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CAPITOLO 4: L’ARBITRATO DEFLATTIVO

4.4 Nomina degli arbitri

Aldilà di tali aspetti problematici, una volta completata la trasmissione del fascicolo, sarà compito delle parti nominare gli arbitri: alla luce dell’art 1 del d.L. in esame, “ gli arbitri sono individuati concordemente tra le parti o dal presidente del Consiglio dell’ordine, tra gli avvocati iscritti da almeno tre anni nell’albo dell’ordine circondariale che non hanno avuto condanne disciplinari definitive e che, prima della trasmissione del fascicolo, hanno reso una dichiarazione di disponibilità al consiglio stesso.” Dalla lettura di tale disposizione risulta poco chiaro il ruolo del consiglio dell’ordine: se esso svolga compiti di amministrazione della procedura analoghi a quelli di

un’istituzione arbitrale o sia semplicemente da considerare come organo terzo cui è demandata ex lege la nomina degli arbitri.

Per risolvere tale oscurità legislativa occorre far riferimento alla disciplina generale in materia che è contenuta negli artt. 809-815, 832 cpc.

In base all’art 810 cpc “Quando a norma della convenzione d'arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti, ciascuna, di esse, con atto notificato per iscritto, rende noto all'altra l'arbitro o gli arbitri che essa nomina, con invito a procedere alla designazione dei propri. La parte, alla quale è rivolto l'invito, deve notificare per iscritto, nei venti giorni

successivi, le generalità dell'arbitro o degli arbitri da essa nominati.” Il terzo arbitro, di solito il Presidente del Collegio, viene nominato poi di comune accordo dalle parti.

Quindi la nomina a cura delle parti non è prevista dal D.L. 132/2014, ma dalla legge stessa che la prevede inoltre come “concorde”.

Sembra poi che la nomina da parte del Presidente del consiglio possa intervenire solo per supplire all’impossibilità delle parti di trovare un accordo, quindi si palesa come intervento non d’ufficio.

Non prevedendo niente in merito, sembra che il legislatore abbia voluto lasciare alle parti la possibilità di stabilire i tempi di attivazione della procedura arbitrale.

Sarà quindi onere delle parti attivarsi per la formazione del collegio arbitrale e solo in caso di mancato accordo sulla designazione verrà richiesto

l’intervento del presidente del consiglio dell’ordine.

La parte che assume l’iniziativa, ha il compito di notificare all’altra un atto contenente l’indicazione dei nominativi degli arbitri proposti per la

designazione, e con contestuale invito ad aderire nei venti giorni successivi. Qualora però le parti non riescano a raggiungere un accordo sulla nomina degli arbitri, ciascuna di esse potrà rivolgersi al Presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati per far nominare l’intero collegio arbitrale o il terzo arbitro.

La legge non disciplina l’ipotesi in cui le parti trovino accordo sulla nomina solo di parte del collegio, né se il Presidente, prima di procedere alla

nomina, deve sollecitare il contraddittorio di fronte a sé.

Le parti, e non i loro difensori, a meno che non siano dotati di procura speciale (o nel caso di nomina effettuata senza procura se saranno poi i clienti a ratificare), seguono le modalità della clausola binaria prevista all’art 810 cpc, nel nominare ciascuna il proprio arbitro confidando poi nell’attività dei due arbitri nominati per la designazione del terzo.

Secondo l’autore, anche tale attività può integrare gli estremi della concorde individuazione degli arbitri richiesta dal comma 2, ultimo inciso, dell’art 1, D.L 132/2014.

Può però generarsi una situazione di stallo in merito alla designazione del terzo arbitro, qualora i due già designati non trovino l’accordo per la nomina di colui che rivestirà il ruolo di Presidente del collegio.

Come già precisato, la mancata formazione del collegio richiederà

l’intervento del Presidente dell’ordine degli avvocati, che sarà interpellato da una delle due parti e non dagli arbitri già designati, che in questa fase dovrà limitarsi a nominare il terzo arbitro e non l’intero collegio.

