• Non ci sono risultati.

Centro sociale A.07 n.34. Inchieste sociali, servizio sociale di gruppo, educazione degli adulti

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Centro sociale A.07 n.34. Inchieste sociali, servizio sociale di gruppo, educazione degli adulti"

Copied!
92
0
0

Testo completo

(1)

o Sociale

in c h ie s te soci; e r v i z i o s o c i a l e di g ru p p o

e d u c a z io n e d egli adulti s v ilu p p o d ella com u n ità

(2)

Centro Sociale

inchieste sociali - servizio sociale di gruppo educazione degli adulti - sviluppo della comunità a. VII - n. 34, 1960 — un numero L. 400 - numero doppio L . 650 — abb. a 6 fascicoli ed allegati L. 2.200 - estero L. 4.000 - spedizione in abb. postale gruppo IV - c. c. postale n. 1/20100 — Direzione Reda­ zione Amministrazione : piazza Cavalieri di Malta, 2 — Roma — tei. 593.455

S o m m a r i o

Antòn Cechov 1 Un dialogo di settanta anni fa Il Progetto Pilota per l’ Abruzzo

Angela Zucconi Relazione sul lavoro svolto nel biennio 1958-1960 5 Descrizione generale del Progetto

13 Attività per il miglioramento dei servizi e delle iniziative esistenti

20 Attività autonome del Progetto

A) Attività di organizzazione della comunità per l’esecuzione di progetti locali

B) Attività di assistenza tecnica in campo eco­ nomico

C) Attività culturali

56 Attività di studio e di ricerca 64 II personale

71 Estensione, costo, sviluppo futuro del Progetto

75 Notizie

78 Estratti e segnalazioni Il tem po libero

Recensioni

R . K . Merton, Teoria e struttura sociale ( A . Signorelli

D ’ Ayala); Atti del I V Congresso mondiale di sociologia (idem).

Periodico bimestrale redatto a cura del Centro Educazione Professionale Assistenti Sociali sotto gli auspici dell’ UNRRA CASAS Prima Giunta

Comitato di direzione: Achille Ardigò, Vanna Casara, Giorgio Molino,

Ludovico Quaroni, Giovanni Spagnolli, Paolo Volponi, Angela Zucconi.

(3)

Un dialogo di settanta anni fa

— A Malosiòmova è ospite il principe, ti saluta, — diceva Lida alla

madre, di ritorno da qualche posto, levandosi i guanti. — Ha raccontato molte cose interessanti... Ha promesso di risollevare nella giunta provin­ ciale la questione dell’ambulatorio medico a Malosiòmova, ma dice che c’è poca speranza. — E rivolgendosi a me, disse: — Scusate, dimentico sempre che per voi questo non può avere interesse.

Io provai irritazione.

— Perché poi non ha interesse? — domandai, alzando le spalle. —

A voi non piace conoscere la mia opinione, ma vi assicuro che questa questione m’interessa vivamente.

— Sì?

— Sì. A mio avviso, l’ambulatorio medico a Malosiòmova non è

affatto necessario.

La mia irritazione si trasmise anche a lei; mi guardò, socchiudendo gli occhi, e domandò :

— Che cosa dunque è necessario? I paesaggi?

— Anche i paesaggi non sono necessari. Nulla è necessario.

Ella finì di levarsi i guanti e spiegò un giornale che aveva appena portato dalla posta; di lì a un minuto disse piano, evidentemente fre­ nandosi:

— La settimana scorsa è morta di parto Anna, ma se nelle vicinanze

ci fosse stato un ambulatorio medico, sarebbe ancora viva. Anche i signori paesisti, mi pare, dovrebbero avere una qualche convinzione in proposito.

(4)

— Io ho a questo proposito una convinzione molto precisa, ve l’assi­

curo, — risposi, ma lei si parò il viso col giornale, come se non deside­ rasse ascoltare. — Secondo me, gli ambulatori medici, le scuole, le biblioteche, le farmacie, nelle condizioni esistenti, servono solo ad asser­ vire il popolo. Il popolo è imprigionato da una catena immane, e voi non spezzate questa catena, ma le aggiungete soltanto nuovi anelli: eccovi la mia convinzione.

Ella alzò gli occhi su di me e sorrise beffarda, ma io seguitai, cer­ cando di afferrare il mio pensiero essenziale:

— Non è importante che Anna sia morta di parto, ma che tutte

queste Anne, Maure, Pelagie da mattina presto a notte curvano la schie­ na, si ammalano per una fatica superiore alle loro forze, tremano tutta la vita per i figli affamati e malati, temono per tutta la vita la morte e le malattie, si curano per tutta la vita, sfioriscono presto, invecchiano presto e muoiono fra la sporcizia e il lezzo; i loro bambini, crescendo, ricominciano la stessa musica, e così passano centinaia d’anni e miliardi di uomini vivono peggio delle bestie: unicamente per un tozzo di pane, provando una continua paura. Tutto l’orrore della loro condizione sta in ciò, che essi non hanno il tempo di pensare allo spirito, non hanno il tempo di ricordarsi della loro immagine e somiglianza divina; la fame, il freddo, una paura animalesca, una massa di lavoro, come valanghe, hanno sbarrato loro tutte le strade verso l’attività spirituale, cioè pro­ prio quello che distingue l’uomo dalla bestia e costituisce l’unica cosa per la quale metta conto di vivere. Voi venite loro in aiuto con gli ospedali e le scuole, ma con ciò non li liberate dalle catene, ma, al con­ trario, li asservite ancora di più, poiché, introducendo nella loro vita nuove idee, accrescete il numero dei loro bisogni, senza dire poi che per gli impiastri e i libri essi devono pagare allo zemstvo e, quindi, cur­ vare maggiormente la schiena.

