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3 TECNOLOGIA DEL PROCESSO

3.1 Aspetti general

L’esperienza accumulata nel corso degli anni sulla digestione anerobica di diverse tipologie di biomassa (sia di scarto che vergini), ha condotto allo sviluppo di differenti tecnologie, principalmente basate sul tenore di sostanza secca del substrato con cui viene alimentato il bioreattore. [3]

Oggi giorno la tecnologia applicata alla digestione anaerobica ha permesso di differenziare le tipologie impiantistiche secondo diversi punti vista poiché l’esigenza di far raggiungere alle rese livelli sempre più alti, richiede un elevato tasso di specializzazione anche sotto il piano ingegneristico. In generale la digestione anaerobica può essere classificata appunto secondo il tenore di sostanza secca del substrato entrante. Infatti determiniamo:

 digestione a umido: è tipica per quei substrati che presentano un tenore di sostanza secca < 10%. Questa è la tecnica maggiormente diffusa e tipica per la fermentazione anaerobica dei liquami d’origine zootecnica;

 digestione a secco: in questo caso il substrato ha un contenuto in sostanza secca > 20%.

 digestione a semisecco: questo è un tipo di digestione anaerobica poco diffuso e tipico di substrati entranti con valori di sostanza secca intermedi e compresi tra 10-20%.

Un ulteriore identificazione può essere compiuta suddividendo i processi di digestione anaerobica in:

 monostadio: le fasi d‘idrolisi, acidogenesi e matanogenesi avvengono nello stesso bioreattore;

 bistadio: le fasi d’idrolisi ed acetogenesi avvengono in un primo stadio, mentre la fase metanigena ha luogo in un secondo momento.

 continua: se il substrato viene aggiunto miscelandolo a quello presente all’interno del reattore;

 discontinua: se il substrato viene spinto lungo l’asse longitudinale attraverso fasi di processo diverse (plug

In figura n°11 è riportato lo schema di funzionamento sia di reattori che funzionano in continuo, che in discontinuo.

Figura n°11 (fonte [2])

Un’ultima classificazione, ma non ultima per importanza, è quella relativa alla temperatura di esercizio del reattore. Come precedentemente indicato avremo:

 anaerobiosi psicrofila: quando la temperatura del processo è <20°C. I tempi di residenza idraulica (HRT), in questi casi, sono molto elevati e possono arrivare fino a 90 giorni.

 anaerobiosi mesofila: quando il processo si svolge in un range di temperature compreso tra 20

compreso fra 15-40 giorni (per refl

 anaerobiosi termofila: se la temperatura è >45°C. L ’HRT, in tal caso, è di circa 20 giorni (sempre per reflui zootecnici ed agroindustriali).

continua: se il substrato viene aggiunto miscelandolo a quello presente all’interno del reattore;

substrato viene spinto lungo l’asse longitudinale attraverso fasi di processo diverse (plug - flow).

è riportato lo schema di funzionamento sia di reattori che funzionano in continuo, che in discontinuo.

Un’ultima classificazione, ma non ultima per importanza, è quella relativa alla temperatura di esercizio del reattore. Come precedentemente indicato

anaerobiosi psicrofila: quando la temperatura del processo è <20°C. I tempi ulica (HRT), in questi casi, sono molto elevati e possono arrivare fino a 90 giorni.

anaerobiosi mesofila: quando il processo si svolge in un range di temperature compreso tra 20-40°C. In questo caso, mediamente, l’HRT è

40 giorni (per reflui zootecnici e reflui agroindustriali);

anaerobiosi termofila: se la temperatura è >45°C. L ’HRT, in tal caso, è di circa 20 giorni (sempre per reflui zootecnici ed agroindustriali).

