2.4 La medicina di genere 13
2.4.7 Quanta consapevolezza e percezione di rischio cardiovascolare hanno le donne? 32
In numerosi articoli mi sono imbattuto in diversi dati e studi relativi al grado di consapevolezza e percezione che il sesso femminile ha in relazione alle patologie cardiovascolari. Da qua nasce questo capitolo del mio lavoro, che vuole essere una sorta di analisi per definire se vi sono stati significativi miglioramenti nel corso degli anni e per stabilire, o meno, quanto sia importante il grado di consapevolezza nella prevenzione.
Come definito in diversi dipartimenti di cardiologia (Appelman et al., 2015), è necessario un aumento di consapevolezza delle donne stesse per permettere una diagnosi ed un intervento più precoce. Inoltre viene definito forse come il più importante fattore di rischio nelle malattie cardiovascolari, la percezione, sbagliata, che le malattie CV non siano malattie delle donne.
In ogni patologia clinica, la percezione accurata del rischio da parte del paziente è fondamentale per l’influenza al cambiamento comportamentale di quest’ultimo. Ne consegue un’aderenza ed una compliance maggiore. Tuttavia il “gap di percezione” tra il rischio calcolato e il grado di consapevolezza del rischio rimane ampio nelle malattie cardiovascolari. Questo fenomeno dell’errata percezione del rischio per le patologie cardiovascolari è particolarmente notevole nel sesso femminile. Per questo è molto importante concentrare le campagne di sensibilizzazione sanitaria tra le donne, aumentando in livelli crescenti di educazione alla salute, con conseguente miglioramento dell’auto-cura e migliore utilizzo delle risorse sanitarie (Cainzos-Achirica & Blaha, 2015).
Le donne sottovalutano il problema delle patologie cardiovascolari, ma non sono le sole. In Italia, da studi basati su sondaggi, per gli uomini le malattie cardiache rappresentano la terza causa di morte mentre per le donne addirittura la quarta. Ma la realtà è ben differente da questa percezione comune: le malattie cardiache rappresentano la principale causa di mortalità ed invalidità nel mondo
occidentale. In Italia muoiono ogni anno 130 mila donne, una cifra che supera quella delle morti provocate da tutti i tipi di cancro messi insieme. Cancro che viene posizionato alla prima posizione dai vari sondaggi sulla percezione delle cause di morte (Gabaglio & Manacorda, 2013).
Interessante valutare i risultati dello studio retrospettivo di corte condotto dall’American Heart Association, mirato a valutare la consapevolezza nelle malattie cardiovascolari nelle donne, il loro rischio così come la loro conoscenza dei comportamenti di prevenzione e dei sintomi. Lo studio è stato condotto su un campione di donne di età maggiore ai 25 anni selezionate casualmente negli Stati Uniti tra il 1997 e il 2012 ponendo a quest’ultime domande standardizzate sulla prevenzione e, paragonando i risultati delle indagini ogni tre anni. Tra il 1997 e il 2012 il tasso di consapevolezza che la causa principale di morte è da attribuire alle patologie cardiovascolari è quasi raddoppiato (56% contro il 30%). Nel 1997 infatti le donne erano più orientate a definire il cancro come principale killer di mortalità per il loro sesso;; 35% conto il 30% per le patologie cardiovascolari e rispettivamente nel 2012 si passa ad un risultato di tendenza invertita con un valore pari a 24% contro il 56%. La consapevolezza dei sintomi atipici, è migliorata rispetto al 1997 ma rimane basso. Il range di età dove la percezione del rischio è più bassa è quello tra i 25 e 34 anni (Mosca, Hammond, Mochari- Greenberger, Towfighi, & Albert, 2013).
Un'altra indagine dell’American Heart Association (AHA) dimostra come più del 50% delle donne non sapesse quale fosse la causa principale di morte nel sesso femminile e solo il 13% ha risposto correttamente, dimostrando comunque un aumento rispetto alla medesima indagine svolta 6 anni prima in cui avevano dato risposte corrette solo il 7% (Michieli et al., 2015).
Questi dati fanno riflettere sull’importanza di educare le donne, in particolare le giovani, favorendo delle campagne di salute pubblica, basate sull’evidenza, per prevenire le patologie cardiovascolari e aumentare la loro consapevolezza. Attraverso la creazione di messaggi mirati che possono suggerire provvedimenti e motivazioni verso il cambiamento. Tutti gli operatori sanitari dovrebbero porre un’attenzione particolare al miglioramento del flusso d’informazioni fornite per permettere attraverso la comunicazione, una maggiore attenzione al proprio stato di salute da parte del paziente.
Vi sono diversi programmi e campagne per promuovere la consapevolezza e la prevenzione del rischio cardiovascolare.
Un esempio è quello indotto dall’American Heart Association, che attraverso la campagna “Go Red for Woman”, pone l’attenzione sull’inspirare le donne ad assumere maggior sensibilizzazione nelle malattie del cuore, fornisce informazioni salvavita a donne di tutte le età ed etnie e aumenta la ricerca medica focalizzata sul genere (Go Red For Women, 2018).
