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CAPITOLO 2 - Il ciclo della Metallurgia delle Polveri

2.5 Sinterizzazione

2.5.6 Atmosfere di sinterizzazione

2.5.6.1 Funzione dell’atmosfera e criteri di scelta

La funzione principale dell’atmosfera di sinterizzazione è quella di proteggere il materiale da sinterizzare dall’ossidazione e di ridurre gli ossidi superficiali residui in modo da favorire il contatto metallico tra le polveri. Un ulteriore compito espletato dall’atmosfera è quello di evitare la decarburazione di pezzi pressati contenenti Carbonio (grafite). Vi sono principalmente tre tipologie di atmosfere di sinterizzazione impiegate nella Metallurgia delle Polveri:

1. tipo riducente/decarburante: idrogeno ( ), ammoniaca dissociata (75% , 25% );

2. tipo riducente/carburante: endogas (32% , 23% CO, 0-0.2% , 0-0.5% , resto );

3. tipo neutro: azoto criogenico ( ), con eventuali addizioni di idrogeno (per ridurre ossidi residui) o di idrocarburi quali metano o propano (per mantenere il tenore di Carbonio e/o ripristinare le eventuali perdite).

Ad una prima analisi superficiale, la scelta dell’atmosfera più idonea sembrerebbe essere facile: atmosfere riducenti per miscele senza grafite e atmosfere non decarburanti o neutre per miscele contenenti grafite. In realtà, sia la scelta che il controllo dell’atmosfera di sinterizzazione risultano di difficile realizzazione a causa di una serie di circostanze di natura tecnica e termodinamica.

I problemi di natura tecnica sono connessi al corretto controllo della quantità e distribuzione del flusso di gas in forni di sinterizzazione continui. Un moderno forno continuo è suddivisibile in quattro zone fondamentali (Figura 2.5.11):

1. la zona di de-lubrificazione (burn-off zone), in cui il lubrificante presente nel pezzo viene combusto ed allontanato dallo stesso tra 250 e 700°C;

2. la camera di sinterizzazione (hot zone), in cui ha luogo la sinterizzazione del particolare a 1120-1150°C;

3. la zona di ri-carburazione (carbon restoring zone), in cui le superfici eventualmente decarburate vengono ri-carburate tra 900 e 800°C;

4. la zona di raffreddamento (cooling zone), in cui i componenti sinterizzati vengono raffreddati più o meno rapidamente fino a 250-150°C prima di essere esposti all’aria.

Idealmente, ciascuna di queste quattro zone dovrebbe disporre di una composizione dell’atmosfera, di una portata e di una direzione di flusso specifiche. Tuttavia, all’atto pratico non è possibile soddisfare appieno queste condizioni: i costruttori di forni di sinterizzazione industriali si occupano di progettare sistemi che forniscano un compromesso accettabile tra i diversi requisiti presentati.

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Figura 2.5.11: schema funzionale di un forno di sinterizzazione continuo con il profilo di temperatura

che caratterizza le quattro zone

Problemi di natura termodinamica nascono dal fatto che l’atmosfera di sinterizzazione avente

una determinata composizione, cambia comportamento al variare della temperatura. Per esempio: atmosfere a base di endogas modificano il loro carattere da carburante a

decarburante all’aumentare della temperatura, mentre atmosfere a base di idrogeno (se contenenti tracce di vapore) mutano comportamento da riducente ad ossidante per temperature decrescenti. Inoltre, l’atmosfera di sinterizzazione modifica la propria composizione via via che essa reagisce con il materiale che subisce il trattamento. La riduzione degli ossidi residui accresce il tenore di vapore nell’atmosfera, mentre la decarburazione dei pezzi ne accresce la frazione di monossido di carbonio.

2.5.6.2 Atmosfere di sinterizzazione industriali

A livello industriale, la scelta dell’atmosfera di sinterizzazione più opportuna è dettata da diversi fattori, tra i quali le specifiche condizioni di lavoro, il tipo di materiale da sinterizzare e valutazioni di carattere economico. Una scelta appropriata è di notevole importanza non solo per ottenere un prodotto di qualità, ma anche per contenere i costi di produzione. Di seguito si riporta una carrellata delle principali atmosfere di sinterizzazione diffuse industrialmente.

