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2. ANALISI DELLE INTERVISTE

2.2 Aree tematiche:

2.2.3 Attese e progetti personal

Le esperienze di vita dei ragazzi Neet in Calabria hanno apportato, nel corso del tempo, un radicale cambiamento in merito alla percezione e alla posizione personale degli stessi per quanto riguarda il lavoro. Dalle risposte è evidente come le poche possibilità che offre il territorio, l‟alta corruzione, la sfiducia nelle istituzioni, rendano la situazione piuttosto negativa ed allarmante.

Nonostante, però, le condizioni non lo favoriscano, nei ragazzi non tutto sembra perduto e hanno intrapreso la strada dei progetti e delle attese personali con un insolito ottimismo.

Parlare di futuro con ragazzi che vivono la condizione di Neet, significa parlare di precarietà e rinunce, ma non per questo significa necessariamente smettere di sperare. L‟intero campione di intervistati, ragazzi e ragazze, pensando ad un futuro prossimo, quindi fatto di progetti imminenti e idee concrete, esprimono la volontà di trovare una collocazione lavorativa stabile.

La visione di una vita piena di soddisfazione, indipendente e autonoma da qualsiasi tipo di sostegno familiare e parentale, appare concreta solo se strettamente collegata ad un‟occupazione. Inizialmente non si fa riferimento ad un lavoro che rispecchi i titoli di studio acquisiti o le passioni, ma si parla di stabilità e rispetto della persona.

(Ho un approccio positivo riguardo al mio futuro, spero di riuscire a raggiungere tutti i miei obiettivi, dando uno stato ottimale alla mia vita lavorativa, che è sì importante, ma non indispensabile per la vita in sé. Mi dicono di pensare realisticamente, cavolo lo faccio tutti i giorni e non è proprio il massimo, ma cerco di essere positivo. Dicono faccia bene, allora ci provo.) S. uomo, 24 anni.

La ricerca dell‟indipendenza è un fattore costante durante tutte le interviste ed è maggiormente citato da coloro che hanno concluso da tempo il loro percorso di studi e stanno vivendo la condizione di Neet per un tempo più lungo rispetto agli altri. L‟età è un altro fattore che,

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in questo particolare contesto, gioca un ruolo molto importante. Per gli intervistati che si avvicinano ai 25 anni e oltre, il peso degli anni è determinante per il rifiuto di dipendenza dai genitori. Le aspettative sono totalmente diverse da quella che è la realtà.

Che sia il prosieguo degli studi o la ricerca di un lavoro, l‟appoggio economico della famiglia è percepito comunque come motivo di disagio e i ragazzi non lo nascondono.

(In un futuro abbastanza prossimo intendo continuare a studiare. Un popolo istruito è più difficile da governare. Più si è istruiti e più possibilità e speranza diamo al nostro Paese di rinascere. Certo, avessi la possibilità di trovare un buon lavoro sarebbe ben accetto. Non voglio più dipendere dai miei genitori, voglio l‟indipendenza in tutti i sensi, non solo quella di vivere da sola, perché lo faccio da 5 anni già, ma sono legata a loro dalla questione economica. Se non lavoro è normale che loro mi aiutano, ma io a lungo andare la vivo male. Insomma ho pur sempre 24 anni ormai) A. donna, 24 anni. Vivere la condizione di Neet ha come conseguenza la difficoltà di pensare e proiettarsi nel futuro, lontano o prossimo che sia. La mancanza di sicurezze e il senso di sfiducia che cresce man mano che i giorni passano, tutti uguali, non permettono ai ragazzi di avere una visione lucida del loro avvenire.

Quando si parla di futuro ci sono poche parole chiavi che però rappresentano i presupposti senza i quali non avrebbe senso parlarne: lavoro, famiglia, tranquillità, stabilità, indipendenza economica e autonomia. Ovviamente, attualmente, sono solo belle parole che se non vedranno un inizio di cambiamento rimarranno tali, sospese per aria in attesa di un momento migliore.

