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MADONNA TRA I SANTI TEONISTO, GIROLAMO, MARGHERITA E SEBASTIANO

Nel documento Francesco Beccaruzzi (pagine 65-73)

5. L’ATTIVITA’ ARTISTICA

6.4. Opere documentate disperse

6.4.6. MADONNA TRA I SANTI TEONISTO, GIROLAMO, MARGHERITA E SEBASTIANO

AFFRESCHI CAPPELLA MAGGIORE; Trevignano, chiesa dei Santi Tabra, Tabrata e Teonisto e Margherita

dispersa

Documenti: 13 gennaio 1540 – Francesco Beccaruzzi firma il contratto per l’esecuzione della

pala, con il quale si impegna anche a dipingere ad affresco la cappella maggiore della chiesa di San Teonisto di Trevignano (ASTV, Archivio notarile I, busta 557, Atti Livio di Padova, protocollo 28 novembre 1539 – 27 gennaio 1540, cc. 184); 16 settembre 1540 – Beccaruzzi incarica il suocero Michele di Parma di consegnare la pala e riscuotere il pagamento (ASTV, Archivio notarile I, busta 566, Atti Marsilio Apollonio, protocollo 29 dicembre 1539 – 9 giugno 1540, cc. 11v – 14 r); 5 febbraio 1541 – il pittore incarica il cognato a comparire in tribunale per esigere il pagamento della pala (Treviso, Archivio Curia, Libri actorum, busta 13, fascicolo I, 1537 – 1541, c. 173r); 26 novembre 1540 – Beccaruzzi si ripresenta in tribunale per ottenere il pagamento (Treviso, Archivio Curia, Libri actorum, busta 13, fascicolo II, 5 gennaio 1537 – 31 dicembre 1541, c. 168 r).

Il contratto di commissione dell’opera sfortunatamente non è così preciso come nel caso del

Battesimo di santa Cristina e santi per la chiesa delle monache di Santa Cristina e San

Parisio di Treviso (scheda 6.4.2.), fornisce solo queste scarne informazioni “[…] in medio dicte palle immaginem beatissime Matris semprer Virginis Marie et a latere dextro immaginem sancti messeri Theonisti, et Hieronimis, et a latere sinistro immaginem sancte Margharite et sancti Sebastiani, cum ornamentis doratis pertinentibus et convenientibus ipse palle et ipsis immaginibus, quam pallam facere debent in tella. […]” (Fossaluzza, 1993). Proseguendo la lettura del contratto si legge che Beccaruzzi promette di dipingere anche la cappella maggiore in modo buono e conveniente e di eseguire tutto il lavoro entro il giorno di santa Margherita dell’anno successivo.

Se sulla definizione del soggetto il contratto è un po’ vago risulta molto preciso sulla somma che riceverà il pittore e le modalità di erogazione: quaranta ducati d’oro, del valore di l. 5 s. 4 a ducato; dieci ducati d’oro prima dell’inizio del lavoro, poi, tutti gli anni il giorno di sant’Andrea, sei ducati d’oro.

Degli affreschi non ci sono testimonianze, né documentarie né iconografiche, quindi non si sa se effettivamente furono eseguiti oppure no, ma la pala fu certamente terminata dato che il 16 settembre del 1540, dopo tre mesi circa dal termine previsto per l’esecuzione, il suocero di Beccaruzzi, Michele di Parma, viene incaricato di consegnare la pala e a riscuotere il pagamento.

La missione del suocero dovette fallire se l’anno successivo, il 5 febbraio 1541, il pittore è costretto a delegare il cognato, il prete Cesare Anselmi, a “comparire davanti al vicario episcopale per esigere dal prete Erminio, sostituto nella chiesa di Trevignano, con il quale è in causa, la sua mercede di l. 16”. A quest’azione non c’è seguito, perché a fine anno, il 26 novembre, il vicario episcopale di Treviso, Andrea Salomon, ammonisce il prete Erminio di pagare entro sei giorni quanto dovuto al pittore (Fossaluzza, 1993).

Nonostante già Bampo (secolo XIX) riporti il regesto dell’atto relativo alla consegna del dipinto, Liberali (1945), nel suo testo, sembra non essere sicuro dell’effettiva realizzazione dell’opera dato che, secondo lui, non si trovano altri documenti che attestino l’effettiva esistenza, anche se temporanea, dell’opera. Anche in questo caso qualche riga dopo si smentisce ed ipotizza una possibile sostituzione nel 1629 dell’ancona con una, con medesimo soggetto, di Alessandro Varotari, detto il Padovanino.

La data della sostituzione della pala proposta da Liberali corrisponde al periodo in cui Varotari è attivo nella chiesa dei Santi Tabra, Tabrata e Teonisto e Margherita, dove esegue dei quadri per il presbiterio e i soffitti del Capitolo (Liberali, 1945).

