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L’assicurazione sociale in tema di infortuni sul lavoro e il

Nel campo dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le

malattie professionali nel rapporto di lavoro privato, invece, il latinismo

ha svolto un ruolo applicativo di secondo livello, ed è in questo ruolo

che viene tuttora evocato nell’interpretazione delle corti, come vedremo

fra un attimo.

In questo quadrante della sicurezza sociale, la clcd e la teorica sulla

diversità dei titoli non sono storicamente riuscite a tenere distinti il be-

neficio, integrato dall’indennità corrisposta dall’assicuratore sociale al

lavoratore, dal danno a quest’ultimo risarcibile.

Il motivo è semplice e ancora una volta preesiste alla circolazione

del problema della clcd nel nostro ambiente giuridico.

Dalla normativa istitutiva del 1898 fino al tuttora vigente T.U. del

1965, passando per la riforma di epoca fascista, il particolare meccani-

smo, modellato sugli schemi generali del contratto di assicurazione,

attraverso il quale è stata istituita la mutualità fra datori di lavoro e la-

voratori, senza però dimenticare la necessità di recepire in modo ragio-

nevole l’istanza di deterrenza tesa a incentivare comportamenti del da-

tore capaci di tutelare il più possibile ex ante la salute del lavoratore

28

, è

27 Lo ha previsto l’art. 6 del d.l. 5 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni ur-

genti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito con modificazioni nella l. 22 dicembre 2011, n. 214.

28 Analisi ad ampio spettro sull’evoluzione storica del rapporto fra i «diritti secon-

LA GRAMMATICA APPLICATIVA DELLA COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO

155

stato disegnato con estrema precisione dal legislatore, con una previ-

sione normativa che ha saputo chiarire originariamente e senza margini

di ambiguità il rapporto corrente fra il frutto di questa mutualità – ovve-

ro l’indennizzo – e il risarcimento del danno.

Tale stato di cose ha precluso in radice che in materia si avvertisse il

bisogno di invocare la clcd nella sfuggente dimensione applicativa che

si è legata a questo latinismo (come si è visto) solo a partire dagli anni

Cinquanta

29

, nel tentativo di sostenere che danno e beneficio siano in

questo caso entità distinte e come tali non cumulabili.

Gli artt. 22 e 23 della l. 17 marzo 1898, n. 80, conservarono lo

schema classico del contratto assicurativo, derogandolo nella misura in

cui prevedevano la possibilità – ove l’infortunio dipendesse dalla viola-

zione di norme penali dei soggetti preposti alla sicurezza dal datore –

che il lavoratore ottenesse dal datore solo l’eventuale maggior danno

rispetto a quanto ricevuto a titolo di indennizzo, restando ferma in tal

caso la surrogazione dell’istituto assicurativo nei confronti del civil-

mente responsabile per le indennità comunque versate

30

.

risarcimento del danno si devono a C. CASTRONOVO, Alle origini della fuga dal codice.

L’assicurazione contro gli infortuni tra diritto privato generale e diritti secondi, in Jus, 1985, 20 (ripreso e sviluppato in ID., La nuova responsabilità civile, III ed., Milano,

2006, 353-412 e in ID., Diritto privato generale e diritti secondi – La ripresa di un

tema, in Europa e dir. privato, 2006, 397); a D. POLETTI, Danni alla persona negli

«accidenti da lavoro e da automobile», Torino, 1996, 69-192; e, nella prospettiva stori- ca che condusse all’emanazione della legislazione fondativa nel 1898, alle pagine di G. CAZZETTA, Responsabilità aquiliana, cit., 409-469. Per alcune considerazioni in

ordine di alla necessità di recuperare un metodo comune nello studio di questa evolu- zione, M. PERSIANI, Diritto privato e diritto del lavoro, in E. DEL PRATO (a cura di),

Studi in onore di Antonino Cataudella, III, Napoli, 2013, 1807.

29 Di contrario avviso, M. F

ERRARI, La compensatio lucri cum damno come stru-

mento di equa riparazione del danno, cit., 149. In una singolare precomprensione – tendente a ipotizzare la conferma della validità di un principio generale da parte di una previsione legislativa di un diritto «secondo», concepita prima che del principio si co- minciasse a discettare – l’A. ritiene che la previsione legislativa del 1965 (e in realtà risalente nei suoi schemi portanti al 1898) si sia data in passato, e si dia oggi, quale espressione confermativa e applicativa del «principio» della clcd.

