2.5.1 L’infermiere nella promozione della salute e nella prevenzione cardiovascolare
L’infermiere, oggigiorno, possiede diverse competenze professionali, che, grazie ad una crescita costante, ha acquisito nel corso degli anni. Una di queste, compresa nelle competenze finali per le professioni sanitarie SUP, documento pubblicato sul sito dei Reattori delle Scuola Universitarie Svizzere (KFH), è quella del ruolo di promotore della salute (health advocacte). L’infermiere a tal proposito agisce in maniera responsabile a base delle proprie conoscenze di esperto e, sfrutta la sua influenza nell’interesse della salute e della qualità di vita dei pazienti/clienti e della società nel suo insieme (SUPSI, 2011). La promozione alla salute cerca di rendere le persone consapevoli delle conseguenze di determinati comportamenti sulla salute e di stimolare l’azione;; promuovere la salute indica che si conoscono le aspettative e le risorse della persona. Bisogno dunque agire sui fattori protettivi, promuovendo lo sviluppo delle risorse indipendentemente dalla condizione di malattia (Zani & Cicognami, 2000). L’infermiere ha la possibilità di intervenire su differenti livelli, come: sul piano dell’intelligenza emotiva, attraverso un training assertivo, un’educazione relazionale-emotiva, la gestione di conflitti, le strategie di coping, lo sviluppo delle potenzialità personali. Fornisce alle persone strumenti che possono favorire auto-consapevolezza, auto-controllo e motivazione (Zani & Cicognami, 2000).
L’OMS definisce l’educazione alla salute come l’insieme delle opportunità di apprendimento che sono consapevolmente costruite, che comprendono alcune forme di comunicazione finalizzate a migliorare l’alfabetizzazione della salute. Ciò comprende l’aumento delle conoscenze e lo sviluppo
delle life skills15, che contribuiscono alla salute del singolo e della comunità (Barbera & Tortone,
2012).
Concetto delle life skills introdotto nell’approccio salutogenico;; campo molto importante nella promozione della salute in quanto si tratta di un approccio incentrato sulla persona che può offrire un quadro di riferimento teorico e metodologico utile per l’attivazione di interventi per la promozione della salute. L’infermiere in questo contesto può agire in prima persona nel fornire opportunità di apprendimento ed andando ad incidere sulle life skills, componenti per lo sviluppo delle abilità personali fondamentali per la promozione della salute. L’infermiere deve progettare interventi educativi, deve assumersi delle responsabilità rispetto agli stili di vita (essere dei modelli, garantire un metodo positivo ai problemi di salute) e deve avere un approccio rivolto alla persona e non al problema (deve accrescere negli individui le competenze psicosociali e non le informazioni). L’educazione alla salute di basa su tre fasi: la prima è la valutazione dei bisogni di salute (diagnosi) dove si ricercano le cause e i fattori correlati, si ricorre ai modelli teorici che propongono variabili utili alla comprensione;; la seconda fase è definita sviluppo del programma, qui avviene la formulazione degli obiettivi, il ricorso a modelli teorici che influenzano il cambiamento, la traduzione degli obiettivi operativi in strategie e materiali concreti, la realizzazione del programma;; il terzo punto riguarda la valutazione degli esiti (Zani & Cicognami, 2000).
La valutazione iniziale è il primo punto per affrontare i fattori di rischio;; successivamente l’attenzione deve essere rivolta agli obiettivi. L’aderenza del soggetto a carico a comportamenti sani ma soprattutto al mantenimento di questi è il punto cardine. Un passo determinante per aiutare il paziente a raggiungere i propri obiettivi è l’educazione (anche se questa da sola ha effetti minimi sulla promozione di comportamenti benefici). Un approccio multidisciplinare è stato indicato come il miglior modo per diminuire i rischi e migliorare la salute dei pazienti attraverso l’applicazione di raccomandazioni ed indicazioni sanitarie e stili di vita sani (Gabaglio & Manacorda, 2013). L’infermiere si prende a carico la persona globalmente, individuando la priorità di interventi in termini preventivi ed educativi (ponendo degli obiettivi ragionevoli, misurabili e valutabili) e identificando i suoi fattori di rischio (Gabaglio & Manacorda, 2013).
