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Pisa I quotidiani Il Tirreno

4. Pisa Arriva il vento del Sud

4.3 Pisa I quotidiani Il Tirreno

Come a Palermo, a Pisa esistono due diffusi quotidiani locali: “il Tirreno” e “la Nazione”. Il primo, indipendente, tradizionale voce delle istituzioni locali e quindi spesso schierato con l’apparato PCI, come è normale in una città di chiara estrazione comunista, mentre il secondo, “la Nazione”, con un destino da opposizione giornalistica, come voce della tradizione di centro-destra e di alcuni interessi

90 V. paragrafo a parte.

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economici locali.

Fra i due “Il Tirreno” riveste un’importanza maggiore a causa del maggior numero di copie vendute e per la maggiore diffusione nei bar e nei locali e per questo contribuisce in modo determinante alla creazione dell’opinione pubblica.

C’è un atteggiamento che lega i due quotidiani nell’approccio al movimento pisano: mai, infatti, venne usato l’appellativo “Pantera” per i fatti locali, usato esclusivamente per gli articoli (ma soprattutto i titoli) del “nazionale”. Solo verso la fine di marzo, ad occupazioni concluse o in via di conclusione, anche le cronache pisane daranno giornalistica dignità di “Pantera” al movimento cittadino.

I due quotidiani ebbero modo di dimostrare la propria faziosità soprattutto nel narrare le due principali “notizie” del movimento pisano: la contestazione ad Andreotti e l’occupazione dell’ex-hotel Nettuno, che per questo motivo tratteremo separatamente.

A dimostrare che vi fosse un’atmosfera giornalistica diversa da quella palermitana sono gli stessi titoli dei quotidiani dedicati agli studenti. Ma vediamone lo sviluppo nel periodo che precedette i due fatti menzionati, e che fanno riferimento alla fase iniziale del movimento pisano, per tentare di capire come venne impostata la linea editoriale:

Il Tirreno 19 gennaio – 16 febbraio (cronache pisane)

Più di duecento studenti in assemblea contro Ruberti “A Biologia mancano le aule e la situazione peggiorerà” “La riforma va verificata ma le occupazioni non servono” La protesta si estende alle superiori

Tremila ieri in corteo. Altri tre istituti occupati Pisa, è l’Università il suo polmone

Occupate Giurisprudenza e Isa ma cresce il dissenso “Medicina, gli assenti non possono accusarci” Occupanti “sfrattati” dalla sede di Biologia Divampa un incendio davanti a Filosofia

fondo “Pantera” della BFS

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I professori solidali “Però torniamo in aula”

“C’è una bomba”, e l’aula di Giurisprudenza si spopola “E bravo chi non si è piegato al volere di sparute minoranze” L’ex sindaco Orlando incontra gli studenti

Orlando appoggia gli studenti “Avete il coraggio del dissenso” Ingrao a Medicina incontra gli studenti

“Studenti, è necessario tornare alla normalità”

Prima ancora dell’avvio della protesta studentesca i giornali danno voce alle proteste “corporative” dei docenti di ruolo, riuniti nel sindacato Cipur, preoccupati non tanto per l’autonomia che la riforma prefigura, quanto per il mancato aggancio degli adeguamenti salariali della classe docente a quella dei dirigenti dello Stato, e dichiarano “tradite le legittime aspettative dei docenti universitari”, vilipesi da una legge che “stabilisce il principio che il costo della vita è aumentato per le famiglie dei dirigenti statali, e categorie equiparate, mentre non è aumentato per quelle dei docenti universitari”92. Sia “il Tirreno” che “la Nazione” (ma in modo particolare

quest’ultimo, per tre giorni consecutivi) diedero ampia sponda a questo tipo di rivendicazioni.

Con queste premesse, il Tirreno comincia la cronaca delle assemblee, da Lettere a Biologia, ma proprio nel giorno dell’assemblea d’ateneo affida all’opinione del Rettore Gianfranco Elia la propria linea editoriale: “La riforma va verificata ma le occupazioni non servono”, dichiara il Rettore nel titolo, riducendo la questione delle riforme ad un problema di soldi.

