2. ANALISI DELLE INTERVISTE
2.2 Aree tematiche:
2.2.2 Esplorazione del campo biografico degli ultimi ann
Dopo aver valutato lo stato attuale dei giovani Neet prendendo in esame la condizione scolastico/lavorativa, la giornata tipo e la volontà di reinserirsi e inserirsi in percorsi formativi, cerchiamo di costruire una mappa di quelli che sono stati gli ultimi anni trascorsi fino ad oggi, con le varie attività maggiormente caratterizzanti. Tutti hanno concluso le scuole dell‟obbligo conseguendo il diploma di scuola media superiore con discreto successo. Dai racconti emerge palesemente e in maniera piuttosto unanime la soddisfazione di aver optato per dei percorsi scolastici che rispecchiavano le ambizioni e capacità di ognuno nonostante sia una scelta da fare in età ancora troppo poco matura per pensare seriamente al proprio futuro.
Per coloro che hanno scelto di non proseguire gli studi, gli anni appena trascorsi sono interamente caratterizzati dalla ricerca di un‟occupazione o di lavoretti saltuari. La motivazione principale è la ricerca della propria indipendenza e autonomia che spinge all‟accettazione di lavori anche umilianti dal punto di vista personale e organizzativo.
(Negli ultimi anni ho cercato di lavorare con moltissime difficoltà. Ho fatto più lavoretti, ma nulla di concreto. Sottopagato con orari improponibili. Ha fatto volantinaggio, lavorato in diversi super market, ma niente a che vedere con quello che ho studiato o con
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quello che vorrei fare. Però vivo con i miei genitori, devo darmi da fare se voglio costruirmi una vita da solo. Sinceramente non me ne pento, cioè di non aver fatto l‟università, anche perché non penso che sarebbe andata poi tanto meglio.) G. uomo, 28 anni.
Chi ha scelto di continuare l‟esperienza di studio intraprendendo un percorso universitario, generalmente, si è dedicato solo a quello. Stiamo parlando di corsi di laurea triennali, magistrali o magistrali a ciclo unico con lezioni a frequenza obbligatoria che hanno in qualche modo portato i ragazzi a non potersi dedicare ad attività extra scolastiche che richiedono un costante impegno.
In Calabria gli atenei sono situati nelle grandi città quali Cosenza, Reggio Calabria, Catanzaro, e per la maggior parte degli studenti che risiedono in piccoli paesi viaggiare è pesante dal punto di vista non solo economico, ma anche temporale e psicologico. Una soluzione valida è quella di staccarsi temporaneamente dalla famiglia per andare a vivere nelle vicinanze degli atenei. Sono scelte quasi forzate che se da un certo punto di vista creano disagio al ragazzo per l‟allontanamento da casa, dall‟altro lo responsabilizza, gli permette di concentrarsi sullo studio e di condividere l‟esperienza con tanti altri coetanei.
In realtà tra gli intervistati che hanno studiato lontani da casa, ma pur sempre in Calabria, l‟idea di dover vivere con altri studenti a poche ore da casa era una condizione ideale.
(In Calabria abbiamo buone università e soprattutto ottimi docenti. Andare a vivere in casa con studenti, che spesso sono amiche che già conosci, ma anche nuove, è bello secondo me. L‟unica pecca in Calabria è ancora la visione negativa delle case miste, cioè non esiste che tu puoi andare a vivere in un appartamento con ragazzi. O donne o uomini, è un‟idea un po‟ arretrata ma vivi comunque l‟esperienza universitaria a pieno. Sai che se hai un problema prendi il pullman e torni a casa, se non ti va di tornare dai tuoi genitori il fine settimana stai lì. Fai come vuoi, ti organizzi lo studio, ma hai la certezza di avere tutto a portata di mano.) A. donna, 24anni.
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La fine del percorso universitario rappresenta per molti l‟inizio di una nuova fase della vita, tanto impegnativa quanto lo studio, ma che richiede più abilità pratiche. Per coloro i quali hanno terminato da poco, la ricerca di un‟occupazione è il primo obiettivo. Le aspettative sono alte e nonostante i primi rifiuti e i “le faremo sapere”, la speranza di trovare un posto di lavoro rimane viva.