Il cambiamento dello stile di vita con l’adozione ed il mantenimento di comportamenti sani, comporta una reale diminuzione del rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, per questo l’importanza che l’infermiere pone attenzione su questi fattori determinanti. In uno studio, attraverso un’analisi prospettica, condotto dal Nurses’ Health Study II pubblicato nel 2015, è stato monitorato lo stile di vita di 88.940 donne per vent’anni (dal 1991 al 2011). Le donne non fumatrici con un indice di massa corporea sano, che svolgevano un’attività fisica regolare ed una dieta sana, sono state significativamente associate ad un rischio di coronaropatia più basso. Il 73% dei casi di malattia coronarica era attribuibile alla scarsa aderenza ad uno stile di vita sano;; il 46% dei casi di fattore di rischio, allo stesso modo, erano attribuibili ad uno stile di via non corretto (Chomistek et al., 2015).
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Life skills: tradotte in abilità psico-sociali;; sono le capacità di adottare un comportamento positivo e adattivo
che permetta agli individui di affrontare in modo efficace le necessità e le sfide quotidiane. Sono ad esempio la capacità di prendere decisioni e di risolvere problemi, il pensiero creativo e critico, la consapevolezza di sé, l’empatia, le abilità comunicative e relazionali, la capacità di gestire le proprie emozioni e lo stress (Barbera & Tortone, 2012).
Trova importante riscontro nella pratica infermieristica il ruolo di counsellor, dove vi sono evidenze scientifiche che definiscono che il counselling16 è una strategia utilizzata per ridurre i fattori di rischio
cardiovascolari (Anniverno et al., 2011).
L’infermiere per adempiere al ruolo di promotore della salute deve integrare nella pratica professionale programmi mirati, partecipando alla loro realizzazione (SUPSI, 2011). Qui di seguito riporterò alcune evidenze scientifiche che hanno avuto questo intento.
Il ruolo dell’infermiere nella prevenzione cardiovascolare è stato valutato in uno studio nella prevenzione primaria e secondaria chiamato MyAction condotto in Inghilterra dal 2009 al 2015. Il programma MyAction (allegato 16) è stato condotto in pazienti con malattia cardiovascolare o che presentavano un alto rischio multifattoriale, i quali sono stati sottoposti ad un programma di prevenzione (MyAction) guidato per 12 settimane che includeva gestione dello stile di vita e dei fattori di rischio, aderenza alla terapia, sessioni settimanali di allenamenti fisici e cura dell’alimentazione. Lo studio è stato condotto in tre centri con un team multidisciplinare di infermieri, dietisti, specialisti nell’attività fisica, cardiologo ed altre figure. Si sono evidenziati attraverso questo programma preventivo cambiamenti favorevoli nello stile di vita e nei fattori di rischio, miglioramenti nelle misure di outcome riferite dai pazienti e una riduzione di rischio cardiovascolare (Connolly et al., 2017). Nello stesso articolo viene riportato un altro studio effettuato nel 2008 condotto in ospedali di otto paesi europei. Il programma di studio per la prevenzione delle malattie cardiovascolari chiamato EUROACTION, coordinato dall’infermiere (basato attraverso un approccio comportamentale ed educativo sullo stile di vita, gestione dei fattori di rischio e dei farmaci), aveva già dimostrato cambiamenti di stile di vita più sani e miglioramenti in altri fattori di rischio rispetto a pazienti in terapia tradizionale. Lo studio MyAction ha raggiunto risultati migliori a breve termine rispetto al programma EUROACTION (Connolly et al., 2017).
Il programma RESPONSE, effettuato nel 2013 in 11 centri nei Paesi Bassi, ha avuto come obiettivo quello di valutare una prevenzione secondaria in pazienti affetti da malattia coronarica, per quantificare l’impatto della pratica infermieristica. Il programma consisteva in quattro visite ambulatoriali condotte da un infermiere cardiovascolare (dopo aver partecipato ad un corso di quattro giorni sul programma RESPONSE) nella quale vi erano 9 obiettivi (allegato 17) da valutare e da condurre per la prevenzione cardiovascolare. Lo studio ha dimostrato che un programma di prevenzione coordinato da un infermiere con un massimo di quattro visite ambulatoriali in un anno, riduce in modo significativo il rischio cardiovascolare nei pazienti con malattia coronarica. I dati hanno provato che la consulenza RESPONSE riduce le riammissioni ospedaliere e il protocollo è stato approvato dai comitati istituzionali sulla ricerca umana di tutti gli ospedali di reclutamento (Harald T Jorstad et al., 2013).