(Io non so vedere me stesso nel futuro, nel senso che stando così le cose diviene difficile avere una immagine di sé fra un paio d‟anni, posso solo avere la speranza che le cose cambino e metterci il massimo impegno… Quello che vedo nel futuro è la speranza di un cambiamento mio e dei miei conterranei. Se penso al futuro penso ad una famiglia e ancor prima ad un lavoro anche se si tratta di una

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immagine sempre più sfocata man mano che il tempo scorre. Questo non significa rinunciare ma non si può neanche non guardare in faccia la realtà. Penso alla leggerezza e ad una relativa tranquillità) F. uomo, 30 anni.

Non mancano le visioni estremamente negative e se vogliamo anche più realistiche. L‟attaccamento alle difficoltà di oggi si riversa in quelle ipotetiche del futuro. Non si fanno progetti a lungo termine, non con le basi e i presupposti attuali.

In Calabria i ragazzi fanno i conti con quello che hanno in mano e dai racconti non è mai qualcosa di sufficiente o di buono per sperare in un futuro migliore. Molti lasciano spazio alla rassegnazione e l‟unica speranza che hanno è che accada qualcosa, che arrivi un‟ondata di cambiamento e regali buone intenzioni. Anche la voglia di partire e andare via, non solo dal Sud, ma dalla stessa Italia, è poca se non ci sono le risorse economiche e il coraggio di lasciarsi tutto alle spalle. Il rischio ha un prezzo troppo alto per i giovani Neet .

(Pensando ad un futuro prossimo vedo la mia vita piena di difficoltà. Lo so, è una visione piuttosto negativa, ma cosa devo fare? Per il momento sono disoccupato, vivo ancora con i miei genitori, non ho una ragazza. Boh. La vedo dura.) G. uomo, 28 anni

(Personalmente sto anche pensando di lasciare questa terra e partire per qualche altra nazione proprio, non nord Italia. Mi piacerebbe fare un‟esperienza all‟estero anche per imparare una lingua, che può sempre servire. E magari vedere come funziona il mondo fuori dall‟Italia invece di affidarsi sempre al solito “sentito dire”. Ma anche per prendere questa decisione serve coraggio, non è facile lasciare la tua casa e mandare a quel paese le tue abitudini .) V. donna, 23 anni.

Alla voglia di partire, altri, lasciano spazio alla rassegnazione di una vita in Calabria e ancora per un po‟ di tempo all‟interno della casa familiare. Quella di lasciare casa e di intraprendere un cammino

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indipendente è un‟idea impossibile anche da pensare. Mancano troppi tasselli fondamentali affinché si possa compiere un passo simile. Basare il presente sulle poche cose certe della propria esistenza è diventato uno stile di vita. Non manca, nonostante tutto, la volontà e l‟impegno di voler difendere e tutelare idee, valori, persone care e la propria terra.

Omologare la propria quotidianità ad un territorio che ha molto potenziale, ma che per ovvi motivi non viene sfruttato, che si presenta difficile per i giovani e che non permette di sognare, significa imparare a vivere di rinunce e sacrificio.

(Quello che so per certo è che continuerò ad impegnarmi con le iniziative che ho promosso in questi anni, che continuerò a dannarmi l‟anima per le persone a cui tengo, che non abbandonerò il sogno di vedere la mia regione effettivamente libera) F. uomo, 30 anni.

La proiezione concreta della vita in un futuro prossimo comprende, in parte, sogni e progetti che ogni ragazzo intende realizzare. Alcuni tentano di restare legati alla realtà e di pensare a obiettivi che potranno raggiungere veramente, magari non in breve tempo, ma con la giusta dose di impegno e volontà riusciranno a toccare con mano. Altri, invece, più sognatori e ottimisti, puntano alto e vivono il presente pensando ad una vita completamente realizzata e piena di soddisfazione.

Alla base di ogni progetto di vita, ideale o reale che sia, al primo posto vi è una collocazione lavorativa inerente al proprio percorso di studi o capacità. Non si tratta più di adattamento, ma di guadagnare ciò che veramente si merita.

(Sto cercando di fare della mia passione, che adesso è un progetto, un lavoro, ma ciò non è possibile senza i mezzi che ti ho detto, quindi soldi, investitori. Ci spero fino all‟ ultimo, spero nella svolta, ma sono consapevole che miracoli dal cielo non ne arrivano. Dicono che la ruota gira, io aspetto il mio turno con ansia. Penso di meritarlo.) S. uomo, 24 anni.

