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1.1.5 I C ARRÒS E LA CRISI POLITICO ISTITUZIONALE NELLA S ARDEGNA DELLA PRIMA METÀ DEL

QUATTROCENTO

Nello stesso periodo preoccupava lo scollamento interno alle istituzioni sarde, conseguenza della morte del Torrelles (luogotenente del re) e le divergenze tra la condotta di Alghero e quella di Cagliari, in parte risolte dall’invio nell’isola di un uomo forte, Acart de Mur (inviato prima dell’avvento di Ferdinando I) per tenere testa al Carròs. Al primo vennero affidati incarichi governatoriali relativi al capo di Cagliari e di Gallura, per cui servivano attitudini più diplomatiche, mentre al secondo vennero affidate le incombenze militari77.

Anche col nuovo re, Alfonso V, proseguì la politica di assorbimento pacifico della crisi isolana. Egli preferì tenersi buoni i grandi feudatari dell’isola. Per questo decise di alienare al Marchese di Oristano, della famiglia Cubello (il più grande feudatario sardo) i territori di Parte Valenza e, parzialmente, di Parte Marmilla (che, come vedremo più avanti saranno assegnati ai Carròs, ma rivendicati dal marchese di Oristano e oggetto di occupazione e di scontri fra i due feudatari). Non mancarono contrasti che riguardarono anche i conti di Quirra. Cagliari era contraria all’alienazione di quei territori a Cubello, forte dell’appoggio del potente Carròs, che minacciava di marciare verso Oristano per impedirne la presa del possesso. L’asse Cagliari-Carròs si era costituito per il vuoto di potere determinato dalla morte di Acart de Mur nel 1415. Per questo la città aveva

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invitato il conte di Quirra a ricoprire interinalmente la carica di governatore78.

In questo frangente l’assunzione della carica di governatore a cui si sommava l’influenza politica che già esercitava, fece del conte di Quirra uno dei più importanti e forse anche il meglio armato feudatario sardo. Da buon barone, non venne meno alla sua indole, e utilizzò le funzioni interinali a sostegno della propria giurisdizione disattendendo l’ordinanza di Ferdinando I (gennaio 1416), che vietava trasferimenti di popolazione dalle terre regie a quelle feudali. L’anno dopo il conservatore maggiore di Sardegna segnalava, sconsolato, che il fenomeno persisteva: si era anzi accentuato il flusso proprio verso le terre del Carròs. Prendeva spunto da ciò per chiedere la rapida designazione di un governatore effettivo, che avvenne nella persona di Luigi di Pòntos nell’aprile del 1417. In quanto plenipotenziario regio per la ripresa delle trattative col Narbona, da poco tornato a Sassari, il Pòntos godeva anche della funzione di «vizrey del Reyno de Sardenya»79, anche se queste non erano piene. Egli infatti non aveva gli stessi

poteri dell’infante Alfonso, per cui non poteva convocare il Parlamento (dopo quello del 1355, il successivo sarà quello convocato da Alfonso il Magnanimo nel 1421). Però, proprio per la straordinaria incombenza per cui venne nominato, non furono fissate le norme e le limitazioni del suo ufficio, come la sindacatura e il limite di 5 anni che Cagliari chiedeva in base ai precedenti giuridici.

Inoltre, alle funzioni politiche non si sommavano quelle militari, come invece il Pòntos avrebbe voluto. Queste ultime rimanevano nelle mani del Carròs, che continuava a essere titolare della carica di Capitano del Capo di Cagliari e Gallura. Tale situazione non poteva non portare ad un nuovo scontro tra le due figure. Casus belli fu una galea acquistata dal Carròs per adibirla a guerra di corsa, ma usata anche per il contrabbando, usando come base d’appoggio i suoi porti in Ogliastra. Il Pòntos, benché contrastato dai consiglieri di Cagliari, riuscì a sequestrare le galee del conte, ma la sua azione ebbe fine ben presto. Il Carròs, infatti, con un colpo di mano si rimpossessò delle sue navi, beffando il governatore80. La capitale sarda però non era sola ad intralciare i piani di

ordine del Pòntos. Alla fine del 1417 la componente sarda del castello del Goceano si ribellò al suo signore e chiese l’intervento del loro signore di diritto, il marchese di

78 B. A

NATRA, Dall’unificazione aragonese ai Savoia, cit. p. 342.

79 J. M

ATEU IBARS, Los virreyes de Cerdeña...cit., I, p. 102.

80 B. A

Oristano, che si rivolse ai catalani. Il Carròs allora, contravvenendo alle disposizioni di Pòntos, che disponevano il rispetto della tregua col Narbona e, quindi, il non intervento, colse l’occasione per inviare una compagnia di armati.

Arrivato a questo punto il vizrey trasse tutte le somme delle deroghe che il Carròs si era concesso come Capitano generale (istituto la cui autonomia fu tolta da Ferdinando I): dava asilo ai fuorilegge, usava la sua carica istituzionale per fini privati, non eseguiva gli ordini di capibreviazione dei titoli, ben sapendo che alcune sue terre erano di pertinenza regia, e poi c’era la questione della galea. Era giunto il momento per il suo arresto. Il Carròs però era pur sempre il responsabile militare del regno nonché stretto parente della famiglia reale. I cavalieri che dovevano procedere all’ordine si rifiutarono usando lo stesso cavillo giuridico a sua volta usato dal conte di Quirra, cioè la sua autonomia giurisdizionale (ignorando la revoca di Ferdinando I).

Il caso emblematico del Carròs non era il solo, quasi tutta la feudalità vecchia e nuova era refrattaria alla capibreviazione dei propri titoli che a volte toccava l’apice di declinare l’autorità del procuratore, in favore del governatore, considerato superiore. Per questi motivi il Pòntos chiedeva alla fine del 1417 il pieno conferimento dei poteri al re, e il conservatore gli faceva eco chiedendo la revoca del titolo di capitano per il Carròs, polo di riferimento per la riottosa feudalità. Evidentemente il Pòntos riuscì nel suo intento, visto che sia lui che il suo successore Corbera sono ricordati nel Parlamento del 1421 come vizrey, procurador e governador general81.