— Io non starò a discutere con voi, — disse Lida, abbassando il

giornale. — Questo l’ho già sentito. Vi dirò una cosa sola: è impossibile starsene a braccia conserte. E’ vero, noi non salviamo l’umanità e forse sbagliamo in molte cose, ma facciamo quel che possiamo, e abbiamo ragione. Il compito più alto e più santo dell’uomo civile è servire il prossimo, e noi cerchiamo di servirlo come sappiamo. A voi non garba, ma non si può mica far contenti tutti.

— E’ vero, Lida, è vero, — disse la madre.

In presenza di Lida ella s’intimidiva sempre e, discorrendo, le get­ tava occhiate ansiose, col timore di dire qualcosa di troppo o d’inoppor­

(5)

tuno; e non la contraddiceva mai, ma assentiva sempre: « è vero, Lida, è vero ».

— L’istruzione elementare dei contadini, i librucci con le meschine

prediche e faceziole e gli ambulatori medici non possono diminuire né l’ignoranza né la mortalità, allo stesso modo che la luce proveniente dalle vostre finestre non può illuminare questo immenso giardino, — dissi io. — Voi non date nulla, voi col vostro intervento nella vita di questa gente create soltanto nuove esigenze, una nuova occasione di fatica.

— Ah, Dio mio, ma è pur necessario fare qualcosa! — disse Lida

con dispetto, e dal suo tono si poteva scorgere che i miei ragionamenti li stimava insignificanti e li disprezzava.

— Bisogna liberare gli uomini dal lavoro fisico pesante, — dissi. —

Bisogna alleggerir loro il giogo, dar loro un po’ di respiro, perché non passino tutta la vita vicino alle stufe e ai mastelli e nei campi, ma abbia­ no anche il tempo di pensare all’anima, a Dio, e possano esplicare un po’ più largamente le loro capacità spirituali. La vocazione di ognuno nel­ l’attività spirituale sta nella continua ricerca della verità e del senso della vita. Rendete dunque non necessaria per essi la rozza fatica ani­ male, fate sì che si sentano in libertà, e allora vedrete che derisione siano in fondo questi librucci e queste farmacie. Appena l’uomo rico­ nosce la sua vera vocazione, lo possono appagare soltanto la religione, le scienze, le arti, e non queste sciocchezze.

— Voi però vi contraddite, — proferì Lida. — Voi dite: scienza,

scienza, e voi stesso negate l’istruzione elementare.

— L’istruzione elementare dell’uomo che ha la possibilità di leg­

gere soltanto le insegne delle bettole e rare volte dei librucci che non capisce, una simile istruzione dura da noi fin dai tempi di Riurik; il Petruska di Gogol legge ormai da un pezzo, ma intanto la cam­ pagna, quale era sotto Riurik, tale è rimasta fino ad ora. Non l’istruzione elementare è necessaria, ma la libertà per una larga esplicazione delle facoltà spirituali.

(6)

Il Progetto Pilota per l’Abruzzo

Relazione sul lavoro svolto nel biennio

1958-1960

a cura di Angela Zucconi

S o m m a r i o

I. Descrizione generale del Progetto 5

II. Attività per il miglioramento dei servizi e delle iniziative esistenti 13

1. Servizi assistenziali locali. 2. Enti nazionali.

III. Attività autonome del Progetto 20

A ) Attività di organizzazione della comunità per l’esecuzione di progetti locali, B) Attività di assistenza tecnica in campo economico.

1. Assistenza tecnica agricola. 2. Assistenza tecnica economica in altri settori.

C) Attività culturali.

Premessa. 1. Svolgimento del programma. Lettura. Cinema. Filmine. 2. Rap­ porti con le iniziative dello Stato. Centri di lettura. Biblioteche e reti di prestito.

Collaborazione con il Servizio Centrale per VEducazione Popolare. 3. Collabora­

zione con i centri sociali e conclusioni.

IV . Attività di studio e di ricerca 56

V . Il personale 64

(7)

Relazione sul lavoro svolto

nel biennio 1958-60

I. Descrizione generale del Progetto

L’azione che svolge il Gruppo Autonomo Assistenza UNRRA Casas di Pescocostanzo, si inserisce in un Progetto di sviluppo di comunità promosso dall’UNRRA Casas e dal Centro di Educazione Professionale per Assistenti Sociali (CEPAS). Il Progetto, noto come Progetto Pilota per l’Abruzzo, opera sotto il patrocinio dell’UNESCO.

Nel febbraio 1958, con l’arrivo dell’esperto dell’UNESCO per la educazione degli adulti, si iniziò ufficialmente l’attività preliminare all’istituzione del Progetto. Il periodo febbraio-luglio 1958 fu dedicato all’impostazione metodologica del lavoro e degli studi preliminari, raccolti e pubblicati successivamente nel n. 22-28 della rivista « Centro Sociale» (1). Nel mese di luglio furono assunti dell’UNRRA Casas gli

assistenti sociali destinati a lavorare nella zona.

I mesi di agosto e settembre furono interamente dedicati al corso di addestramento tenutosi a Pescocostanzo, organizzato dal CEPAS e finanziato dall’UNESCO. Il 1° ottobre gli assistenti sociali si

inse-(1) Fra i vari studi pubblicati nel fascicolo citiamo: L. Benevolo, Ragioni della scelta e caratteristiche della zona; G. Ma r s e l l i, L ’ambiente fisico, demo­ grafico ed economico; G. Zucconi, Preliminari del piano di sviluppo economico.

