• Non ci sono risultati.

Preparazione metallografica dei provini

CAPITOLO 3 – Materiali e metodi

3.3 Tecniche di caratterizzazione dei campioni sinterizzati

3.3.1 Preparazione metallografica dei provini

Scopo della preparazione metallografica dei campioni è quello di rivelare la reale struttura del materiale che si sta studiando. I materiali ottenuti dalla Metallurgia delle Polveri si differenziano dai metalli tradizionalmente intesi per la presenza della porosità. Questo aspetto deve essere attentamente considerato in fase di preparazione metallografica, in quanto la frazione, la distribuzione e la morfologia delle porosità devono costituire una rappresentazione quanto più possibile fedele del materiale che si sta investigando. Durante la fase di sgrossatura e levigatura infatti, i pori vengono inizialmente occlusi, tant’è vero che la superficie del campione appare lucida e riflettente esattamente come quella di un metallo “compatto”. Solo dopo un’accurata e sapiente fase di lucidatura, i pori occlusi vengono aperti e si può osservare la loro forma e la loro distribuzione. Si capisce quindi l’importanza di una corretta preparazione del provino per l’osservazione al microscopio al fine di valutare l’esatta frazione di porosità, ovvero eventuali variazioni di densità all’interno della sezione considerata. Una scorretta preparazione metallografica può condurre a errate valutazioni in merito alla porosità e, in ultima analisi, alla densità del campione. Ad esempio, un’insufficiente fase di lucidatura può far sembrare la superficie in oggetto più densa di quanto realmente sia, perché una certa frazione di pori non è stata ancora fatta emergere e la struttura appare dunque più compatta.

3.3.1.1 Taglio

La preparazione metallografica inizia con la fase di taglio delle sezioni di interesse del campione in esame. La sezione di taglio deve essere sufficientemente piccola da poter essere inglobata in un provino, ma al contempo grande abbastanza da essere rappresentativa del campione. Il pezzo da sezionare viene fissato tramite un’apposita morsa nella posizione desiderata all’interno di una troncatrice. Una volta assicurato il pezzo, si aziona un disco abrasivo (in Carburo di Silicio) mettendolo in rapida rotazione, il quale viene fatto scendere

78

manualmente tramite una leva fino a portarlo a contatto con il componente da tagliare. Nel frattempo viene azionato un flusso di liquido lubro-refrigerante, che viene indirizzato nella zona di taglio all’interfaccia tra la lama e il pezzo. Il fluido è a base acquosa con piccole percentuali di additivi ed assolve a diverse funzioni: raffredda il disco e ne riduce l’usura; riduce l’attrito tra il tagliente e la superficie del pezzo; raffredda la sezione di taglio che potrebbe surriscaldarsi e subire trasformazioni strutturali non volute; aiuta la rimozione dei trucioli. Una volta ultimato il taglio, la porosità aperta avrà assorbito il liquido lubro-refrigerante oltreché l’eventuale olio utilizzato durante la tempra o durante lavorazioni meccaniche precedenti. Queste sostanze contaminanti vanno rimosse ponendo il campione tagliato in un estrattore-condensatore: questo apparecchio sfrutta l’evaporazione di un solvente basso bollente (toluene o acetone), il quale condensa a contatto con il tubo dell’acqua fredda e gocciola all’interno del sifone in cui sono contenuti i pezzi da pulire.

3.3.1.2 Inglobatura in resina

Una volta terminata l’operazione di taglio, la sezione ottenuta (o le sezioni) deve essere

inglobata in resina termoindurente per realizzare un provino destinato all’osservazione. Si impiega a tal fine una macchina inglobatrice costituita da un sistema cilindro-pistone che,