“D’altra parte le soluzioni per migliorare le risorse finanziarie sono tre: attingere allo Stato, ma ormai sappiamo bene quanto queste risorse siano limitate, tassare maggiormente gli studenti, ma credo che si tratti di una strada non percorribile perché ingiusta, attivare convenzioni con enti locali e privati e questa credo sarà la soluzione migliore, badando bene però a non svendere l’autonomia di ricerca.”93

Il giudizio del professor Elia non lascia scampo: l’Università pubblica ha bisogno di

92 Il ministro Ruberti all’università per inaugurare l’anno accademico, in “Il Tirreno” del 13/01/90

(articolo non firmato)

93 Roberto Galli, “La riforma va verificata ma le occupazioni non servono”,intervista al Rettore prof.

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soldi e l’unico modo ragionevole per trovarli è accordarsi coi privati, visto che “tutto dipende da come si intendono stabilire accordi o convenzioni”94. In realtà il Senato

Accademico non lesinerà aumenti delle tasse d’iscrizione per gli studenti, a partire dalla stessa estate del ‘90 (e che ad oggi sono aumentate a dismisura rispetto al livello del 1990).

Immancabile, l’accostamento che il cronista propone con il ’68, ma il Rettore vede profonde differenze con quel movimento perché “i metodi di lotta sono ben diversi, espressi cioè con grande civiltà e senza violenze”95, sebbene la “Pantera” pisana non

abbia avuto ancora occasione di dare prova di se stessa.

Otto giorni dopo, una nuova intervista al Rettore segnala la centralità economica dell’Università per la città intera, mettendo a nudo qualcuno dei legami economici già intessuti con enti locali (l’esempio è Medicina e il legame con l’ospedale Santa Chiara) ed enti privati, in modo particolare grazie al Cnr e alla Facoltà di Ingegneria che ha numerosi accordi di ricerca con L’Enel, L’Enea, la Hewlett Packard l’Ibm, eccetera.

Ogni cronaca delle crescenti occupazioni si accompagna, già nel titolo o nel sottotitolo, alla notizia del dissenso, che a Pisa assunse forme effettivamente particolari, anche quando viene occupata dagli studenti la sede storica dell’Università pisana, la Sapienza.

In particolare, “il Tirreno” diede ampio spazio ai contrari all’occupazione nelle diverse facoltà in cui le assemblee erano in bilico. In particolare a parlare per Giurisprudenza, Chimica, Economia e Commercio furono spesso i controccupanti, che accusavano il “fronte del si” all’occupazione di ricorrere ad “assemblee e votazioni improvvisate per effettuare con “colpi di mano” l’occupazione. Poi, una volta entrato in possesso delle facoltà, non è più possibile rientrarci per fare opposizione”96

Dall’otto febbraio in poi la richiesta dei professori sostenuta dal “Tirreno” fu quella di tornare in aula a studiare. Da ogni parte si levavano voci di apprezzamento per le capacità di gestione dei locali delle università durante le occupazioni, ma la richiesta pressante fu di interrompere questa forma di protesta. “Il Tirreno” diede voce a

94 ibidem 95 ibidem

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studenti controccupanti, professori e segreterie di partito che unanimemente attaccavano il movimento, riconoscendo i meriti dei “giovani che fin dal primo momento pur nelle avversità, sono scesi in campo per tutelare quegli studenti che non si sono piegati al volere di sparute minoranze e per difendere il diritto sacrosanto di pensarla comunque diversamente.”97

Alcuni fatti vennero presi sottogamba e ridotti a folklore studentesco, come l’episodio dell’incendio doloso davanti alla facoltà di Filosofia, oppure sovradimensionati a discapito della narrazione dei contenuti delle assemblee, come la finta bomba piazzata a Giurisprudenza nel corso di un’assemblea di facoltà.