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I giovani Neet hanno ben chiari gli stadi che un uomo deve conquistare per vivere una vita piena ed equilibrata, ma sono consapevoli di come quest‟ordine nella loro esperienza non esiste o fatica ad essere rispettato. La continua ricerca di un lavoro e gli scarsi risultati nel trovarlo, non permettono ai giovani di sentirsi indipendenti e liberi di mettere su famiglia, di sposarsi e dare alla luce dei figli. Sono speranze sentite sia dalla parte maschile che femminile del campione selezionato, ma, per ovvi motivi, a parlare di famiglia sono i più grandi e prossimi ai 30 anni.

I più giovani tra i Neet vivono con dubbi e perplessità, anche se indirettamente, l‟esperienza del matrimonio o della nascita di un figlio di coetanei più fortunati che hanno fatto scelte e percorsi differenti. Ad oggi la realtà di una famiglia intesa come nucleo familiare a sé, che non coincide con quello d‟origine, appare come un progetto sperato, ma lontano.

(L‟obiettivo è sempre uno, trovare un lavoro che mi permette di comprare casa e vivere da solo o un giorno con la mia donna. Sono giovane ma prima o poi succederà… Alcuni miei amici ci sono già dentro fino al collo. Hanno figli, li reputo coraggiosi. Io non so badare a me stesso a breve. Una responsabilità del genere ad oggi e soprattutto in Calabria pesa. Io ora non riuscirei a sostenerla penso.) G. uomo, 22 anni.

Vivere la difficile condizione di Neet in una terra come quella calabra potrebbe avere come conseguenza diretta la chiusura dei giovani nei confronti del mondo intero. È una possibilità che è stata menzionata all‟interno delle interviste poiché i ragazzi sono consapevoli di essere estremamente influenzati dal contesto che li circonda. L‟idea, però, di portarsi dietro una visione così negativa della realtà incute paura e accresce le insicurezze.

Spesso la precarietà comporta nei giovani Neet la mancanza di veri progetti e obiettivi futuri da rincorrere, così facendo si perdono le ragioni per sperare e credere in un cambiamento.

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(Ho idee, non proprio progetti. Te l‟ho detto, vivo alla giornata, come va va. Forse avrai capito che sono parecchio sfiduciata e non credo molto nel futuro. In tanti criticano il mio modo di vivere e pensare, dicono che sono solo scuse per non lavorare e ogni tanto anche i miei genitori mi fanno questo tipo di discorso, ma in questo caso penso sia normale. Vorrebbero aiutarmi, spronarmi, ma nello stesso tempo vivono la mia situazione e capiscono che non è semplice.) V. donna, 23 anni.

Nel parlare di sogni e aspettative, i ragazzi cercano di restare ancorati alla realtà parlando di età. Viviamo in un paese in cui avere 25 anni è ben diverso da averne 30. La differenza principale è che superati i 25 si è considerati già vecchi nel mondo del lavoro. È un gioco di convenienza contro il quale vincere è difficile se non sei tu a condurlo. La condizione di Neet è tanto difficile a 20 anni, quanto a 30. Cambia solo la realtà personale del soggetto che la sta vivendo, ma gli ostacoli non mancano.

Per i ragazzi più grandi l‟avanzare degli anni si sente e le paure aumentano se si parla di competizione con i più giovani.

(Mi pongo degli obiettivi, ma per avere una buona ragione per sperare. Sogno un lavoro, ma forse ancora di più la pensione. Ad oggi io non ho nessuna garanzia di riceverla, anzi non la riceverò proprio. È una situazione strana. Viviamo in un Paese in cui avere 30 anni significa già essere vecchi, a me manca poco per arrivarci. Mi rendo conto che rispetto a un ventenne ho meno possibilità lavorative, avrò forse un po‟ più di esperienza, ma che me ne faccio se puntualmente non è quella che richiedono. Mi correggo, viviamo in un Paese in cui ci fanno sentire vecchi a 30 anni. Assurdo!) G. uomo, 28 anni

L‟obiettivo fondamentale dell‟intera ricerca è quello di riuscire a capire come i giovani Neet vivono questa condizione in Calabria, in quanto loro terra d‟origine. Stiamo parlando di una regione del Mezzogiorno la cui storia è segnata da una forte emigrazione a scopo lavorativo e attualmente il fenomeno non sembra arrestarsi.