I ragazzi intervistati hanno anche dimostrato di avere capacità di adattamento a quello che gli veniva offerto. C‟è chi è riuscito a studiare, ma anche a lavorare nei periodi estivi, e chi nonostante la continua ricerca di un lavoro inerente alle proprie conoscenze ha deciso di svolgere mansioni differenti dalle proprie aspirazioni.
La Calabria in quanto ad offerta nel mercato del lavoro presenta una situazione molto allarmante e disastrosa che ricade soprattutto sui più giovani. Nonostante l‟attaccamento alla propria terra, non sono mancate anche piccole fughe dalla regione per cercare fortuna altrove. Sono esperienze di breve durata che in base alle testimonianze hanno fruttato poco, ma hanno permesso di prendere coscienza della situazione lavorativa anche a livello nazionale e non solo calabrese. (Dopo essermi laureato ho cercato di inserirmi nell‟ambiente a me più idoneo, ma con scarsi risultati. Ho seguito dei ragazzi delle scuole superiori dandogli ripetizioni. Mi sono sentito utile in qualche modo. Successivamente ho trascorso molto tempo a Roma, anche se non in modo continuato, sempre alla ricerca di un lavoro che in qualche modo fosse attinente al mio percorso di studi. Ma sono di nuovo in Calabria, questo deve far pensare. ) F. uomo, 30 anni.
Nelle varie esperienze vissute dai ragazzi, sono nate una serie di difficoltà che hanno accompagnato le loro scelte. Anche in questo caso non vi sono differenze sostanziali di genere poiché ogni ostacolo è strettamente legato al percorso intrapreso.
È facile parlare di difficoltà con giovani Neet che al momento non trovano occupazione o non la cercano, non studiano e non si formano proprio a causa delle stesse, ma che soprattutto sono cresciuti e vivono
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in un contesto territoriale, quale appunto la Calabria, che non facilita in alcun modo la loro quotidianità.
È un tema che è stato affrontato all‟incirca a metà intervista o comunque in un momento in cui la conversazione si era completamente aperta, tanto da far dimenticare quasi l‟obiettivo della chiacchierata. I ragazzi mi hanno raccontato le loro difficoltà in modo confidenziale, riducendo al minimo l‟imbarazzo per non averle mai superate o cercando di trovare delle giustificazioni tali da metterli nella condizione di dire “non posso fare più di quello che ho fatto”. A livello scolastico, strettamente universitario, i diversi percorsi sono stati intrapresi e portati a termine nei tempi giusti e con risultati soddisfacenti. Non sempre tutto è andato per il verso giusto, ma con tenacia e forza di volontà anche l‟esame più duro è stato superato. (Ho avuto un po‟ di difficoltà con un esame che poi ho superato. Quello è stato veramente l‟ostacolo più grande. Ero stressata, non mangiavo, non dormivo, mi sembrava di impazzire, ma con l‟aiuto di amici, famiglia e il mio ragazzo ce l‟ho fatta. Una grande soddisfazione, alla fine era l‟unica cosa che ostacolava la mia laurea.) A. donna, 30 anni.
Per altri, invece, i maggiori problemi non erano legati al percorso di studio, quanto al territorio. Una ragazza in particolare ha scelto di cambiare città e di conseguenza ateneo. Ha lasciato la Calabria per spostarsi a Roma per motivi strettamente personali. In questo caso quello che ha rallentato la sua vita è stato l‟impatto con una città completamente nuova e un contesto molto più grande rispetto a quello in cui aveva vissuto fino ad allora. Affrontare un mondo così grande da sola, inizialmente, è stata dura, ma con il giusto tempo ha potuto arricchire la sua rete relazionale, fare esperienze ed adattarsi alla sua nuova vita.
(Gli ultimi 4 anni li ho dedicati in gran parte all‟università. Ho avuto un percorso piuttosto turbolento poiché il primo anno ho iniziato gli studi a Cosenza, in Calabria, dal secondo anno invece mi sono traferita a Roma. Ho avuto problemi non tanto in ambito
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universitario, ma ne ho risentito per il cambio di città, nuova vita, ripartire da zero in un mondo molto più grande di quello che avevo frequentato fino a poco tempo prima. È stato destabilizzante ma per fortuna ho trovato sempre persone in gamba , molto umane soprattutto.) A. donna, 24 anni.
