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I l paradosso cretese: un sociologo a proposito della funzione latente della sociologia

d i P e t e r P a r k

Epimenide cretese affermava che tutti i Cretesi sono sempre mentitori.

La funzione manifesta della sociologia è lo studio scientifico della società: così si afferma nello statuto della Associazione sociologica americana,1 e praticamente tutti i manuali di sociologia considerano come fondamentale tale definizione.2 Di rado accade che la funzione manifesta di un fenomeno sociale sia così esplicitamente formulata e chiaramente esposta. La teoria funzionale, tuttavia, insegna ai sociologi che la funzione manifesta deve essere considerata come la sommità di un iceberg, che nasconde al disotto una massa ben più grande. Il funzionalista vede al di là del manifesto per scoprire il significato nascosto, o latente, del dato sociale,3 ed è questa capacità che distingue il sociologo da un ricercatore che analizzi i dati a fini operativi, come ad esempio un ricercatore di mercato, o un analista dei tempi.

A noi, in quanto sociologi, si impone quindi di rivolgerci questa domanda: « qual’è la funzione latente della sociologia »? Circa diecimila membri adulti della società americana si dedicano alla professione della sociologia, e si adoprano attivamente a indirizzare altre migliaia di individui lungo la stessa via. Per scoprire il significato sociale latente di questa attività, può essere utile esaminare fino a che punto il fine espresso (o la funzione manifesta) è stato raggiunto, poiché il divario tra obiettivo perseguito e livello di realizzazione servirà di guida per la ricerca del significato nascosto. Per quanto sia vero che anche una attività che raggiunge perfettamente il suo scopo manifesto può comportare conseguenze sociali né previste, né appa­ renti, è nelle situazioni in cui il divario fra scopo e raggiungimento è ingente che il fenomeno esige di essere spiegato in termini di funzione latente. La mancanza apparente di un nesso razionale tra la magìa e il

Articolo pubblicato in The American Sociologist, voi. 2, n. 3, 1967, con il titolo “ The Cretan Dictum: A Functional Analysis of Sociology ”, e qui riprodotto con l’autorizzazione di autore ed editore.

suo scopo dichiarato fra gli abitanti delle isole Trobriand fece sì che Mali­ nowski intuisse il vero significato delle pratiche magiche.5 Similmente, la funzione latente dell’apparato politico negli USA viene alla luce per il fatto che esso non solo non riesce a soddisfare gli ideali ufficiali del sistema politico americano, ma addirittura contraddice ad essi.6

Il successo o il fallimento della sociologia in quanto studio scientifico della società può essere misurato secondo diverse concezioni della scienza. Dal punto di vista pratico, l’utilità della scienza dipende dal beneficio che essa può apportare all’umanità. In questa prospettiva, lo scopo delle scienze sociali consiste nel risolvere i problemi sociali e nel migliorare le condizioni generali della società. Tale convinzione è stata esplicitamente formulata da noti sociologi,7 e diffusa da testi di sociologia che spesso articolano la materia trattata intorno a determinati problemi sociali, o comunque tenendo d’occhio possibili applicazioni utili dei principi sociologci. Da tale punto di vista utilitario, senza dubbio le scienze naturali, che hanno prodotto i raggi X, la penicillina, il generatore nucleare, i missili interplanetari, ecc., presentano successi spettacolosi. Sulle stesse basi, allora, la sociologia deve essere ritenuta un fallimento, in quanto non ha prodotto alcun equivalente sociale dei raggi X, della penicillina, ecc.; e anche restando a un livello meno vistoso, è dubbio che la sociologia abbia cominciato a risolvere quei problemi sui quali ha puntato maggiormente la sua attenzione: la crimi­ nalità, il conflitto razziale, la delinquenza minorile, le malattie mentali, Talcooldsmo, la tossicomania, le rivolte in patria e fuori, l ’alienazione, l’anomia. Se si confronta la prevalenza e l’incidenza di questi disordini sociali di oggi con quelli del passato, quando i sociologi erano meno numerosi e meno attivi, non sembra che la sociologia abbia contribuito molto ad una loro soluzione soddisfacente. Certamente è vero che nello stesso tempo in cui la sociologia cresceva e diveniva più attiva, l’intensità e la varietà dei problemi sociali si sono moltiplicate con la complessità crescente della società; tuttavia ciò non toglie che la sociologia è stata impotente a risol­ vere i problemi con i quali si è cimentata. Si potrebbe obiettare che la sociologia come scienza è un impegno relativamente recente, ma ciò non spiega la mancanza di successo, perché il fatto stesso di questo sviluppo tardivo esige una spiegazione. In fondo, lo studio dell’uomo risale ai tempi di Aristotele, se non prima, esattamente come lo studio del mondo fisico. Di più, se confrontiamo la nostra società con quelle che non si avvalgono dell’opera di consulenti sociologici del tipo a noi noto, per esempio la Cina Comunista o l’Unione Sovietica, constatiamo che non soffrono più delle altre per la mancata soluzione dei problemi sociali a causa della carenza di sociologi. Nella nostra società, tuttavia, i sociologi godono in misura sempre crescente del sostegno di enti governativi e para-governativi. Se ne deve