Un’altra campagna è quella indotta dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC), con il programma “WISEWOMAN” (well integrated screening and evalutation for woman), con la finalità di aiutare le donne a comprendere e ridurre il rischio di malattie cardiache, promuove la consapevolezza e gli stili di vita sani. Le donne vengono supportate a partecipare a programmi di
lifestyle basati sull’evidenza, a coaching individuali sulla salute e consulenze varie (WISEWOMAN,
2017).
Nonostante gli sforzi di queste e altre campagne, non sembra ci sia un cambio di tendenza. Per questo motivo il CDC, ha cercato di indagare le eventuali barriere psicosociali che non permettono al sesso femminile di individuare il rischio per le patologie cardiovascolari, attraverso un sondaggio telefonico;; sono state poste domande raggruppate in cinque categorie: le conoscenze sul colesterolo, le conoscenze cardiache generali, la motivazione a cambiare lo stile di vita, le preoccupazioni, la
consapevolezza sulla malattia. Il risultato di questo sondaggio ha dimostrato che la giovane età, l’etnia asiatica, i livelli di istruzione più bassi, sono stati associati ad una minore motivazione al cambiamento mentre le donne più preoccupate di età superiore ai 45 anni sono risultate più motivate a modificare i loro fattori di rischio. Si definisce che bisognerebbe mirare l’educazione alla salute del cuore verso i sottogruppi di donne memo motivate, mediante l’aumento della consapevolezza del loro rischio cardiovascolare (WISEWOMAN, 2017).
2.4.8 Breve accenno alla promozione della medicina di genere negli ultimi anni 2.4.8.1 A livello internazionale ed europeo
La promozione della medicina di genere a livello internazionale ed europeo sta conoscendo una rapida diffusione e il coinvolgimento di un numero crescente di attori (università, istituzioni, enti di ricerca, industrie, associazioni). Se a partire dagli anni ’90 le ricerche e le relative policy sanitarie erano prevalentemente orientate alla tutela della donna, a partire dal 2005 l’applicazione della prospettiva di genere alla medicina è diventata in maniera crescente sinonimo di una migliore medicina per tutti (Anniverno et al., 2011).
A livello internazionale si assiste negli ultimi anni a una promozione sempre maggiore di tale paradigma. Nel 2014 viene redatto il “Dodicesimo Programma di Lavoro” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per il periodo 2014-2019. Nel documento il tema dell’equità di genere è ricorrente e l’OMS si impegna a sviluppare norme basate sulle evidenze scientifiche e strumenti per favorire l’uguaglianza di accesso ai servizi di cura e di qualità dentro a un framework basato sulla prospettiva di genere e dei diritti umani (WHO, 2014).
Nel 2010 il National Isitutes for Health (NIH), ha pubblicato un piano strategico per la salute della donna e la ricerca sulle differenze di genere dal titolo: “Muoversi verso il futuro con nuove dimensioni e strategie: una visione per il 2020 per la ricerca sulla salute delle donne”. Lo studio è il prodotto della collaborazione tra istituzioni pubbliche e private e vede la partecipazione di oltre 1500 scienziati, operatori del sistema sanitario, rappresentanti istituzionali (WHO, 2014). Nel 2016 vi è una riequilibrazione della popolazione umana e animale negli studi fin dalla fase preclinica, attraverso il documento redatto dal NIH (guida per il rigore e la riproducibilità nelle richieste di finanziamento). Nel 2015 l’agenzia del farmaco americana (FDA) attraverso l’ufficio per la salute delle donne lancia una roadmap, strategica per la scienza e l’innovazione, per migliorare la salute della donna attraverso ambiti di ricerca rilevanti. Inoltre collabora con l’NIH al progetto relativo ai corsi online sulla medicina di genere (Carola et al., 2016).
A livello europeo si assiste a partire dalla seconda metà degli anni ’90 ai primi interventi legislativi ed iniziative che si consolidano e sviluppano in particolare negli ultimi dieci anni. Nel 2013 il Consiglio d’Europa ha pubblicato la “strategia per l’uguaglianza di genere 2014-2017”, un documento programmatico dove vengono date raccomandazioni per l’applicazione del Gender Mainstreaming14
e dunque per la promozione della salute secondo la differenza di genere. Nel 2013 viene finanziato dalla Commissione Europea, il progetto EUGENMED, gestito dall’ospedale universitario di Berlino,
14 Gender Mainstreaming: è una strategia adottata nella Dichiarazione di Pechino del 1995 e viene definita
come il processo attraverso cui sono valutate tutte le implicazioni per le donne e per gli uomini di ogni azione progettata, in tutti i campi e a tutti i livelli, compresa l’attività legislativa, di programmazione e politica (Manual, 2002).