I maggiori ostacoli economici sono nati per coloro che hanno intrapreso, negli anni e mesi passati, dei lavoretti che da lì a breve si sarebbero rivelati come sottopagati e per un numero di ore eccessivo. Hanno accettato di svolgere attività che non rientravano nelle loro più alte aspirazioni, ma che nonostante tutto hanno richiesto impegno e volontà. Le condizioni lavorative non erano accettabili e lo stipendio decisamente non adeguato all‟impegno profuso.
(Gli ultimi anni li ho trascorsi a metà tra soddisfazioni e delusioni lavorative, soddisfatto di essere riuscito ad inserirmi in ambienti che più mi rispecchiassero, ma deluso da quelle che erano le ricompense. Mi rendevo conto che il mio impegno non era mai ripagato, come se facessi sempre troppo poco, ma in realtà mi davo parecchio da fare. Se qualcosa mi piace faccio di tutto. Invece ho ricevuto delusioni, porte in faccia, anche false illusioni. Ma si sa, è il mondo del lavoro) S. uomo, 24 anni.
Quello che spinge i ragazzi ad accettare determinati lavori è sicuramente la necessità di conquistare la propria indipendenza economica. Uno o più lavori, a volte anche duri e faticosi, sembrano il giusto prezzo da pagare per guadagnarsi un po‟ d‟autonomia. Per il più delle volte sono occupazioni di breve durata che non permettono al ragazzo di staccarsi completamente dal nucleo familiare, di prendere casa da solo o addirittura pensare di costruire una famiglia propria. Sono piccoli lavori che concedono la libertà di poter uscire a cena con gli amici senza sentirsi in dovere di appoggiarsi ai genitori. Chi ha intrapreso una carriera, seppur di breve durata, lontano da casa e all‟estero, ha sentito il bisogno di guadagnare abbastanza denaro da potersi mantenere. In questo caso non si tratta più di una cena fuori con gli amici, ma della spesa giornaliera per poter pranzare e cenare, per poter pagare le bollette o comunque cercare di fa fronte a tutte
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quelle situazioni che precedentemente erano a carico della famiglia. La paura di non potercela fare da soli era tanta, un po‟ come una scommessa persa con la piccola differenza che in gioco c‟era la loro vita e indipendenza.
(Difficoltà sì, più che altro economiche. Te l‟ho detto ho lavorato come barman per alcuni locali. Finché si trattava di farlo qui avevo casa con i miei e quindi era tutto apposto, ma spostandomi dovevo provvedere ad affitto e bollette. Non è stato facile, ho fatto anche il doppio lavoro come lava piatti di giorno in un ristorante. Dovevo arrotondare per forza. Non ti nascondo che ho dovuto chiedere diverse volte aiuto a mio padre, era un po‟ come ammettere la sconfitta e dargli ragione quando mi diceva che fare il barman non può essere il mio futuro.) G. uomo, 22 anni.
Lo scontro con i voleri e le scelte dei genitori è piuttosto frequente e altrettanto spesso si tratta di avere a che fare con strade totalmente diverse da quelle che i loro figli avrebbero intenzione di intraprendere. C‟è chi resiste e crede nei propri sogni e chi, invece, un po‟ per non far dispiacere la famiglia, un po‟ per le varie insicurezze, decide di seguire i consigli dei più saggi.
Che sia una scelta inerente al percorso di studi o nell‟ambito lavorativo l‟interferenza dei genitori crea scompiglio. La giustificazione al loro intervento riguarda il futuro, il pensiero di un avvenire più facile e gratificante, la possibilità di avere in mano un titolo o un lavoro concreto e stabile.
I sogni dei ragazzi però sono resistenti, duri e nei vari racconti vengono sempre a galla con un po‟ di malinconia e qualche piccola speranza di poterli raggiungere.
(Ho conseguito la laurea in Giurisprudenza con un modesto successo anche se non era proprio il mio sogno. Avrei preferito frequentare la facoltà di Storia, mia grande passione, ma le difficoltà economiche di famiglia hanno determinato questa seconda scelta, non che abbia una visione verghiana della vita stile ciclo dei vinti e non che non mi sia appassionato alla materia studiata nel corso degli anni universitari
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ma penso che rimarrò per sempre con questo rimpianto.) F. uomo, 30 anni.