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continua: se il substrato viene aggiunto miscelandolo a quello presente

substrato viene spinto lungo l’asse longitudinale

è riportato lo schema di funzionamento sia di reattori che

Un’ultima classificazione, ma non ultima per importanza, è quella relativa alla temperatura di esercizio del reattore. Come precedentemente indicato

anaerobiosi psicrofila: quando la temperatura del processo è <20°C. I tempi ulica (HRT), in questi casi, sono molto elevati e possono

anaerobiosi mesofila: quando il processo si svolge in un range di 40°C. In questo caso, mediamente, l’HRT è

ui zootecnici e reflui agroindustriali); anaerobiosi termofila: se la temperatura è >45°C. L ’HRT, in tal caso, è di circa 20 giorni (sempre per reflui zootecnici ed agroindustriali).

49 3.2 Impiantistica del processo di digestione anaerobica

SISTEMA A VASCHE RICOPERTE

La prima tecnologia che analizziamo è forse quella più semplice e che ancora è caratterizzata da un certo grado d’empirismo. Il dimensionamento della vasca manca di una procedura standardizzata, così come la previsione della quantità di biogas prodotto. [3]

Generalmente le ditte costruttrici raccomandano una copertura (quindi HRT) pari ad un minimo di 30 fino ad un massimo di 90 giorni. Questo tipo di tecnologia è tipica per la valorizzazione dei liquami suini e prevede:

− la creazione di più vasche, una delle quali da utilizzarsi come bacino di separazione dei solidi. Le successive saranno impiegate per la captazione del biogas;

− la copertura di almeno un bacino per la raccolta del biogas;

− l’utilizzo di un sistema di riscaldamento a serpentine basato sull’impiego di acqua calda. Tale sistema di regolazione della temperatura deve trovarsi immerso nella vasca per la captazione del biogas.

Il riscaldamento del substrato è importante poiché la produzione di biogas risente fortemente delle temperature. Queste, nel corso del tempo oscillano, facendo variare, di conseguenza, la produzione del biogas stesso.

Con una temperatura controllata di digestione del liquame compresa tra 35 e 37°C la concentrazione di metano nel biogas è media mente del 65%. [3]

In questi impianti, in realtà, non è facile mantenere la temperatura costante. Infatti si possono avere oscillazioni di 10-15°C tr a l’inverno e l’estate. Per questo motivo la cogenerazione è consigliata, impiegando il calore prodotto per riscaldare la vasca (o le vasche) di raccolta del biogas. La produzione di biogas ottenibile può variare da 25 a 32 m3/anno ogni 100 kg di peso vivo suino, pari a 15-21 m3/anno di metano.[3]

I valori più alti sono da considerarsi riferiti a sistemi che operano in mesofilia, dotati di un impianto di riscaldamento. In figura n°

schema di un impianto semplificato con e senza riscaldamento.

Figura n°12a (fonte [3]

Figura n°12b (fonte[3]

CSTR (Continuosly Stirred Tank Reactor)

In questo tipo di reattore, la concentrazione del substrato, dei prodotti, e della biomassa nell’effluente è uguale a quella nel reattore, il cui contenuto è assunto omogeneo. [2]

Questo tipo d’impiantistica è idoneo per

semisecchi ed è caratterizzato dall’eguaglianza del tempo di ritenzione idraulico e dal tempo di ritenzione dei microrganismi.[2]

In figura n°13 se ne riporta un esempio schematizzato.

I valori più alti sono da considerarsi riferiti a sistemi che operano in mesofilia, di riscaldamento. In figura n°12a-12b è riportato lo schema di un impianto semplificato con e senza riscaldamento.

fonte [3])

fonte[3])

(Continuosly Stirred Tank Reactor)

In questo tipo di reattore, la concentrazione del substrato, dei prodotti, e della biomassa nell’effluente è uguale a quella nel reattore, il cui contenuto è

Questo tipo d’impiantistica è idoneo per la valorizzazione di substrati umidi o semisecchi ed è caratterizzato dall’eguaglianza del tempo di ritenzione idraulico e dal tempo di ritenzione dei microrganismi.[2]

se ne riporta un esempio schematizzato.