30 L’art. 22 di questa legge prevedeva molto chiaramente il meccanismo per il quale

il datore continuava rispondere civilmente nei confronti del lavoratore, nonostante l’in- troduzione del meccanismo indennitario, quando il fatto fosse penalmente imputabile ai

CAPITOLO TERZO

Tale meccanismo fu confermato nel suo impianto fondamentale sia

nella riforma fascista del 1935

31

, che trent’anni dopo, all’indomani del-

preposti alla sicurezza del lavoratore, e del fatto di costoro egli fosse chiamato a ri- spondere in base alle regole civilistiche, nel contempo limitando la misura del risarci- mento alla porzione di danno non coperta dall’indennità già ricevuta dal lavoratore per effetto della legge.

Così il testo dell’articolo qui rilevante:

[N]on ostante l’assicurazione effettuata colle norme da questa legge stabilite rimane la responsabilità civile a carico di coloro che siano assoggettati a con- danna penale pel fatto dal quale l’infortunio è derivato. Rimane anche la re- sponsabilità civile al proprietario o capo ad esercente dell’impresa, industria o costruzione quando la sentenza penale stabilisca che l’infortunio sia avvenuto per fatto imputabile a coloro che egli ha preposto alla direzione o sorveglianza del lavoro se del fatto di essi debba rispondere secondo il codice civile. (omis- sis) Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che non ascende a somma maggiore della indennità che il danneggiato o i suoi eredi ricevono per effetto di questa legge. Quando si faccia luogo a risarcimento il danneggiato od i suoi eredi avranno diritto al pagamento della sola parte che eccede le indennità liquidate a norma di questa legge.

A sua volta l’art. 23 prevedeva il regresso degli istituti assicuratori contro i civil- mente responsabili dei fatti contemplati dall’articolo precedente. Così il testo rilevante:

Gli istituti assicuratori, i sindacati e le casse speciali debbono pagare le indenni- tà anche nei casi previsti dal precedente articolo, salvo il diritto di regresso che loro competerà delle somme pagate a titolo d’indennità e delle spese accessorie contro le persone civilmente responsabili, quando l’infortunio sia avvenuto per le cause previste dall’articolo precedente.

31 In particolare gli artt. 4 e 5 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, per le parti qui rile-

vanti, prescrivevano quanto segue:

Art. 4 – L’assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro. Nonostante l’assicura- zione predetta, permane la responsabilità civile a carico di coloro che ab- biano riportato condanna penale pel fatto dal quale l’infortunio è derivato. Permane altresì la responsabilità civile del datore di lavoro quando la sen- tenza penale stabilisca che l’infortunio sia avvenuto per fatto imputabile a coloro che egli ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro se del fatto di essi debba rispondere secondo il codice civile. (omissis) Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma maggiore dell’indennità che, per effetto di questo decreto, è liquida- ta all’infortunato o ai suoi aventi diritto. Quando si faccia luogo a risarci- mento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità, liquidate a norma del titolo IV (omissis).

Art. 5 – L’istituto assicuratore deve pagare le indennità anche nei casi previsti dal precedente articolo, salvo il diritto di regresso per le somme pagate a ti-

LA GRAMMATICA APPLICATIVA DELLA COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO

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la riforma che si era fatta lungamente attendere dopo il riconoscimento

dei valori guida della materia previdenziale operato dalla Costituzione

repubblicana

32

.

All’indomani del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, tanta attesa non

mancò di provocare il tentativo estremo di denunciare l’incompatibilità

con i valori costituzionali del meccanismo riproposto dalla normativa,

col quale ci si doleva di una riproposizione legislativa suscettiva di far

ritenere che la Carta fondamentale fosse stata emanata invano

33

.

Si assumeva che l’art. 38 Cost. imponesse di ritenere che il rapporto

assicurativo perdesse il carattere triangolare, collegante fra loro i sog-

getti che entravano a costituirlo, e si sdoppiasse, facendo perdere al la-

voratore la qualità di parte del rapporto medesimo, per conferire, a chi

nel previgente codice civile era stato definito un prestatore d’opera, la

titolarità di un diritto autonomo, fondato in ultima analisi sulla previ-

sione costituzionale, e dunque su un titolo puramente solidaristico-pre-

videnziale.

Il che avrebbe offerto il destro per rimettere in circolo il principio

della clcd, facendo leva sulla diversità del titolo che l’indennità avrebbe

così assunto rispetto al risarcimento del danno, per confortare la con-

clusione che il lavoratore fosse legittimato a cumulare indennizzo e ri-

sarcimento

34

.

tolo d’indennità e per le spese accessorie contro le persone civilmente re- sponsabili. (omissis) L’istituto può esercitare la stessa azione di regresso contro l’infortunato quando l’infortunio sia avvenuto per dolo del medesi- mo. La prova del dolo deve risultare da sentenza penale (omissis).

