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Artigianato

Nel documento Rapporto 2014 (.pdf 5.9mb) (pagine 187-193)

2.12.1. L’aspetto strutturale

Secondo le stime dell’Unione italiana delle camere di commercio riferite al 2011, l’artigianato dell’Emilia-Romagna aveva prodotto valore aggiunto per oltre 19 miliardi di euro, con una incidenza del 14,9 per cento sul totale dell’economia (stessa quota nel Nord-est), più elevata rispetto alla media nazionale (12,5 per cento). Nelle restanti ripartizioni, l’incidenza dell’artigianato sul reddito si attestava su valori più contenuti rispetto a quelli della regione, spaziando dall’11,2 per cento dell’Italia centrale al 12,4 per cento dell’Italia Nord-occidentale. Secondo i dati Smail (Sistema di monitoraggio annuale delle imprese e del lavoro) a marzo 2014 l’artigianato dava lavoro in regione a 290.679 addetti pari a al 19,0 per cento del totale.

Siamo di fronte a numeri testimoni del peso dell’artigianato nell’economia della regione. Questa situazione è stata determinata da una compagine imprenditoriale tra le più diffuse del Paese (vedi figura 2.12.1), forte di oltre 135.000 imprese attive, equivalenti al 32,5 per cento del totale delle imprese iscritte al Registro, percentuale questa superiore di circa sei punti percentuali a quella nazionale.

L’importanza dell’artigianato traspare anche dai dati Inps. A dicembre 2012 erano presenti in regione circa 180.000 titolari d’impresa (10,3 per cento del totale nazionale), ai quali aggiungere quasi 19.000 collaboratori.

2.12.2. L’evoluzione congiunturale dell’artigianato manifatturiero

Il settore dell’artigianato manifatturiero ha chiuso i primi nove mesi del 2014 con un bilancio nuovamente negativo, che ha consolidato la fase recessiva in atto dall’estate del 2011. Il basso profilo del mercato interno, che assorbe gran parte delle vendite, è alla base di questa situazione.

In uno scenario di crescita del commercio mondiale, a un ritmo più elevato rispetto al 2013, la scarsa propensione all’export, tipica della piccola impresa artigiana, diventa un fattore penalizzante che impedisce, quanto meno, di limitare i danni dovuti alla recessione interna, contrariamente a quanto avvenuto nelle imprese industriali più strutturate e più aperte alla internazionalizzazione.

Secondo l’indagine del sistema camerale, i primi nove mesi del 2014 si sono chiusi con una flessione produttiva del 2,2 per cento rispetto all’analogo periodo del 2013 (-1,5 per cento in Italia). La riduzione non è trascurabile, a fronte della stabilità rilevata nel totale delle attività industriali, ed è derivata da un andamento che è apparso più negativo con il trascorrere dei mesi. Dalla flessione tendenziale dell’1,4 per cento del primo trimestre si è progressivamente approdati al calo del 3,3 per cento di luglio-settembre.

Al calo della produzione si è associato un analogo andamento per le vendite, che sono apparse in diminuzione, a valori correnti, del 2,4 per cento rispetto ai primi nove mesi del 2013 (-1,4 per cento in Italia) e anche in questo caso è da sottolineare che l’intensità dei cali è andata aumentando nel corso dei trimestri (vedi tavola 2.12.1).

La domanda ha ricalcato quanto avvenuto per produzione e vendite. Ogni trimestre è apparso in calo, in termini progressivamente più accentuati, determinando nella media dei primi nove mesi una diminuzione del 2,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2013, in linea con quanto emerso in Italia (-1,7 per cento).

La domanda estera ha mostrato una relativa maggiore tenuta. Nei primi nove mesi del 2014 è stata registrata una crescita dell’1,6 per cento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente (+1,4 per cento in Italia), che ha tratto origine dalla ripresa dei primi due trimestri, interrotta dalla diminuzione tendenziale del terzo (-3,1 per cento).

L’export è apparso in leggero aumento (+1,0 per cento), in misura più contenuta rispetto a quanto registrato in Italia (+2,5 per cento). Il buon andamento del primo semestre è stato annacquato dalla flessione rilevata nel trimestre estivo (-2,3 per cento). Occorre sottolineare che l’impatto su produzione e vendite dell’export resta assai limitato, a causa della scarsa propensione al commercio estero delle imprese artigiane. Secondo i dati dell’indagine del sistema camerale riferiti al 2010, solo il 12 per cento delle imprese artigiane manifatturiere esporta, rispetto alla media del 23 per cento delle imprese

industriali. Come sottolineato più volte, la minore propensione al commercio estero è una caratteristica delle piccole imprese. L’apertura all’internazionalizzazione comporta spesso oneri e problematiche che la grande maggioranza delle piccole imprese non è in grado di affrontare.

