuova disciplina, per l’arbitrato deflattivo è previsto che le parti siano tenute parziariamente al pagamento di spese e compensi, in modo che ciascuna dovrà versare la propria quota.

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