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La prima scuola di servizio sociale e l’opera di A. Salomon

Quanto abbiamo notato a chiusura del precedente capitolo, ci serve di aper­ tura del capitolo presente.

La prima e più illustre scuola di servizio sociale, quella fondata da Alice Salomon nel 1899 a Berlino, nacque come emanazione dei « Gruppi femmi­ nili per il lavoro di aiuto sociale » (Mädchen- und Frauengruppen für soziale

Hilfsarbeit).

Questi gruppi, chiarisce la stessa Salomon o comunque la sua biografa e collaboratrice Dora Peyser, « non miravano in alcun modo all’emancipazione, si trattava semplicemente di impegnare a fondo le giovani e le donne in generale al dovere di servire gli altri »,22

Anche se fin d'allora era chiaro nel pensiero sociale e pedagogico della Salomon che non si trattava di « beneficenza, ma di aiuto sociale » (il ter­ mine che soltanto la legge del 1961 introdurrà ufficialmente nella RFT) e tutto il contributo scientifico dato dalla Salomon si muoverà in questa dire­ zione, era altrettanto chiaro che questo compito era proprio della « missione della donna » nella società.

E’ interessante notare che il Verein für öffentliche und private Fürsorge (l’ente più autorevole in materia, come abbiamo detto nelle pagine precedenti) nel pubblicare nel 1958 la traduzione tedesca della biografia della Peyser (insieme ad alcuni scritti della Salomon, impressionanti per la loro modernità e attua­ lità), ha sentito il bisogno di porre l’accento, nel titolo del volume, sulla femminilità della professione (Alice Salomon, Die Begründerin des sozialen

Frauenberufs in Deutschland).

Resta anche il fatto che delle 41 scuole per assistenti sociali elencate nel Handbuch 12 sono tuttora precluse agli uomini. Si potrà obiettare che in tutte le .scuole di servizio sociale del mondo si riscontra una presenza minima di uomini e che esistono anche in Italia .scuole che escludono l’iscri­ zione di uomini (tuttavia si tratta di due scuole su 54 delle scuole esistenti). Ma nel caso della RFT è interessante fare due osservazioni.

La prima è che c’è una chiara determinazione neH’attribuire alla donna questo ruolo di 'riparatrice dei mali di una società amministrata quasi esclu­ sivamente dagli uomini. Con degli alti e bassi nella storia degli ultimi 60 anni, i tedeschi sono stati fedeli a questa concezione della donna (che influisce poi sulla concezione stessa del servizio sociale perpetuando in qualche modo lo spirito della beneficenza). Storicamente la punta più alta

(ci riferiamo agli alti e bassi) è rappresentata dal periodo nazista e dal servizio del lavoro (Arbeitsdienst) obbligatorio e limitato per le donne al settore assistenziale e a quello dell’aiuto domestico. Qualcosa di simile si riscontra attualmente in Spagna: qui, infatti, tutte le donne tra i 17 e i 35 anni sono obbligate a prestare attività nelle istituzioni assistenziali.23 L altro punto interessante da notare è che questa concezione del ruolo della donna, è senza dubbio un elemento: che oggi accentua fortemente la separazione tra le due Germanie. Come è noto, nella RDT la parità di diritto e di fatto tra i sessi, rompendo la tradizione, ha portato le donne agli stessi livelli di responsabilità e di potere degli uomini e alla larga presenza della donna in attività professionali che non sono più attività meramente consolatorie, marginali, e si collocano invece nei punti nevralgici della trasfor­ mazione di una società.24

Tornando alla fondazione della prima scuola di servizio sociale, quella legata al nome di Alice Salomon, possiamo dire che malgrado le origini fossero connesse alla qualificazione di un volontariato esclusivamente femmi­ nile, e a movimenti femminili più propensi a promuovere la partecipazione della donna ohe la sua emancipazione, lo sviluppo seguito non è certo quello di un servizio sociale estraniato dalla politica e ispirato ai concetti della azione caritativa.

