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Una madre accompagna la figlia al dopo­ scuola residenziale.

A ) Attività di organizzazione della comunità per l’esecu­ zione di progetti locali

Non possiamo presentare a conclusione del primo biennio di lavoro un lungo elenco di realizzazione di « progetti locali » : un asilo estivo a Roccapia, la costruzione di un ponte nella frazione di Carceri Alte (Ateleta), i « doposcuola residenziali » di Castel di Sangro, Palena e Casoli per l’adempimento dell’obbligo scolastico fino a quattordici anni, la costruzione degli abbeveratoi di Pescocostanzo, la mostra del- l’artigianato a Pescocostanzo.

Ci soffermiamo sull’iniziativa dei così detti pensionati o dopo­ scuola residenziali, sia perché questa ha largamente impegnato le nostre energie nel biennio, sia perché il metodo seguito ed i risultati ottenuti si prestano ad interessanti generalizzazioni, sia infine perché rappresenta un esempio tipico di quell’azione combinata per cui è possibile raggiungere molti obiettivi insieme a quello specifico al quale

l’azione è destinata, e creare sul piano sociale una specie di reazione a catena.

Una delle prime certezze acquisite nella fase esplorativa del nostro lavoro (durante questa fase gli assistenti sociali hanno fatto una serie di interviste a schema libero, in ogni paese) è stata l’impor­ tanza che la popolazione attribuisce all’adempimento dell’obbligo sco­ lastico fino a quattordici anni. E’ convinzione diffusa che la quinta elementare non basta né per emigrare, né per imparare un mestiere. Questa constatazione, raccolta casa per casa, contrastava sia con quanto gli insegnanti dichiaravano sul disinteresse della popolazione per la scuola, sia con la realtà dei fatti, perché nella nostra zona sono pochissimi i bambini che vanno oltre la quinta elementare e non tutti arrivano alla quinta.

I dati ufficiali relativi alla regione erano talmente evidenti da sconsi­ gliare come superflua, almeno per il momento, una rilevazione diretta. Su 100 bambini iscritti, l’Abruzzo presenta 22 ripetenti (il fenomeno ripetenza si presenta assai più diffuso che in Sicilia, Lucania, Campania, P u glie!).

Su 100 iscritti alla prima elementare ne arrivavano alla quinta 42 soltanto.

II nostro comprensorio, isolato dalle montagne e periferico rispetto alle due provincie di cui fa parte, si presume rappresenti un punto di con­ centrazione dei fenomeni denunciati da queste cifre (11).

Era ovvio che la difficoltà delle comunicazioni durante il lungo inverno e la scarsa attenzione che le autorità locali avevano dedicato al problema perpetuassero questa situazione.

Nello stesso ottobre 1958 in cui cominciammo a lavorare nella zona, uno dei nostri assistenti sociali organizzò un gruppo di famiglie di una frazione di Roccaraso (Pietransieri) perché tentasse di risolvere il problema della scuola post-elementare con le proprie forze, visto che non potevano contare su altre. In questo caso la sola soluzione logica era quella di far risiedere i bambini a Rivisondoli, sede della più vicina scuola di avviamento.

Il piccolo pensionato fu istituito, le famiglie presero in affitto il locale, scelsero un locale vicino alla parrocchia perché il parroco di Rivisondoli, insegnante della scuola di avviamento, potesse più facil­ mente avere cura dei bambini, scelsero una donna di loro fiducia che 11

(11) I dati sono estratti da: L a scuola italiana dal 19i6 al 1953; Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, 1953.

dirigesse la casa e preparasse i pasti, portarono viveri, legna, letti, materassi.

Nell’ottobre del 1959 si istituirono altri due pensionati a Palena ed a Casoli, questa volta non solo mobilitando le famiglie, ma tutte le risorse dei comuni di provenienza dei bambini ospitati, nonché quelle dei comuni che ospitano i pensionati.

Così, per esempio, il pensionato di Casoli ha ottenuto aiuti in denaro dai comuni di Lama dei Peligni, Casoli, Taranta Peligna, Col- ledimacine, Palena e dall’ECA di Casoli. L’ONARMO di Casoli ha fornito un cospicuo contributo in viveri ed ha messo a disposizione il suo servizio di mensa. Gli arredi sono stati forniti in parte dalle fami­ glie, in parte dall’UNRRA Casas.

I bambini hanno potuto usufruire per i libri di testo della biblio­ teca circolante scolastica « C. Franceschi » istituita dal Progetto con un fondo di circa 400.000 lire raccolto fra privati.

