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L’assemblea nazionale di Palermo I sogni e le tensioni La decisione del blocco ad oltranza

3. Dopo “Samarcanda” comincia la microstoria della Pantera

3.2 L’assemblea nazionale di Palermo I sogni e le tensioni La decisione del blocco ad oltranza

Il primo momento di incontro ufficiale venne stabilito per il primo febbraio a Palermo. Si tratta della prima assemblea nazionale del movimento studentesco dopo più di un decennio.

Come si svolge un’assemblea nazionale? Anche in questo frangente gli studenti palermitani dovettero inventarsi le regole per la partecipazione delle facoltà in lotta

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con criteri più o meno rappresentativi.

Da Palermo si chiedeva alle altre città di mandare non più di sei “delegati” per ateneo, ma in realtà arrivarono in Sicilia centinaia di persone oltre ai delegati, a titolo personale. Alcune facoltà che rifiutavano il concetto di delega erano rappresentate solo da studenti a titolo personale.

La bagarre era tale che l’assemblea venne posticipata al giorno dopo per l’impossibilità di condurla nella “piccola” aula “Tian-An-Men-Intifada”, che pure aveva consentito lo svolgimento delle precedenti assemblee d‘ateneo, certo non poco numerose; ma questa volta l’aula magna del movimento era praticamente assediata da migliaia di persone dentro e fuori i locali che volevano partecipare al dibattito.

Per garantire la possibilità di partecipare a tutti gli studenti il giorno dopo l’assemblea si svolse all’aperto, lungo il Viale delle Scienze che è la sede della maggior parte delle facoltà palermitane, davanti l’ingresso della ormai “mitica” facoltà di Lettere, con l’ausilio di un sistema di amplificazione, nonostante la minaccia del tempo malevolo.

L’assemblea, non senza traversie, dibatté sui metodi di lotta al di là dell’occupazione, per passare “dalla protesta alla proposta”, e si concluse, con l’elaborazione di una serie di mozioni da presentare alle varie facoltà occupate, in ossequio al principio di non delega alla pur “storica”53 prima assemblea nazionale

studentesca del ruolo propositivo ed esecutivo spettante ad ogni facoltà occupata. Alcuni proponevano di utilizzare il nuovo strumento del fax per intasare i terminali del Quirinale e del Ministero dell’Università con messaggi sul ritiro del progetto di legge, altri chiedevano lo storno delle spese militari a favore di quelle per l’educazione e l’Università. Altri ancora insistevano sull’evitare spaccature nel movimento, ma la maggior parte delle persone non sapeva come condurre avanti praticamente questa posizione se non tramite un proseguimento del blocco.

Il documento, ad ogni modo, chiedeva le dimissioni del Ministro Ruberti, il ritiro del suo disegno di legge, l’abrogazione dell’articolo 16 della legge 168/89 sull’elaborazione degli statuti d’ateneo; inoltre sosteneva “l’apertura di un confronto

presso i box autogestiti di Lettere.

53 Il senso “storico” degli studenti alla massima profusione quando venne diffusa la notizia

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nazionale che coinvolga tutte le componenti per la rifondazione democratica dell’Università, finalizzato quindi alla definizione di una riforma che sia veramente il frutto di una elaborazione comune e trasversale”54, una effettiva libertà di studio e di ricerca e la rescissione dei contratti universitari che non garantiscono queste libertà, la garanzia del diritto allo studio per tutti, la complementarità dei diplomi di laurea e dei titoli di studio intermedi con quelli di maggior durata, l’abolizione della figura dello studente fuori-corso, la piena democrazia elettiva di tutti gli organi di gestione, le dimissioni degli attuali rappresentanti degli studenti in carica.

La proposta di creare un soggetto politico studentesco nazionale fu bocciata dalla maggior parte dei delegati, ed il successo dell’assemblea di Palermo si può ben interpretare come l’ansia di avere un “luogo politico” nazionale che fosse da stimolo per i vari soggetti locali ma che non prevaricasse sulle esigenze territoriali, che cioè non portasse alla formazione di un ceto nazionale. Gli studenti, gelosi del valore della democrazia partecipata nelle loro assemblee territoriali, rifiutavano che chicchessia (nella fattispecie la proposta veniva dalla Fgci) li imbrigliasse con la delega al “nazionale”.

La prima assemblea del movimento, nell’immaginario di molti, avrebbe dovuto fornire i primi spunti sulle mobilitazioni “dopo” le occupazioni: ma questo tema, per quanto fosse presente nelle teste dei delegati, non fu mai portato con forza nelle discussioni, sia perché la maggior parte degli atenei erano bloccati da poco più di una settimana (mentre Palermo ormai da due mesi), sia perché ancora il ministro non aveva accennato a nessuna modifica del suo progetto di legge; ne conseguiva una situazione di tenuta che avrebbe portato alla lunga alla scelta del blocco ad oltranza. Lo spunto più interessante proveniva dall’assemblea di Lettere di Palermo, che fece approvare una mozione sulla trasformazione del movimento da studentesco ad universitario, accogliendo così le rivendicazioni che in quel momento dottorandi e ricercatori stavano portando avanti contro lo strapotere che i professori ordinari mantenevano e rafforzavano con la legge Ruberti55.

La risposta del ministro arrivò dopo un paio di settimane, con la “Ruberti-bis” che voleva essere un’apertura sul terreno rivendicativo del movimento, anche se molto

suggestioni che questo lasciava fiorire.

54 Assemblea Nazionale Studentesca, Mozione finale, 01/02/90, in sez. Documenti in CD-ROM cit. 55 Mozioni dell’Assemblea di Lettere, in CD-ROM cit.

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limitata nella sua portata, che il movimento sostanzialmente rifiutò.

Il rischio del blocco ad oltranza era quello di una scelta politica costosa, soprattutto perché si metteva in pericolo la validità dell’anno accademico ed in questo modo la possibilità di sostenere gli esami di profitto. Questo rischio era sempre presente e, come vedremo, i giornali non mancarono di spalleggiare i presidi ed i docenti che ponevano questo quesito squisitamente tecnico agli studenti, in totale assenza di una risposta politica.

Ma per il movimento questa era purtroppo diventata la normalità; e questa volta avrebbe dovuto subire altri attacchi, e ben più massicci.

3.3 Un seminario a Roma. Come un episodio secondario diventa