BIBLIOGRAFIA

BAMPO, ms., secolo XIX a, pp. 2 – 3 (23 gennaio 1540); LIBERALI, ds., 1945, pp. 10 – 11, 14 – 17, 20 – 22, 31 - 33; TOCCHIO –CHIESURA, 1962, p. 88; FOSSALUZZA, 1981, p. 82 nota 32; FOSSALUZZA 1993, p. 113, 135 – 137; LUCCO, 1999, p. 1271.

6.4.7. PALA D’ALTARE; Conegliano, chiesa di Sant’Antonio Abate (demolita) dispersa

Documenti: 3 dicembre 1541 – testamento di Francesco Antonio Danesio di Conegliano

(ASTV, Archivio notarile I, atti Silvestro Mercatelli, protocollo 1537 – 1542, c. 250 r).

Il documento ricordato per la prima volta da Giampaolo Cagnin (Fossaluzza, 1993) è molto scarno e avaro di informazioni; si limita a testimoniare la richiesta di esecuzione, ma non dà nessuna maggiore indicazione riguardo all’effettivo l’incarico e il soggetto da eseguire. Forse l’opera non prevedeva una composizione complessa, oppure non era di grandissime dimensioni se il prezzo pattuito è di 18 ducati. Si tratta del contratto meno remunerativo stipulato da Beccaruzzi.

Il dipinto è dato per disperso, e anche se ancora esistente il suo riconoscimento risulterebbe alquanto complicato viste le scarse informazioni oggi note.

BIBLIOGRAFIA

6.4.8. PALA D’ALTARE; Nervesa della Battaglia, chiesa di San Giovanni Battista dispersa

Documenti: 5 luglio 1546 – sentenza degli arbitri nominati per valutare la pala eseguita da

Francesco Beccaruzzi (ASTV, Archivio notarile I, busta 694, Atti Ottavio Bologna, protocollo 2 gennaio 1543 – 24 novembre 1547).

Dell’opera, oggi andata perduta, non si conosce praticamente nulla dato che l’unico documento, fin’ora rintracciato in archivio, non fornisce nessuna indicazione sul soggetto e sulla sua precisa collocazione all’interno dell’edificio sacro.

L’unico elemento ad emergere dallo scritto è che gli arbitri nominati dalle due parti, per gli abitanti di Nervesa il presbitero Nicolaus de Claudis di Treviso, e a favore di Beccaruzzi

Aloisius Bianchinus pittore e abitante di Conegliano, sono concordi nello stimare le figure

per un valore di quattro ducati a l. 6 s. 4 (Fossaluzza, 1993).

Il pittore Alisius Bianchinus lavorava come aiutante nella bottega di Lorenzo Lotto, il quale era intervenuto qualche anno prima a favore di Beccaruzzi nella stima della pala dell’Assunzione della Vergine di Valdobbiadene, e forse fu in quell’occasione che lo conobbe (Fossaluzza, 1981).

BIBLIOGRAFIA

BAMPO, ms., secolo XIX a, p. 4; BATTISTELLA, 1930, p. 15; LIBERALI, 1945, p. 9; FOSSALUZZA, 1981, p. 82 nota 33; FOSSALUZZA, 1993, p. 139; LUCCO, 1999, p. 1271.

6.4.9. PALA D’ALTARE E CENACOLO CON LA MADONNA; Treviso, chiesa del monastero di Santa Cristina e San Parisio

disperse

Documenti: 19 marzo 1547 – scritta autografa di Francesco Beccaruzzi con la quale dichiara

di aver ricevuto il pagamento per l’opera (ASTV, Corporazione religiose soppresse, San Parisio, busta 30, Libro del dar e dell’aver segnato A, c. 176r).

Il documento manoscritto di Francesco Beccaruzzi funge da ricevuta al pagamento di suor

Anzola, badessa del convento, per il lavoro svolto dal pittore.

Le due opere, la pala con sopra un Cenacolo con la Madonna, sono stimate per un valore di 80 ducati. Il pagamento da parte delle monache non è tutto in denaro; come avviene anche in altre commissioni per loro conto, Beccaruzzi riceve uno sconto di tre anni sull’affitto, del vino e altri beni identificati con un generico “roba”.

Il lavoro dovette piacere alle monache che, oltre alla somma pagata, aggiunsero un ducato. Delle due opere non si hanno ulteriori informazioni e anche il testo di Chiara Torresan, sulla dispersione degli oggetti d’arte durante le soppressioni napoleoniche, non le ricorda forse perché già all’epoca risultavano non più esistenti.

BIBLIOGRAFIA

6.4.10. AFFRESCHI SAN PAOLO; Treviso, chiesa delle monache di San Paolo distrutti

Documenti: 1552 / 1554 – registrazione dei pagamenti effettuati dalle monache (ASTV,

Corporazioni soppresse, San Paolo, busta 31, Libro della procuratora, 3 ottobre 1531 – 25 aprile 1569, cc. 158 v – 174 r).