concludere che ci deve essere un bisogno non dichiarato che la sociologia soddisfa.

Il successo della sociologia come scienza si può anche misurare in termini di efficacia delle spiegazioni offerte. Secondo una ricostruzione logica della struttura della scienza, che si sta guadagnando un vasto — anche se certa­ mente non universale — consenso tra i sociologi, la scienza spiega avveni­ menti e comportamenti rappresentando settori rilevanti del mondo empirico in un edificio linguistico di una determinata struttura, secondo ben definite regole di operazione.8 L’edificio linguistico costituisce una teoria, una rete integrata di proposizioni da cui si possono derivare affermazioni riguardanti fenomeni mediante il processo di deduzione logica. Quando determinati dati empirici sono in tal modo correlati con la teoria, si dice che essi sono « spiegati », e una teoria è considerata soddisfacente nella misura in cui spiega in questo senso fatti noti. Una teoria scientifica, però, è più di un sommario di fatti noti: deve anche contenere implicazioni circa avvenimenti non ancora osservati. Una teoria viene verificata globalmente confrontando obiettivamente tali implicazioni con dati empirici, ed è su questo che si fonda la solidità di una spiegazione scientifica. Una teoria che non consenta tale procedimento di verifica può fornire una certa dose di senno di poi, ma manca della capacità di prevedere e interpretare, e non può quindi essere qualificata come teoria scientifica.

Le teorie sociologiche di oggi sono pienamente in grado di comprendere ciò che è accaduto e ciò che è stato osservato, ma mancano di capacità di previsione, sia perché non comportano null’altro che il già noto, sia perché ciò che im­ plicano è espresso in forme non verificabili. Previsione non significa solo pre­ vedere, ma anche la possibilità di produrre fini desiderati e di prevenire che si verifichino fini non desiderati. Il fallimento della sociologia nel realizzare mete pratiche si può quindi considerare come una manifestazione della sua debolezza logica iniziale.

Comunque, a prescindere dalle considerazioni pratiche, la scienza può essere proficuamente vista come un tipo di attività volta alla soluzione di problemi, nella quale la verifica della teoria, mediante la ricerca sulle previsioni della teoria stessa, occupa una posizione centrale. Questo punto di vista sulla scienza si sviluppa intorno alla nozione di un paradigma che l’insieme degli scienziati impegnati in un dato campo accetta come modello.9 Al centro di un paradigma, vi è un risultato scientifico concreto, vi è una teoria che ha spiegato con successo fatti noti, e che a sua volta stabilisce nuovi problemi da risolvere. Il paradigma non solo garantisce 1’esistenza di una soluzione, ma provvede il quadro gene­ rale e le regole mediante le quali si giunge alla soluzione. L’importanza socio­ logica del paradigma, in contrasto con quella logica, sta nel fatto che esso prov­ vede il modello e le regole di procedura, cioè un punto di riferimento comune

per gli scienziati. Esso mette lo scienziato in grado di concentrarsi su problemi definiti importanti di comune accordo con gli altri scienziati, e rende possibile il progredire della conoscenza per cumulazione. Si intende che i paradigmi cam­ biano in epoche di rivoluzione scientifica; ma perché si produca una rivoluzione scientifica, occorre che vi sia stato prima un paradigma: è questo il punto che manca in sociologia. Qui, infatti, nella più parte dei casi, teorie e concettua­ lizzazioni esposte sono plausibili in eguale misura, senza che di alcuna di esse sia dimostrabile la superiorità (per sostanza o per procedura), in modo da poterla stabilire come modello. La confusione che ne deriva mistifica la gente in generale, tanto quanto i sociologi stessi.