52 2.5.6.3 Idrogeno e ammoniaca dissociata

Atmosfere a base di idrogeno puro, prodotto per via elettrolitica o criogenica, sono l’ideale per la sinterizzazione di componenti ferrosi senza Carbonio. Tuttavia, l’alto costo di produzione dell’idrogeno ne restringe l’utilizzo per sinterizzare prodotti di alto valore aggiunto, quali magneti AlNiCo e acciai inox. Un’eccellente alternativa all’idrogeno puro è rappresentata dall’ammoniaca dissociata, costituita dal 75% di idrogeno e 25% di azoto. L’ammoniaca dissociata ha un elevato potere riducente, utile a ridurre gli ossidi residui delle polveri, ma presenta anche una forte azione decarburante (al pari dell’idrogeno puro) che ne impedisce l’impiego nella sinterizzazione di polveri ferrose contenenti Carbonio. L’idrogeno e l’ammoniaca dissociata, oltre a non essere atmosfere particolarmente economiche, possono formare miscele esplosive con l’aria; pertanto, la sinterizzazione può essere condotta solo in forni dotati di muffola a tenuta di gas.

2.5.6.4 Endogas

Miscele relativamente economiche si ottengono, tramite un generatore speciale, dalla combustione parziale di una miscela di combustibile gassoso e aria, in presenza di un catalizzatore metallico. Combustibili tipicamente impiegati sono il metano, il propano o miscele di idrocarburi leggeri. Il prodotto della combustione è una miscela costituita da , , , , e in proporzioni variabili. Queste ultime variano con il rapporto aria/combustibile e la miscela ottenuta può essere riducente, ossidante, carburante, decarburante o inerte, come esemplificato nel diagramma di Figura 2.5.11. Rapporti aria/combustibile alti danno luogo al cosiddetto esogas, mentre rapporti più bassi (usualmente compresi tra 2.4 e 3) danno luogo all’endogas vero e proprio. Attualmente l’impiego di esogas nella Metallurgia delle Polveri non è molto frequente, a differenza dell’endogas che invece è estremamente diffuso.

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Figura 2.5.11: influenza del rapporto aria/gas e della composizione chimica della miscela sul carattere delle

atmosfere di sinterizzazione

Il generatore di endogas produce una miscela che può arrivare a contenere fino al 4% di vapor d’acqua, che la rende fortemente decarburante. Per rendere la miscela adatta alla sinterizzazione di polveri di Ferro contenenti Carbonio, la si deve rendere più secca (utilizzando un refrigerante o un agente disseccante, come il gel di silice o setacci molecolari) in modo tale che contenga meno dello 0.2% di . Il diagramma riportato in Figura 2.5.12 illustra l’influenza del punto di rugiada e della temperatura di un’atmosfera a base di endogas, sulla % di Carbonio presente in un acciaio.

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Figura 2.5.12: relazione tra Dew Point e % di Carbonio di un acciaio in funzione della temperatura, per

un’atmosfera a base di endogas, la cui composizione è riportata al di sopra del diagramma

Nelle atmosfere a base di endogas avvengono reazioni molto complesse tra i vari costituenti gassosi. La temperatura varia nelle diverse fasi della sinterizzazione e la composizione della fase gassosa cambia anch’essa in ragione delle reazioni chimiche con gli ossidi di Ferro residui, con la grafite aggiunta o con l’aria infiltratasi all’interno del forno. Tutto ciò rende molto complesso prevedere, sulla base dei diagrammi su riportati, l’opportuna composizione del gas che garantisca un certo contenuto di Carbonio nel pezzo. La pratica industriale si basa essenzialmente su ricette messe a punto nel tempo a seguito di esperimenti e verifiche dirette sui pezzi sinterizzati. Anche l’endogas, come l’idrogeno, forma miscele esplosive con l’aria e inoltre è dannoso nei confronti degli elementi riscaldanti del forno; di conseguenza, anche l’endogas richiede forni provvisti di muffola a tenuta di gas.