tramite l’azione combinata del calore e della pressione, permette di liquefare la resina termoindurente in granuli e, al raffreddamento, di ottenere un cilindretto del diametro di 40 mm e di altezza 20 mm circa. Il pezzo (o i pezzi) tagliato viene posizionato sulla testa di un pistone inferiore scorrevole; quest’ultimo viene fatto scendere a fine corsa e il volume al di sopra viene riempito con due tipi di resina in granuli. Dapprima si introduce una resina epossidica rinforzata con fibre di vetro per un terzo circa del volume. Questa resina deve assicurare una buona adesione dei pezzi metallici e deve permettere la formazione di una superficie piana durante la spianatura; inoltre questa resina, dato che non deve risultare troppo tenera per non essere eccessivamente asportata in fase di spianatura e lucidatura, viene appunto caricata con fibre di vetro. I restanti due terzi del volume libero vengono riempiti con una seconda resina (fenolica) che funge da riempitivo e che costituirà la superficie inferiore di appoggio del provino. Dopodiché, si chiude lo strumento avvitando il pistone superiore e una volta impostate la temperatura (150-180°C) e la forza di pressatura (30 kN) desiderate, si aziona la macchina. Il ciclo prevede una prima fase di riscaldamento (9 minuti) a cui segue una fase di raffreddamento (6 minuti).

79

Figura 3.3.1: schema funzionale di una pressa inglobatrice per la realizzazione di provini metallografici

Figura 3.3.2: a sinistra, rappresentazione schematica di un provino metallografico; a destra, come si presentano

realmente alcuni provini

3.3.1.3 Spianatura e lucidatura (Grinding and polishing)

Una volta realizzato il provino tramite la macchina inglobatrice, esso deve essere spianato e quindi lucidato. La spianatura viene eseguita utilizzando una sequenza di carte abrasive in Carburo di Silicio a grana via via decrescente; queste carte sono assicurate su dei dischi rotanti e dotati di un piccolo getto d’acqua che agevola l’asportazione dei detriti e riduce l’usura delle carte stesse.

80

Figura 3.3.3: meccanismo d’azione dei granuli abrasivi in fase di lucidatura

La spianatura si divide in una prima fase di sgrossatura, in cui vengono smussati i bordi del cilindretto polimerico e viene prodotta una superficie piana, in modo che tutte le sezioni inglobate si trovino sullo stesso piano. La sgrossatura viene solitamente eseguita con carte da 120-180 grit. Successivamente si passa ad una spianatura più fine (fine grinding), grazie a cui si introduce una limitata quota di deformazione che può essere rimossa poi in fase di lucidatura. Si utilizzano carte da 320-500-800-1200 grit. Vale la regola generale per cui ogni carta deve essere in grado di rimuovere i solchi prodotti dalla carta precedente.

Dopo spianatura, i pori in superficie saranno quasi completamente occlusi, tant’è vero che la superficie appare lucidata a specchio. Lo scopo della lucidatura (polishing) è quello di aprire i pori, rivelando quindi la reale distribuzione e morfologia delle porosità; inoltre, eventuali solchi e rigature prodotte in fase di spianatura dovranno essere rimossi. E’ fondamentale che in questa fase la pressione esercitata sia la minore possibile, tanto inferiore quanto più tenera è la matrice; pressioni di lucidatura eccessive possono infatti portare di nuovo alla chiusura dei pori o alterarne la forma (per es. la rotondità). Anche il tempo di lucidatura deve essere per quanto possibile ridotto. La lucidatura viene eseguita a mezzo di panni imbevuti di una sospensione colloidale diamantata; si utilizzano panni da 6 µm e da 1 µm con sospensioni relative (es. panno da 6 µm con sospensione da 6 µm). Tra un panno e il successivo (stesso discorso dicasi per le carte) il provino deve essere sciacquato accuratamente con acqua calda e sapone detergente, in modo da rimuovere i detriti presenti che altrimenti potrebbero contaminare i panni e le carte utilizzate e pregiudicare le successive fasi di lucidatura. E’ consigliabile anche il passaggio in un bagno ad ultrasuoni per facilitare la rimozione dei detriti dall’interno dei pori.

Il provino così ottenuto è pronto per l’osservazione metallografica della porosità e della microstruttura (previo attacco chimico), e per l’esecuzione di misure di microdurezza.

81