La scuola, nata dai Gruppi femminili che abbiamo citati e con lo scopo di formare mediante corsi della durata di un anno il volontariato che si racco­ glieva intorno alla Salomon, si trasformo nel 1909 in una vera e propria scuola di formazione professionale. In questo intervallo la Salomon si era laureata in economia politica, aveva stretto amicizia con Beatrice Webb, aveva svolto indagini sulla miseria di larghi strati della popolazione di Berlino, sulle condizioni delle lavoratrici a domicilio, su quella delle operaie, si era occupata di educazione degli adulti e aveva partecipato, dando un importante contributo, al IV Congresso Intemazionale d ’Assistenza pubblica e privata tenuto a Milano nel 1906.25 In tale congresso si posero le basi della formazione professionale degli assistenti sociali.

E’ significativo che la scuola di Berlino, fondata come scuola di formazione nel 1909, ebbe il suo riconoscimento ufficiale nel 1919, ai tempi della Repub­ blica di Weimar, alla quale la Salomon aderì con pienezza di intenti e di forze.

La scuola, fini dalla sua fondazione, ebbe sede nella Pestalozzi-Fròbel Haus di Berlino (sede che tuttora mantiene). Nei suoi programmi fin dall’inizio considerò i due livelli: quello della qualificazione del volontariato sociale, diremmo oggi di un corpo di ausiliari (che si collegava ai Gruppi femminili di cui si è parlato), e quello della formazione professionale degli assistenti sociali. Per l’aspetto della formazione professionale Alice Salomon guardò alle scuole di servizio ¡sociale che con diverse denominazioni erano sorte nel

frattempo: la New York School of Philantropy, la scuola di Chicago, quella di Boston, e soprattutto la scuola di Amsterdam, alla quale la Salomon dichiara di essersi più direttamente ispirata.

I contatti internazionali che la Salomon aveva stabilito, la portarono nel 1924 negli Stati Uniti ove ebbe occasione non solo di tenere conferenze « sul pensiero e i piani della nuova repubblica tedesca nella quale credeva profondamente » 26, ma anche di conoscere il contesto sociale dal quale sorgeva la metodologia del servizio sociale e quella del casework in particolare. Si entusiasmò per gli Stati Uniti, ma restò sconcertata dall’approccio pragmatico.

Pochi anni prima, nel 1917, era uscito negli Stati Uniti il libro di Mary Richmond sulla Social Diagnosis, che segna una tappa fondamentale nella storia della teoria del servizio sociale.

La Salomon fu incerta se tradurre il libro o studiare il modo di trasfe­ rire nel contesto sociale, economico, storico tedesco la teoria del casework. Preferì la seconda alternativa. Nel 1926 uscì Die soziale Diagnose e più tardi il volume Die soziale Therapie.

« Un popolo (scriveva nell’introduzione al primo scritto), che per dieci anni è stato tagliato fuori quasi completamente dal resto del mondo, è giusto che, libero da pregiudizi, si provi a vedere che cosa può imparare dagli altri. La gara tra i popoli non si svolge solo sul piano della produzione economica, ma anche sul piano dell’organizzazione sociale e dei prodotti dello spirito.

II presente scritto rappresenta il tentativo di trasferire e rendere validi per la Germania i metodi americani interessanti la formazione degli operatori sociali, fornendo nuovi stimoli allo sviluppo del pensiero pedagogico in questo campo »,27

Nel 1925 la Salomon lasciò la direzione della scuola per dedicarsi al lavoro scientifico e a corsi di perfezionamento. La scuola divenne una branca del

Berliner Verein für Volkserziehung e pertanto parte integrale della Pestalozzi- Fröbel Haus.

Si deve in gran parte a lei la fondazione della Deutsche Akademie für

soziale und pädagogische Frauenarbeit (1925), che a livello di perfeziona­

mento ricostituisce quell’unità delle « professioni sociali » (in particolare assi­ stenti sociali e assistenti per la gioventù) che il moltiplicarsi delle scuole che formavano le singole figure professionali, rischiava di separare.

A partire da questi anni, il nome della Salomon è più legato alla ricerca sociale e ai suoi rapporti internazionali che alle scuole di servizio sociale in Germania. Lavorò con René Sand per il Congresso Intemazionale di Servizio Sociale che si tenne a Parigi nel 1928 per la prima volta nel dopoguerra. Nel 1927 era uscito il suo libro sulla formazione degli assistenti sociali (Die

Ausbildung zum sozialen Beruf), la cui lettura oggi dà l ’idea non solo di

professione, ma anche di quanto costò alla Germania e alla formazione di un pensiero europeo in materia di politica sociale e di servizi sociali l’avvento del nazismo e del fascismo, e il conseguente isolamento della Germania e deiritalia dal resto del mondo.