Per quanto concerne il periodo assicurato dal portafoglio ordini, nella media dei primi nove mesi del 2014 è stato registrato un valore piuttosto contenuto, pari a quattro settimane, circa una in meno rispetto a quanto riscontrato un anno prima.

Tab. 2.12.1. La congiuntura delle imprese artigiane dell’Emilia-Romagna. Primo trimestre 2005 – terzo trimestre 2014

. (….) Dati non disponibili.

Fonte: Sistema camerale dell’Emilia-Romagna e Unioncamere nazionale.

Mesi di produzione assicurata Variazioni percentuali rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente dal portafoglio

Fatturato Fatturato Ordini Ordini ordini a

Trimestri Produzione totale estero totali esteri fine trimestre.

I.2005 -3,4 -3,8 -3,5 -3,6 …. 2,7

II.2005 -4,0 -3,6 -2,9 -4,3 …. 2,5

III.2005 -3,1 -2,6 4,4 -3,2 …. 2,1

IV.2005 -2,0 -1,8 1,3 -1,4 …. 2,5

I.2006 0,2 0,8 4,1 0,8 …. 3,1

II.2006 2,3 1,9 5,7 1,9 …. 2,3

III.2006 1,4 1,6 1,3 0,4 …. 2,4

IV.2006 3,0 2,6 6,4 2,8 …. 2,8

I.2007 1,9 0,9 0,9 2,3 …. 2,3

II.2007 -1,2 -1,6 -1,2 -1,1 …. 2,6

III.2007 0,2 -1,7 4,6 -1,2 …. 2,2

IV.2007 -0,1 0,5 0,6 -0,1 …. 2,5

I.2008 -2,6 -2,1 1,8 -1,9 …. 2,1

II.2008 -1,3 -0,6 1,9 -1,5 …. 2,0

III.2008 -4,0 -3,0 0,0 -3,3 …. 2,0

IV.2008 -6,0 -4,6 -0,6 -7,1 …. 2,4

I.2009 -12,4 -10,9 -2,1 -13,9 …. 1,6

II.2009 -18,4 -18,8 -8,3 -18,9 …. 1,7

III.2009 -15,3 -14,1 -3,5 -15,6 …. 1,5

IV.2009 -11,8 -11,2 -5,0 -12,5 …. 1,5

I.2010 -7,8 -7,1 -6,6 -6,4 …. 1,5

II.2010 -0,6 -0,7 0,3 -2,6 …. 1,5

III.2010 1,8 2,2 1,9 2,0 …. 2,5

IV.2010 1,4 1,4 -1,3 1,8 …. 1,8

I.2011 -0,1 0,8 3,2 0,4 2,6 1,2

II.2011 0,8 0,2 0,9 -0,1 -1,3 1,6

III.2011 -0,3 -0,2 1,5 -0,3 3,2 1,1

IV.2011 -1,3 -0,7 -1,8 -1,3 0,3 1,2

I.2012 -5,4 -5,2 -3,1 -6,2 -1,9 1,3

II.2012 -6,7 -6,9 -2,7 -7,7 0,7 1,2

III.2012 -7,9 -8,2 3,5 -9,5 2,6 1,3

IV.2012 -9,3 -9,2 1,2 -9,9 0,0 1,2

I.2013 -6,3 -7,0 -1,7 -7,8 -0,8 1,2

II.2013 -4,6 -5,2 -0,7 -5,8 -1,5 1,2

III.2013 -3,2 -2,9 3,2 -4,5 0,7 1,4

IV.2013 -4,8 -4,4 6,0 -5,2 8,4 1,1

I.2014 -1,4 -1,9 2,7 -1,9 2,7 0,9

II.2014 -2,0 -2,1 2,6 -2,3 5,1 0,9

III.2014 -3,3 -3,2 -2,3 -3,1 -3,1 1,0

2.12.3. Il credito

L’attività del Consorzio di garanzia Unifidi1, costituito nell’anno 1977 su iniziativa delle Associazioni regionali CNA e Confartigianato, è apparsa in rilevante calo.