In questo modo, con un contributo di solo 7.500 lire mensili, le famiglie hanno potuto consentire ai figli la frequenza alla scuola media.

Se si considera che la retta minima mensile degli istituti di Sul­ mona o di Chieti è sulle 25.000 lire mensili (oltre all’inconveniente della grande distanza che separa i bambini dalle famiglie), ci si può rendere conto che questi pensionati offrono la completa soluzione della frequenza alla scuola dell’obbligo, ove non risulti conveniente né la istituzione di altre scuole né il trasporto degli scolari.

Ad esempio, a Colledimacine, con l’entrata in funzione dei pensio­ nati, si è raggiunto lo scopo di permettere la frequenza alla scuola dell’obbligo al 90% dei ragazzi che avevano terminato la scuola ele­ mentare. Negli altri paesi in cui si è operato in questo senso, si può parlare di una percentuale variabile tra il 70-75%.

La retta a carico delle famiglie è risultata inferiore a Palena (lire 5.000 mensili) perché si è potuto usufruire della refezione AAI e degli aiuti avuti da una scuola canadese tramite il Save thè Children Fund.

E’ interessante notare come, con tutti questi accorgimenti, si possa arrivare ad una cifra pari a quella delle borse di studio previste per gli scolari bisognosi (30-60.000 lire per l’intero anno scolastico) dal Ministero della Pubblica Istruzione. Queste borse fino ad oggi rappresentano un aiuto per chi è già in grado, con qualche sacrificio, di mantenere un figlio agli studi fuori del paese di residenza. Mentre potrebbero rappresentare nel futuro l’intera copertura di quanto è

necessario ad un bambino, del tutto sprovvisto di mezzi, per prose­ guire gli studi.

Il risultato dal punto di vista del profitto scolastico è stato ottimo (tutti promossi tranne due), se si considera che gran parte di questi bambini provenivano da frazioni sperdute tra le montagne o da paesi ove, comunque, la scuola elementare ha presentato gravi carenze.

A partire dall’ottobre 1960 i pensionati si sono sviluppati come segue :

a Palena, nei locali del Centro sociale dell’UNRRA Casas, con

13 bambini che provengono dalle frazioni più periferiche di Torricella, dalla stazione di Palena e dal comune di Colledimacine ;

<x Gasoli, in locali presi in affitto, con 22 bambini che frequen­

tano la scuola media di Casoli, e provengono da Lama, Palena, Taranta, Colledimaeine ;

a Castel di Sangro, in tre appartamenti presi in affitto, per la

frequenza della scuola media e 'd i avviamento, con 38 bambini che provengono da Roccapia, Palena, Montenerodomo, Carceri Alte, Piz­ zoferrato e frazioni, Gamberale e frazioni;

a Rivisondoli, attualmente preso in gestione dall’Opera Religiosa

Morale Alto Sangro.

Si è preferito usare, a partire da quest’anno, il nome di « dopo­ scuola residenziale » invece che di «pensionato», perché la parola « dopo­ scuola » spiega le attività che vengono svolte dopo la normale frequenza alla scuola (assistenza ai compiti, attività culturali e ricreative orga­ nizzate) e nella speranza che con questo nome sia più facile ottenere aiuti dal Ministero della Pubblica Istruzione e dai Patronati scolastici e conseguire qualche forma di riconoscimento per i maestri incaricati dell’assistenza ai bambini.

Abbiamo parlato dell’istituzione dei pensionati come di un esem­ pio di « organizzazione della comunità ».

Per raggiungere questi risultati abbiamo infatti mobilitato tutte le famiglie, che hanno avuto in mano l’iniziativa dal principio alla fine, e si sono cimentate ad amministrarla, abbiamo tenuto un numero indefinibile di riunioni, smosso tutte le autorità locali (cinque sindaci erano presenti all’ultima riunione del consiglio direttivo del pensio­ nato di Casoli !), abbiamo sollecitato l’aiuto dei Patronati scolastici, degli ECA, abbiamo fatto un improbo lavoro per far capire in provincia che si trattava di « un bisogno sentito » e che i pensionati non avevano scopo di lucro.