Sul “Tirreno” trovarono spazio anche le personalità a favore del dissenso nelle Università, che non lesinarono giudizi sugli studenti e sul movimento sui giornali, che però spesso finivano con l’interpretare il ruolo dei “buoni padri” coscienti della necessità che i giovani avessero “il coraggio del dissenso”98 e ricevevano più spazio

sui quotidiani in quanto “ignoranti” dei contenuti del movimento: legittimando così la linea per cui ogni intervento a favore del movimento dovesse necessariamente divagare dai contenuti concreti della protesta. Ed in un certo senso la visibilità acquistata grazie a questi autorevoli personaggi agli studenti bastava; come se alimentare la cronaca sui giornali significasse di per sé ottenere un peso specifico negli equilibri politici dentro e fuori l’Università, o anche semplicemente nell’opinione pubblica; come se invitare Orlando o Guccini ad un dibattito nelle facoltà occupate potesse smuovere di un millimetro l’opinione che paternalisticamente “Il Tirreno” andava formulando: le occupazioni sono fatte da bravi ragazzi ordinati e curiosi, ma la serietà del momento non può lasciare ancora spazio ad una protesta, per così dire, senza idee.

4.4 La Nazione

La Nazione 19 gennaio – 16 febbraio (cronache pisane)

Occupazione rimandata

97 “E bravo chi non si è piegato al volere di sparute minoranze”, in “Il Tirreno” del 12/02/90 (articolo

non firmato)

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Nuovi problemi sono evidenziati dalle assemblee Si prepara l’occupazione di Palazzo Ricci

Arrivato il vento del sud commento del Preside: “Hanno imboccato un tunnel” Inizia la mobilitazione d’ateneo

Occupazioni a macchia d’olio Le occupazioni continuano Scienze, occupati i dipartimenti Corteo e maxi-assemblea

Tremila in corteo per l’Università

Occupazione a Fisica sotto: Nasce il fronte del dialogo Ora è occupata la Sapienza

A Roma da facoltà e istituti

Il blocco continua (e martedì corteo) Scuole superiori, studenti in corteo Scuole, è ancora occupazione È nata l’alleanza dei “prof” Sapienza “libera”

E Leoluca parla agli studenti Rinviata l’assemblea d’ateneo Appello agli occupanti

Per ora l’appello è inascoltato

Sin dalle prime cronache emerge l’impostazione che accompagnò i rapporti fra il quotidiano toscano e il movimento: tutto già visto, tutto già sperimentato. La “saccenteria” è evidente nei primi titoli, quasi telegrafici, che dànno l’idea di uno sviluppo delle cose in linea con un modus agendi già conosciuto in epoche precedenti. Ciò non toglie che “La Nazione” fosse sempre pronta a dare espressione alle voci contrarie al movimento studentesco, a quelle auspicanti la nascita di un “fronte del dialogo”, fino ai toni impauriti che annunciavano l’occupazione della Sapienza, considerata il baluardo e il simbolo dell’Università “che studia”. Fra l’altro pubblicava saltuariamente lettere (spesso non firmate) di studenti contrari

14/02/90.

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all’occupazione.

In genere nei titoli manca il verbo principale, il soggetto o il complemento oggetto. Spesso il soggetto è destinato all’indeterminazione, e mai si tratta del movimento o di qualsivoglia altra parola caratterizzante quella parte di studenti attiva nella contestazione. Non risultano nemmeno titoli virgolettati, cioè presi apposta dalle dichiarazioni di studenti o professori: pare che il giornale voglia appunto telegraficamente dare la propria verità.

Sono relativamente pochi gli articoli di una certa rilevanza visiva, e la maggior parte degli articoli non viene firmata dall’autore, anche se il movimento è presente quotidianamente sul giornale ed occupa stabilmente la prima pagina locale con piccole didascalie, spesso due per dare l’idea del contrappunto, senza però l’intervento di personaggi autorevoli come professori o segreterie di partito a legittimare le posizioni assunte dal giornale. Sembrerebbe che “la Nazione” preferisse delegare l’analisi sui fatti universitari agli articoli “nazionali”, relegando le cronache pisane ad una semplice declinazione locale del fenomeno, disinteressandosi dal mettere in luce le specificità del movimento cittadino.

Questo derivava senz’altro dall’opinione diffusa fra gli studenti circa la faziosità di questo quotidiano, a cui peraltro sarebbe difficile attribuire uno spirito d’indagine e d’inchiesta che non ha, almeno in questo frangente, voluto dimostrare.

4.5 Scampoli di pessimo giornalismo locale: il caso Andreotti e le