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CAPITOLO 2 - Il ciclo della Metallurgia delle Polveri

2.4 Pressatura

Il ciclo di pressatura può essere schematizzato in 3 fasi: 1. riempimento della matrice;

2. addensamento della polvere;

3. estrazione del pezzo compattato dalla matrice.

La miscela di polveri ottenuta a seguito del processo di miscelazione, viene inviata alle tramogge di caricamento delle presse: da qui, in sincronia con i movimenti che la pressa imprime ai vari componenti dello stampo, la polvere riempie per gravità la cavità della matrice. Una volta riempita la matrice, i punzoni compiono le corse prestabilite per formare il particolare, il quale viene poi espulso tramite il movimento relativo dei punzoni stessi rispetto alla matrice e viene infine allontanato automaticamente dal piano dello stampo. Nel frattempo nuova polvere riempie la cavità affinché il ciclo si ripeta.

Analizziamo ora più nel dettaglio ciascuna delle tre fasi di cui si compone la pressatura.

2.4.1 Riempimento della matrice

La polvere caricata all’interno della tramoggia cade per gravità entro la cavità della matrice. Per garantire un agevole scorrimento della polvere ed un riempimento soddisfacente della matrice, la dimensione laterale più piccola della cavità della matrice deve risultare molto maggiore (almeno cinque volte superiore) della dimensione delle particelle più grandi. Poiché le polveri metalliche di uso comune presentano particelle di granulometria compresa tra 20 e 200 μm circa, si ritiene che parti strutturali aventi dimensioni laterali inferiori ad 1 mm circa non siano adatte ad essere ottenute per pressatura delle polveri. Infatti, se la sezione da riempire è molto stretta, c’è la possibilità concreta che le polveri formino dei ponti e dei vuoti all’interno della sezione stessa, producendo quindi un irregolare riempimento della cavità della matrice.

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Figura 2.4.1: formazione di ponti e vuoti quando si riempiono cavità aventi sezioni ridotte

Nei casi in cui la cavità della matrice presenti più zone con diversi profili ed altezze, la densità di riempimento della polvere in queste zone può non essere omogenea a causa della scorrevolezza variabile della polvere e, di conseguenza, della sua capacità di riempimento. Tutte queste variazioni della densità di riempimento si traducono in variazioni di densità del componente pressato, che possono a loro volta avere effetti negativi sulla resistenza al verde, sulla precisione dimensionale e sulle caratteristiche meccaniche dopo sinterizzazione e trattamento termico del componente. Per compensare queste variazioni di densità di riempimento tra diverse zone della cavità della matrice, l’altezza di riempimento deve essere preventivamente stabilita in fase di progettazione.

2.4.2 Addensamento della polvere

Durante la fase di pressatura vera e propria (cioè in seguito all’azione esercitata dai punzoni) avviene una sequenza di meccanismi che portano all’ottenimento del pezzo compattato (verde). Inizialmente, la polvere introdotta nella cavità della matrice presenta la cosiddetta

densità apparente, ovvero la densità della polvere non impaccata. In questo stato, la polvere

possiede un volume molto maggiore del reale a causa della presenza di vuoti interparticellari. Una vibrazione impressa al recipiente che contiene la polvere provoca un maggiore impaccamento (fattore d’impaccamento del 60-65%) e può ridurre il volume dei vuoti al 35-40% del totale. Cominciando ad applicare pressione, le particelle si ridistribuiscono e scorrono reciprocamente in modo da occupare tutto lo spazio a loro disposizione. In questa fase di addensamento, la pressione esercitata è irrilevante e l’aumento di densità è modesto, minore del 15-20%. Continuando ad applicare pressione, le particelle iniziano a deformarsi

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elasticamente; sebbene la pressione media sia relativamente bassa, localmente essa può superare il limite di snervamento delle particelle, le quali si deformano plasticamente. In questa fase si verificano aumenti di densità del 30-40% rispetto alla densità apparente. Fino a questo punto non si ha ancora coesione tra le particelle e la polvere ritorna allo stato originario se tolta dallo stampo; si possono comunque osservare degli incrudimenti localizzati che provocano aumenti di durezza delle particelle. Aumentando ulteriormente la pressione esercitata, segue una fase di deformazione plastica diffusa: le particelle si aggrovigliano e compenetrano tra loro mediante le mutue asperità. Inoltre, quasi tutte le particelle si deformano plasticamente, incrudiscono e ciò porta ad una riduzione della velocità di addensamento (l’incrudimento comporta pressioni sempre crescenti). L’incremento di densità è superiore al 40% e si riesce al limite a misurare la resistenza meccanica del pezzo pressato; tuttavia l’adesione tra le particelle è affidata solo alla mutua compenetrazione meccanica. Un successivo aumento della pressione comporta un ulteriore incrudimento delle particelle ed una loro deformazione plastica estesa. Si osserva una notevole e sempre maggiore resistenza all’addensamento dovuta all’estensione dell’area che si oppone all’azione della pressione. L’aumento di densità osservabile è superiore al 100% e può giungere anche al 300%; in questo stadio il materiale acquista coerenza in tutto il volume.