Deve infatti essere rispettata la libera scelta delle parti e la paritaria

partecipazione delle stesse alla formazione dell’ufficio arbitrale deve essere considerata come parte dei principi di ordine pubblico processuale che devono essere inderogabilmente rispettati210.

Così l’intervento del terzo varrà ad integrare, e non a sostituire, la volontà delle parti.

L’Autore 211 propende piuttosto per la soluzione inversa: laddove le parti non abbiano concordato di ricorrere alla tecnica prevista dalla clausola binaria, ma una delle due abbia unilateralmente notificato all’altra un atto di

210 S.Cerrato, La clausola compromissoria nelle società, 120 ss. in G. Navarrini, Riflessioni

a prima lettura sul nuovo “arbitrato deflattivo”, 2014, in Judicium.it, 13

211 G. Navarrini, Riflessioni a prima lettura sul nuovo “arbitrato deflattivo”, 2014, in

nomina, al quale non sia seguita la nomina dell’altra parte, l’unico arbitro designato non è frutto della scelta concorde delle parti.

Se il presidente dell’ordine si limitasse a integrare le nomine del collegio arbitrale con la nomina dei due arbitri mancanti, verrebbe violato il principio di eguaglianza delle parti nella formazione del collegio arbitrale dato che solo una delle due parti avrebbe così potuto scegliere il suo arbitro. In simili ipotesi, sarebbe quindi auspicabile che con l’intervento, il

presidente procedesse in piena autonomia alla nomina di tutti i componenti del collegio, sollecitando però prima il contraddittorio delle parti.

In caso di inattività delle parti nella designazione degli arbitri, pare che il processo debba estinguersi proprio per questo motivo, benché l’ estinzione sia prevista dal comma 4 dell’art 1 del D.L in esame, solo per il caso di arbitrato sostitutivo del giudizio di appello e non anche per l’arbitrato sostitutivo del giudizio di primo grado.

Una volta disposta la trasmissione del fascicolo al consiglio dell’ordine del circondario in cui ha sede il giudice a quo, il processo viene a trovarsi in una situazione di quiescenza che perdurerà fino alla riassunzione ad impulso della parte più diligente.

La riassunzione si sostanzia nell’atto di nomina degli arbitri o nella richiesta di nomina del presidente del consiglio dell’ordine.

Questa situazione può dirsi simile a quella che si verifica in seguito ad una pronuncia di incompetenza e prima che sia riassunta la causa dinanzi al giudice competente.

Perciò, anche alla base dell’art 307, comma 3 cpc, la mancata prosecuzione del processo per inattività delle parti non può che determinarne l’estinzione: dato che l’art 1 del D.L 132/2014 non autorizza il giudice a quo a fissare i termini della riassunzione dinanzi al collegio arbitrale, essa opererà dopo il decorso del termine legale di tre mesi dalla comunicazione dell’ordinanza, ex art 50 cpc.

Diverso sarà il caso in cui le parti non trovando un’intesa per la nomina degli arbitri, abbiano formulato l’istanza per la nomina del Presidente del

COA e questo, per varie ragioni, non abbia assunto alcun provvedimento. Essendo il presidente organo di vertice di un ente pubblico, si deve ritenere che la nomina debba avvenire entro 30 giorni dall’avvio del procedimento amministrativo o comunque non oltre i novanta giorni, sulla base dell’art 2 l. 241/1990.

Decorso inutilmente questo termine, le parti, in applicazione dell’art 810 ultimo comma cpc, potranno rivolgersi al presidente del tribunale.