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I valori più alti sono da considerarsi riferiti a sistemi che operano in mesofilia, b è riportato lo schema di un impianto semplificato con e senza riscaldamento.

In questo tipo di reattore, la concentrazione del substrato, dei prodotti, e della biomassa nell’effluente è uguale a quella nel reattore, il cui contenuto è

la valorizzazione di substrati umidi o semisecchi ed è caratterizzato dall’eguaglianza del tempo di ritenzione

Figura n°13 (fonte[3])

I reattori tipo CSTR sono molto diffusi perché generalmente permettono di raggiungere rese in biogas piuttosto elevate. Questo tipo di reattori prevedono un impianto di riscaldamento interno ed una coibentazione esterna per evitare che il substrato fermentante subisca eccessive oscillazioni della temperatura. A monte del fermentatore c’è un’unità di ricevimento del materiale d’alimentazione che viene preventivamente pesato e sminuzzato. Tramite nastri trasportatori e coclee il materiale é con

CSTR possiedono dei sistemi d’agitazione del substrato diversi (generalmente a sommersione) in base all’esigenze di rimescolamento e delle tecniche adottate dalle ditte costruttrici.

In figura n°14 è riportato un esempio d’agitatore a pale fornito dalla ditta UTS. La fase di rimescolamento è molto importante per l’omogeneizzazione del

)

I reattori tipo CSTR sono molto diffusi perché generalmente permettono di raggiungere rese in biogas piuttosto elevate. Questo tipo di reattori prevedono un impianto di riscaldamento interno ed una coibentazione esterna per evitare strato fermentante subisca eccessive oscillazioni della temperatura. A monte del fermentatore c’è un’unità di ricevimento del materiale d’alimentazione che viene preventivamente pesato e sminuzzato. Tramite nastri trasportatori e coclee il materiale é condotto all’interno del biorettore. I CSTR possiedono dei sistemi d’agitazione del substrato diversi (generalmente a sommersione) in base all’esigenze di rimescolamento e delle tecniche adottate dalle ditte costruttrici.

Figura 14 (fonte[4S])

è riportato un esempio d’agitatore a pale fornito dalla ditta UTS. La fase di rimescolamento è molto importante per l’omogeneizzazione del

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I reattori tipo CSTR sono molto diffusi perché generalmente permettono di raggiungere rese in biogas piuttosto elevate. Questo tipo di reattori prevedono un impianto di riscaldamento interno ed una coibentazione esterna per evitare strato fermentante subisca eccessive oscillazioni della temperatura. A monte del fermentatore c’è un’unità di ricevimento del materiale d’alimentazione che viene preventivamente pesato e sminuzzato. Tramite dotto all’interno del biorettore. I CSTR possiedono dei sistemi d’agitazione del substrato diversi (generalmente a sommersione) in base all’esigenze di rimescolamento e delle tecniche

è riportato un esempio d’agitatore a pale fornito dalla ditta UTS. La fase di rimescolamento è molto importante per l’omogeneizzazione del

substrato, per evitare la formazi

e per abbattere l’ accumulo d’eventuali schiume superficiali.

Osservando la figura n°15

digestore, il funzionamento degli agitatori sommersi ne determina eventuali deformazioni.

Nei CSTR possono cambiare i tipi di tecnologia adottata per caricare il substrato all’interno del fermentatore.

zootecnici di colture energetiche e/o scarti organici agroindustriali, è necessaria la presenza in testa del digestore di un sistema d’alimentazione che tagli e sminuzzi i co-substrati, e ne consenta la dosatura e

In figura 16 ne sono riportati alcuni esempi. In particolare il primo sistema rappresenta un’alimentazione a coclea tradizionale, il secondo sistema prevede la presenza di un pistone che spinge all’interno del reattore i materiali da fermentare. L’ultimo sistema di caricamento prende il nome di sistema a flusso.

substrato, per evitare la formazione di croste o depositi all’interno del reattore e per abbattere l’ accumulo d’eventuali schiume superficiali.

