• Non ci sono risultati.

ASSUNZIONE DELLA VERGINE

Nel documento Francesco Beccaruzzi (pagine 46-49)

5. L’ATTIVITA’ ARTISTICA

6.3. Opere documentate

6.3.1. ASSUNZIONE DELLA VERGINE

Valdobbiadene, Duomo di Santa Maria Vergine Assunta Olio su tela, 373 x 210 cm

Documenti:11 ottobre 1544 – stima di Lorenzo Lotto su incarico dei governatori della

fabbrica della Pieve di Santa Maria di Valdobbiadene; 10 dicembre 1544 – memoria della stima della pala nel Libro di spese diverse di Lorenzo Lotto; 6 luglio 1545 – accordo tra i governatori della fabbrica della Pieve di Santa Maria di Valdobbiadene e Francesco Beccaruzzi sul giusto compenso.

La pala d’altare, oggi riconosciuta da tutti come opera autografa di Francesco Beccaruzzi, è stata in realtà per lungo tempo attribuita ad un certo Francesco Peccanisio da Conegliano. Già Federici (1803) riconosce la paternità dell’opera a Beccaruzzi e trascrive anche il documento della stima eseguita da Lorenzo Lotto nel 1544; qualche decennio dopo però, Crico (1833), parlando dell’opera all’arcivescovo di Erlau Monsignor Giovanni Ladislao Pirker, afferma che è di un certo Francesco Peccanisio, del quale è rimasta una scrittura autografa nell’archivio della chiesa. Secondo Crico l’errore commesso da Federici, nell’attribuire la notevole pala d’altare a un pittore come Beccaruzzi, è causata dal fatto che del valente artista, Peccanisio, le fonti non ne riportano testimonianza e quindi confonde la lettura del cognome con quello più conosciuto (Crico, 1833).

Il documento fonte della disputa tra gli storici deve esser andato perduto già all’inizio del secolo da come scrive Botteon (1913), che, per elaborare la sua opinione, si affida alla trascrizione eseguita dall’abate Arrigo Arrigoni, originario di Valdobbiadene, e vissuto tra la fine del Settecento e l’inizio del secolo successivo.

Per un lungo periodo la critica si è divisa in due fronti. Contro l’attribuzione dell’Assunzione

della Vergine a Beccaruzzi è stato utilizzato anche il dato stilistico, essendo l’opera diversa

rispetto alle altre documentate e attribuite a quest’artista (Semenzi, 1851; Zanotto, 1851; Caccianiga, 1874).

Solamente con il nuovo secolo la discussione sembra essere placata, Botteon, insigne studioso di Conegliano, afferma con molta chiarezza che nella città non esistette mai una famiglia di nome Peccanisio, quindi la pala si poteva ricondurre senza altri dubbi alla mano di Beccaruzzi (Botteon, 1913).

L’Assunzione segue lo schema compositivo consono al tipo di raffigurazione. La tela è divisa in due parti in senso orizzontale: nella parte inferiore si trovano i santi; in quella superiore la

Vergine accolta in cielo. La distinzione tra le due fasce è rafforzata dalla differente sistemazione e dimensione delle figure; gli apostoli risultano essere quasi schiacciati nel piccolo prato e per attenuare questa sensazione l’artista li veste con abiti molto colorati e ben panneggiati. Sopra di loro si apre il cielo che gradualmente passa dall’azzurro al grigio delle nubi, per terminare con la luce dorata emanata dalla Trinità e dalla Vergine. La parte superiore mostra una composizione di maggior respiro e le figure risultano essere ben equilibrate nello spazio. Beccaruzzi le dispone a cerchio intorno alla Vergine portata in cielo da alcuni angioletti, mentre altri manifestano la loro gioia suonando le trombe, invece due, quasi al centro della pala, portano ognuno una cinta. Ai lati della Vergine si trovano quattro angeli di dimensioni maggiori, due musicanti con liuto e tromba e gli altri due invece incedono verso di lei per porgerli, quello alla sua destra, un giglio e la corona, mentre quello a sinistra, un ramoscello d’ulivo. Al vertice superiore del dipinto si trovano Cristo, lo Spirito Santo e Dio Padre, che per le dimensioni sembrano rivestire un ruolo secondario se confrontati con l’imponenza degli apostoli.

