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Arringa per un corpo esposto

Avrete quello che chiedete; si é tentati di leggere in questo modo La Mort

propagande: dalle prime pagine, tuttavia, emerge un’altra economia del corpo; alla

superficie investita dai piaceri, alla profondita lavorata dai desideri, Guibert oppone la materialità frammentaria; alla verità del sesso, una sessualità irrecuperabile, alla pretesa scientificità del linguaggio medico la sua versione perversa : «être dans une salle de dissection et dépecer un cul. Autopsier cet endroit de mon corps dont la pénetration par une bite, l’ongle du doigt calleux qui écrit et qui branle, griffe avec délice mes parois intestinales, ou le râpeux d’une langue se durcissant, me fait bander, jouir, pisser mon sperme»111. Se la sessuografia rivela e ammette un istinto vitale assai forte, un’affermazione delle facoltà biologiche intatte se non potenziate, qui troveremo la voce della morte, il corpo « paziente » che le lascia la voce, «ce sera ma seule parteneire, je serai son interprète»112. Censurata, rimossa, soffocata, la morte è qui a chiedere la « sua » vita, il suo autore pronto a rendergliela. Se la morte viene considerata come limite del potere sulla vita «le moment qui lui échappe, le point le plus secret de l’existence, le plus privé»113, Guibert è deciso a togliere il velo che la

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Ivi, pp. 261-262.

111

H. Guibert, La Mort cit, p. 15.

112 Ivi, p. 9.

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ricopre, a offrirle un posto d’onore nello spettacolo del mondo. Nessuna reticenza ; bisogna dire la verità del corpo, di noi stessi?

Guibert prende tutto alla lettera : vi mosterà il suo corpo in decomposizione «jour après jour, éclaté sous le feu, étalé, cloué, expose, mimant, le supplice de cent morceux dans un jeu de masque chinois. Faire dissequer mon paf et mon cul devant l’optique de la caméra. En faire voler les vibres, danser les nerfs, asperger».114

Si chiede alla letteratura un messaggio, una politica, un «uso»? Lo avranno, «le public sera pris de convulsions, contractions, répulsions, érections, vibrations, jouissances, déguelis de toute sorte. Son corps général, à son tour, se mettra à parler»115.

La società è a corto di morti da mandare al cinema? «Qui voudra bien produire mon suicide, ce best-seller? filmer la piquere qui donne la mort la plus lente?»116.

Guibert sfida l’occhio del lettore, la capacità di resistenza di chi sa tutto e vuole di più ; gioca con i suoi limiti e facendolo costruisce intanto un altro corpo, un altro spettacolo. Appartentemente non fa altro che confessare ma una volta attirati i lettori nella trappola dell’ennesimo libro sul corpo, sul sesso, li porta all’interno di un corpo- circuito, di una macchina che continua a funzionare anche dopo la morte, passibile di essere osservato oltre l’umana possibilità. La Mort propagande è il racconto di questo viaggio, l’elegia della sezionatura come arte erotica, della scienza al servizio dell’eros. Non si può certo negare la volontà estetica di Guibert quando leggiamo alcune frasi:

Stroboscoper les chairs distendues. La tête, le groin renflant entre les deux jambes. Petit faisceau électrique reproduit par la mathématique de la lunette et s’infliltrant dans le cul. Y mettre la langue, introspecter le gouffre miniature dont les parois rosacées frémissent au toucher du scalpel. A l’aide d’un petit ciseau, en découper l’interieur, les bords, ces divins tuyaux à merde. Détendre les plisses de façon circulaire, en faire des rubans, de longues écharpes de galantine rose. Ma rosette devient un prototype vestimentaire: j’ai le cul lyrique […]. Ne pas ressembler à une souris blanche, avoir de l’élegance jusque sur la tablette de

liège117

A me pare che un’ingiunzione lavori questo passo e altri che abbiamo avuto modo di leggere: disfare il soggetto correlativo della confessione. A mano a mano che Guibert avanza in questa confessione non è il corpo, la sua verità, la sua parola che

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H. Guibert, La Mort, cit, p. 10.

115

Ibid. p. 10.

116 Ivi, p. 11. 117 Ivi, pp. 16-17.

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ritrova, ma la sua fine, il suo smembramento; non è la costituzione di una soggettività che costruisce ma la sua destituzione. La scrittura guibertiana assume in piena luce il paradosso di iscriversi nel limite, di finire non laddove il soggetto «vero» ha inizio – la forma tradizionale del romanzo di formazione – ma di «finire» questo soggetto per esplorarne i resti. Il solo potere che si dà questa scrittura, è non è poco, è di sequenziare la dissezione non cercare la verità più vera ma per farla finita con il corpo. Guibert sente «le bonheur de se sentir redevenir aquatique, flottant dans la gelée alcolisee d’un bocal»118; a chi non desidera crederlo non basteranno neppure le ultime parole; «je ne peux plus revenir dans moi et je laisse ce lieu désert, sans bataille, toutes rages assassinées»119. Guibert fa attraversare il suo corpo-macchina da ogni sorta di liquido, fino a far variare non le proporzioni ma fino rendere la verità del suo corpo, di ogni corpo: acqua. E il trionfo del corpo che si scioglie; innumerevoi volte appare la parola pus, intimidatoria la sua presenza per non pensare che nella verità del pus non vi sia anche la verità di ogni corpo : la sua fine miserabile. Nell’odorare i propri escrementi, ancora un altro segno di liquefazione e di chiusura circolare della propria esistenza. Nessuna teleologia possibile: «mon premier geste dont se souviennent mes parents a été de bouffer ma merde, ma mère, dans mon landau. Et d’être retrouvé ainsi par elle, barbouillé, repu, rotant, heureux»120. Che il suo corpo si rimepia infine d’acqua: «une trombe par le fondement, dilate mon ventre, mes intestins, baigne ma merde, une marée inversee qui se colore au contact des sels biliaires, et me fait chier des litres d’eau noire qui emporte et éjecte fibres, plisses, décollures de tripes, écailles»121.

Sarebbe finito qui se La Mort propagande fosse il récit minuzioso, «erotico», certo, di una decomposizione; e invece un’altra serie scorre parallela a questa; dei frammenti di autobiografia la compongono. H. G è stato ucciso, qualcuno ha raccolto il suo dossier, frammenti sull’infanzia, prove, fanstasticherie riempono la scrittura.

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