• Non ci sono risultati.

ARTICOLO SECONDO

Nel documento POPOLO MINUTO IN NAPOLI (pagine 154-162)

DI ALCUNE IDROPISIE PIÙ COMUNI

ARTICOLO SECONDO

D elle malattie intercorrenti ehe regnano in Napoli»

Se è certo, come altrove dimostrammo, che le stagioni hanno influenza diretta a produrre le malattie diverse, fa d’uopo osservare con esattezza i fenomeni meteorologici dai 1

quali vien corredata ciascuna stagione, e metterli in con­ fronto delle malattie che in essa dominano per potere così stabilire dei principii generali. Così fecero appunto, dopo Ippocrale, il Lancisi, Huxam , Sydenam, Ramazzici, e non pochi altri tra i piò moderni, e così potettero essi giungere ad alcuni risultati di molto interesse per la medicina teorica e pratica. Sarà dunque necessità e pregio del nostro scritto il seguire sebbene da lungi, ed in ristretto, un tale esempio, e perciò nella esposizione delle malattie intercorrenti che re­ gnano a Napoli noi faremo pure menzione in succinto di a l­ cune osservazioni meteorologiche da noi fatte dall’ aprile del 1861 al marzo del 1862*edelle malattie che in tale spa­ zio di tempo si osservarono. Stabilita questa norma generale, reniamo alle particolarità.

D E L L E m a l a t t i e h v k r m u

Per le osservazioni piò esatte è risaputo che in Napoli l’inverno è piovoso, umido, e moderatamente freddo; sicché in casi molto rari vediamo il termometro discendere intorno allo zero, e questi freddi che sono intensissimi relativamen­

te al nostro clima temperato, sono poi istantanei per l’ ori­ gine e brevissimi per il corso; e nello stesso tempo il baro­ metro segna il minimo della pressione atmosferica. Qui fa d’uopo notare col Sarcone che pel rapido passaggio dai venti australi agli aquilonari, e perciò dalla pioggia e dall'umido al freddo ed al secco, ne avviene che i corpi colpiti in uno stato di rilassatezza e di snervamento assai spesso ne rice­ vono danno ed infermano. Da questa cagione deriva un'e­ steso numero di malattie, che imperversano nella nostra cit­ tà, dominando nella stagione invernale. Sono presso a poco quelle stesse malattie, che Ippocrate segnava nell’ aforismo

ventesimoterso del suo terzo libro, quelle stesse che i pratici che vennero dopo costatarono con ripetute osservazioni, e che Farster riassumeva dicendo che in inverno dominano le affezioni flogistiche, e che il sistema sanguigno, e più an­ cora il mucoso, sono più compromessi (4). Le più comuni osservazioni dimostrano dominare presso noi nell’ inverno la pletora, la sinoca infiammatoria, le congestioni per impe­ to accresciuto, le emorragie ed a preferenza Pernottisi e l’a­ poplessia, e gl’ infiammi principalmente quelli dell’ organo del respiro e le oftalmie : vi corrono a m igliaia le flussioni catarrali, e le tossi, le febbri reumatiche e le artritidi, i ge­ lo n i, le costipazioni cutanee, e le febbri nervose. Q ui se il nostro amor proprio non ci inganna, pensiamo poterci spin­ gere più innanzi, rassegnando alla considerazione dei pato­ logi un fatto che ci sembra essere sfuggito alla osservazione dei pochi, che di tale subbietto si occuparono: ed è che sicco­ me due cagioni principalmente agiscono presso noi nell’ in­ verno, cioè o il freddo moderalo um ido, ovvero il freddo in­ tensissimo accompagnato da abbassamento del barometro, così dominando maggiorm ente or l’ una or l’ altra di queste due cause, legittim am ente ne debbono derivare due generi diversi di m orbi. Percorriamo infatti tutta la serie delle ma­ lattie che qui dominano nell'inverno, e vedremo che tutte o alla prima o alla seconda di quelle due cause si legano; poi­ ché l’alimentazione in questa stagione non dà che una quota assai scarsa allo sviluppo delle m alattie. Infatti chi ignora che il freddo intensissimo ed istantaneo con l’ abbassamento della pressione atmosferica metta in risalto la circolazione, e perciò si generano le emormesi e le em orragie? Lo com- 1