La Salomon visse lo scioglimento e lo sfaldamento delle istituzioni che aveva creato; la sua sfera d’azione si restrinse di anno in anno, sotto il regime nazista, fino al nulla dei gruppi clandestini che assistevano gli ebrei e i perseguitati politici (lavorò tra l’altro con Niemoller) e alla sua definitiva partenza per gli Stati Uniti, dove morì esule nel 1948; ebbe comunque il tempo di sapere che alla scuola da lei fondata era stato dato il suo nome.

Gran parte del pensiero della Salomon rientrò nella Germania del dopo­ guerra sotto altre spoglie: quelle degli enti internazionali e degli operatori sociali, in particolare americani, che cooperarono per la ricostruzione delle istituzioni sociali. Non si può dire che queste crebbero con lo slancio della ricostruzione economica. Il « miracolo sociale » non si è avuto in nessun paese e molti dei problemi che la Salomon aveva affrontato e approfondito restano tuttora aperti.

Le scuole

Oggi in Germania esistono 46 scuole per la formazione di assistenti sociali spesso connesse con la formazione di altri operatori. Per la completezza dei dati forniti dal Handbuch ripetutamente citato, preferiamo fare alcuni com­ menti sul prospetto riportato in Appendice III, e riferirci alle 41 scuole piuttosto che alle 46 esistenti.

a) Una prima osservazione è relativa alla denominazione delle

scuole; ci interessa rilevare o per lo meno interpretare dal nome della scuola:

— la frequenza di scuole che hanno adottato nella denomi­ nazione la voce Sozialarbeit e quella delle scuole che man­ tengono la voce Wohlfahrt (che suona più vicina alla tradizione assistenziale caritativa); per 22 si parla espressamente di Sozial­

arbeit, solo per 8 resta presente il termine Wohlfahrt; per altre

si parla genericamente di «scuola sociale»;

— la frequenza delle scuole indirizzate espressamente alla formazione di diverse figure di operatori sociali: sette scuole si propongono espressamente la formazione di « professioni sociali ». Ma c’è da considerare che se la voce Sozialarbeiter è ormai univoca, è molto probabile che dove si parla di Sozialarbeit (nella denominazione delle varie scuole), ci si riferisca alla forma­ zione anche di altri operatori sociali.

b) Quanto al « sesso » della professione abbiamo già notato

come su 41 scuole, 12 siano precluse agli uomini: notiamo che 23 sono aperte ad entrambi i sessi, e 6 riservate alla frequenza esclusivamente maschile.

Non sappiamo come interpretare il dato, tanto più che la esclusione delle donne o degli uomini non può essere correlata con l’elemento che viene rilevato di seguito, quello del carattere residenziale della scuola.

c) Quanto al carattere residenziale, le scuole di questo tipo sono 11, cifra piuttosto alta soprattutto se si considera che la maggior parte delle altre scuole dispone di Wohnheime (case degli studenti).

d) Quanto all’età di queste scuole ci riferiamo a tre periodi

storici: dalle origini al 1933 troviamo 28 scuole, con largo svi­ luppo negli anni della Repubblica di Weimar; dal 1933 alla fine della seconda guerra mondiale, una scuola (nel 1943); nel dopo­ guerra, 12 scuole.

Ci siamo riferiti all’anno che il Handbuch porta come data di riconoscimento. Chi voglia confrontare nel prospetto la data di fondazione con quella del riconoscimento pubblico, potrà fare delle amare constatazioni sulla situazione delle scuole italiane che da più di 20 anni aspettano di essere riconosciute dallo Stato.

e) Un ultimo commento riguarda gli enti gestori: 11 scuole

gestite da enti confessionali cattolici; 13 scuole gestite da enti confessionali evangelici; 17 scuole gestite da enti laici (in gran parte enti autarchici territoriali: comuni, provincie, regioni).

Anche quest’ultimo rilievo crediamo si presti ad un amaro confronto con la situazione italiana delle scuole di servizio sociale. Ancora più amaro se si analizzasse la natura degli enti che gestiscono le scuole: mentre in Italia la larga maggioranza delle scuole è promossa e gestita da enti che si propon­ gono questo unico fine istituzionale, e hanno soltanto attività di formazione, nella RFT tutti gli enti gestori di scuole di servizio sociale gestiscono una rete di servizi sociali e possono pertanto adattare alle esigenze dei loro posti di lavoro, i programmi stabiliti dai vari ministeri. In altre parole, una situa­ zione come quella che si riscontra nella RFT e in altri paesi europei, evita quel distacco tra teoria e pratica, tra formazione e realtà di lavoro, tra scuole ed enti, che pare sia tipico della situazione italiana.