Uno studio pubblicato sulla rivista Asian Nursing Research nel 2017, condotto su individui con alto rischio cardiovascolare a 10 anni (Framingham risk score), certifica che, attraverso un intervento infermieristico educativo di coaching guidato di 6 mesi, si ha ottenuto una riduzione del rischio di
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Counselling: processo relazionale tra una figura professionale (il cousellor) ed un individuo/gruppo, basato
su un ascolto attivo ed empatico con lo scopo di individuare opportunità e risorse per promuovere il benessere personale. L’obiettivo è quello di far emergere, sostenere, rafforzare le potenzialità della persona stimolandone le capacità, di riconoscere i propri bisogni e di fare scelte necessarie affinché essa stessa possa promuovere e ritrovare il proprio benessere (CNCP, n.d.).
malattia coronarica, un miglioramento della depressione e della qualità della vita correlata alla salute (health-related quality of life). Questo programma di prevenzione secondo lo studio, dovrebbe essere aggiunto alle pratiche abituali di cura, integrandolo nella prevenzione primaria delle patologie cardiovascolari nei servizi sanitari di comunità (Huang et al., 2017).
Programmi di prevenzione coordinati dagli infermieri (NCPP - allegato 18) hanno dimostrato di essere più efficaci del solito trattamento nella riduzione del rischio cardiovascolare. Nel sondaggio pilota gli infermieri riconoscono inoltre, una elevata importanza dell’uso della NCPP nella prevenzione cardiovascolare sentendosi motivati a lavorare quotidianamente visto il grado di successo con il quale hanno influenzato i profili di rischio dei pazienti (H. T. Jorstad et al., 2015).
Per quanto riguarda la prevenzione delle patologie cardiovascolari, di fondamentale importanza è lo studio pubblicato dall’American Heart Association concernente l’importanza dell’auto cura, definendola come obbiettivo della cultura della società. Infatti molti comportamenti di auto cura non solo sono coerenti in tutte le condizioni cardiovascolari, ma prevengono anche altre malattie. È pertanto necessario porre maggiore attenzione sulla cura di sé nelle linee guida basate sulle evidenze (Riegel et al., 2017).
2.5.2 L’applicabilità dell’approccio di genere nell’ottica cardiovascolare
Gli infermieri sono in costante relazione con le persone che ripetutamente e troppo spesso adottano dei comportamenti errati. Negli ospedali, nelle case di ricovero, degli ambulatori ma anche e soprattutto nella vita quotidiana. Questi comportamenti non vengono identificati dalle persone come dannosi, incorrendo successivamente in problematiche per la salute. L’infermiere ha in questo caso l’occasione per intervenire, sia mediante l’informazione e l’educazione dei fattori di rischio, e attraverso proposte di strategie e supporto. Dalla tesi emerge il bisogno di introdurre la medicina di genere nella prevenzione cardiovascolare, in quanto la prevalenza di tali patologie è differenziata nei due sessi.
La formazione infermieristica tuttavia per quanto riguarda le linee guida sulla prevenzione cardiovascolare nel sesso femminile non è molto elevata, ma soprattutto emerge la necessità di introdurre corsi specifici sull’utilizzo di una veduta di genere, non solo per i prossimi e attuali infermieri ma per tutte le figure operatrici nel campo sanitario (Carola et al., 2016).
Le differenze esistente tra l’uomo e la donna nei fattori di rischio cardiovascolare, come approfondito nel capitolo 2.4.3, evidenziano la necessità per i professionisti sanitari di sviluppare ed integrare nuove strategie differenziate di trattamento, soprattutto per quello che concerne il sesso femminile. Il progetto canadese Women’s Healtly Heart Initiative, è un esempio di come viene applicato in modo efficace l’approccio di genere sulla prevenzione cardiovascolare da parte di infermieri. Il presente programma, riguarda uno studio randomizzato in cui l’infermiere, con una formazione specifica sulla differenza di genere si occupa di un gruppo di donne tra i 45 e 65 anni con lo scopo di migliorare la loro salute cardiovascolare. I risultati ottenuti (riduzione della pressione sanguigna, del livello di colesterolo e del peso), hanno dimostrato l’efficacia di questo progetto di cura in cui l’infermiere svolge un ruolo centrale in tutto il processo (Wray, 2014)
Un altro esempio di approccio di genere nella prevenzione cardiovascolare di un fattore di rischio molto importante come il tasso di BMI, è quello apportato dallo studio scientifico pubblicato sulla Obesity Reviews. Questo studio concerne una revisione sistemica, riguardo strategie per ridurre la prevalenza di sovrappeso e obesità nell’uomo e nella donna. Si è giunti alla conclusione, che
attraverso precisi programmi differenziati secondo un approccio di genere, si ottengono miglioramenti più efficaci. Difatti negli uomini la diminuzione di peso è favorita da una superiore massa muscolare rispetto alla massa grassa, con risultante di maggior dispendio energetico a riposo e una maggiore influenza dell’attività fisica nella diminuzione di peso. Differente il concetto che riguarda il sesso femminile, dove le donne hanno una concentrazione più alta di leptina, ormone che regola l’appetito e che riduce il bisogno di assumere grandi quantità di energia. Si evince che gli operatori sanitari devono concentrarsi sull’inclusione di dieta ed esercizio fisico, mediante programmi mirati per donne e uomini così da aumentare la probabilità di successo a lungo termine (Williams, Wood, Collins, & Callister, 2015).