Quest’ultimo modo di vedere la scienza ci fornisce un’indicazione per capire la funzione latente della sociologia. I rapporti interpersonali si dispiegano in una matrice sociale nella quale informazione e ignoranza, verità e errore, chiarezza e confusione, si trovano in un equilibrio che non è soltanto inevitabile, ma è anche essenziale — come ha osservato Georg Simmel10 — per la vita sociale stessa. Il segreto, la riservatezza, l’occultamento. l’inganno, sono tutti elementi che servono a creare un alone di nebbia, un’aura isolante che circonda l’indi­ viduo, e la cui presenza impedisce, ad esempio, la scomparsa totale dell’attra­ zione fra due amanti, quando il « momento magico » è svanito, ed evita il pre­ valere rapido e assoluto di un avversario sull’altro in una situazione di gioco. Questo alone nebuloso è quindi un elemento essenziale nella vita sociale, poiché è ciò che mantiene la « carica » ai rapporti umani. La funzione delle cortine di fumo nelle battaglie e quella degli ornamenti nel corteggiamento sono entrambe

ben note. s 1 {

A livello societario, il bisogno di « nebulosità » è egualmente considerevole per il buon funzionamento di una società, e la sociologia soddisfa a questo bisogno. La società, di mano in mano che cresce in grandezza e complessità, tende a organizzarsi e a controllarsi in modo razionale e universalistico, seguendo principi di organizzazione scientifica, e tende a trattare l’individuo come oggetto da manipolare, o addirittura, come molti temono, come numero di tabella sta­ tistica. La fisica sta all’ingegneria come la sociologia sta al controllo delle situa­ zioni umane, e se la sociologia fosse davvero una scienza così come lo è la fisica, il dominio1 da parte della società sarebbe intollerabile. Ma là sociologia non è la fisica, e la nostra tesi è appunto che esiste un bisogno latente che la mantiene tale.

Dal punto di vista logico, una effettiva scienza della sociologia comporte­ rebbe la comprensione del fenomeno sociale basata sulla verifica empirica, e capace di previsione oltre che di presa di coscienza. Ma il rapporto sociale, una volta sezionato e reso prevedibile (osserverebbero gli umanisti, in opposizione alla sociologia), perderebbe molto della sua energia e della sua attrattiva. Benché lo scopo manifesto della sociologia consista nello spiegare i rapporti

umani, tanto da consentire previsioni, le sue realizzazioni per il momento non costituiscono una minaccia alle sfumature di cui è fatta la vita umana. Di più, un esame dei procedimenti sociologici dimostra perché il contributo della socio­ logia debba per forza consistere in un accrescimento deH’ambiguità, anziché nel fornire spiegazioni scientifiche dei fenomeni sociali.

La sociologia moderna ha deliberatamente adottato regole di procedura tratte dalle scienze naturali, in accordo con il suo obiettivo manifesto: ma queste regole sono state interpretate erroneamente in punti chiave, e sono state male applicate, con il risultato di adempiere, invece, alla sua funzione latente. Lo spazio non ci permette di citare che un solo esempio di tali procedure sbagliate. La nozione di definizione operativa correlata ai concetti ha una parte impor­ tantissima nello sviluppo della fisica. Ad un livello teorico di base, le operazioni generano concetti, e tali concetti sono il fondamento delle scienze fisiche. In so­ ciologia, invece, ci sono concetti all’inizio, ai quali vengono successivamente date definizioni operative di natura interpretativa, interpretazioni che sono gui­ date da un qualche senso intuitivo di appropriatezza. Stando così le cose, c’è poco da meravigliarsi se i tentativi di verifica che comportino differenti defini­ zioni operative dei medesimi concetti sociologici, ispesso non si accordino. I pro­ blemi che si pongono circa la misurabilità dei fenomeni sociologici sono una estensione quantitativa dello stesso tipo di errore procedurale.