32 In particolare, per la parte che qui interessa, gli artt. 10 e 11 del d.P.R. 30 giugno

1965, n. 1124, che nella loro perdurante vigenza non mette qui conto riportare per este- so.

33 Corte cost., 16 giugno 1971, n. 134, in Foro it., 1971, I, 1774.

34 Degno di menzione il passaggio della motivazione nel quale, di fronte al dubbio

che la pretesa creditoria del lavoratore all’indennizzo fosse fondata su un titolo pura- mente assistenziale (e dunque – per la diversità del titolo – non trovasse ostacolo nelle regole applicative della clcd) col risultato di ammettere il cumulo, la Consulta replicò che

è regola generale consacrata nell’art. 2043 del codice civile, che il risarcimento da fatto illecito deve essere corrispondente al danno effettivamente subito, da effettuarsi secondo le valutazioni stabilite nell’art. 1223, che le limita alla perdi-

CAPITOLO TERZO

Toccò a un’autorevole penna, sospinta dal materialismo cattolico di

Costantino Mortati, illustrare i motivi che inducevano a dismettere que-

sta dirompente interpretazione

35

, per ritenere che lo schema assicurativo

di compromesso, riproposto nell’Italia del miracolo economico dopo

esser stato ideato sul finire del secolo antecedente, fosse espressione di

una ponderazione legislativa ragionevole, idonea ad esprimere il com-

promesso, di cui tale schema era originaria espressione

36

, anche nel mu-

tato contesto costituzionale

37

.

ta subita ed al mancato guadagno, senza poter mai divenire fonte di lucro per il danneggiato, secondo [quanto] risulta anche dall’art. 1910 del codice civile.

35 La chiave esplicativa che sul piano civilistico confortava il ragionamento propo-

sto da Mortati si articolò in questo passaggio:

è appunto nella rilevata peculiarità dell’assicurazione obbligatoria in forma mu- tualistica per danni in occasione della prestazione di attività lavorativa che deve rinvenirsi la ragione della non applicabilità alla medesima dei principi stabiliti per i rapporti assicurativi regolati dal diritto comune (principi secondo i quali l’assicuratore rimane vincolato – per i sinistri cagionati anche da colpa grave del contraente – in virtù o di patto espresso, a termine dell’art. 1900, od ope le- gis, secondo l’art. 1917 che riguarda la speciale assicurazione per responsabilità civile; con la sola esclusione pertanto di quella dovuta a fatto doloso volonta- riamente messo in atto dall’assicurato). Il che, mentre corrisponde alla rilevata specificità del rapporto assicurativo per gli infortuni sul lavoro, adempie anche allo scopo pratico di incentivare l’adempimento dell’obbligo del datore di adot- tare ogni misura idonea a prevenire i sinistri.

Ne conseguiva una chiara esplicazione del particolare meccanismo di regresso pre- visto dalla normativa:

se è vero che nella specie all’assicurato sono conferite due pretese, verso l’INAIL, oltre che verso il responsabile, anziché solamente verso quest’ultimo (come a stretto rigore dovrebbe avvenire), ciò è disposto (…) a favore dell’infortunato cui si vuole garantire in ogni caso (anche quando il risarcimento ritardi, o non riesca ad ottenersi) il diritto alle prestazioni assistenziali. Queste, se trovano un titolo autonomo nel rapporto assicurativo di cui è parte il lavoratore, si effettua- no tuttavia in temporanea sostituzione delle erogazioni che, a causa del mede- simo evento dannoso, sono poste a carico del datore, e pertanto non possono cumularsi con esse, se non a patto di determinare un indebito arricchimento. Così Corte cost., 16 giugno 1971, n. 134, cit., 1776.

36 Su questo punto, diffusamente, D. P

OLETTI, Danni alla persona, cit., 74. 37 La Consulta fu esplicita sul punto, rilevando che «l’art. 38 ha lasciato al legislato-

LA GRAMMATICA APPLICATIVA DELLA COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO

159

Da questo assetto, oggi routinariamente implementato dai più di 200

avvocati che patrocinano l’INAIL nel nostro paese, è inevitabilmente

gemmato, con l’emersione del danno biologico

38

, e il travagliato asse-

starsi su quadranti impensabili ai primi degli anni Settanta dell’intera

struttura risarcitoria del danno non patrimoniale, il problema del

c.d. differenziale

39

.