(8)

diarono nelle rispettive sedi. La presente relazione considera le attività svolte nel biennio compreso tra l’ottobre 1958 e l’ottobre 1960.

Il Progetto Pilota per l’Abruzzo opera in un comprensorio che include attualmente quattordici comuni, a cavallo e alla periferia delle provincie dell’Aquila e di Chieti. Il comprensorio fa parte della « Zona E », una delle otto zone designate omogenee nel Piano territoriale di coordinamento della regione. La « Zona E » abbraccia sessanta- quattro comuni ; le due provincie complessivamente comprendono duecento otto comuni.

Il nostro comprensorio, pur essendo stato accuratamente ritagliato da una delle cosiddette zone omogenee (2), è composto di due parti e rappresenta in piccolo quella « policefalia della regione abruzzese che, aggravata da altri infiniti e minori, ma non meno perniciosi, velleitarismi locali, costituisce il più grave ostacolo ad una concorde azione di tutte le forze economiche della regione » (8).

Delle due parti, l’una comprende i grandi altipiani d’Abruzzo con i comuni di Roccapia, Roccaraso, Rivisondoli e Pescocostanzo. Si tratta di una vasta piattaforma prativa a quota 1.200 circa, circon­ data da alte montagne. La popolazione dei quattro comuni assomma a 5.678 abitanti. La natura dei luoghi consentirebbe un notevole incremento delle fonti di reddito.

L’altra comprende la testata della valle dell’Aventino, che scende rapidamente in direzione dell’Adriatico, con i comuni di Palena, Letto- palena, Montenerodomo, Colledimacine, Taranta Peligna, Torricella Peligna, Pizzoferrato, Gamberale, Lama dei Peligni. La popolazione, qui assai più addensata, assomma a 18.639 abitanti ed è distribuita in un territorio che non offre possibilità di sostanziali trasformazioni economiche.

Al primo gruppo di comuni è stato aggregato quello di Ateleta per gli stretti rapporti esistenti tra le sue frazioni e la frazione del comune di Roccaraso, Pietransieri.

In complesso il Progetto interessa una popolazione residente di 26.867 abitanti distribuita in una superficie di circa 50.000 ettari.

Nessuno dei nostri comuni supera i 4.000 abitanti; due soli

(2) Quanto alle perplessità che solleva la qualifica di « omogeneo », condi­ vidiamo in pieno quelle espresse o citate da A. Gr u m e l l i alle pagg. 170-171 del volume A sp etti sociologici dell’evoluzione demografica in Abruzzo (Roma, 1960). Vale per l’Italia ciò che è stato scritto nel volume Lyon et sa région, a cura del Comité pour l’aménagement et l’expansion de la région lyonnaise (Lyon, 1955).

(3) B. Barberi, A bruzzi e Molise. In : A tti della Commissione parlamentare di inchiesta sulla disoccupazione, voi. I li, tomo 3, pag. 539.

(9)

Corpisanti 9 FonteQtssj Lama dei P. Taranta P ' Colledimacine Fallascosu Lettopalena f V M ontenerodom o ' Palena Pizzoferrato Roccapia s Pescocostanzo Gamberale Rivisondoli Ateieta I Pielransieri v . Carceri Koccaraso GASOLI /•v SU LM O N A Torricella P. , y N /n » ( in tratto grosso: le fe r r o v ie

f .i tratto più sottile: le stra d e c a r r a b ili

in tratteggio: ! c o n fin i c o m u n a li

CA STE L D I SA N G R O

(10)

in tr a ilo g r o s s o : le ferrovie principali in tr a ilo p iù t o lt i le : le strade principali

l’ escara » Prov. di Campobasso C h ieli I » l" Saimro Casoli Villa S. Maria Castel di _ »

(11)

presentano una popolazione al disotto dei 1.000 abitanti. In Italia i comuni di questa grandezza sono 3.893 sugli 8.007 che compongono l’intero territorio nazionale.

L’emigrazione va spopolando tutti i comuni del nostro compren­ sorio tranne Gamberale, Torricella, Montenerodomo, Pescocostanzo, la cui popolazione nel periodo 1921-1951 si è mantenuta stazionaria, e Pizzoferrato che registra addirittura un aumento di popolazione.

Malgrado l’emigrazione, gli abitanti compresi fra i venticinque e i quarantacinque anni di età rappresentano più della metà della popolazione; c’è da considerare tuttavia che l’emigrazione stagionale attinge proprio a queste classi di età, e quindi in molti di questi paesi sono presenti per buona parte dell’anno soltanto donne e bambini.

Il comprensorio non possiede nel suo interno alcun agglomerato capace di funzionare, nei rapporti con gli altri, come centro di ser­ vizio. I nostri comuni gravitano verso tre centri di media grandezza disposti nelle immediate vicinanze, sui tre principali versanti : Castel di Sangro, Sulmona, Casoli.

Malgrado le asperità naturali, tutta la zona è servita dalla « T » stradale formata dalla nazionale n. 17 (dell’Appennino Abruzzese) e dalla nazionale n. 86 (Frentana) che si incontrano ad angolo retto nei pressi di Roccaraso ; ma solo cinque dei nostri quattordici comuni si affacciano sulle due strade statali. La distanza da un estremo all’altro del comprensorio è di circa 85 chilometri.