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Tutti i ragazzi intervistati parlano della Calabria come un territorio con alto potenziale, ma poco sfruttato e con poche offerte in ambito lavorativo.

Le istituzioni sono presenti fisicamente, ma concretamente parlando sembrano entità fantasma. La maggior parte dei ragazzi ne conosce l‟esistenza e il ruolo che dovrebbero ricoprire, ma in quanto ad efficienza nessuno gli riconosce meriti. Si sentono piuttosto abbandonati da questo punto di vista, senza una guida e un riferimento.

(Sì, esistono dei centri in cui ricevere informazioni. Ma dove sono nata e cresciuta non ho riscontrato particolari aiuti o agevolazioni) S. donna, 28 anni.

(Qui c‟è un altro problema fondamentale: gli uffici di collocamento, dove lavorano decine di dipendenti statali. Io personalmente non conosco una persona del mio paese che abbia trovato lavoro grazie all‟ufficio di collocamento. La Calabria è una terra di emigrazione, c‟è poco a livello lavorativo ed è un dato di fatto. O ti inventi qualcosa o resti così come sei, c‟è poco da fare. Ma anche se ti inventi qualcosa è difficile, non ti aiuta nessuno.) V. donna, 23 anni.

Per la situazione che i ragazzi stanno vivendo è importante avere persone e istituzioni a cui appoggiarsi per poter ricevere supporto informativo e direttivo. In Calabria tutto questo non è presente e dalle testimonianze emerge grande disagio per questa mancanza.

Chi ha scelto di rimanere in Calabria l‟ha fatto con la consapevolezza di incontrare difficoltà e di vivere in un territorio in cui i problemi certamente non mancano. La situazione, nella sua globalità, non permette alle persone di avere una visione ottimistica del presente quanto del futuro e in particolar modo per i giovani il tutto appare ancora più disastroso.

Non mancano tra gli intervistati barlumi di speranza che nascono dall‟amore per la propria terra. La scelta di non partire è dettata da un senso di affettività e di attaccamento che prevale su tutto. C‟è chi crede che in Calabria ci sia il marcio, ma anche tanto buono e che

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questo buono è rappresentato proprio da tutti coloro che hanno voglia di fare, di mettersi in gioco, che cadono, ma che sanno rialzarsi sempre a testa alta.

(Ho deciso di provare a rimane nella mia terra, la Calabria. Le istituzioni sono molto lontane e non solo per quanto riguarda il mondo del lavoro. Devo essere sincero però dopo anni sembra che il progetto “Garanzia Giovani” promosso dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali stia dando qualche frutto persino in una ragione come la nostra dove le aziende sono davvero poche e lo sono non per incapacità dei calabresi ma per la mancanza di infrastrutture che penalizzano le attività commerciali, per la presenza della „ndrangheta che uccide la libertà di iniziativa privata e l‟assenza, nonostante elezioni e cambi di schieramenti politici, di una guida degna di tale nome a livello regionale. Io sono convinto che la Calabria abbia un potenziale enorme, umano e non, ma noi atavicamente non sappiamo sfruttarlo o non ce lo fanno sfruttare, quindi non critico nessuno di quelli che hanno deciso di andar via. Siamo una regione attiva nonostante l‟immagine che di noi viene dipinta da chi questa realtà non la vive e dico ciò fermo restando le criticità che ho espresso prima, cerco solo di guardare le cose per come sono.) F. uomo, 30 anni.

Vivere nei paesini significa entrare a stretto contatto con dinamiche presenti sull‟intero territorio calabrese, ma in modo più intenso proprio perché avvengono nella quotidianità di un posto piccolo, come le comunità. Un avvenimento si trasformerà in storia e passerà di bocca in bocca così velocemente da fare concorrenza ai nuovi media. Gli atti di corruzione, di clientelismo, di sfruttamento diventano normalità se avvengono continuamente e sotto gli occhi di tutti. C‟è chi si rassegna a questa “normalità” e chi, invece, si ribella e questo è il caso dei ragazzi Neet protagonisti dell‟indagine.