L’imposizione operata dall’art 1 , comma 2 del D.L in esame, nel prevedere che la nomina degli arbitri debba avvenire scegliendo tra gli avvocati iscritti all’albo professionale e che abbiano preventivamente espresso la loro disponibilità, sembra eccessivamente limitativa della libera scelta delle parti e della possibilità di una composizione mista o al fine di combinare le esperienze di più professionisti, o per scegliere avvocati che non siano iscritti presso l’ordine circondariale al quale è stato trasmesso il fascicolo. Altrettanto assurda può essere considerata la scelta operata dal legislatore nel prevedere l’imposizione di una iscrizione presso l’albo circondariale da almeno tre anni, non disciplinando così la possibilità che la nomina possa ricadere su un giurista esperto trasferitosi di recente in quel circondario benché esercente la professione da più di tre anni.

La norma può essere meno irragionevole se interpretata correttivamente: la scelta dovrebbe poter ricadere anche su professionisti che svolgano l’attività di avvocato da non meno di tre anni, a condizione che siano attualmente iscritti nell’albo dell’ordine circondariale competente.

Anche la previsione che regola l’esclusione della nomina di soggetti che abbiano subito condanne disciplinari non definitive non pare esente da critiche. Infatti, una simile limitazione sarebbe potuta essere ragionevole solo se imposta al presidente del consiglio dell’ordine, al fine di garantire formalmente l’integrità morale degli arbitri nominati, è priva di senso se imposta anche alle parti che devono poter scegliere le persone del cui giudizio si fidano, essendo questo il motivo principale per cui le parti optano per l’arbitrato.

Tali limitazioni generano inconvenienti per le parti: da un lato esse, prima ancora di proporre i nomi dei professionisti che intendono designare come arbitri, dovranno eseguire le necessarie verifiche presso il consiglio dell’ordine e per sapere se il tale avvocato sia o meno iscritto da tre anni e se abbia subito condanne disciplinari, dall’altra parte qualora una delle parti non risieda né abbia sede all’interno del circondario potrà difficilmente individuare consapevolmente gli arbitri al cui giudizio si sottoporrà. Inopportuna viene considerata la dichiarazione di disponibilità che deve essere presentata dall’avvocato al consiglio dell’ordine di appartenenza prima della trasmissione del fascicolo d’ufficio: anche tale previsione può essere considerata come limitazione della propria libertà di scelta su chi ritengono che sia in grado di giudicare saggiamente e con equilibrio una loro controversia e non possono concordemente individuare tre avvocati che, benché non abbiano reso la prescritta dichiarazione, si siano dichiarati disponibili ad assumere quello specifico incarico.

Una volta designati, coloro che intendano accettare l’incarico, dovranno rendere tale dichiarazione per scritto anche mediante sottoscrizione del verbale di prima riunione del collegio. I professionisti non potranno assumere l’incarico di arbitro qualora abbiano in corso, o abbiano avuto negli ultimi due anni, rapporti professionali con una delle parti o comunque sia presente una delle ipotesi di ricusazione prevista dall’art 815 cpc, 1° comma.

Allo stesso modo non potranno accettare l’incarico se “ una delle parti del procedimento sia assistita, o sia stata assistita negli ultimi due anni, da altro professionista suo socio o con lui associato, ovvero che eserciti negli stessi locali”.

Il designato, prima di accettare l’incarico, dovrà in ogni caso, comunicare per scritto alle parti ogni ulteriore circostanza di fatto e ogni rapporto con i difensori che possano incidere sulla sua indipendenza, al fine di ottenere il consenso delle parti stesse all’espletamento dell’incarico.

Dall’accettazione dell’incarico da parte degli arbitri, iniziano a decorrere i 240 giorni per la pronuncia del lodo, e il collegio arbitrale, nella prima riunione fisserà la sede dell’arbitrato, laddove le parti non lo abbiano già previsto per scritto prima dell’accettazione delle nomine degli arbitri. La sede dell’arbitrato, in mancanza di specifico divieto potrà anche essere fuori dal circondario del giudice statale a quo, purché non all’estero.

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