La maggior parte dei giovani Neet parlando di difficoltà ha fatto riferimento al periodo post-scolastico e concentrando preoccupazioni e ostacoli soprattutto nel momento della ricerca di un lavoro. L‟esperienza del tempo trascorso sui libri e quello impiegato a trovare un‟occupazione sono scanditi da ostacoli diversi che comunque sia nel primo caso non destano allarmante preoccupazione.
Finito il percorso universitario/scolastico non si hanno molte certezze in merito alle capacità e conoscenze acquisite. Il mondo del lavoro richiede, oltre a requisiti strettamente collegati alle mansioni da compiere, la tanto richiesta e sconosciuta esperienza. È stato un tema caldo che ha scaturito anche qualche sfogo di rabbia da parte dei ragazzi stessi, ma che riprenderò a breve.
(Difficoltà nel percorso universitario penso di averle trovate come tutti gli studenti più a livello burocratico che di studio onestamente. Le difficoltà sono iniziate dopo la laurea con rinunce come quella al dottorato e incompatibilità come quella con la carriera forense dalla quale mi sono allontanato dopo pochi mesi di tirocinio.) F. uomo, 30 anni.
(Negli ultimi anni ho frequentato il corso di laurea magistrale in scienze ambientali presso l‟università di Pisa. Non ho riscontrato particolari difficoltà nel percorso seguito. Le maggiori le sto riscontrando adesso. La ricerca del lavoro in Italia è davvero difficile. Appena laureato non hai esperienza per inserirti nel tuo settore lavorativo e allo stesso tempo sei troppo qualificato per trovare un lavoretto di ripiego.) S. donna, 28 anni.
I giovani Neet si ritrovano in questa condizione poiché non trovano e non vogliono cercare lavoro, di conseguenza riuscire a capire quale sia esattamente la posizione e il pensiero in merito ad esso appare rilevante ai fini dell‟indagine.
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Le difficoltà e gli ostacoli che questi ragazzi hanno vissuto e che tuttora incontrano nel loro cammino hanno fatto sì che la considerazione e la posizione, personali, rispetto al lavoro subissero un cambiamento. Appare ovvio come questo cambiamento non sia avvenuto affatto in senso positivo, ma di come sia figlio di esperienze negative e di sfiducia tanto nelle persone quanto nelle istituzioni. L‟associazione del termine passione al concetto di lavoro non esiste più se non in rari casi, ma la parola chiave ad oggi è adattamento. (Quello che penso del lavoro è mutato nel corso delle mie esperienze. Ho sempre pensato che non bisogna lavorare per sopravvivere, ma come per gli studi lavorare per ciò che ci piace. Purtroppo adesso questo concetto sta scemando, rendendomi conto che siamo costretti da una serie di effetti, sociali e non, ad adattarci a tutto ciò che ci viene offerto.) S. uomo, 24 anni.
Adattarsi spesso non è così semplice, soprattutto se il sistema non permette errori e ti concede poche chances per farti strada.
I ragazzi intervistati, per la maggior parte, hanno dovuto accettare lavoretti estivi o di breve durata che non hanno permesso loro di raggiungere, ma nemmeno lontanamente avvicinarsi, all‟indipendenza sperata. Hanno accettato di svolgere lavori che spesso non avevano nulla a che vedere con il percorso di studio appena concluso, ma erano le uniche opportunità per non essere disoccupati.
Molti hanno una percezione particolare di questi lavoretti part-time, tanto particolare da non ritenersi nemmeno occupati. Altri, invece, non hanno avuto la “fortuna” di poter svolgere nessun tipo di attività perché scartati per futili motivi, ritenuti non idonei a ricoprire un ruolo, perché sprovvisti della dovuta esperienza.
Bisogna fare i conti con un sistema italiano che non tutela e favorisce l‟occupazione giovanile. L‟università e i corsi di formazione dovrebbero essere i primi canali di inserimento dei ragazzi nel mercato del lavoro attraverso percorsi di conoscenza non solo teorica, ma soprattutto pratica.
I neolaureati finiscono l‟intero corso di studio e si ritrovano in mano la loro certificazione e titolo, ma nessun tipo di esperienza sul campo.