Formazione professionale di base e corsi di perfezionamento

Sul piano teorico è ormai accettato da tutti che vi debba essere una forma­ zione professionale specifica per assistenti sociali; tuttavia in che cosa debba consistere questa preparazione, quali i contenuti e in che misura affrontati,

resta ancora argomento di discussione, e da considerarsi in continua evolu­ zione. Nel 1967 il periodico Der Sozialarbeiter, pubblicato dalla organizza­ zione professionale ufficiale degli assistenti sociali, presentò una tavola rias­ suntiva dei vari tipi di formazione professionale esistenti, con i relativi piani di studio e regolamenti.

Ne riportiamo di seguito le informazioni essenziali.

Una legislazione organica, nei vari Ländler, risale soltanto al 1959. Nessuno dei Länder richiede per l’ammissione alle scuole di servizio sociale il titolo richiesto per poter accedere all’Università. (Tuttavia è da tener presente che in Germania la scuola dell’obbligo, fin dal 1919, va dai sette ai diciotto anni di età).

Del resto la stessa Salomon, mentre raccomandava un corpo insegnante fornito di titoli accademici, era contraria a escludere i giovani solo in base al titolo di studio.

Le scuole favoriscono tuttora quei candidati che abbiano già avuto qualche esperienza di lavoro sociale prima di iniziare la loro preparazione professionale; vengono però fatte eccezioni per studenti in possesso di un titolo di scuola media superiore che dia accesso all’Università, ai quali l ’esperienza pratica può non essere richiesta (o richiesta in forma limitata).

I programmi di studio in tutte le scuole di servizio sociale, oltre ai corsi di metodologia del lavoro sociale, comprendono almeno le seguenti materie: pedagogia, igiene e sanità pubblica, psicologia, scienze politiche ed educa­ zione civica, politica sociale, amministrazione e legislazione assistenziale, economia, morale, arte ed educazione artistica, attività sportiva (un esempio della distribuzione delle materie nei vari anni di corso è riportato nell’Appen­ dice IV).

La durata degli studi in tutti gli Stati è di quattro anni. Durante i primi tre anni di corso si svolgono tirocini che, a seconda delle scuole, variano da un minimo di sei a un massimo di dodici mesi complessivi; il quarto anno è interamente dedicato a un tirocinio pratico continuativo; a differenza della maggior parte delle scuole italiane i tirocini non si svolgono parallelamente ai corsi teorici, ma hanno luogo in periodi distinti, intercalati a questi, che si prolungano dai due ai sei mesi. Tutti i tirocini devono svolgersi sotto la supervisione di assistenti sociali qualificati.

Al termine dei primi tre anni gli studenti sostengono esami finali delle cui commissioni fanno parte rappresentanti dei vari Ministeri interessati (secondo la situazione dei vari Länder) e in ogni caso del Ministero della Pubblica Istruzione. La valutazione finale deU’allievo dipende non soltanto dal profitto e dai tirocini, ma anche da un giudizio globale sulla sua personalità. Per poter ottenere il diploma, è necessario aver compiuto con risultati soddisfa­ centi e presso un ente di servizio sociale riconosciuto, il tirocinio pratico del quarto anno. In alcuni Stati, oltre il diploma, si richiede un esame di

abilitazione valido ai fini di accedere ai pubblici impieghi; tale abilitazione è riconosciuta valida in uno Stato diverso da quello in cui è stata ottenuta, purché i requisiti siano gli stessi.

In base alle ultime statistiche consultate (anno accademico 1964-65), come abbiamo accennato, 46 scuole di servizio sociale nella RFT risultano uffi­ cialmente riconosciute; gli studenti sono circa 4.300 e nel 1965 vennero conferiti 950 diplomi. Di queste scuole, 24 (cioè quasi la metà) ammettono sia maschi che femmine, e 7 solo maschi; le femmine rappresentano circa il 70% degli studenti. Come si vede, la variazione rispetto ai dati riportati sulle 41 scuole citate dal Handbuch del 1963, è minima.