Figura n°15 (fonte[6])

15 si intuisce che variando la forma della copertura del digestore, il funzionamento degli agitatori sommersi ne determina eventuali

Nei CSTR possono cambiare i tipi di tecnologia adottata per caricare il substrato all’interno del fermentatore. Nel caso della codigestione con i liquami zootecnici di colture energetiche e/o scarti organici agroindustriali, è necessaria la presenza in testa del digestore di un sistema d’alimentazione

substrati, e ne consenta la dosatura e

ne sono riportati alcuni esempi. In particolare il primo sistema rappresenta un’alimentazione a coclea tradizionale, il secondo sistema prevede la presenza di un pistone che spinge all’interno del reattore i materiali entare. L’ultimo sistema di caricamento prende il nome di sistema a

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one di croste o depositi all’interno del reattore

si intuisce che variando la forma della copertura del digestore, il funzionamento degli agitatori sommersi ne determina eventuali

Nei CSTR possono cambiare i tipi di tecnologia adottata per caricare il Nel caso della codigestione con i liquami zootecnici di colture energetiche e/o scarti organici agroindustriali, è necessaria la presenza in testa del digestore di un sistema d’alimentazione la pesatura.[3] ne sono riportati alcuni esempi. In particolare il primo sistema rappresenta un’alimentazione a coclea tradizionale, il secondo sistema prevede la presenza di un pistone che spinge all’interno del reattore i materiali entare. L’ultimo sistema di caricamento prende il nome di sistema a

Figura 16 (fonte [3]

Tipica dei reattori CSTR è la presenza di una copertura gasometrica di raccolta del biogas che può essere costruit

molto diffuso, è quello polimerico

I reattori di questo tipo possono presentare anche un sistema di ricircolo che viene generalmente inserito per poter intensificare l’efficienza dei processi di stabilizzazione. Il ricircolo di parte dell’effluente dopo un’operazione di separazione solido/liquido, consente di reintrodurre nel reattore una quota della biomassa attiva (batterica) estratta con l’effluente, garantendo quindi maggiori concentrazioni della stessa all’interno de

residenza dei solidi (microrganismi) più elevato rispetto ad un rettore senza ricircolo [2]

Per ottenere questo, viene separata la frazione liquida da quella solida, immettendo di nuovo quest’ultima all’interno del reattore. Lo s

in eccesso ha luogo tramite il flusso di ricircolo o direttamente dal reattore.[2] I reattori CSTR presentano, in conclusione, i seguenti vantaggi: sono idonei per trattare substrati con elevato tasso di solidi sospesi, aumentano la superficie di contatto tra microrganismi e substrato, garantiscono una buona distribuzione del materiale da fermentare all’interno del reattore, se ben miscelati possono prevenire il formarsi di grossi strati di schiuma, la

fonte [3])

Tipica dei reattori CSTR è la presenza di una copertura gasometrica di raccolta del biogas che può essere costruita con diversi materiali. In genere, molto diffuso, è quello polimerico

I reattori di questo tipo possono presentare anche un sistema di ricircolo che viene generalmente inserito per poter intensificare l’efficienza dei processi di colo di parte dell’effluente dopo un’operazione di separazione solido/liquido, consente di reintrodurre nel reattore una quota della biomassa attiva (batterica) estratta con l’effluente, garantendo quindi maggiori concentrazioni della stessa all’interno del reattore ed un tempo di residenza dei solidi (microrganismi) più elevato rispetto ad un rettore senza