Tra gennaio e novembre 2014 sono stati deliberati 3.856 finanziamenti rispetto ai 6.883 dell’analogo periodo del 2013, per un totale finanziato di circa 285 milioni e 866 mila euro, contro i circa 546 milioni e 287 mila di un anno prima. Le somme garantite sono ammontate a circa 139 milioni e 483 mila euro contro i circa 259 milioni e 251 mila di gennaio-novembre 2013.

Secondo l’analisi del Consorzio, tale andamento è dipeso dalla riduzione di mercato, dovuta al ridimensionamento dei volumi finanziati alle imprese, da un processo di maggior disintermediazione da parte delle banche, (con un maggior ricorso dirette delle stesse alla garanzia del fondo centrale) e da criteri più selettivi da parte di Unifidi al fine di preservare l’equilibrio patrimoniale, mediante l’adozione di un nuovo sistema di valutazione del merito creditizio. Un’altra causa è stata rappresentata dalla mancata attivazione derivante dal fondo regionale di garanzia, di cui all’originario bando del marzo u.s. poi ritirato e riproposto a fine luglio e non ancora operativo.

La battuta d’arresto evidenziata da Unifidi ha trovato eco nei dati divulgati dalla Banca d’Italia relativi agli impieghi bancari delle “quasi società non finanziarie”2 artigiane. A fine settembre 2014 sono diminuiti del 6,0 per cento rispetto all’analogo periodo del 2013 (-4,4 per cento in Italia), in misura tuttavia leggermente meno accentuata rispetto al trend dei dodici mesi precedenti (-6,7 per cento).

Per quanto le “quasi società non finanziarie” costituiscano solo una parte dell’universo artigiano, che è caratterizzato dalla forte presenza di imprese individuali (74,6 per cento del totale a fine settembre 2014), resta tuttavia uno scenario dove si mescolano, come descritto precedentemente, pesantezza della domanda e restrizioni di accesso al credito.

Per quanto concerne i depositi bancari delle “quasi società non finanziarie” artigiane è stata registrata una moderata crescita. A fine settembre 2014 sono ammontati in Emilia-Romagna a circa 663 milioni e 269 mila euro (0,6 per cento del totale), con una crescita dell’1,8 per cento rispetto all’importo di un anno prima (+2,1 per cento in Italia). L’aumento è apparso più contenuto rispetto all’andamento generale della clientela ordinaria residente e non residente, al netto delle Istituzioni finanziarie e monetarie (+4,4 per cento), ma in leggera accelerazione nei confronti del trend dei dodici mesi precedenti (+0,5 per cento).

2.12.4. Gli ammortizzatori sociali

La fase recessiva che ha caratterizzato i primi nove mesi del 2014 non ha avuto eco nel ricorso alla Cassa integrazione guadagni. Si è trattato per lo più d’interventi in deroga alle leggi che disciplinano l’erogazione della Cig3.

Tra gennaio e ottobre le relative ore autorizzate in Emilia-Romagna all’artigianato sono ammontate a quasi 5 milioni, con una flessione del 58,6 per cento rispetto all’analogo periodo del 2013. La totalità dei settori è apparsa in diminuzione. Il maggiore utilizzatore, il settore metalmeccanico, ha assorbito più di 2 milioni e 200 mila ore autorizzate, con un calo del 59,0 per cento nei confronti dei primi dieci mesi del 2013.

La pronunciata flessione delle deroghe potrebbe avere riflesso i fermi amministrativi dovuti ai ritardi nei finanziamenti, fenomeno questo che specie per le deroghe può provocare lunghe stasi nei ricorsi, cui succedono picchi di richieste all’atto della disponibilità dei finanziamenti.

2.12.5. La consistenza delle imprese

La compagine imprenditoriale dell’artigianato dell’Emilia-Romagna si è articolata a fine settembre 2014 su poco più di 135.000 imprese attive, vale a dire l’1,8 per cento in meno rispetto all’analogo periodo del

1 Unifidi Emilia-Romagna ha nel tempo ampliato la propria attività tramite varie modifiche statutarie effettuate nel 1993, 2004 e 2008, anno nel quale è avvenuta la fusione per incorporazione di quattordici cooperative di garanzia esistenti sul territorio regionale.

2 Per quasi-società si intendono quelle unità che, pur essendo prive di personalità giuridica, dispongono di contabilità completa e hanno un comportamento economico separabile da quello dei proprietari; esse comprendono le società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché le società semplici e di fatto e le imprese individuali con più di cinque addetti.