In tutte le scuole tedesche di servizio sociale troviamo docenti sia a pieno tempo che part-time. Per i corsi professionali, un buon numero di docenti sono in possesso della laurea in servizio sociale conseguita negli Stati Uniti, a complemento della preparazione già ricevuta in Germania. Questo fatto ha determinato una forte influenza del servizio sociale americano su quello della RFT, e soltanto in questi ultimi anni si nota una certa tendenza a collegarsi di più agli altri paesi europei, e a contenere, o meglio ad adattare, l’esperienza americana a quella tedesca; anche in questo senso si rileva la attualità del pensiero di Alice Salomon. Si preferisce avere nel corpo inse­ gnante elementi che abbiano rapporto con le pubbliche amministrazioni, tenuto conto della natura degli incarichi professionali ohe la maggior parte degli assistenti sociali sono chiamati a coprire in questi ultimi anni.

Poiché la formazione di base non ha luogo presso università o centri profes­ sionali dello stesso livello, la formazione professionale successiva al diploma ha ricevuto un notevole impulso, in quanto esiste una richiesta rilevante di personale con capacità di supervisione e programmazione all’interno degli enti. Corsi di perfezionamento per assistenti sociali qualificati sono stati isti­ tuiti dalla Katholische Akademie a Münster, dal Deutsche Verein für öffent­

liche und private Fürsorge a Francoforte sul Meno, e dalla Victor Gollancz Akademie a Erlangen.28 Molte scuole sperano di raggiungere nei prossimi

anni un livello universitario; nel frattempo, questi corsi successivi al diploma cercano di soddisfare ai bisogni più urgenti. Alcuni di essi sono essenzialmente dedicati ai metodi di insegnamento del lavoro sociale e della supervisione. La Victor Gollancz Akademie ha svolto un’opera pionieristica con speciali seminari sulla delinquenza minorile per assistenti sociali che lavorano in questo campo. Non vi è dubbio comunque, che l’insistenza attuale oltre che sul casework sui metodi del lavoro di gruppo e del lavoro di comunità, non dipende soltanto dal gran numero di persone che hanno avuto una prepa­ razione all’estero, ma anche in buona misura dai numerosissimi Seminari delle Nazioni Unite per esponenti del lavoro sociale europeo, tenuti nei due paesi di lingua tedesca negli ultimi anni.

svol-gono attività di insegnamento, sono elementi che oltre ad aver superato l’esame di abilitazione al lavoro sociale, sono anche in possesso di laurea in disci­ pline che interessano il lavoro sociale.

Di recente è stato fatto tuttavia un passo avanti, anche questo inconcepibile nell’attuale situazione italiana: assistenti sociali diplomati sono stati ammessi all’Università ed hanno conseguito lauree: in psicologia o sociologia (pur senza avere il titolo richiesto per l’ammissione universitaria) semplicemente sulla base del titolo conseguito nella scuola di servizio sociale.

Le scuole di servizio sociale sono generalmente gratuite e si calcola che circa il 40% degli studenti usufruisca di borse di studio.

Problemi attuali della professione

Ruolo e distribuzione nei settori di lavoro degli assistenti sociali

Il termine « scuola sociale » (soziale Schule) nei più recenti ordinamenti viene meglio specificato in relazione alla recente riforma dell’ordinamento della pubblica istruzione nella RFT.29 Tali scuole oggi vanno sotto la deno­ minazione di Berufsfachschulen (scuole di formazione professionale). Alcune scuole sono invece comprese tra le Fachhochschulen für Sozialarbeit (istituti di istruzione superiore per il servizio sociale). Altre ancora vanno sotto la denominazione di Höhere Fachschulen für Sozialpädagogik (scuole supe­

riori specializzate in pedagogia sociale).

Dietro questa varietà c ’è molto1 di più della diversificazione che i Länder possono permettersi neU’ambito della legge federale relativa aH’ordinamento scolastico.

C’è anzitutto una profonda diversità sul concetto del ruolo delTassistente sociale e quindi sul tipo di formazione più adatto.

Due sono gli interrogativi essenziali che stanno dietro questa facciata: l’accento nella formazione va posto sugli aspetti tecnici, come avviene per la istruttrice di economia domestica e Tassistente sanitaria, oppure Tassi­

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