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Ad oggi è uno dei maggiori requisiti richiesti ai colloqui di lavoro e il primo campo da visionare nel cv.
( E‟ un sistema che non permette ai giovani laureati di inserirsi. Forse la colpa è del sistema universitario italiano. A mio parere dovrebbe essere l‟università stessa a permetterti di mettere in pratica quello che hai studiato. Perché l‟università italiana non prevede un periodo di almeno un anno di stage?) S. donna, 28 anni.
Nei ragazzi è presente la consapevolezza di avere una Carta Costituzionale, interi libri, documenti, in cui il lavoro incarna determinati valori, rappresenta uno dei punti fondamentali per una vita dignitosa, deve essere garantito a tutti, ma di come attualmente tutto questo non abbia più un senso.
In prima istanza viene puntato il dito contro il sistema italiano, a livello di istruzione e politico, alla crisi economica che ha investito il Paese dal 2008, alla globalizzazione e infine a se stessi. Sono tutti fattori che hanno contribuito a cambiare la percezione del concetto di lavoro e ad inasprire la fiducia e le speranze soprattutto dei giovani. Nel mettere sul piatto della bilancia tutti questi elementi si arriva alla conclusione di chiedersi quanto l‟atteggiamento dei ragazzi e il loro approccio al mondo del lavoro possa influire sulla condizione di disoccupazione e quanto invece sia da imputare allo scorretto funzionamento del sistema.
(in una società come quella odierna dove gli orologi corrono a velocità doppia, dove le garanzie a tutela dei lavoratori sono costantemente vessate da politiche sciagurate, dove donne e uomini sono visti ormai come merci facilmente sostituibili, le finalità che il lavoro dovrebbe avere e che sono anche sancite nella nostra Carta Costituzionale risultano decisamente insoddisfatte e quasi aleatorie. In questi anni abbiamo assistito a perdite di posti di lavoro continue e a fatti estremamente tragici a conferma di quanto il lavoro sia legato alla vita stessa. L‟errore di fondo commesso da parte del legislatore è stato pensare che i mancati investimenti nel mondo del lavoro e il conseguente acuirsi della crisi potesse essere risolto eliminando
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garanzie poste a tutela dei lavoratori e rendendo il lavoro degli stessi estremamente precario tramite riforme del mercato del lavoro che hanno inserito forme contrattuali precarie. In realtà i mancati investimenti italiani ed esteri e il mancato sviluppo trovano la loro causa nell‟altissima pressione fiscale presente nel nostro paese e nella corruzione, che non permettono un‟effettiva libera concorrenza e allontano imprese ed investitori. A ciò deve aggiungersi una globalizzazione che ha riguardato tutto fuorché i diritti dei lavoratori e che spinge di conseguenza le imprese a delocalizzare le loro attività in paesi con regimi fiscali meno ingombranti e dove le garanzie a tutela del lavoro sono del tutto o quasi assenti. Altro fattore che determina la carenza dei posti di lavoro è l‟incapacità da parte dello Stato e degli enti statali di recepire ed utilizzare correttamente i fondi europei i quali sarebbero una boccata d‟ossigeno in questo periodo.) F. uomo, 30 anni.
C‟è chi, invece, nonostante stia vivendo la condizione di Neet con uno stato d‟animo poco sereno, cerca di mantenere stabile la fiducia nelle istituzioni e nelle proprie capacità. La speranza di riuscire a trovare un‟occupazione adeguata, di riuscire a superare le difficoltà e i problemi, fa nascere nei ragazzi uno spirito positivo e combattivo. È viva l‟idea dell‟uomo capace di fare bene almeno una cosa e che quindi per un senso di giustizia e gratificazione, in un mondo ideale, ognuno dovrebbe poter fare quello che per cui è portato. Attaccarsi al disegno di un mondo ideale in cui tutto va come deve andare, in cui il rispetto della persona va oltre qualsiasi fonte di guadagno, in cui il denaro stesso non è altro che una componente del lavoro e non la sua vera essenza, è un modo come un altro per sognare e illudersi che qualcosa di buono succederà. Ma è anche un segnale positivo e forte che arriva da una popolazione, appunto quella giovanile, che al