Nei registri del monastero si leggono i pagamenti a un certo “magistro Francesco depentor” per aver dipinto ad affresco: “el coperto della gesia, el frixo, el marmoro finto e il de fora delle cappelle” nel 1552; le tre cappelle absidali, tra il 1553 e il 1554; la cappella di santa Caterina nel 1554. A questo lavoro già imponente Bailo e Biscaro (1900) riconducono anche la cappella di san Paolo, eseguita tra il 1555 e il 1556, alla mano del “magistro Francesco”. Fossaluzza attribuisce, senza troppe riserve, quest’imponente impresa a Francesco Beccaruzzi, mentre Bailo e Biscaro quasi un secolo prima la danno solo come una possibilità, dato che dell’artista si sa solo il nome e non viene identificato con la città d’origine. Secondo le loro ricerche archivistiche, a Treviso, nel periodo in cui viene commissionato il lavoro, dovevano essere presenti almeno tre pittori di nome Francesco: il padovano Zavarini, il trevigiano Dominici e Beccaruzzi. Del primo non si hanno tante informazioni e comunque doveva appartenere alla massa dei pittori quasi anonimi della sua epoca. Per quanto riguarda il secondo si hanno maggiori punti di riferimento e i due autori non escludo il fatto che possa esser lui il pittore Francesco nominato nel documento (Bailo - Biscaro, 1900).

Anche Federici (1803) accenna ai pagamenti registrati nei Libri del monastero; e ne parla in corrispondenza all’attività di Francesco Dominici, ma non lo dà come un dato certo.

Sempre nel Libro della Procuratora alla carta 197 viene riportato che in data 12 marzo 1557

Antoni murer è pagato per aver “spicona la capella grande e le due capelle picole, et smaltade

e per spiconar e smaltar li dali Nichi et bianchizar tutta la giesia dalla cima fin in terra e per farli scalini de santa Chaterina” (Bailo – Biscaro, 1900). A settembre dello stesso anno viene pagato anche Paris Bordon per aver dipinto le tre cappelle e fatto il finto marmo ai lati delle nicchie (Federici, 1803; Bailo – Biscaro, 1900).

Si deduce che gli affreschi eseguiti dal “magistro Francesco depentor” non dovettero corrispondere alle richieste delle monache, se a distanza di qualche anno vengono cancellati e sostituiti da altri.

Scorrendo la lettura del libro, alla carta 203, è registrato un ulteriore pagamento, il 15 settembre 1558, a favore sempre di Paris Bordon per aver affrescato anche la cappella di santa Caterina (Bailo – Biscaro, 1900). Liberali (1945) aggiunge che contemporaneamente viene affidato a Ludovico Fiumicelli, con Giovanni Pietro Silvio, la decorazione della cassa e della cantoria dell’organo. Effettivamente, sempre nel Libro della Procuratora alla carta 205, si riscontra il pagamento in favore del primo pittore in data 30 ottobre 1558 (Liberali, 1945; Bailo – Biscaro, 1900).

Nel Settecento Rigamonti (1767) afferma che la chiesa è decorata da affreschi di “Monsier de Rugnì” con scene della vita di san Paolo.

In ogni caso, di questa grande impresa, non rimane traccia e dunque non è possibile nessun ulteriore ragionamento in merito alla paternità degli affreschi.

BIBLIOGRAFIA

RIGAMONTI,1767,pp. 38 – 39; FEDERICI, 1803, II, p. 42 – 43 (Paris Bordon), 47 (Francesco Dominici); BAILO – BISCARO, 1900, pp. 26 – 28, 92 – 93; LIBERALI, ds., 1945, p. 10; FOSSALUZZA,1981, p. 82 nota 34; FOSSALUZZA, 1993, p. 119, 146; LUCCO, 1999, p. 1271.

6.4.11. PORTELLE D’ORGANO; Treviso, chiesa di Santa Maria Maggiore disperse

Documenti: 31 dicembre 1554 – registrazione del pagamento (ASTV, Corporazioni religiose

soppresse, Santa Maria Maggiore di Treviso, busta 28, Riceveri anno 1517 sine 1459, c. 31 bis).

Il documento, che riporta la data del 31 dicembre 1554, e sembra esser scritto da Beccaruzzi in persona, testimonia il pagamento da parte di fra Marcilian da Bresa, il priore della chiesa, di l. 51 s. 14 per la decorazione delle portelle dell’organo.

Purtroppo la scarna nota di pagamento non contiene nessuna informazione a riguardo del soggetto che vi era raffigurato e probabilmente la perdita delle portelle è da collocare nel 1620, quando l’organo venne spostato in un’altra parte della chiesa (Pigato, 1944).

BIBLIOGRAFIA

Nel documento Francesco Beccaruzzi (pagine 65-73)