La sociologia, dunque, la cui funzione manifesta è lo studio scientifico della società, ha come funzione latente l’effetto contrario, ossia l’offuscamento dei rapporti sociali. Questa situazione paradosssale deriva dalla convergenza del bisogno sociale di « nebulosità » da un lato, e della costrizione culturale imposta alle alternative funzionali dall’altro. In ogni punto della storia umana e in di­ verse società, il contenuto nebuloso è stato promosso da vari elementi struttu­ rali: magìa, religione, teologia, droga, letteratura, filosofia. La scelta di una alternativa funzionale particolare è dettata dalle espressioni culturali predo­ minanti di una data epoca e una data società. Nell’India induista, per esem­ pio, la religione soddisfa il bisogno di « nebulosità » senza contraddire alla sua funzione manifesta; nell’Europa continentale di questo secolo, dove il prestigio dei valori scientifici non ha ancora raggiunto il suo apice, la filosofia — la filo­ sofia esistenziale in particolare — fornisce la necessaria mistificazione; negli Stati Uniti, infine, dove lo scientismo è in piena fioritura, quella che è essen­ zialmente un’attività anti-scientifica di offuscamento, è portata avanti sotto il travestimento di scienza. (Detto per inciso, è un aspetto rivelatore della moderna sociologia americana il fatto che, per quanto aspiri a procedure scientifiche, i principi fondamentali ereditati dai « padri fondatori » sono fenomenologici).11 L’effetto dell’analisi funzionale, che rivela il significato nascosto di una atti­ vità sociale, spesso presenta conseguenze disfunzionali, specialmente quando la

funzione latente così messa in luce, è fondamentalmente opposta a quella ma­ nifesta. Mentre il paradosso dimostrato da questa breve analisi apparentemente dovrebbe avere una influenza diretta sulla futura condotta della sociologia, probabilmente non produrrà nessun mutamento radicale nella prassi sociolo­ gica, perché questa stessa analisi, costituendo un esercizio di sociologia per eccel­ lenza, condivide la stessa funzione latente dell’intera sociologia.

Pe t e r Park

University of Massachusetts

N o te

1 Cfr. Proposed Constitution and By-Laws of the American Sociological Associa­

tion, 1966.

2 Si veda, ad es., Kingsley Da v is, Human Society, Macmillan, New York, 1952,

pp. 1-15.

3 Per una trattazione esauriente dell’analisi funzionale in sociologia, v. “ Manifest and Latent Function ” , in Robert K . Merton, Social Theory and Social Structure

(ed. riveduta e corretta), Glencoe, The Free Press, 1957, pp. 19-84. (Trad, italiana

Teoria e struttura sociale, Il Mulino, Bologna, 1959). Per il concetto di funzione

latente, v. ibidem, pp. 61 segg. 4 Ibidem, p. 65.

5 Bronislaw Ma lin o w sk i, Magic, Science, and Religion, and Other Essays,

Doubleday Anchor Books, New York, 1954, pp. 69-87. 6 Merton, op. cit., pp. 72-82.

7 Si veda, ad es., Robert S. Lynd, Knowledge for What: The Place of Social Science in American Culture, Princeton University Press, Princeton, 1946, e George A. Lundberg, Can Science Save Us?, Longmans, Green and Co., New York, 1947.

8 Una più completa analisi di scienza in questa direzione si trova in: Ernest

Nagel, The Structure of Science, Problems in the Logic of Scientific Explanation.

Harcourt, Brace, and World Co., New York, 1961; RichardB. Braithw aite, Scientific Explanation, Cambridge University Press, Cambridge, 1953; e Carl G. Hem p e l,

Aspects of Scientific Explanation and Other Essays in the Philosophy of Science,

The Free Press, New York, 1965, pp. 231 segg. Per una fonte sociologica, v. Hans

L. Zetterberg, Theory and Verification in Sociology, Bedminster Press, Totowa,

N. J., 1965.

9 Una esposizione del punto di vista sulla scienza che implica la nozione di para­ digma è contenuta in un saggio chiarificatore di Thomas S. Kuhn, The Structure of Scientific Revolution. International Encyclopedia of Unified Science, University of

Chicago Press, Chicago, 1962, voi. II, n. 2.

10 V. Kurt H. Wolff, The Sociology of Georg Simmel, The Free Press, Glencoe,

1950, pp. 307-344.

11 Le premesse esistenzialiste della moderna sociologia sono nitidamente esposte in Edward A. Tiryak ian, “ Existential Phenomenology and Sociology ”, American Socio­

Recensioni

Sicurezza sociale in URSS

Be r n ic e Q . Ma d is o n, Social Welfare in thè Soviet Union, Stanford

University Press, Stanford, Cali­ fornia, 1968, pp. 298.