3 Nei primi dieci mesi del 2014 è stato registrato un intervento non in deroga dell’artigianato relativo alla Cassa integrazione straordinaria, che è ammontato a 53.743 ore autorizzate. Nello stesso periodo del 2013 non era stato rilevato alcun ricorso.

2013 (-1,7 per cento in Italia), equivalente a un totale, in termini assoluti, di 2.490 imprese. A fine 2009, l’anno della più grave crisi del dopoguerra, se ne contavano 145.1424. Nelle imprese non artigiane il calo è risultato più contenuto, pari all’1,0 per cento.

Se analizziamo l’andamento dei vari rami di attività, possiamo notare che ognuno di essi ha contribuito alla diminuzione generale. L’agricoltura che ha rappresentato lo 0,8 per cento del totale delle imprese attive artigiane, è apparsa nuovamente in calo (-2,7 per cento), in piena sintonia con quanto avvenuto nella totalità delle imprese, e lo stesso è avvenuto per le attività industriali, che costituiscono il gruppo più consistente (64,0 per cento del totale), le cui imprese sono scese, nell’arco di un anno, da 99.626 a 86.394 (-2,5 per cento). Il terziario ha accusato un leggero calo tendenziale pari allo 0,4 per cento, equivalente a 571 imprese. C’è inoltre da tenere conto che nel computo delle imprese rientrano anche quelle non classificate, la cui consistenza è scesa da 137 a 113 imprese attive (-17,5 per cento).

Se si approfondisce l’analisi settoriale, si può evincere che la diminuzione è da attribuire principalmente ad alcuni dei settori numericamente più consistenti, quali costruzioni (-2,6 per cento), manifatturiero (-2,4 per cento) e trasporti e magazzinaggio (-3,7 per cento).

Il settore delle costruzioni ha consolidato la tendenza negativa emersa in tutta la sua evidenza quattro anni fa, quando si registrò una perdita di 1.495 imprese attive tra settembre 2009 e settembre 2010. Negli anni precedenti c’era stato invece un vero e proprio boom di imprese, che era tuttavia da ascrivere, in taluni casi, a un mero passaggio dalla posizione professionale di dipendente a quella di autonomo, fenomeno questo incoraggiato da talune imprese in quanto foriero di vantaggi fiscali e previdenziali. Una delle conseguenze di questa situazione è rappresentata dalla presenza di numerose imprese individuali costituite da un solo addetto, con una forte incidenza straniera, per lo più concentrate nel settore degli

“altri lavori di completamento e finitura degli edifici” nel quale è compresa la figura di muratore.

Per quanto concerne il ramo manifatturiero, che è considerato da taluni economisti come il fulcro del sistema produttivo, la quasi totalità dei settori è apparsa in calo. L’industria metalmeccanica, che ha rappresentato il 37,5 per cento delle attività manifatturiere, ha accusato una diminuzione del 3,2 per cento, superiore a quella del totale manifatturiero (-2,4 per cento). Unica eccezione la metallurgia, la cui consistenza è tuttavia limitata ad appena 90 imprese attive (erano 88 un anno prima) sulle circa 30.000 manifatturiere

4 Sono compresi i sette comuni aggregati dalla provincia di Pesaro e Urbino.

Fig.2.12.1. Imprese artigiane attive ogni 10.000 abitanti. Situazione al 30 settembre 2014 .

Fonte: elaborazione Centro studi e monitoraggio dell’economia e statistica Unioncamere Emilia-Romagna su dati Infocamere e Istat.

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Il comparto numericamente più consistente, rappresentato dalla fabbricazione di prodotti in metallo, escluso macchine e apparecchi, che comprende tutta la gamma di lavorazioni meccaniche generali in subfornitura, è apparso in calo del 2,8 per cento, mentre ancora più ampia è risultata la riduzione del secondo comparto per importanza, cioè la fabbricazione di macchine e apparecchi meccanici (-4,5 per cento). Negli altri ambiti settoriali, altre diminuzioni di una certa rilevanza hanno riguardato la filiera del legno, escluso i mobili (-4,3 per cento), che con tutta probabilità può avere risentito del perdurare della crisi dell’edilizia, vista la prevalenza di imprese orientate alla produzione di infissi, serramenti, ecc.. Nella moda c’è stato un calo del 2,2 per cento, che ha consolidato la pluriennale tendenza negativa. Se il confronto è eseguito con la situazione di cinque anni prima la diminuzione sale al 13,1 per cento, superiore al calo del 10,5 dell’industria manifatturiera. L’eccezione più significativa al generale andamento negativo è nuovamente venuta dalla riparazione, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature, le cui imprese attive sono arrivate a fine settembre 2014 a 2.346 rispetto alle 2.311 di un anno prima (+1,5 per cento) e 1.766 di fine settembre 2009. Questo andamento potrebbe essere il frutto di forme di auto impiego di persone licenziate a causa della crisi.