Dal punto di vista economico ci troviamo nella zona più depressa di una delle regioni più depresse d’Italia. Ogni unità occupata nel­ l’agricoltura in Abruzzo (anno 1959) produce un reddito pari a lire 301.000. Il che significa che l’Abruzzo è al quindicesimo posto, rispetto alle diciannove regioni italiane. Seguono, in questa graduatoria della povertà agricola, l’Umbria, le Marche (la cui economia è però larga­ mente controbilanciata dal reddito prodotto dall’industria), la Basi­ licata e la Calabria (4).

Citiamo alcuni dati dall’Inchiesta parlamentare sulla disoccupa­ zione in Italia : 'l’Abruzzo presenta un reddito per abitante di lire 89.179, inferiore a quello della Sardegna e di pochissimo superiore a quello delle regioni più povere del Mezzogiorno.

« Mentre sotto la spinta della progressiva industrializzazione e del correlativo progresso economico e sociale la popolazione italiana nel

(4) Moneta e credito, a cura della Banca Nazionale del Lavoro, dicem­ bre 1960, pagg. 452-454.

(12)

suo complesso ha avuto uno sviluppo a seguito del quale dai circa 18 milioni di abitanti all’inizio del 1800 si è passati ad oltre 32 milioni all’inizio del secolo attuale ed a circa 47 milioni nel 1951, la popolazione abruzzese è rimasta in tutto questo periodo praticamente stazionaria ».

« ... dei 435 comuni della regione... ben 168 mancano di fognature e di essi 84 sono anche sforniti di pozzi neri od altri mezzi per la raccolta dei liquami... Nonostante le generalmente favorevoli condi­ zioni di approvvigionamento idrico, ancora esistono oltre 270 centri

senza acquedotto (sui 950 centri dell’Abruzzo) ».

« ... Il regime alimentare di queste popolazioni presenta solo aspetti negativi, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo... ».

A commento dei dati forniti sulla situazione della scuola ele­ mentare, « si vede che preoccupantemente scarso è il numero di quelle

che permettono di fornire agli alunni tutti e cinque gli anni di corso, mentre notevole è il numero delle scuole con non più di tre anni di corso e troppo largamente rappresentate sono altresì le scuole a classi plurime, le quali, come può dire chiunque ne abbia fatta esperienza, lasciano poco meno che analfabeti coloro che le hanno frequentate » (5).

Per quanto riguarda la nostra zona, i dati parlano chiaro : il 64% della popolazione del nostro comprensorio è dedito all’agricoltura in una regione in cui la popolazione agricola rappresenta ancora il 60% contro il già gravoso 42% dell’intero territorio nazionale.

Questa popolazione oltre tutto si dedica a una terra ingrata: « troviamo interessante mettere in evidenza un indice che, sebbene di grossa approssimazione, può darci, nei termini estremi con i quali si presenta, un’idea sufficientemente chiara deH’intrinseca povertà dei terreni di fronte ai quali ci troviamo : quello del reddito imponibile catastale ragguagliato alla superficie. Il territorio nazionale presen­ tava nel 1946 un reddito imponibile per ettaro di lire 253. L’Abruzzo e il Molise di lire 150. Le provincie dell’Aquila e di Chieti, nel loro com­ plesso, di lire 118. Il gruppo dei nostri comuni di lire 57 » (6).

C’è da tener conto che dalla data dell’inchiesta molti terreni hanno subito un forte degradazione a causa anche dell’abbandono, dei danni provocati dalle gelate, dalla fillossera e dall’erosione.

La produzione agraria forestale per ettaro (riferendoci alla sola superfìcie in coltura) è stimata in ragione di lire 32.200 ; il che significa

(5) B. Barberi, op. cit., pagg. 431, 467-468, 470, 546.

(6) G. Zucconi, Preliminari del piano di sviluppo economico. In: Centro Sociale, n. 22-23, pag. 46.

(13)

che siamo in questa zona a meno della metà della produzione unitaria abruzzese (lire 68.600 per ettaro), la quale a sua volta rappresenta poco più della metà di quella nazionale (lire 118.700 per ettaro).

L’alta incidenza dei seminativi a così elevata altitudine, la note­ vole quantità di superfìcie improduttiva, la polverizzazione della pro­

prietà fondiaria (il 40% delle par­ tite catastali relative all’intera zo­ na risulta avere più di cinque inte­ statari !), l’incidenza delle proprietà dei comuni (che rappresenta quasi la metà della superficie a dispo­ sizione degli agricoltori), il decadi­ mento dell’industria zootecnica, ecc.

ci fanno concludere con Marselli « che qui si ha la ventura di poter toccare con mano quasi tutti gli aspetti più patologici e negativi dell’agricoltura meridionale. Si po­ trebbe quasi dire che i diversi aspetti della questione meridionale si manifestino, in un simile am­ biente, in tutta la loro completez­ za e tragicità » (7).

Se, inoltre, siamo disposti a ri­ cordarci che i paesi della nostra zo­ na sono quelli della « linea Gustav » e che, dopo quindici anni, fatte po­ che eccezioni, la massa della popo­

lazione non ha ancora potuto rifar- m lralteesio: aree di sviluppo integrale . 1 N . . i t i i i in nero: aree di sviluppo ulteriore

SI Cli CÌO C ile ilei perduto durante lei in bianco: aree di sistemazione seconda guerra mondiale, i proble­

mi di questa « area di sistemazione » appaiono ancora più difficili da sistemare, ma l’appello alla comunità nazionale più giustificato.

Invitiamo chi legge a riconsiderare la famosa classificazione della SVIMEZ in aree di sviluppo integrale, aree di sviluppo ulteriore,

aree di sistemazione, illustrata nella cartina che precede.