Interessante definire quali siano le differenze che ostacolano al cambiamento dello stile di vita e quali siano invece i migliori strumenti di supporto tra l’uomo e la donna per poter definire un intervento di cura di genere mirato. Il presente studio pubblicato nel Journal of Women's Health, dice che il maggiore ostacolo per la donna sia la bassa autostima mentre per l’uomo è il tempo. I migliori strumenti di supporto invece sono il counselor ed infermieri nella donna mentre nell’uomo il counselor e lo psicologo (Mosca L, McGillen C, & Rubenfire M, 2016).
Negli ultimi vent’anni sono state istituite diverse campagne e associazioni con lo scopo di applicare un approccio di genere nella prevenzione cardiovascolare.
Un esempio è quella indotta dall’American Heart Association, che attraverso la campagna “Go Red for Woman”, pone l’attenzione nei confronti delle donne ad assumere maggior sensibilizzazione nelle malattie del cuore, fornendo informazioni salvavita a donne di tutte le età ed etnie aumentando la ricerca medica focalizzata sul genere (Go Red For Women, 2018). Un’altra campagna è quella indotta dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC), con il programma “WISEWOMAN” (well integrated screening and evalutation for woman). La finalità è quella di aiutare le donne a comprendere e ridurre il rischio di malattie cardiache promuovendone la consapevolezza e gli stili di vita sani. Le donne vengono supportate a partecipare a programmi di lifestyle basati sull’evidenza, coaching individuali sulla salute e consulenze varie (WISEWOMAN, 2017). In Europa nel 2005 nasce la campagna promossa dalla ESC (European Society of Cardiology), dove il goal principale è quello di, evidenziare ai professionisti il crescente peso e il sotto-apprezzamento delle cardiopatie femminili e promuovere una migliore gestione delle donne a rischio di malattie cardiovascolari nella pratica clinica (Women at Heart, 2005).
Ed infine un ultimo esempio di approccio mediante un’ottica di genere nella prevenzione delle patologie cardiovascolari, è quello nato nel 1999 da tre donne americane, attualmente rappresentato da 20.000 donne membri. Il progetto si chiama “WomenHear”;; attraverso una rete nazionale fornisce un supporto ai pazienti in tutta l’America, anche attraverso una comunità di supporto online dinamica in grado di fornire supporto, prevenzione, informazioni. Il programma cardine dell’associazione, “Red Bag of Courage”, fornisce nozioni educative sulle differenze di genere nelle malattie cardiache (Women Heart, 1999).
A livello delle mie esperienze professionali in campo sanitario, anche se non erano esperienze mirate in un contesto cardiologico, trovo delle difficoltà pratiche nell’adozione dell’approccio di genere. Questo perché bisognerebbe condurre dei cambiamenti mirati a livello delle istituzioni di cura, organizzando dei gruppi di lavoro multidisciplinari con alle base dei corsi specifici di formazione sulla differenza di genere seguendo un piano assistenziale ben specifico. La prevenzione che posso già attuare in concreto nell’ambito lavorativo nelle patologie cardiovascolare nell’ottica della salute di
genere, riguarda sensibilizzare nello specifico le donne rispetto ai fattori di rischio gender specifici, trattati nel capitolo 2.4.3.1, come ad esempio la menopausa. Sensibilizzare le donne e uomini sui fattori di rischio cardiovascolari, fumo, indice di massa corporea, attività fisica, alcool, sindrome metabolica, diabete, ipertensione, con le relative differenze riscontrabili nei due sessi.
Inoltre cercherò di educare nella mia attività professionale, ma anche nella vita di tutti i giorni le donne ad assumere una maggiore consapevolezza e conoscenza rispetto al rischio cardiovascolare essendo la principale causa di mortalità ed invalidità nel mondo occidentale (Gabaglio & Manacorda, 2013) e visto che queste patologie colpiscono più il sesso femminile rispetto a quello maschile. Come evidenziato nella ricerca, urge un cambiamento radicale in quanto la percezione sbagliata che le malattie cardiache non sono una malattia delle donne, è definito come il più importante fattore di rischio.