Accettano l‟idea che l‟immagine della Calabria non sia pienamente una cartolina di benvenuto e che spesso ci ricamino sopra tante storie figlie di una fantasia malata e poco sana, ma credono fermamente che

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qualcosa possa cambiare e che finalmente tutti possano vedere la parte bella della terra calabra con la sua storia, cultura, usi e costumi.

(Il territorio dove sono cresciuto e vivo offre poco e sono diffidente sulle istituzioni della mia zona (ufficio di collocamento, sindacati, ecc). Il paese è molto piccolo, con una maggioranza anziana. I giovani scappano, ho amici che ormai da anni sono in Svizzera, lavorano e alcuni mettono su famiglia. Io sono uno dei pochi rimasti qui. Le motivazioni sono tante. Amo la Calabria, mi regala tanto. Sono appassionato di fotografia, per esempio, e i posti che ho scoperto qui non li ho mai visti altrove. So che non è una regione semplice e viverci ancora meno, guarda come sto messo, ma sono disposto a sacrificarmi pur di rimanere qui, vicino alla mia famiglia e con le mie abitudini) G. uomo, 28 anni.

Trovare lavoro in Calabria è dura e i ragazzi durante le interviste hanno portato alla luce una situazione negativa presente a livello globale, il lavoro nero. Questo tipo di prestazioni sono molto richieste da datori di lavoro che non vogliono pagare imposte e soprattutto i giovani che al momento sono disoccupati accettano questa condizione pur di guadagnare qualcosa. Nessuna garanzia, nessuna copertura previdenziale, nessuna tutela di legge, ma solo sfruttamento perché spesso la retribuzione e le condizioni lavorative non sono proporzionali all‟impiego.

È una vera e propria piaga sociale che riguarda adulti e ragazzi e si espande a macchia d‟olio a causa della crisi economica che ha messo in ginocchio un Paese intero. Non vuole essere una giustificazione, ma una constatazione di fatto. Se un uomo vive nella disperazione di non trovare un‟occupazione, accettare un lavoro a nero rappresenta l‟unica via d‟uscita.

La Calabria è un territorio in cui i centri di impiego sono istituzioni fantasma che non garantiscono nulla. Vince chi ha le conoscenze giuste e da come ne parlano i ragazzi non significa avere una buona rete relazionale in senso stretto, quanto stringere rapporti con persone che fanno del clientelismo uno stile di vita. In questo caso non esiste

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meritocrazia e correttezza, solo scambi reciproci di favori e poca professionalità.

(Sì c‟è il centro per l‟impiego. Ma mi sono iscritto un sacco di tempo fa, nessuno mi ha mai chiamato… Quindi dico, funziona davvero? Boh, ho i miei dubbi. Per ora mi appoggio ad amici e conoscenti, le voci girano e qualcosa spero di trovare. Il territorio non mi da molto o meglio se mi voglio accontentare qualcosa in nero la trovo pure. Ma sottopagato, con orari allucinanti, in condizioni pietose. Sinceramente non sono così disperato da buttarmi via. In Calabria si sa chi comanda e si sa che se hai le conoscenze giuste vai avanti, altrimenti nulla. Io non conosco chi dovrei conoscere a questo punto…Ma meglio così) G. uomo, 22 anni.

Anche per chi ha progetti e idee nuove la Calabria non sembra essere il posto più adatto in cui investire, non solo per chi i mezzi non li ha. I giovani Neet hanno degli obiettivi, delle passioni, ma l‟assenza di risorse economiche e di supporto non gli permettono di avviarli sul piano pratico.

Alcune figure professionali non sono conosciute a livello territoriale e questo è un motivo per cui molti giovani sono costretti a emigrare e a costruire un futuro altrove.

Per i ragazzi Neet, al momento, non sono presenti istituzioni o figure professionali che possono aiutarli a ricevere informazioni o a ricercare un lavoro, piuttosto possono riporre interamente le loro speranze nell‟aiuto familiare e dei cari.

Nonostante la condizione e l‟ammissione di gran parte della loro colpa

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