(1) Rapporto presentato da Arago e Doublé all’Accademia delle Science. — Comp. di med. prat. t. 3, art. epid.

provano le belle osservazioni d’Ippocrate, diHoffmann, di Lan­ cisi, di Morgagni, e di Falret, i quali videro crossare le apo­ plessie in tempi freddissimi, e spirando i venti aquilonari; e 10 confermano le altre di Rezils e Widemann che videro svi­ luppare costantemente l’ apoplessia sotto la scemata pressio­ ne atmosferica. Chi tra i medici non ha veduto farsi frequen­ tissime le emottisie negli infermi od anche nei predisposti a malattie pulmonali ricorrendo i forti freddi ? Si aggiunga l’alimentazione viziata per eccesso di sostanze stimolanti, e si scorgerà di leggieri,perchè sono pure frequenti presso noi neH’inverno le febbri nervose, come nella medesima stagione le videro pure più frequenti Borsieri e P. Frank : lo stesso pure può dirsi della pletora e delle febbri angioteniche (G. Frank), soprattutto per l’uso degli spiriti, che nell’ inverno è abbondante presso di noi. A l contrario il freddo umido pro­ duce direttamente tutte le altre malattie delle quali innanzi facemmo menzione, come la bronchite (Laennec, Andrai, Chomel, Blache), la pulmonia, che perciò è endemica a Pa­ rigi (Andrai), la pleurite (Laennec e Bouillaud), le oftalmie (lppocrate),ireumi, e le febbri reumatiche (Sydenam, Bouil­ laud, Chomel, Requin), la gastrica reumatica (Lanza), ed in­ fine sotto l’ influenza di siffatta causa si sviluppano con una indicibile frequenza i catarri, le corizze, le angine, i costi­ pi cutanei, i geloni e le artritidi. Infatti gli ospedali della Pace, e di S. Eligio nell’inverno non si riempiono che d’in­ fermi affetti dagli accennati diversi generi di malattie; la pra­ tica privata ne offre esempii ad ogni piè sospinto;e molto più dei sani abbiamo osservalo esserne affetti i malati cronici, i deboli, e gli infermicci: e questa osservazione faceva pure 11 Sarcone, quando parlò del tristo inllusso dei venti grecali spiranti di botto dopo gli australi.

prò-posta, dobbiamo aggiungere ano sguardo sopra l’ inverno medico testé passato tra il 1861, ed il 1862: e troveremo novelle pruove per confermare i fatti esposti. Dal 29 ottobre al 20 novembre ha dominato un caldo umido con pioggia continuata, sicché il termometro segnava quasi sempre in­ torno ai 20 gradi; tranne poche oro di qualche giorno in cui vi sono stali rapidissimi cambiamenti di temperatura : eb­ bene, in questo periodo di tempo si sono vedute a migliaia correre le bronchiti, le pleuriti, le tossi, i catarri o le gastri- co-reumatiche; ed è corso anche epidemico il vainolo so­ vente maligno residuo dcU'epidemia di autunno. Dal 20 no­ vembre si stabilì la temperatura ordinaria del nostro inver­ no, e quelle malattie scemarono alquanto : ma nei giorni 4

e 5 dicembre subentrò improvvisamente un freddo inten­ sissimo per modo che in alcune ore il termometro discese fino allo zero della scala. Fu allora che non solo incrudeli­ rono le citate infermità; ma ancora avvennero molte morti improvvise, e moltissime apoplessie: come noi stessi osser­ vammo, sebbene in ristretto, e come confermammo con le relazioni di molti nostri colleglli, che premurosamente ed esattamente interrogammo. Il resto dell’ inverno seguì sem­ pre con le alternative dei venti australi con i grecali e per­ ciò ora con moderato freddo, pioggia, ed um idità, ed* ora con freddo più risentito e secchezza: nel primo caso il ter­ mometro ha sempre segnato in media + 10 a -f- 11 di Reum . : e nel secondo -f- 7 a -J- 8; ed in conseguenza ci fu dato osservare le medesime alternative nello sviluppo del­ le malattie diverse, delle quali innanzi abbiam discorso. Così i fatti confermano la teoria, e questa alla sua volta dà la spie­ gazione di quelli per costituire la scienza.