(7) G. Ma r se lli, L ’ambiente fisico, demografico ed economico. In : Centro Sociale, n. 22-23, pag. 32.

(14)

Il comprensorio del Progetto appartiene a quelle aree di sistema­

zione le quali si estendono «sul 64% della superficie meridionale:

la popolazione che vi risiede è di 8,6 milioni di abitanti (50% della popolazione meridionale)... La scarsità di risorse di queste zone risulta evidente ove si consideri che esse comprendono tutte le regioni mon­ tane meridionali, che sono in gran parte disboscate, poco dotate di acqua, e quasi del tutto sprovviste di risorse minerarie » (8).

L’interesse del Progetto è nella domanda che ci siamo posti quando abbiamo scelto questo comprensorio : che cosa può fare un progetto di

sviluppo della comunità in una di queste zone di sussistenza?

La presente relazione risponde in parte a questo interrogativo. Ci siamo proposti un insieme di interventi non eccezionali, per una situazione che è, purtroppo, non eccezionale, e in questo contesto va intesa la parola « pilota » ; « pilota » perché riproducibile nelle molte situazioni analoghe che il Meridione presenta, proprio per la rappresen­ tatività della zona scelta e per la modestia dei fondi e dei mezzi impie­ gati ; « pilota » altresì per la speranza di rimorchiare in futuro quel piano di sviluppo economico della regione, che oggi non c’è.

Infine, per meglio comprendere il lavoro descritto in questa relazione, è opportuno accennare ad una caratteristica della nostra zona e della regione in generale, sulla quale l’inchiesta parlamentare citata insiste particolarmente.

Tra le cause della depressione « potrebbe essere messa al primo posto la mancanza di solidarietà reciproca tra uomini ed istituzioni responsabili del bene comune nel quadro della vita economica e sociale delle popolazioni abruzzesi e molisane ».

«... A motivo della mancanza di una vera e propria coscienza regionale di problemi economici abruzzesi e molisani, invece di affron­ tare le questioni di fondo dalla cui soluzione dipende il risolleva­ mento economico della regione ed il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, le categorie dirigenti della regione si sono contentate di contendersi vantaggi particolaristici, sfruttando situa­ zioni e relazioni personali.

Questa mancanza di socialità e di spirito associativo che fa di ogni provincia, di ogni centro e di ogni entità produttiva degli

(8) P. Saraceno, Lo sviluppo economico del Mezzogiorno. In: Atti del Congresso intemazionale di studio sul problema delle aree arretrate, Milano, 1954, pag. 29 e segg.

(15)

Abruzzi e del Molise un mondo a sé stante, più pronto alla reazione che all’azione, è una delle non ultime, se non la principale causa del mancato progresso economico della regione, troppo comunemente addebitato alla asperità del suolo ed alla mancanza di risorse o all’abbandono di essa da parte del Governo » (9).

In questa relazione, che segue, con qualche variante, lo schema della relazione che gli assistenti sociali presentano alla fine di ogni trimestre, le attività svolte vengono divise in due categorie :

1. Attività per il miglioramento dei servizi e delle iniziative esistenti. Sono le iniziative di sostegno, al servizio della scuola, degli ECA, dei Patronati scolastici e degli enti nazionali che interessano l’istruzione, l’assistenza, il lavoro. Per queste attività il Progetto non offre che la prestazione professionale del suo personale, con la tendenza, come verrà chiarito più avanti, a dare un valore economico a questa prestazione e a « vendere » questi servizi, quando gli enti ne realizzano la necessità.

2. Attività autonome del Progetto, suddivise in :

A) Attività di organizzazione della comunità per l’esecuzione di

progetti locali; B) Attività di assistenza tecnica in campo economico;

C) Attività culturali.

Queste attività vengono amministrate in proprio dal Progetto, sul cui bilancio tuttavia raramente gravano per intero. Ma, più che per l’aspetto amministrativo, si distinguono dalle prime perché sono svincolate dalle istituzioni esistenti e non hanno quel carattere ripa- ratorio (del non funzionamento o della non funzionalità delle isti­ tuzioni) che le attività di sostegno presentano ; contengono inoltre un elemento di esemplarità e di promozione, che suggerisce nuovi servizi o stimola addirittura nuovi bisogni.

Molto spesso la linea di demarcazione tra queste categorie ha carattere temporaneo, esiste solo formalmente oppure dipende dal punto di vista. Quello che noi consideriamo un servizio prestato al Patronato scolastico, forse da parte del Patronato scolastico verrà

(16)

riportato come un lavoro fatto per il Progetto o per l’UNRRA Casas ; così il lavoro svolto per la realizzazione del piano AAI per l’assi­ stenza scolastica viene qui considerato al servizio dell’AAI, mentre forse l’AAI lo considera un servizio reso al Progetto.

Già in questa distinzione è implicita una fondamentale differenza tra un progetto di sviluppo della comunità in un’area depressa ita­

liana ed un progetto che operi nel Ghana o nel Pakistan.

Nelle nazioni di nuovo sviluppo i progetti molto spesso pre­ corrono gli istituti e le leggi, e segnano il cammino che la legisla­ zione o gli enti dovranno percorrere. I nostri paesi invece si pre­ sentano con tutti gli attributi e gli istituti della vita civile, ma quasi nessuno di questi istituti funziona e nella generalità dei casi questi istituti non corrispondono a dei « servizi » nella considerazione di chi dovrebbe fornirli, né in quella di chi dovrebbe riceverli.