la Charitè, dove partecipano anche l’università di Maastricht e l’Istituto europeo per la salute delle donne. L’obbiettivo è quello di produrre una roadmap innovativa per l’implementazione di sesso e genere nella ricerca biomedica e nella medicina attraverso raccomandazioni, linee guida e materiali didattici (EUGenMed, n.d.). Già nel 2001 in Svezia viene creato il “Centro per la Medicina di genere”, con l’obiettivo di promuovere tra il pubblico e gli operatori sanitari una maggiore consapevolezza rispetto all’impatto del sesso e genere sulla salute e sule patologie. La forte vocazione al tema ha portato il centro (Karolinska Instituet) ad attribuire 15 borse di dottorato in medicina di genere e a pubblicare oltre 300 articoli sul tema mentre in Germania viene fondato nel 2003 il “Centro interdisciplinare sulla Medicina di Genere”, trasformato nel 2007 in un ente autonomo diventato il primo istituto sulla medicina di genere in Europa;; il centro si focalizza soprattutto sulla ricerca nel campo delle malattie cardiovascolari (Baggio et al., 2014).
In Italia in seguito alla prima iniziativa a favore della ricerca nel campo della medicina di genere nel ’98, “una salute a misura di donne”, sono susseguite numerose iniziative e promozioni (Anniverno et al., 2011).
Alcune delle quali e più recenti sono ad esempio nel 2009 a Padova la “Società Italiana Salute Medicina di genere” e la “European Society Gender Health Medicine” hanno organizzato il primo congresso nazionale sulla medicina di genere. Nel 2013 è stata introdotta in Italia la prima cattedra in medicina di genere presso l’università di Padova, nell’anno 2014/2015 un insegnamento dedicato è stato attivato presso l’università di Siena e nell’anno 2015/2016 presso l’università di Ferrara. Nell’università degli studi di Milano dal 2012 c’è un corso “Sesso e genere nella medicina”. Nel 2015 viene istituito il “Centro nazionale di riferimento per la medicina di genere” presso l’Istituto Superiore di Sanità e nello stesso anno nasce la prima e unica rivista scientifica interamente dedicata al tema della medicina di genere, l‘Italian journal of gender-specific medicine, con il supporto di Novartis. Nel 2016 viene annunciata la creazione dell’Unità di sperimentazione clinica “Farmacologia di genere”, la prima in Italia presso il Policlinico A. Gemelli di Roma (la cui unità ha iniziato la sua attività nel 2017) (Carola et al., 2016).
Per il tema sulla salute delle donne con l’avvento dell’EXPO2015 a Milano viene presentato il “Manifesto sulla salute della donna 2016-2018” (allegato 15). Strutturato in 12 punti, il testo rappresenta un impegno concreto, sottoscritto dal comitato scientifico di Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna) (InSalute, 2018). Il 22 aprile 2016 viene promossa dal Ministero della Salute la “1° Giornata Nazionale della Salute della Donna”;; la giornata vede numerose iniziative parallele come ad esempio visite gratuite, test di screening, eventi sensibilizzatori (Carola et al., 2016).
2.4.8.2 E a livello della Confederazione e nel cantone Ticino?
A livello Svizzero vi sono studi sulla medicina di genere apportati dall’Ospedale Universitario di Zurigo, dove l’impegno è quello di migliorare e personalizzare gli approcci terapeutici basati sul genere e nella popolazione prevalentemente anziana (University Hospital Zurich, n.d.). Lo studio più recente è quello citato nel capitolo, 2.4.5.1 Cuore, clinica, esami, condotto dalla dr.med. Catherine Gebhard pubblicato nel 2016. In questo studio si valuta l’impatto de fattori fisiologici che contribuiscono alle differenze correlate al sesso e all’età nella funzione cardiaca (Gebhard et al., 2017).
Per quello che concerne il cantone Ticino, visto la presenza sul nostro territorio di un centro specializzato nell’ambito cardiologico, il Cardiocentro Ticino, ho posto direttamente domanda alla clinica. Sono venuto successivamente a conoscenza della presenza del servizio di ricerca cardiovascolare, dove la responsabile, coordinatrice del servizio di ricerca, Dr.essa med Mariagrazia Rossi, che colgo l’occasione per ringraziarla nuovamente, ha risposto alle mie due domande. Il primo quesito era valutare se il Cardiocentro (nello specifico il servizio di ricerca) è a conoscenza della medicina di genere, di cosa si occupa, quali sono i riscontri,…, mentre la seconda domanda riguarda se a livello del Cardiocentro sono stati effettuati degli studi specifici di genere.
La risposta per la prima domanda è stata affermativa, mi ha definito l’importanza di avere una visione di “distinzione” di genere, mi ha riferito che nel loro database, vengono selezionati e divisi gli studi in base al sesso, mi ha parlato della prognosi più infausta con la quale le donne possono incorrere a cospetto di una patologia cardiovascolare, di come queste vengono curate e prese a carico in maniera statisticamente differente rispetto al sesso maschile, di come ci si sta sensibilizzando a piccoli passi nei confronti di questa tematica ma che ancora molto bisogno fare visto che pochi professionisti nel campo sanitario sono al corrente di questa “nuova” medicina.
Per quello che concerne la domanda, se il centro ha effettuato degli studi specifici di genere, la risposta è stata negativa. Fino ad ora non hanno avuto modo di compiere uno studio in questo ambito innovativo.