In esso il problema del «titolo dell’attribuzione», sotteso all’operare

della clcd, si ripropone – come si è detto – a un secondo livello, con

riguardo alla necessità di allineare l’aritmetica del danno incarnata nel

latinismo allo spettro di voci che oggi continuano ad agitarsi, fra finali-

tà descrittive e rivendicazioni di sostanza, nel risarcibile alla persona

40

.

Qui il ragionamento ispirato al latinismo ha fatto sì che si sia ripro-

posto il problema, nella sua essenza non nuovo, attinente alla scelta fra

due opzioni

41

.

libertà è compresa anche la facoltà di conservare il sistema preesistente», così Corte cost., 16 giugno 1971, n. 134, cit., 1775.

38 Emersione giunta a riconoscimento legislativo, integrando il danno biologico nel

sistema assicurativo INAIL, solo, com’è noto, con il d.lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, sulla cui vicenda G. ALPA, Il danno «biologico»: nozione normativa, in U. IZZO (a cura

di), Dialoghi sul danno alla persona, 2006, Trento, 129.

39 Sulle cui mai sopite evoluzioni giurisprudenziali e in luogo di molte altre, tre ri-

costruzioni che tracciano con diversità di prospettive critiche uno stato dell’arte sul problema: P. TULLINI, Il danno differenziale: conferme e sviluppi d’una categoria in

movimento, in Riv. it. dir. lav., 2015, 485; A. CIRIELLO, Sicurezza e infortuni sul lavoro:

responsabilità e danno, in G. NATULLO (a cura di), Salute e sicurezza sul lavoro, Mila-

no, 2015, 423; G. LUDOVICO, La persona del lavoratore tra risarcimento del danno e

tutela dal bisogno: la questione del danno differenziale, in Dir. rel. ind., 2013, 1049.

40 Si pensi all’ambigua distinzione invalsa in giurisprudenza tra danno differenziale

in senso proprio (o quantitativo) – riferito alle voci di danno parzialmente assorbite nella copertura assicurativo-previdenziale, che però possono essere per l’importo re- stante risarcite e liquidate secondo criteri civilistici in guisa di danno differenziale ri- spetto alla prestazione INAIL – e danno complementare (o qualitativo), alludente ai pregiudizi aggiuntivi ed estranei alla tutela indennitaria, e come tali considerati assog- gettati all’ordinario regime risarcitorio nella loro integralità quantitativa.

41 In tema già App. Catania, 12 gennaio 1951, cit., aveva ritenuto non compensabile

per difetto di omogeneità il danno morale con il beneficio lì invocato in clcd, attirando i rilievi critici di R. SCOGNAMIGLIO (In tema, cit., 640), il quale osservò:

la compensazione non avviene tra danno e vantaggio in sé e per sé – fenomeno che non sarebbe concepibile – ma sul piano della valutazione finale dell’interes-

CAPITOLO TERZO

Considerare – con piglio indubbiamente semplificante per il sistema,

ma foriero di esiti penalizzanti per il lavoratore (perché implicante una

sistematica sotto-compensazione di quest’ultimo) – lo scomputo della

prestazione INAIL in relazione alla quantificazione del risarcimento

integrale in una somma onnicomprensiva, tesa a liquidare l’insieme

delle varie poste di danno risarcibili, onde agevolare l’aritmetico opera-

re della regola e semplificare l’esercizio del regresso da parte dell’assi-

curatore sociale.

Oppure operare il defalco della prestazione dalla quantificazione del

risarcimento integrale, ma computato «posta per posta», con un metodo

attento ad attuare la sottrazione, guardando a cosa effettivamente la pre-

stazione dell’assicuratore sociale intenda indennizzare in relazione alle

diverse giustificazioni che sorreggono l’incerta, autonoma computabili-

tà delle poste risarcibili nell’universo – reso ostentatamente unitario nel

post 2008 – del danno non patrimoniale

42

.

Da ultimo, il defalco dal danno delle prestazioni INAIL già corri-

sposte al lavoratore infortunato e ai suoi aventi diritto è stato ribadito da

una delle ordinanze che compongono la quaterna composta nel giugno

2017 dalla terza sezione della Cassazione per risollecitare un responso

dalle Sezioni Unite

43

.

se da risarcire: ove, riducendosi anche il danno morale in moneta, non si vede perché la c.l.c.d. non dovrebbe operare, ricorrendone gli altri presupposti. Ché anzi qui [riferendosi al danno non patrimoniale], ove i danni sono, per così dire, più vaghi e quasi evanescenti, tanto più appare spiegabile – per rifarci infine ad una considerazione empirica – che siano compensati da vantaggi patrimoniali e pertanto più concreti.