C’è un chiarissimo non ancora in tutte le situazioni che un progetto di sviluppo della comunità affronta nei paesi nuovi (risorse

non ancora sfruttate, professioni non ancora istituite, leggi non ancora

applicate, ecc.). Ma un progetto di sviluppo della comunità in Italia deve fare i conti con tutto quello che è stato già detto e già fatto. In altre parole, nei paesi « nuovi » un progetto è decisamente proteso al futuro, da noi deve avere una testa di Giano bifronte volta ad interrogare il passato ed a suggerire il futuro.

Un progetto di sviluppo della comunità in Italia intraprende un lungo cammino, durante il quale, a ogni tappa, s’accorge che di lì è già passato qualcuno, il quale ha divorato le provviste spirituali della comunità, promettendo aiuti che non sono stati dati, promul­ gando leggi che sono rimaste inoperanti, promuovendo inchieste che vengono dimenticate, suggerendo provvidenze inadeguate.

Non si può sollecitare la partecipazione e l’iniziativa delle popo­ lazioni, se la fiducia nell’avvenire non c’è. Il dare questa fiducia, d’altra parte, esula dalle nostre modeste possibilità.

Questo rapidissimo accenno introduce molte delle difficoltà che in questa relazione vengono analizzate, spiega perché abbiamo potuto adoperare ben poco della metodologia ormai tradizionale per i pro­ getti di sviluppo della comunità, e dichiara quale è in sostanza la ambizione del Progetto : la ricerca di un metodo di lavoro adeguato alla situazione del Mezzogiorno.

(17)

E. Schwab, Unes

II. Attività per il miglioramento dei servizi

e delle iniziative esistenti

Riconsiderando il lavoro di questi due anni, possiamo dire che in questo settore il Progetto ha realizzato poco, ma ha imparato mol­ tissimo. Trattandosi anzi di un’attività « di sostegno », di nessuna rea­ lizzazione possiamo appropriarci.

Ci siamo occupati della scuola dell’obbligo in tutti i paesi, attac­ cando il problema dell’assistenza scolastica sociale e sanitaria, il pro­ blema dei doposcuola, quello dell’addestramento dei maestri dei dopo­ scuola, collaborando con i Patronati scolastici ; una realizzazione concreta che appartiene all’AAI, ma per la quale abbiamo dato molte energie, è rappresentata dalla refezione scolastica estesa e notevol­ mente migliorata in tutta la zona; mentre la realizzazione dei dopo­ scuola residenziali, o « pensionati », per l’adempimento dell’obbligo scolastico, è stata assunta in proprio dal Progetto, motivo per cui non se ne parla qui, ma nel capitolo dedicato alle attività autonome; nulla abbiamo potuto fare invece per una migliore organizzazione delle colonie estive; la questione è oltre tutto legata a quella dell’assi­ stenza sanitaria scolastica, per la quale si è lavorato con buoni risultati nei comuni di Lama, Colledimacine e Taranta.

Ci siamo occupati in vari paesi dell’organizzazione e vivificazione della Pro Loco e di nostro, per ora, non c’è che uno studio sul turismo in alcuni paesi. Un aspetto particolarmente interessante di questa col­ laborazione con la Pro Loco è dato dall’organizzazione della mostra dell’artigianato a Pescocostanzo nell’agosto I960, per la quale abbiamo

(18)

avuto tra l’altro una consulenza che apre prospettive interessanti di collaborazione con il Museo Nazionale di Arti Popolari.

Ci siamo adoperati perché la scuola di merletto di Pescocostanzo fosse riaperta ; la scuola rappresentava un « bisogno sentito » dalla popolazione, oltre che un motivo di prestigio per il paese. La nostra azione si è esplicata in modi tutt’altro che appariscenti, mirando tra l’altro al necessario ricambio degli elementi direttivi e tecnici rispetto al passato ; oggi è impegnata nella direzione della scuola, a titolo volon­ tario, una persona della cui preziosa collaborazione il paese non si era mai avvantaggiato; una nostra preoccupazione, come è noto, è quella di « occupare civicamente » l’intera popolazione e particolar­ mente le persone che godono di una elevata posizione sociale.

Nessuna attività, neppure di sostegno, abbiamo svolto rispetto alle quattro cooperative agricole esistenti, dopo la preliminare perizia di Albert Meister; la prognosi riservatissima ci ha consigliato di tenerci lontano da esse, per non rischiare di presentare l’assistenza tecnica in agricoltura sotto la veste di esecutore testamentario.

Abbiamo facilitato il funzionamento dei Centri di lettura, ma di questo si tratterà a proposito delle attività culturali, giacché, in questo campo, i risultati dell’ « azione di sostegno » sono del tutto marginali rispetto a quelli ottenuti dall’azione svolta in proprio dal Progetto nel campo delle attività culturali.

Aggiungendo qualcosa sulle sporadiche collaborazioni prestate all’ONMI e agli ECA, il discorso potrebbe finire qui, se l’esperienza non ci avesse suggerito molte considerazioni e propositi per il futuro.

Queste considerazioni e questi propositi si limitano al settore dei servizi assistenziali, distinti in servizi locali e servizi che dipen­ dono da enti nazionali.

1 . Servizi assistenziali locali

Nel settore dei servizi assistenziali gli assistenti sociali del Pro­ getto hanno svolto un’attività di assistenza tecnica. Questa assistenza tecnica presenta due gravi limiti : l’uno è dato dalla stessa dimensione dei comuni nei quali operiamo, l’altro dal fatto di essere un’assistenza tecnica non richiesta.

Come è noto, ci occupiamo di piccoli comuni (due con meno di 1.000 abitanti, tutti gli altri non al disopra di 4.000 abitanti).