Tutto questo può sembrare sproporzionato all’obiettivo raggiunto, se non si considera la « reazione a catena » che il modo seguito per raggiungere questo obiettivo ha prodotto :

«•) Le famiglie hanno agito da stimolo sulla pigra e scettica organizzazione scolastica, dimostrandosi più interessate ai problemi della scuola di quanto le autorità scolastiche locali giudicavano ; e questo significa aver operato per un accostamento famiglia-scuola,

E . Schwab, Unesco

Si parla, con l’ assistente sociale, del doposcuola residenziale.

Le interviste libere sono un’ attività importante degli assistenti sociali del Progetto.

che andrà col tempo maturando perfino in quelle sempre auspicate associazioni scuola-famiglia di cui nell’Italia meridionale non si tenta per ora l’esperienza.

b) Si è realizzata una schietta collaborazione perfino tra fami­

glie di più comuni e tra autorità di più comuni. Si è avuto addirittura il caso della famiglia che devolve a favore del pensionato parte della borsa di studio assegnata al bambino ; sono particolari di nessun rilievo per chi non sa che, di fronte ad ogni iniziativa proposta, l’obiezione ricorrente è sempre quella « che questa gente non sa collaborare ».

c) Il problema della scuola post-elementare non solo è diventato

un problema di tutta la comunità e possiamo dire di tutto il compren­ sorio, ma l’atteggiamento tradizionale della miracolistica attesa dello Stato è stato scosso da questa esperienza e, per la prima volta, si guarda a un istituto locale, come il Patronato scolastico, non come all’ente da cui sperare un paio di scarpe o dei libri di testo, ma come a un istituto sul quale appoggiarsi per introdurre dei cambiamenti radi­ cali nella vita del proprio paese.

A chi ci chiedesse quale è stato il contributo del Progetto, pos­ siamo rispondere che il contributo fornito è stata la prestazione pro­ fessionale dei nostri assistenti sociali, che hanno saputo sollecitare e combinare le varie risorse locali, animare i gruppi dei genitori, inte­ ressatissimi ma scettici, assisterli negli inevitabili conflitti che sor­ gevano, vigilare affinché l’iniziativa restasse una responsabilità col­ legiale, proteggerla dal pericolo che diventasse un istituto, staccato quindi dalla diretta responsabilità delle famiglie.

Questo contributo ci vien fin troppo riconosciuto, al punto che l’iniziativa rischia di essere considerata un’iniziativa dell’UNRRA Casas.

Il problema urgente che dobbiamo affrontare, per ovviare a que­ sto eccesso di stima, è quello della veste giuridica da dare a questa iniziativa dal basso.

Le possibili vie che abbiamo considerate sono due :

1) sollecitare i Patronati scolastici, e in questo caso i Consorzi provinciali dei Patronati scolastici, a fare propria l’iniziativa.

Questa via per ora è risultata impossibile, perché il Consorzio dei Patronati scolastici esiste solo come comitato promotore di una colla­ borazione tra più comuni, e i singoli Patronati scolastici, finché non si farà luce sul Piano della scuola, non sanno esattamente cosa fare, per chi e con quali mezzi;

2) l’altra via, quella che seguiremo, è la costituzione di una associazione di famiglie, che assumerà la gestione dei doposcuola

residenziali e potrà col tempo stabilire un rapporto sia con il Centro didattico per i rapporti scuola-famiglia, sia con i Patronati scolastici. Questa associazione, sulla quale riponiamo molte speranze, rappre­ senta un vincolo formalmente istituito tra la popolazione di più comuni e forse l’elemento concreto per la democratizzazione dei Patronati scolastici.

Siamo consapevoli di avere realizzato con i doposcuola residenziali un’iniziativa esemplare e di aver tracciato, per il modo con il quale è stata realizzata, una pista utile a noi e ad altri. Questa realizzazione colma il vuoto che resta in ogni caso tra le disposizioni legislative e i bisogni reali : questo vuoto può essere colmato solo dalla collabo- razione civica e dall’iniziativa locale e rappresenta l’area in cui i progetti locali devono poter operare.

C’è una concezione paternalistica dei progetti locali, che noi rifiu­ tiamo : i progetti locali possono rappresentare una dimostrazione di buona volontà, che alcuni enti esigono per decidere se la comunità merita o non merita aiuto.

C’è una concezione terapeutica dei progetti locali : questi vengono consigliati come una specie di esercizio ginnico per correggere insuf­ ficienze o complessi ; in questo caso i progetti locali sono una ginnastica fine a se stessa.

C’è infine una concezione dispettosa, quella di cui si ha un clamo­ roso esempio in Italia, e che in sostanza dice : « Guardate che cosa sappiamo fare a dispetto del governo ».