2.5.6.5 Azoto

Atmosfere a base di azoto rappresentano una valida alternativa per la sinterizzazione di polveri di Ferro contenenti Carbonio. La grafite contenuta nei pezzi, reagendo con gli ossidi residui delle polveri base e con l’aria penetrata accidentalmente all’interno del forno, realizza condizioni sufficientemente riducenti e carburanti. L’azione riducente di questa atmosfera può essere regolata, se necessario, introducendo piccole quantità di idrogeno umido o secco

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all’interno della camera calda. Analogamente, la sua azione carburante può essere controllata immettendo modiche quantità di metano (0.05-0.2% della portata totale) subito a valle della zona di sinterizzazione (zona di ri-carburazione). L’azoto, nonostante non sia la scelta più economica, presenta alcuni indubbi vantaggi rispetto all’endogas: non è velenoso e non forma miscele esplosive con l’aria; inoltre, non reagisce con gli elementi riscaldanti né con nessun altro elemento costitutivo del forno. Pertanto, le sinterizzazioni in azoto non necessitano di forni a muffola a tenuta di gas.

2.5.6.6 Tecniche di controllo delle atmosfere di sinterizzazione

Le due proprietà fondamentali che caratterizzano un’atmosfera di sinterizzazione sono il punto di rugiada, dipendente dal rapporto , ed il potenziale di Carbonio, dipendente dai rapporti e . La composizione chimica delle atmosfere dovrebbe essere analizzata in continuo nelle diverse zone del forno di sinterizzazione, in modo da avere un feed-back in tempo reale e in modo da poter correggere eventuali squilibri, intervenendo tempestivamente sulle portate dei gas in ingresso. Sezioni del forno interessanti da cui prelevare campioni di gas, sono:

 a valle del generatore di gas (o a valle del serbatoio);

 nel punto a temperatura massima (in zona di sinterizzazione);

 nella zona di ri-carburazione;

 in prossimità dell’uscita del forno.

La determinazione del punto di rugiada si può basare su principi fisici diversi, tra i quali è utile citare:

 Metodo 1: si basa sull’espansione di un gas compresso e sul suo conseguente abbassamento di temperatura; al raggiungimento del punto di rugiada del gas, il vapor d’acqua eventualmente presente, condensa.

 Metodo 2: l’analizzatore del Dew Point è collegato ad uno specchio che può essere raffreddato fino ad una certa temperatura. Quando il gas lambisce lo specchio, un film d’acqua condensa sullo specchio stesso alla temperatura di rugiada.

 Metodo 3: sfrutta la variazione di resistività elettrica esibita da alcuni sali al variare dell’umidità atmosferica e della temperatura. Se la temperatura viene mantenuta costante, un misuratore del punto di rugiada si può basare sulla variazione di resistività elettrica del sale impiegato.

La determinazione delle quantità di , e si basa sull’assorbimento da parte dei gas suddetti della radiazione infrarossa. Il principio di base è che ciascun gas assorba ad una lunghezza d’onda specifica nel range dell’IR e che l’assorbimento sia proporzionale alla concentrazione di gas contenuto nella miscela (Legge di Lambert Beer). Per quanto riguarda il contenuto di Ossigeno nell’atmosfera, esso può essere misurato in situ mediante una cella all’ossido di Zirconio; quest’ultima lavora confrontando la pressione parziale dell’Ossigeno

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nell’atmosfera con quella di un gas di riferimento. Il gas da analizzare è in contatto con un lato della cella, mentre il gas di riferimento è in contatto con l’altro. La differenza tra le due pressioni parziali produce una differenza di potenziale elettrico che viene registrata e convertita in potenziale di Carbonio tramite determinate tabelle di conversione (segnale della sonda in mV-Temperatura-Potenziale di Carbonio). Chiaramente, il prelievo dell’atmosfera va effettuato direttamente dalla corrente principale di gas e non dai punti in cui possano aversi ristagni (zone morte).