(19)

In questa dimensione un servizio significa una, persona; in alcuni casi questa persona cumula un numero di cariche; per di più il destino pubblico di questa persona è spesso legato alle vicende delle elezioni amministrative. Tutto questo significa che l’azione di assi­ stenza tecnica si è risolta in un aiuto fornito da una persona di buona volontà, e non rappresenta quell’azione di sostegno alle istitu- tuzioni che ci proponiamo. Finché i problemi di assistenza tecnica non diventano un problema sentito dall’intera comunità, si corre così il rischio di svolgere un’azione di cui non resta traccia.

Il secondo ostacolo è direttamente connesso a questa conclusione. Il modo in cui viene amministrata l’assistenza pubblica in questi paesi manifesta uno stato di depressione civile fin qui trascurato e rappresenta un anello molto importante della loro spirale involutiva.

Viviamo qui, come in gran parte di questo finto welfare state che è l’Italia, in una età di mezzo : si è affievolita la vera voce della carità e quella del diritto all’assistenza non si fa ancora sentire. Nel­ l’opinione corrente di questi nostri paesi la miseria è una fatalità, e, per corollario, gli enti assistenziali sono ancorati ad una forma di assistenza elemosiniera con una debolissima facciata istituzionale.

In una zona come la nostra, a bassissima tensione politica e reli­ giosa, l’assistenza ECA o quella del Patronato scolastico mantiene ed anzi incrementa la cronicità degli stati di bisogno, lasciando decadere, per il suo carattere impersonale, quei valori morali che un tempo

ispiravano le comunità (10).

Il punto della spirale involutiva che abbiamo aggredito, in una azione che coinvolge tutta la comunità, è quello dei criteri che si seguono abitualmente per dare aiuto all’uno o negarlo ad altri.

I criteri assistenziali vigenti sono spesso di una pericolosa inge­ gnosità. In un comune, per esempio, particolarmente povero, il modo di distribuire le ottanta razioni della refezione tra una popolazione scola­ stica composta di circa quattrocento bambini, era quello di diffondere la voce (testuali parole del presidente del Patronato scolastico), che è vergo­

gnoso usufruire della refezione scolastica. In tutti gli altri paesi la preoccupazione era di contentare tutti, facendo mangiare quindici giorni

un gruppo di bambini e quindici giorni un altro.

Gli stessi criteri valgono per gli aiuti ECA, per la sporadica

(10) V. Mora, Idee e problemi p er un servizio sociale negli enti locali. In : Convegno di studio su esperienze di servizio sociale negli enti locali, Ber­ gamo, 1959.

(20)

distribuzione dei pacchi della POA ecc. Questo nel migliore dei casi, quando, ossia, non ci si serva di questi aiuti per ricatto o per con­ traccambio dei piaceri personali o elettorali.

Portare l’ECA, il Patronato scolastico o l’intera comunità a deci­ dere sui criteri assistenziali, è «per il Progetto un impegno morale, oltre che una questione tecnica.

Il problema dei criteri assistenziali è inoltre collegato a quello di una buona amministrazione. Gli ECA, i Patronati, lamentano di non avere fondi. Il nostro lavoro in alcuni casi ha potuto dimostrare che, là dove esiste un programma, capito e accettato dalla comunità, questa è tuttora capace di generosità impensate.

I nostri assistenti sociali si sono impegnati per la raccolta di fondi a favore dei Patronati scolastici e questo esercizio di reperire i fondi localmente riporta all’attenzione della cittadinanza questi istituti, che vengono sentiti come estranei alla comunità.

Questa azione è legittima, se va di pari passo, naturalmente, con quella che mira a sviluppare la democraticità potenziale (la rap­ presentanza dei cittadini negli organi direttivi) degli ECA o dei Patronati. In cifre, i risultati di questa campagna a favore del Patronato sono per ora modesti.

A L., con grande impiego di energia durante una campagna protrattasi per mesi, si è riusciti a raccogliere circa 400.000 lire, mentre la raccolta organizzata spontaneamente dagli stessi cittadini per una delle tante feste del paese ha superato di gran lunga, nel giro di pochi giorni, questa cifra.

Purtroppo non si tratta solo della destinazione di somme rac­ colte localmente ; le stesse autorità centrali indulgono al « bisogno di prestigio » di questi paesi, a scapito di bisogni assai più ovvii ma meno sentiti. A T., su 1.800.000 lire raccolte per edificare il secondo monumento, quello dedicato alle vittime civili, ben 400.000 lire sono state erogate dalla Prefettura.

In molti casi le autorità locali non sono favorevoli a chiedere soldi alla popolazione, in parte per la temuta impopolarità di queste richieste, in parte per la presunta illegalità del contributo delle famiglie, in parte perché vedono il diritto alla rendicontazione, acquisito dai contribuenti, come una perdita di prestigio.