Nell’ambito dei servizi è da rimarcare la nuova diminuzione delle imprese attive dei “trasporti e magazzinaggio” (-3,7 per cento), che hanno riflesso l’ulteriore flessione dello stesso tenore del comparto più consistente, vale a dire il “trasporto terrestre e mediante condotte” (-4,0 per cento). Questo andamento non fa che tradurre le difficoltà vissute dai cosiddetti “padroncini”, messi sempre più alle strette dalla concorrenza dei grandi vettori e da costi sempre meno sopportabili. Altre riduzioni di una certa rilevanza per la consistenza dei comparti hanno interessato le “attività professionali, scientifiche e tecniche” (-1,2 per cento) e le “attività creative, artistiche e d’intrattenimento” (-2,1 per cento). Il comparto più consistente, rappresentato dalle ”altre attività dei servizi”, che comprendono tutta la gamma di servizi personali (parrucchieri, barbieri, estetiste, tintorie, ecc.) hanno mostrato una migliore tenuta (-0,3 per cento). Non è tuttavia mancato qualche apprezzabile progresso. Tra i comparti emergenti si possono annoverare i “servizi di ristorazione” (+0,4 per cento e +9,0 per cento rispetto a settembre 2009), le

“attività di servizi per edifici e paesaggio”5, che comprendono la pulizia non specializzata di interni ed esterni di edifici (+3,1 per cento e ), e la “sanità e assistenza sociale”. Quest’ultimo settore si articola su un numero relativamente ridotto d’imprese attive, sono 142, ma rispetto alla situazione di un anno prima e del 2009, registra aumenti rispettivamente pari al 5,2 e 13,6 per cento.

L’incidenza dell’artigianato sul totale delle imprese iscritte al Registro imprese si è mantenuta relativamente alta, in virtù di una percentuale pari al 32,5 per cento, superiore di quasi sei punti percentuali alla media nazionale. Il settore con la maggiore densità di imprese artigiane è nuovamente risultato quello dei “lavori di costruzione specializzati” (92,1 per cento)6, seguito da: “riparatori di computer e di beni per uso personale” (89,6 per cento), “trasporti terrestri e mediante condotte” (87,4 per cento),

“altre attività di servizi per la persona” (85,6 per cento), “industrie del legno e dei prodotti in legno e sughero” (83,4 per cento) e “altre industrie manifatturiere” (81,1 per cento)7. Tutti i rimanenti settori hanno evidenziato percentuali inferiori all’80 per cento.

La maggiore incidenza di imprese artigiane sul totale delle imprese attive mostrata dall’Emilia-Romagna trova una ulteriore conferma se ne rapportiamo la consistenza alla popolazione residente.

Come si può evincere dalla figura 2.12.1, l’Emilia-Romagna si trova ai vertici della graduatoria nazionale, con un rapporto, a fine settembre 2014, di 304 imprese attive ogni 10.000 abitanti, superata soltanto da Valle d’Aosta (309) e Marche (310). L’ultimo posto appartiene alla Campania, con 122 imprese ogni 10.000 abitanti, seguita dalla Sicilia con 152. La media nazionale è di 227 imprese ogni 10.000 abitanti.

5 Sono comprese le eventuali realizzazioni e manutenzione delle opere connesse (vialetti, ponticelli, recinzioni, laghetti artificiali e strutture simili.

6 Comprendono, tra gli altri, l’installazione di impianti idraulico-sanitari, di riscaldamento e condizionamento dell’aria, antenne, oltre a tutta la gamma di lavori effettuati da vetrai, intonacatori, tinteggiatori, carpentieri, muratori, ecc.

7 Comprendono la fabbricazione di gioielli e bigiotteria, strumenti musicali, articoli sportivi, giochi e giocattoli, strumenti e forniture mediche e dentistiche, scope e spazzole, oggetti di cancelleria, ecc.

Nel documento Rapporto 2014 (.pdf 5.9mb) (pagine 187-193)