Per noi i progetti locali sono una necessità, in un paese povero, che sperpera tanto denaro pubblico, che presenta un’amministrazione fortemente centralizzata, troppo ignara dei problemi locali, e così scarsamente amata. I progetti locali sono infine un’occasione preziosa per dare un’esperienza amministrativa ai molti esclusi dal potere, in paesi ove il problema del ricambio della classe dirigente è fondamentale. 26

B ) Attività di assistenza tecnica in cam po economico

Uno degli abbeveratoi ripristinati a Pescocostanzo.

1. Assistenza tecnica agricola (12)

Il Progetto, come è noto, impiega dieci assistenti sociali e due tecnici agricoli. Non possiamo affermare che questo sia il dosaggio giusto e dobbiamo anche riconoscere che in parte esso è accidentale, in quanto il Progetto è stato promosso da un Ente che, per il suo programma sociale, assume tuttora soltanto assistenti sociali.

(12) La prima parte di questa relazione è stata redatta dal dott. P. Sergi, direttore dell’Ufficio studi agricoli del Progetto e futuro dirigente del Nucleo di assistenza tecnica.

Tuttavia c’è una fondamentale ipotesi di lavoro alla base del Progetto Abruzzo, per cui questa proporzione tra tecnici agricoli ed assistenti sociali potrà e dovrà attenuarsi, ma la sfera d’azione asse­ gnata all’assistente sociale per il lavoro di comunità resterà prepon­ derante; se il progresso tecnologico ed economico è insufficiente a determinare lo sviluppo di una comunità ed è vero che l’aumento del reddito non porta automaticamente a forme di vita più civile, l’inter­ vento sui fenomeni di depressione ambientale e civile investe un lar­ ghissimo campo d’azione ed è la necessaria preparazione e condizione di consolidamento dell’intervento economico.

Per quanto poco si sappia in teoria sull’interazione dei fenomeni di depressione ambientale, civile ed economica, l’esperienza ci insegna che le cooperative falliscono dove non c’è abitudine a cooperare (ci si dimentica troppo spesso che il movimento cooperativistico scandinavo è sorto quando da cinquanta anni vigeva l’istruzione obbligatoria fino ai quattordici anni), che l’emigrazione fallisce ove sono carenti l’istru­ zione elementare e l’addestramento professionale.

Questa ipotesi di lavoro è tanto più giustificata in una zona come la nostra, ove parte dei problemi dell’economia agricola sono strettamente connessi a fattori culturali e sociali, oltre che all’arretra­ tezza tecnologica, e ove il problema dell’emigrazione ha un’importanza decisiva per la creazione di una situazione di equilibrio economico.

La nostra esperienza in tema di assistenza tecnica agricola è ancora acerba, se si considera che solo nel gennaio 1959 si è aperto a Pescocostanzo un Ufficio studi agricoli, grazie alla generosa colla­ borazione della Società Shell che ha distaccato presso il Progetto un suo tecnico formatosi a Borgo a Mozzano.

L’azione di assistenza tecnica dell’Ufficio studi agricoli del Pro­ getto ebbe inizio attraverso una fase preliminare di studio condotta in collaborazione con l’Istituto di Economia e Politica Agraria dell’Uni­ versità di Portici, diretto dal prof. Rossi Doria.

Dopo circa un anno di attività l’Ufficio studi si è gradualmente inserito nel Consorzio di Bonifica Alto Sangro preparando la rela­ zione e la relativa perizia per la richiesta alla Cassa per il Mezzogiorno di un Nucleo di assistenza tecnica, destinato ad operare alle dipen­ denze del Consorzio nella zona centrale del nostro comprensorio.

Sulla base di intese ufficiose con il Consorzio, l’UNRRA Casas ha assunto nel febbraio 1960 un dottore in agraria formatosi al Centro studi della Shell a Borgo a Mozzano. Quando nel giugno scorso la

Cassa per il Mezzogiorno ha approvato la perizia del Consorzio per l’assegnazione del Nucleo di assistenza tecnica, il Consorzio ha rite­ nuto opportuno decidere l’assunzione dei due tecnici che avevano lavorato con noi ed erano già esperti della zona e dei suoi problemi ; così non c’è stata soluzione di continuità tra la fase di lavoro segnata dall’Ufficio studi del Progetto e quella che a novembre inaugurerà l’attività del Nucleo di assistenza tecnica, ferma restando la consu­ lenza del prof. Rossi Doria.