Per ottenere questo, viene separata la frazione liquida da quella solida, immettendo di nuovo quest’ultima all’interno del reattore. Lo spurgo dei fanghi in eccesso ha luogo tramite il flusso di ricircolo o direttamente dal reattore.[2] I reattori CSTR presentano, in conclusione, i seguenti vantaggi: sono idonei per trattare substrati con elevato tasso di solidi sospesi, aumentano la ficie di contatto tra microrganismi e substrato, garantiscono una buona distribuzione del materiale da fermentare all’interno del reattore, se ben miscelati possono prevenire il formarsi di grossi strati di schiuma, la

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Tipica dei reattori CSTR è la presenza di una copertura gasometrica di a con diversi materiali. In genere,

I reattori di questo tipo possono presentare anche un sistema di ricircolo che viene generalmente inserito per poter intensificare l’efficienza dei processi di colo di parte dell’effluente dopo un’operazione di separazione solido/liquido, consente di reintrodurre nel reattore una quota della biomassa attiva (batterica) estratta con l’effluente, garantendo quindi l reattore ed un tempo di residenza dei solidi (microrganismi) più elevato rispetto ad un rettore senza

Per ottenere questo, viene separata la frazione liquida da quella solida, purgo dei fanghi in eccesso ha luogo tramite il flusso di ricircolo o direttamente dal reattore.[2] I reattori CSTR presentano, in conclusione, i seguenti vantaggi: sono idonei per trattare substrati con elevato tasso di solidi sospesi, aumentano la ficie di contatto tra microrganismi e substrato, garantiscono una buona distribuzione del materiale da fermentare all’interno del reattore, se ben miscelati possono prevenire il formarsi di grossi strati di schiuma, la

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temperatura al loro interno è distribuita uniformemente e facilitano la fuoriuscita del gas dalla fase liquida verso il gasometro. Questa tipologia impiantistica però presenta anche svantaggi: molta energia per il movimento degli agitatori e perdite negli effluenti di materiale non fermentato e biomassa microbica . Essendo poi le fasi acidogenica e metanogenica contemporanee e non separate, non si può mai creare un habitat ottimale per la crescita dei microrganismi, ma ci si deve limitare a raggiungere condizioni mediamente positive per tutti i tipi di batteri.

Ottimizzazione delle prestazioni di un reattore CSTR

Per cercare d’ottimizzare le prestazioni di un reattore CSTR è utile prenderne in considerazione le varie componenti, indicando per ciascuna quale sia la soluzione migliore da adottare.

Gli aspetti che è opportuno considerare in fase di costruzione sono relativi: al digestore, alla miscelazione, al riscaldamento, al gasometro.

1. IL DIGESTORE

Le soluzioni costruttive applicabili per la messa in opera di un reattore CSTR sono diverse. Abbiamo: calcestruzzo armato gettato in opera, elementi modulari prefabbricati, lamiere d’acciaio variamente protette (verniciate, zincate, vetrificate, inox).

Nel caso del calcestruzzo armato gettato in opera possiamo dire che è la soluzione costruttiva maggiormente diffusa poiché si adatta meglio alle diverse esigenze delle ditte costruttrici, le quali richiedono spesso la creazione di aperture e fori utili all’inserimento delle loro specifiche componenti impiantistiche. Questo importante vantaggio va a cozzare con il problema relativo alla qualità intrinseca del manufatto che può risentire delle variabili ambientali, imprevedibili nel momento della messa in opera, in grado di indurre un certo grado di variabilità nel complesso della struttura.

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La soluzione con manufatti prefabbricati è in grado di garantire tempi di messa in opera minori poiché le varie componenti sono costruite in officina garantendo, in più, una elevata omogeneità del materiale compositivo. Sicuramente è necessaria una collaborazione stretta tra costruttore ed impiantista per combinare al meglio l’esigenze dell’uno e dell’altro tenendo presenti i vincoli della prefabbricazione.

Interessante, inoltre, la possibilità di rispondere senza particolari oneri, anzi con un recupero, se pur parziale, del valore dei manufatti, alla prescrizione contenuta nel decreto legislativo 387/2003 di ripristino dello stato dei luoghi nell’eventualità di dismissione dell’impianto (articolo 12/4). Il prefabbricato, infatti, può essere smontato e recuperato per utilizzi diversi in altra sede.[7] Le soluzioni in calcestruzzo (sia prefabbricato che messo in opera) sono le più diffuse.

