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La Pantera e i media

5. La Pantera muore Di nuovo su Palermo e Pisa

6.1 La Pantera e i media

I principali interlocutori della Pantera, a conti fatti, furono i quotidiani; il costante stillicidio a cui gli studenti dovettero andare incontro, sia per quanto riguarda i toni dei commentatori nazionali, sia per le narrazioni delle cronache locali, mise in evidenza il ruolo di avamposto di scontro ricoperto dalla stampa. Era difficile, se non impossibile, la costituzione di un’opinione pubblica davvero cosciente di quel che stava accadendo, perché molto spesso i quotidiani travisavano volutamente i fatti, fino ad alludere ad inesistenti collusioni fra studenti universitari e nuove Br, spostando quindi il dibattito generale dai motivi del rifiuto di una legge di riforma universitaria al pericolo di improbabili nuove stagioni di lotta armata contro lo Stato. Allo stesso tempo, gli studenti favorivano questo ruolo dei giornali, convinti che comunque fosse importante avere una presenza sulla stampa; raramente si avviarono

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meccanismi di formazione di riviste autonome, superate ormai dall’uso spregiudicato dei nuovi media: l’acquisizione del fax segnò il passaggio ad un nuovo livello dello scontro sull’informazione. La rete interna creata dagli studenti permetteva un flusso continuo e praticamente istantaneo di notizie da tutta Italia, volto a scardinare il concetto stesso di giornale come principale strumento di trasmissione degli eventi. Del resto era opinione diffusa fra gli studenti che le notizie sui giornali non contenessero verità e che la verità non facesse notizia, per parafrasare un detto popolare russo173.

Possiamo quindi affermare che gli studenti non temevano la stampa, anzi, puntavano al suo utilizzo strumentale, anche a costo di essere strumentalizzati. In questa chiave è doveroso leggere anche l’adozione di un simbolo e di uno slogan come “La Pantera siamo noi”, indice della volontà di utilizzare gli strumenti tradizionali dei messaggi pubblicitari come strumenti per comunicare la propria lotta, non senza una certa derisione.

Allo stesso modo gli studenti tentarono un vero e proprio “assalto al cielo” al mezzo comunicativo più potente, cioè alla televisione. Ma su questo versante è più difficile dare un giudizio per un motivo fondamentalmente metodologico, ma anche pratico: la mia ricerca è legata soprattutto ai quotidiani e alle fonti scritte anche per la difficoltà a reperire il materiale video dei telegiornali.

In ogni caso, i due principali “eventi” televisivi di cui fu protagonista la Pantera ci restituiscono un’immagine doppia: da una parte l’esplosività dello strumento, anche senza che ne fosse detenuto il possesso, come testimoniato dalla prima puntata di “Samarcanda” dedicata alle occupazioni, il 16 gennaio, che portò al coinvolgimento di centinaia di studenti alla lotta cominciata a Palermo. Dall’altra l’apparente facilità con cui il movimento, nella seconda diretta di “Samarcanda” da Pisa del 20 febbraio, viene messo in difficoltà nel momento in cui, finito l’“effetto sorpresa” della prima diretta, si ritrova dentro la camicia di forza ormai determinata dai media, del movimento giovanile, prepolitico, che è un chiaro indice dell’immaturità dei tentativi di un uso spregiudicato del mezzo televisivo, soggetto a limiti profondi, dovuti in parte alla tendenza alla spettacolarizzazione degli eventi,più accentuata che sui quotidiani.

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Ora, se riconosciamo che ci fu uno scontro fra stampa e movimento, bisogna appurare il ruolo effettivo ricoperto dalla stampa. Un’inchiesta174 sui giornali a

tiratura nazionale pubblicata a pochi giorni dalla chiusura delle mobilitazioni afferma che se il movimento era una “pantera”,i giornali erano un “circo”, capace di domare ed indirizzare i gesti simbolici e le azioni di lotta degli studenti. Ed in effetti, a guardare soprattutto gli scoop più eclatanti e le dichiarazioni dei vari commentatori emerge un certo “ammaestramento”, mirato a colpire gli “errori” commessi dagli studenti e a correggerli in nome della democrazia, dello sdegno verso il terrorismo, del rifiuto della violenza.

In un primo momento, per i giornali, a fare la notizia era il semplice fatto che degli studenti poco o niente ideologizzati occupassero le facoltà, a cui faceva da contraltare la tendenza ad evidenziare i gruppi più o meno organizzati della sinistra presenti nelle occupazioni; poi la solidarietà di una parte di quel mondo accademico che gli studenti contestavano duramente, solidarietà che si basava essenzialmente sulla diversa interpretazione del concetto di“autonomia” rivendicato da studenti e docenti, a cui conseguirono le prese di distanza da quelle che erano considerate solidarietà fittizie. Nella fase di espansione del movimento i quotidiani facevano fatica a narrare con dovizia la forte capacità mobilitativa degli studenti universitari;poi, finito il momento propositivo, toccò alla stessa stampa riempire un movimento che non faceva più notizia, impegnato com’era nella costruzione di momenti di elaborazione e socialità interna più che di spettacolari azioni pubbliche. Fu in questa fase che i quotidiani cominciarono mettere in evidenza le differenze fra gli studenti e a creare ad hoc, più che dei casi, dei veri e propri scandali giornalistici, che divennero la punta di diamante della crescente criminalizzazione cercata da una parte dei vertici statali.

“La Repubblica” fu il quotidiano che meglio rappresentava la tendenza giornalistica a sottolineare le divisioni materiali e teoriche del movimento, in modo talmente odioso che gli studenti arrivarono perfino ad organizzare il suo boicottaggio.

Ma anche senza la criminalizzazione, la stroncatura effettiva del movimento arrivava per esempio attraverso lo scherno rivolto ai meccanismi assembleari, in particolare di quelle nazionali, necessariamente lenti e spesso inconcludenti, ma non

(“Notizie”).

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per questo più ridicole e inconcludenti di certi “dibattimenti”parlamentari a cui talvolta assistiamo a malincuore.

Ma, a conti fatti, se l’esigenza del movimento fosse stata quella di determinare ed indirizzare la stampa ufficiale attraverso i propri contenuti, adesso commenteremmo la sconfitta di questa linea d’azione.