Figura 2.4.2: evoluzione di forma delle particelle di polvere nelle varie fasi della pressatura

Il passaggio dallo stato sciolto a quello coeso, coerente, avviene in maniera graduale: il processo inizia in alcune “isole” in qualche modo più sollecitate rispetto alla restante massa di polvere (ad esempio all’interfaccia stampo-polvere). All’aumentare della pressione applicata, queste isole tendono a crescere e a diffondersi nel volume circostante secondo la distribuzione degli sforzi, fino ad interessare tutto il volume. Prima di questo momento, se il compatto viene espulso dallo stampo si osservano solo alcuni punti coesi, e il pezzo non è in grado di resistere anche a modeste sollecitazioni. Quando invece si raggiunge una certa coesione in

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tutta la massa di polvere, è necessaria una certa forza minima per poter rompere il compatto. Si può pertanto definire “soglia di coesione” lo stato in cui il materiale addensato presenta una resistenza minima su un volume limitato; in questa condizione le isole di coesione sono disperse in una matrice di polvere allo stato “sciolto”. La soglia di coesione risulta molto importante in formatura di pezzi dalla forma complessa in cui la fase di pressatura si articola in più stadi successivi; in questi casi è fondamentale non raggiungere subito la soglia di coesione, altrimenti non risulta possibile saldare porzioni di materiale pressate in momenti diversi. La soglia di coesione può essere stimata a partire dalle curve di comprimibilità.

2.4.3 Estrazione dallo stampo e spring back

L’applicazione della pressione tramite i punzoni provoca sia la riduzione dei vuoti interparticellari sia la deformazione plastica delle particelle stesse, con comparsa di microsaldature a freddo per effetto della forza di attrito sviluppata. Questo fenomeno delle microsaldature a freddo, in aggiunta alle interconnessioni che si formano tramite le irregolarità di forma delle particelle, è in gran parte responsabile della resistenza al verde dei pezzi pressati; ciò consente la loro estrazione dallo stampo senza passare di nuovo allo stato incoerente.

Al termine della fase di pressatura, la matrice e i punzoni inferiori scorrono l’una rispetto agli altri in modo tale che il pezzo pressato venga spinto verso l’alto per uscire fuori dalla matrice. E’ fondamentale che, durante questa operazione, i punzoni inferiori non si muovano l’uno rispetto all’altro in modo tale da generare cricche nel pezzo compattato. Appena il verde esce dalla matrice, la sua porzione sporgente, libera dalla sollecitazione a compressione laterale imposta dalla matrice, si espande radialmente, mentre la porzione restante all’interno della matrice rimane compressa da quest’ultima. In questa fase di transizione si generano elevate sollecitazioni di taglio che possono produrre cricche orizzontali nel pezzo pressato. Al fine di contenere queste sollecitazioni a taglio, la matrice di solito è leggermente rastremata all’uscita ed il suo orlo è arrotondato (Figura 2.4.4).

Questo fenomeno è noto come ritorno elastico o spring back ed è provocato dal recupero della deformazione elastica da parte del pezzo all’atto della sua estrazione. Se lo sforzo elastico prodotto risulta superiore alla resistenza al verde del pezzo, partirà una cricca; si tenga presente infatti che lo sforzo di estrazione che si viene a creare può raggiungere facilmente valori vicini a 15-20 MPa.

Inoltre, maggiore è la forza di pressatura adottata, maggiore risulterà lo sforzo residuo radiale. I fenomeni appena descritti rendono bene l’idea della delicatezza della fase di estrazione dallo stampo.

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Figura 2.4.3: formazione di cricche causata dalle differenti espansioni elastiche dei due punzoni inferiori

quando il punzone superiore viene sollevato

Figura 2.4.4: a) formazione di cricche quando il pezzo compattato supera lo spigolo vivo dell’orlo superiore

della cavità; b) eliminazione delle cricche mediante rastremazione della parte superiore della matrice ed arrotondamento dell’orlo superiore della cavità

Per controllare l’entità di questo fenomeno è possibile intervenire sul coefficiente di attrito µ tra pareti dello stampo e pezzo, cercando di abbassarlo tramite l’aggiunta di lubrificanti. Come già visto in precedenza tuttavia, l’aggiunta di lubrificanti è vincolata al limite massimo del 5%, in caso contrario la comprimibilità delle polveri diminuirebbe ad elevate pressioni e anche la resistenza al verde peggiorerebbe. Altro fattore di influenza è dato dalla porosità che

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amplifica la componente elastica della deformazione; a tal proposito si dovrebbe aumentare la pressione in modo da ridurre il contributo della porosità, ma, come già notato, aumentando la pressione aumenta lo sforzo radiale residuo del pezzo. E’ chiaro quindi che non esiste una ricetta standard per eliminare lo spring back, ma si cerca di agire di volta in volta sulla polvere, sul lubrificante, sulla progettazione degli stampi, sulla fase di pressatura cercando di trovare un giusto compromesso tra questi fattori concorrenti che permetta di minimizzare il fenomeno.

Il ritorno elastico viene valutato mediante misure di variazioni dimensionali in seguito all’estrazione del compatto, secondo la normativa ISO4492. I parametri di riferimento sono la lunghezza nel caso di provini a parallelepipedo o il diametro nel caso di provini cilindrici. La pressione esercitata dai punzoni si traduce in un altro fenomeno importante: esso riguarda l’attrito che si viene a creare contro le pareti della matrice e delle eventuali anime, con una pressione radiale esercitata che ammonta a circa il 50-70% della pressione assiale imposta dai punzoni. Ciò implica la necessità di impiegare un lubrificante nella miscela di polveri per ridurre l’usura degli elementi costitutivi dello stampo.

Gli aspetti su citati indicano quanto importante sia la corretta progettazione non solo del particolare da realizzare, ma anche (e soprattutto) dello stampo destinato a formarlo, tutto ciò in funzione della tipologia di pressa adoperata.