La soluzione in acciaio è forse la più elastica e facilmente adattabile alle diverse esigenze impiantistiche.[7]

Sicuramente tale sistema è suscettibile di corrosione che va prevenuta ponendo anche molta attenzione nell’ impedire il verificarsi di depressioni nel sistema. Per ovviare al primo problema possono impiegarsi materiali incorruttibili (acciai inossidabili), oppure si ricorre a rivestimenti di varia natura. Altro rischio di un impianto con queste caratteristiche è dovuto al fatto che l’acciaio non presenta il vantaggio dell’inerzia termica e questo implica la necessità di operare delle efficaci coibentazioni. Pur non essendo una tecnologia molto diffusa, presenta i vantaggi della rapidità di messa in costruzione e smontaggio, garantendo così il possibile beneficio derivante dalle prescrizioni viste.

Anche se i calcestruzzi presentano di norma un buon livello di coibentazione, è necessario assicurare un coefficiente medio di trasmissione dal calore K pari almeno a 0,30 Kcal/ora/m2/°C.[7]

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2. LA MISCELAZIONE

L’obiettivo è quello di garantire il massimo contatto fra la massa da fermentare e i microrganismi preposti a tale operazione. L’efficacia dell’operazione può essere anche variabile al variare del volume del digestore e del substrato da trattare.

Abbiamo una miscelazione idraulica che prevede il rimescolamento della massa grazie al ricircolo della stessa tramite una pompa esterna e la sua distribuzione interna tramite ugelli opportunamente posizionati ed orientati. Il suo interesse è legato all’assoluta mancanza d’elementi meccanici in movimento all’interno del digestore, essendo la pompa di ricircolo installata all’esterno, in posizione ove diventa facile ogni operazione di controllo e movimentazione. La potenza installata è variabile in funzione della geometria del digestore e del tenore in solidi, mediamente varia da 20 a 50 W/m3.

Si tratta di un sistema che ha dimostrato in varie realizzazioni un’ottima efficienza a patto che la progettazione fluidodinamica non sia banalizzata, ma sviluppata accuratamente e che tutto sia realizzato in sintonia con le indicazioni progettuali.[7]

Il sistema di miscelazione più diffuso risulta essere quello di tipo meccanico. Può variare in base alla motorizzazione (elettrica o idraulica), e alla localizzazione del motore stesso rispetto al digestore (interno oppure esterno). Per substrati d’origine agricola caratterizzati da un elevato contenuto in solidi, sono molto applicati sistemi di miscelazione lenti che possono essere sia ad asse orizzontale che verticale dotati di grandi organi di movimentazione. La motorizzazione, in questi casi, è esterna ed elettrica. La lentezza del movimento ha il vantaggio di scongiurare eventuali rotture che richiederebbero lo svuotamento del reattore con elevati costi dovuti oltre che all’intervento anche alla mancata produzione. Esistono poi miscelatori con motorizzazione sommersa, sia elettrica che idraulica, montati su colonne orientabili all’interno del digestore permettendo di variarne il flusso ottimizzando l’effetto. E’, in questo caso, possibile effettuare la riparazione d’eventuali guasti tramite la

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semplice disattivazione del gasometro, operando con digestore pieno ed attivo.

3. IL RISCALDAMENTO

E’ molto importante per garantire l’ottenimento della temperatura desiderata (varabile in base al regime adottato) a dispetto delle perdite di calore che si hanno nel momento d’introduzione di nuovo substrato all’interno del reattore e delle dispersioni attraverso le pareti del digestore.

Il riscaldamento si può ottenere mediante una serpentina interna fissata alle pareti del digestore al cui interno circola acqua calda, oppure tramite

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