Su tali osservazioni critiche converrà tornare a tempo debito, rilevando fin d’ora come esse trovino una smentita nella negazione, tenuta fermissima in Germania, del- l’idea che si dia Vorteilsausgleichung fra Schmerzensgeld e benefici a carattere patri- moniale.

42 Per tutti e all’indomani delle sentenze di San Martino, l’approfondita analisi di

D. POLETTI, Il danno non patrimoniale e il sistema previdenziale, in E. NAVARRETTA (a

cura di), Il danno non patrimoniale. Principi, regole e tabelle per la liquidazione, Mi- lano, 2010, 177, spec. 198 ss.

43 Cass. civ., ord. 22 giugno 2017, n. 15535, ove a venire in esame nel giudizio ter-

ritoriale era solo lo scomputo della rendita vitalizia riconosciuta dall’INAIL (in base al Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 124, articolo 66, comma 1, n. 4) a seguito di infortunio in itinere patito da un lavoratore subordinato.

LA GRAMMATICA APPLICATIVA DELLA COMPENSATIO LUCRI CUM DAMNO

161

La motivazione dell’ordinanza, però, non si confronta a fondo con i

problemi specifici posti dal tipo di benefici connessi al rapporto di lavo-

ro oggetto di analisi, ma recupera la soluzione del problema sottoposto

alla cognizione di legittimità dal giudizio territoriale seguendo una lo-

gica motivazionale a più ampio spettro (del resto pedissequamente con-

divisa anche dalle altre ordinanze della quaterna), la quale assume che

la soluzione (anche del problema di clcd posto dalle prestazioni INAIL

e comunque discendenti dal rapporto di lavoro) debba ricavarsi da una

rimeditazione più complessiva dell’istituto della clcd, che ne ridefinisca

gli elementi di analisi nel segno della eliminazione del ruolo che all’in-

terprete è dato riconoscere al «titolo» del beneficio per decidere se l’at-

tribuzione entrata nel patrimonio del danneggiato debba, o non, essere

detratta dal computo del risarcibile.

Lo scopo è – come meglio si vedrà nel quinto capitolo, allorché

esamineremo la motivazione unitaria della quaterna di ordinanze cui si

è alluso – appiattire la soluzione del problema su una valutazione ri-

guardante esclusivamente la circostanza che il beneficio sia ritenuto

derivare dall’evento dannoso impiegando i medesimi canoni di causali-

tà giuridica applicati per perimetrare l’entità del danno. E, così argo-

mentando, l’ordinanza giunge a ritenere che:

[T]ale condizione [la valutazione di derivazione causale del beneficio

dall’evento dannoso] ricorre in tutti i casi in cui il vantaggio dovuto alla

vittima è previsto da una norma di legge che fa dell’illecito, ovvero del

danno che ne è derivato, uno dei presupposti di legge per l’erogazione

del beneficio. Tale requisito sussisterà dunque di norma: (a) rispetto al

credito risarcitorio per danno biologico, quando la vittima di lesioni

personali abbia percepito dall’INAIL l’indennizzo del danno biologico

ai sensi del Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, articolo 13;

(b) rispetto al credito risarcitorio per danno patrimoniale da incapacità

lavorativa, quando la vittima di lesioni personali, avendo patito postumi

permanenti superiori al 16%, abbia percepito dall’INAIL una rendita

maggiorata, e limitatamente a tale maggiorazione; (c) rispetto al credito

risarcitorio per danno patrimoniale da incapacità lavorativa, quando la

vittima di lesioni personali abbia percepito dall’INPS la pensione di in-

validità (L. n. 118 del 1971); (d) rispetto al credito risarcitorio per dan-

no patrimoniale da spese mediche e di assistenza, quando la vittima di

lesioni personali abbia percepito dall’INPS l’indennità di accompagna-

mento (L. n. 18 del 1980); (e) rispetto al credito risarcitorio per danno

CAPITOLO TERZO

patrimoniale da perdita delle elargizioni ricevute da un parente decedu-

to, quando il superstite abbia percepito dall’INAIL la rendita di cui al

Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 124, artico-

lo 66, comma 1, n. 4, ovvero una pensione di reversibilità

44

.

Sempre in tema di benefici connessi all’attività lavorativa e conse-

guenti al verificarsi di un evento dannoso che abbia colpito la persona

del lavoratore, mette conto ricordare – in un caso ove di clcd si è forse

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