Al termine della fase preliminare di studio, l’Ufficio studi agri­ coli, individuati gli obiettivi da raggiungere, cominciò l’intervento diretto sia presso le singole aziende agrarie, sia presso determinati gruppi di agricoltori interessati ad un medesimo problema.

Tale intervento è stato compiuto particolarmente nei seguenti settori : delle colture erbacee, della meccanizzazione, dell’allevamento bovino e della realizzazione di progetti di miglioramento fondiario.

Sono stati inoltre, fino dalla fase iniziale, mantenuti contatti con l’Ispettorato forestale e col Consorzio agrario.

L’intervento nel settore delle colture erbacee è stato effettuato in agro di Carceri Alte, frazione di Ateleta, ed ha interessato particolar­ mente la coltura del grano. Data la situazione generale, si è ritenuto opportuno contenere l’intervento su una superfìcie di ha. 2,5.

Contemporaneamente all’introduzione di sementi selezionate, sono state compiute concimazioni chimiche razionali e lavorazioni culturali più rispondenti agli effettivi bisogni della coltura granaria.

La superfìcie interessata potrebbe sembrare forse eccessivamente limitata, se non si considera l’estrema polverizzazione presente in tale frazione; difatti sono state interessate ben dieci aziende.

Nonostante le notevoli avversità atmosferiche, l’intervento ha avuto risultato positivo; le medie produzioni si sono spostate da q.li 4,5-5 a q.li 13-15, pari a ben tre volte, circa, quelle ordinarie.

Sempre a Carceri Alte e parallelamente all’intervento sul grano, si è, per la prima volta in tale frazione, introdotta la lavorazione meccanica del terreno. Non essendo possibile introdurre alcun tipo di macchina a trazione diretta, si è ritenuto opportuno effettuare delle prove dimostrative col moto-argano. La natura del terreno e la sua giacitura hanno costretto a modificare alcuni organi operatori, i quali, una volta modificati, hanno dato risultati più che soddisfacenti.

Onde poter usufruire del contributo per l’acquisto del moto-argano, si è costituita una società semplice di cui fanno parte sette agricoltori.

Per poter iniziare l’intervento diretto nel settore dell’allevamento bovino, si è ritenuto opportuno effettuare una dettagliata indagine, con particolare riferimento alle vacche da latte.

Tale indagine è stata condotta col metodo del campionamento ed ha interessato gli allevamenti dei comuni dell’Altopiano, ossia Pesco- costanzo, Rivisondoli, Roccaraso e frazione.

Oltre aH’esame dei ricoveri si è proceduto allo studio analitico delle razze bovine in essi ricoverate, con particolare riguardo alle produzioni, allo stato di salute, alla nutrizione e all’alimentazione. Nei riguardi dello stato sanitario ci si è valsi anche del piano di accerta­ mento diagnostico per la tubercolosi e la brucellosi, eseguito dall’Isti­ tuto zooprofilattico sperimentale di Teramo.

I risultati dell’indagine possono così riassum ersi: i ricoveri non rispon­ dono ai minimi requisiti igienico-sanitari e zootecnici e rappresentano un fattore negativo allo sviluppo del paese; mancano gli attrezzi e i locali per il deposito dei foraggi e del latte ; mancano i locali di isolamento ; circa i bovini allevati non è possibile distinguere neppure le caratteristiche soma­ tiche della razza, e ciò a causa dei vari incroci e reincroci delle razze intro­ dotte nel dopoguerra; il 3 0 % dei bovini è affetto da brucellosi, mentre il 1 0 % è affetto da tubercolosi ; l’alimentazione è esclusivamente a base di foraggi ; la produzione si aggira sui 3-4 It. pro capite e pro die.

Tale inchiesta, oltre a sollecitare le amministrazioni competenti e responsabili, potrà essere di valido aiuto agli agricoltori per miglio­ rare, per quanto li compete personalmente, il loro patrimonio zootecnico. E’ stata fatta un’esperienza di assistenza tecnica sulla quale vale soffermarsi. Constatato che per quanto riguarda il comune di Pesco- costanzo ogni progetto veniva costantemente accantonato per la pre­ caria situazione finanziaria del Comune, e che l’andamento stagionale impediva per vari mesi qualsiasi lavoro sui campi, si è cercato di utilizzare queste giornate inattive per realizzare uno dei tanti progetti accantonati. Il compito non era facile; si trattava di convincere gli agricoltori ad unirsi e a prestare delle giornate lavorative senza alcun

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