Questo libro, scritto da una docen­ te di servizio sociale dello State Col­ lege di San Francisco, California, si fonda su oltre dieci anni di ricerca e sull’osservazione diretta dell’autri­ ce che ha soggiornato a due riprese (nel 1961 e nel 1965) nell’Unione Sovietica, visitando nel giro di sette mesi le più qualificate sedi scien­ tifiche e numerose istituzioni a carat­ tere sociale nelle tre più popolate repubbliche sovietiche (Russia, Ukrai- na e Uzbekistan), recandosi però pur­ troppo, come avviene alla maggio­ ranza degli studiosi stranieri in URSS, solo in grandi città e non in piccoli centri.

La bibliografia è veramente impo­ nente: 514 testi, in grandissima mag­ gioranza russi.

Il libro si divide in due partì: una

parte storica (lineamenti sull’assisten­

za in epoca pre-rivoluzionaria e svi­ luppo della sicurezza sociale dalla Rivoluzione a oggi), e una parte de­

scrittiva della realtà attuale (orga­

nizzazione e personale; metodi di trattamento individuale, collettivo e comunitario; servizi per l’infanzia e la famiglia; servizi per gli anziani; riqualificazione professionale; assi­

stenza economica), corredata di ca­ sistica esemplificativa raccolta di pri­ ma mano dall’autrice, che, con la sua conoscenza della lingua russa, ha potuto anche cogliere molte sfu­ mature e critiche sincere espresse di­ rettamente dalla gente.

Non vengono espressamente trat­ tati, salvi come è ovvio i riferimenti incidentali, i settori della sanità pub­ blica, dell’istruzione, del tempo libe­ ro, del lavoro, dell’alloggio.

Per quanto concerne il personale, poiché la figura dell’assistente so­ ciale non esiste nell’Unione Sovieti­ ca, la ricercatrice ha preso in consi­ derazione quelle professioni sociali (specializzate o non specializzate, statali o volontarie) che comprendono come aspetto integrante un’attività di aiuto a tutti i cittadini (senza distin­ zione di livello socio-economico) per la realizzazione massima delle loro potenzialità.

L’autrice si riconosce impressio­ nata dagli incredibili progressi sociali deH’Unione Sovietica negli ultimi 50 anni, superiori a quelli di tutti gli altri Paesi (compresi gli Stati Uniti), nonostante le tragiche condizioni pre­ rivoluzionarie e le devastazioni delle due guerre.

Le conquiste principali sono, se­ condo la Madison, le seguenti:

1. I Sovietici hanno fermamente sta­ bilito il principio generale della re­

sponsabilità pubblica per la sicurezza sociale, e per garantirlo hanno rea­

lizzato il pieno impiego tramite la pianificazione di Stato; poiché peral­ tro il principio sovietico della retri­ buzione commisurata al lavoro svolto non può assicurare la sussistenza a tutte le famiglie, sono stati introdotti gli indispensabili « correttivi », non sotto forma di assistenza discrezio­ nale, che implica degradanti indagini sullo stato di bisogno, ma sotto for­ ma di assicurazioni sociali. Queste coprono categorie sempre più estese, per la maggioranza dei rischi; hanno un ammontare crescente, e gli oneri relativi ricadono non sul lavoratore, ma sullo Stato e sulla azienda datori di lavoro. Particolarmente apprezza­ bili, per la ricercatrice americana, le previdenze per le gestanti e gli asse­ gni familiari (sconosciuti nel suo Pae­ se). Sono escluse le prestazioni in natura, che priverebbero le persone di libertà di scelta all’interno del bi­ lancio familiare.

Tale sistema di sicurezza sociale è impostato sulla creazione di idonee condizioni di vita (prevenzione), più che sul trattamento di disadattamenti sociali già insorti; anche se conserva qualche ingiustizia, è idoneo per la maggioranza delle persone, e funzio­ na senza seri contrasti tra le esigenze del regime e le esigenze dell’indivi­ duo.

2. Sono stati creati servizi sociali

nuovi, gradualmente estesi ad una

popolazione sempre più ampia e dif­ ferenziati a seconda dei bisogni (mi­ nori, anziani, minorati fisici, emotio-

nally disturbed, insufficienti mentali,

malati di mente). Quanto ai minorati, è grandemente sviluppata la terapia occupazionale ed il collocamento ob­ bligatorio (e su ciò evidentemente ha influito non solo un principio di solidarietà pubblica, ma anche il gran­ de bisogno di mano d’opera in un Paese che ha rapido ritmo di svilup­ po e non impiega mano d’opera stra­

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