— u o —

MALATTIE D I H U I U V B i

Le osservazioni dei medici più illustri dimostrano che la primavera ba pare le sae malattie speciali. Ippocrate aveva già fatta questa osservazione, nè di ciò solo si accontentò il grande nomo, anzi nel libro terzo dei suoi aforismi n. 20 notò particolarmente quali fossero questi morbi dicendo che nella primavera dominano le insanie, le malinconie, l’ epi­ lessia, le emorragie, le angine, le corizze, le raucedini, le • tossi, la lebbra, gli erpeti, le macchie ec. ec. Nella medesi­ ma sentenza convennero tutti gli osservatori posteriori insi- no al Furster, il quale a preferenza d’ ogni altro studiando nel fytlo simili malattie, volle compendiarle per la forma no- sografìca e per la sede ; e dichiarò che in primavera domi­ nano malattie catarrali ed infiammatorie, e catarrali e biliose, quelle al principio le altre alla fine ; gli organi della respi­ razione e della digestione ne sono la sede principale(1). Fu cercata ragione del fatto, e si convenne ripeterla senz’ altro dalle rapide vicissitudini atmosferiche in ordine alla sua temperatura, al suo peso, ed alla sua umidità; « e noi v’ag­ giungiamo pur anche in ordine alle variazioni elettriche così frequenti nella primavera (2) ». Or se tali cagioni sono

(1) Rap. cil.

(2) «Noi ci sentimmo obbligati a citare mi’ altro elemento causale par trop­ po atto a generar le malattie di primavera; cioè appanto l’ elettricità atmosfe­ rica , ed ecco ora lo sviluppo del nostro concetto ».

«La stagione di primavera, siccome pure l’autunnale, è quella che presenta sempre i massimi di elettricità atmosferica statica; i cambiamenti vi sono istan­ tanei, e le tensioni fortissime; l’ossigeno assai spesso in tai tempi si appresenta nei suoi stati allotropici da costituir l’ozono, ossia l’ossigeno elettrizzato. Sareb­ bero mai questi fatti capaci di elevarsi a cagioni di crotopatie ? influirebbero forse, come cercarono provare il Bnzorioi e lo Schubler, ad accrescere l’assor*

comunissime nella primavera dei clim i anche più costanti, che non deve essere in Napoli, il coi clim a dicemmo essere temperato s ì, ma immensamente variabile? Da ciò la fre­ quenza di gran numero d i malattie che corrono presso noi nella primavera e che sono quasi tutte contenute nell’ afori- smo ippocratico. Infatti noi abbiam potuto rinvenire nella nostra città, ricorrendo tale stagione, infra tutte le m alattie, più frequenti i catarri, le bronchiti e le angine ; non rare le pleuriti, e le em orragie attive, a preferenza l’ emottisi ed anche l’apoplessia in sullo scorcio dell’ inverno e sul com in­ ciar della primavera (1), ed infine frequentissimi i reum i,

bimcnlo dell’ ossigeno, e favorire lo sviluppo delle malattie infiammatorie? Le pulmonie, le bronchiti, le congestioni sanguigne attive, le iperemie, il grip, etc., morbi cotanto comuni in primavera ed in autunno, sarebbero forse cagionati dalla presenza dell’ ozono nell’ aria; come indicarono Schonlein, Wolf, Boec- kel, Polli, etc.? Ecco delle osservaiioni non abbastanza comprovate ( Bufaii- ni, pat. anal. t. 3), e sulle quali abbiamo tanta penuria di ricerche : le opere dei testé citati autori e di altri non hanno che aperto un campo che resta tut­ tora a percorrere; e ci maravigliamo che i due trattati di meteorologia applicata alla scienza dell’uomo sano e malato, i quali vanno più classici in Francia, quello del Foissac, e l’altro del Boudin, non parlano affatto dell’ influenza del­ l’elettricità statica sulle malattie. Noi abbiam voluto citare questi fatti ad in­ citamento di severi studi su tale interessantissimo subbietto : se dalle vicissi­ tudini atmosferiche, per le quali va principalmente caratterizsata l’ atmosfera nella stagione di primavera,e soprattutto nella variabilità del clima della nostra Napoli,si volesse metter da banda l’elettricità atmosferica per la genesi di quel­ le malattie irritative ed infiammatorie di cui la sede principale è l’apparato re­ spiratorio, si commetterebbe al certo un grand’errore. Questo fatto etiologieo non è ancora studiato: e noi v’ insistiamo appunto perciò, facendo voti che i no­ stri medici se ne occupassero con la maggior premura. Forse nello esame scrupoloso ed attento, e quando i fatti saranno ampiamente appalesati; quando la meteorologia, e non la puerile osservazione del termometro, del barometro, dell’ igrometro, sarà tutta quanta interrogata per la genesi delle malattie, e principalmente di quelle che ricorrono a forma di epidemie; forse allora sola­ mente scomparirà dalla nosologia quel quid divinum che Ippocrate fu necessi­ tato ad ammettere ».