Quello che dovette colpire maggiormente Lorenzo Lotto al momento della stima furono sicuramente dei particolari del dipinto: alcuni volti degli apostoli e la Vergine. Beccaruzzi è certamente debitore della pala di uguale soggetto di Tiziano nella chiesa dei Frari a Venezia (imm. 1), almeno per quanto riguarda la fascia inferiore del dipinto; ma nonostante il riferimento al grande maestro e il ricorso ad alcuni tipi riesce ad introdurre degli elementi propri, come nel caso dell’apostolo inginocchiato in primo piano, che, per i tratti del volto, teso e ruvido, sembra essere un ritratto (Fossaluzza, 1993). Anche gli altri volti sono eseguiti comunque con molta attenzione, ognuno di loro esprime in modo proprio il turbamento e lo stupore del momento, “mostrano forza grande di carattere e piacevole varietà” (Crico, 1833). La Vergine, invece, sembra essere una sua “invenzione”, non si tratta di una donna matura e monumentale, ma è raffigurata come una fanciulla, forse per accentuarne maggiormente la sua purezza e innocenza, concetti ribaditi anche dal giglio e dalle cinte; e legittimare, se fosse necessario, la sua assunzione in cielo.

Riscontro di questa affermazione la si ha anche nel documento che riporta l’esito della stima da parte di Lorenzo Lotto. Il suo lavoro è meticoloso e divide l’opera in più parti valutandole singolarmente: “I. Impensa colorum positorum in dicta pictura fuisse et esse, computatis omnibus aliis ad artem pictoricam spectantibus et pertinentibus de ducatis 20 ad l. 6 sol. 4 pro ducato.

II. Imaginem Beate Virginis Marie Assumpte in celum de ducatis 15, incirca.

IV. Item figuras aliorum Angelorum minorum cum gloria et nube celesti, omnibus comprehensis et aliis de ducatis 36.

V. Quatuor figuras primas Apostolorum integras fuisse de ducatis 60.

VI. Et ultimo alias figuras octo Apostolorum de ducatis 40 insimul computatis que summa in totum ascendit ad ducatos ducentos et septem auri in moneta Veneta. Et ita declaravit et dixit et estimavit […] Ita quemlibet peritissimum pictorem estimare et majoris etiam pretii illam judicare pro tansa mittere pro salario suo et pro itinere ducatos 42” (Fossaluzza, 1993). La stima di Lotto valuta il valore dell’Assunzione della Vergine in 207 ducati, che vengono aumentati a 225 e oltre con le rifiniture (Dal Zotto, 1985). Il 6 luglio 1545 i governatori della fabbrica di Santa Maria di Valdobbiadene si riunirono per discutere la perizia in quanto, come emerge dal verbale, il valore stimato da Lotto differiva di molto da quello previsto dal contratto e per la piccola comunità una cifra tale era difficile da evadere. All’assemblea partecipa anche Beccaruzzi che accetta l’offerta da parte dei committenti di ricevere,oltre ai 150 ducati già previsti, altri 25, per un totale dunque di 175, obbligandosi a non avanzare ulteriori pretese di denaro (Fossaluzza, 1993).

Certamente la cifra prevista da Lotto era maggiore, ma forse Beccaruzzi era già orgoglioso dell’opinione più che positiva di un valente pittore richiesto dai più importanti commitenti del nord e centro Italia. Questo, anche ai giorni nostri, forse lo riscatta da quel ruolo di pittore secondario e provinciale di limitate capacità che il più delle volte gli viene affidato.

BIBLIOGRAFIA

FEDERICI, 1803, II, p. 9; CRICCO, 1833, pp. 219 – 220; ZANOTTO, 1851, tavola XII; SEMENZI, 1864, p. 285; CACCIANIGA, 1874, p. 255; FRIZZONI, 1896, pp. 435, 447; BOTTEON, 1913, pp. 496 - 497, 513; FOSSALUZZA, 1981, pp. 75 - 76; DAL ZOTTO, 1985, pp. 46 – 48; FOSSALUZZA, 1989, pp. 32, 54 – 55 nota 41; BERENSON, 1932, p. 67; BERENSON,1936,p.58; LIBERALI,1945,pp. 6, 9, 23; BERENSON,1957,I,28:BERENSON,1958, I, p.28; FOSSALUZZA, 1989, pp. 32, 54 – 55 nota 41; FOSSALUZZA, 1993, p. 117 – 118, 127 nota 109, 139 - 141; DAL ZOTTO, 1996, pp. 14 – 16; SPONZA, 1996, pp. 268 – 270, 272; FOSSALUZZA, 1998, p. 643; SOLIGON, 2003, p. 143.

Nel documento Francesco Beccaruzzi (pagine 46-49)