(1) De Benzi, Intorno al colera di Napoli dell’au. 1854. Relazione alla fa­ coltà medica ec. p. 15.

— n a ­

ie febbri reumatiche, e gli accessi di gotta, e pure qualche pulmouia. H a le connate malattie non sono in gran parte che la seguela di quelle medesime che in inverno crossano fuor d’ogni credere; vi sono però altri generi di morbi che spettano più direttamente alla primavera, e questi sono g li esantemi cronici ed acuti, comuni, epidem iciocontagiosi. Che nella primavera crescono presso noi le malattie esante­ matiche è un fatto che non può mettersi in dubbio: in que­ sta stagione gli erpeti cronici e diatesici o ripullulano, o si manifestano nel massimo loro sviluppo; ed in questo tempo propriamente snl finir dell’inverno e sul cominciar della pri­ mavera quasi in ogni anno si sviluppano epidemie di esan­ temi acuti febbrili, a preferenza la scarlattina, il vainolo ed il morbillo — Tali morbi esotici, venuti un tempo dall’Asia in Europa per le crociate, si sono resi poi indigeni delle no­ stre contrade, e frequentissimi nella nostra città : e ben a ragione dichiarava il Sarcone a lai proposito che il vainolo ed il morbillo si potrebbero chiamar morbi divenuti fra noi naturali; da che ogni anno sono quasi popolari.

O r volendo rintracciare le cagioni comuni e conosciute di queste diverse manifestazioni esantematiche frequentis­ sime in primavera, noi crediamo dover rilevare principal­ mente tre diverse serie di cause: 1.° le rapide vicissitudini atmosferiche che certamente squilibrano le funzioni della pelle, e predispongono alle malattie cutanee ; 2 .° alcuni di­ fetti notati nell’ alimentazione, e più di tutti l’ abuso delle carni di porco salate, e massime di pesci salati, che si man­ giano abbondantemente nella quaresima; 3.° il maggior ri­ goglio di tutte le funzioni vitali, che naturalmente si mani­ festa in primavera, e dispone l’ organismo direttamente alle malattie eruttive. Queste diverse cagioni valgono molto ed efficacemente a produrre gli esantemi cronici,com uni, o

dia-tesici; ma non può dirsi lo stesso per gli altri, che si dicono febbrili e che ricorrono epidemicamente. Per spiegare le epidemie degli esantemi acuti febbrili, noi siamo costretti a ricorrere alla canzone forzata del quid divinum; meno che non si volesse ammettere la teorica del Bufalini sulle epide­ mie e sui contagi. Non lice qui far quistione se debba 0 no ammettersi nelle epidemie una specificità ignota, una qualche cosa estranea alle cagioni cornimi; solamente dire­ mo che le diverse cause comuni da noi enumerate potranno forse improntare una quota allo sviluppo ed al mantenimen­ to delle epidemie di vaiuoli, morbilli, e scarlattine, ma non le crediamo affatto capaci a generarle: esse riconoscono qual­ che altra cagione efficiente, che è sfuggita finora alle inve­ stigazioni dei patologi.

Nel documento POPOLO MINUTO IN NAPOLI (pagine 154-162)