Questa non richiesta attività di sostegno agli enti assistenziali locali rappresenta l’aspetto più impopolare del nostro lavoro, perché da una parte si rifiuta di svolgere il lavoro caso per caso, dall’altra viene vista come un’azione di disturbo del quieto vivere di questi enti,

(21)

T a b . 1 . - V a lu t a z io n e in d iv id u a le de i r a p p o r ti de l P r o g e tt o c o n g li e n ti lo c a li , i s e r v iz i e d u c a ti v i e s o c ia li lo c a li , la p a r r o c c h ia e le o p e r e c a r it a tiv e n e l b ie n n io 1 9 5 8 -1 9 6 0 l i g i + 0 + 0 + + 0 0 + + J 0 03 Í 3 0 0 0 0 0 + + o + + + + + o + 0 + + C en tr o le tt u ra o a lt re is ti tu z. p er a d u lt i + I + + + Q 1 1 o | o + | I O P ro -L o co o a zi en d a a u to n o­ m a tu ri sm o + ® 1 1 ® o | | | 1 1 1 I I ! Is ti tu ti d i p a tr on a to 0 o o + + IN C A 0 o 0 + O N A R M O + IN C A o 0 o O N M I O O ¡ O O Q + + 0 | o + I o o P a tr o ­ n a to sc ol a st ic o 1 1 + 1 + + + + O O Q + + + O + + 0 + Q + + S cu ol a i + + + + + + + + , + + ® + + + ® + + V et er i­ n a ri o + + 1 0 + 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 C on d ot ta m ed ic a + 0 o + o o + + + 0 0 0 + 0 0 E C A 0 + 0 ++ o + 0 o o o 0 0 0 0 C om u n e + + + _ L _ _ L 4 _ + + Q + + + + I I I I + + + +- Ì - + + + + + + + + + + P a e s i sc o co sta n z o is o n d o li c c a p ia le ta (f ra z io n e ) cc a ra so (f r a z io n e ) le n a ll ed im a ci n e r a n ta n te n er o d o m o r r ic e ll a (f ra z io n e ) r r ic e ll a m a berale z o fe r r a to o p a le n a § a o o <3

P I

(22)

piuttosto che di fiancheggiamento e di valorizzazione di programmi, che per verità non esistono.

Di questa attività è assurdo voler vedere i risultati a così breve scadenza, sia perché implica un radicale, ma lento, mutamento di atteggiamenti, sia perché il programma di lavoro di un anno non può investire né tutti gli enti né tutto l’insieme dei loro fini istituzionali. Il prospetto che riportiamo (tab. 1) è solo un primo tentativo di impostare la valutazione in questo settore. I risultati sono confor­ tanti se si tiene conto di un fatto importantissimo, che in proposito non abbiamo mai ricorso alle autorità tutorie di questi enti, non abbiamo mai aggirato la situazione, ottenendo ordini dall’alto perché la colla­ borazione si realizzasse, o perché una delibera comunale venisse appro­ vata. Questo, nell’interesse di provare seriamente, senza interferenze, le effettività e i limiti di un’azione dal basso, e per un rispetto scrupoloso delle istituzioni, che vogliamo rendere vitali e non invece adoperare per dimostrare ai paesi interessati o in altre sedi i risultati del nostro lavoro.

2 . Enti nazionali

Se rispetto agli enti assistenziali locali l’assistente sociale svolge un’azione di assistenza tecnica, rispetto agli enti nazionali si profila una serie di funzioni delegate; gli assistenti sociali lavorano come dei corrispondenti periferici di questi enti ; l’UNRRA Casas potrebbe stabilire una serie di convenzioni con gli enti nazionali più importanti, affinché questi, utilizzando gli assistenti sociali, possano realizzare il loro programma nei comuni più lontani dalle sedi provinciali.

Gli enti a carattere nazionale non dispongono di un’organizza­ zione che abbia la capillarità necessaria, né manifestano per ora la volontà di essere noti in periferia, malgrado la dilagante istituzione degli uffici di relazioni pubbliche.

In uno studio che stiamo completando sull’emigrazione negli ultimi anni nella nostra zona, ove il movimento migratorio è così imponente, alla richiesta fatta agli interessati di nominare un ente che si occupa dell’assi­ stenza all’emigrante, quasi nessuno degli intervistati ha saputo fare un nome o una sigla. E’ da notarsi che l’inchiesta si è indirizzata, in alcuni comuni, alla totalità delle famiglie interessate all’emigrazione.

La potenziale clientela di questi enti dirada in modo impressio­ nante, via via che ci si allontana da Roma o dal semplice capoluogo di provincia.

(23)

Questa affermazione sarà opportunamente convalidata dalle risul­ tanze di due indagini che abbiamo promosso: l’una fa perno sugli Uffici provinciali del lavoro, l’altra sulle Federazioni ONMI e sugli Uffici provinciali dell’Ente Nazionale Assistenza agli Orfani dei Lavo­ ratori Italiani (ENAOLI) e dell’Ente Nazionale per la Protezione Morale del Fanciullo (ENPMF), all’Aquila e a Chieti.

Non solo questi enti non sono noti nei nostri paesi, e non solo ignorano i piccoli comuni ; il problema più grave è che, nel cammino della pratica assistenziale da questi paesi alla provincia, si incontrano vari mediatori interessati, l’ultimo dei quali ricorre alla raccomanda­ zione del deputato. Il ricorso al deputato in alcuni casi è una scorciatoia, in altri una divagazione. Comunque il sistema diluisce il concetto di pre­ stazione che l’ente è tenuto a fornire, esautora il contenuto delle disposi­ zioni legislative e svuota di ogni prestigio le autorità locali.

Per capire il ruolo dell’assistente sociale delegato dagli enti, occorre distinguere due situazioni : quella di enti che hanno avviato in deter­ minate provincie un programma sperimentale (si parla infatti di provincie pilota) e quello di enti che lavorano in tutto il territorio nazionale in maniera indifferenziata.

Per il secondo punto non abbiamo esperienza che non sia quella delle pratiche svolte caso per caso; l’opportuno smistamento dei casi spesso ha alleviato il comune di spese che impropriamente si addossava.

Per il primo aspetto abbiamo l’esperienza sistematica fatta a sostegno del piano AAI per il miglioramento dell’assistenza scolastica in tutta la zona. L’attività degli assistenti sociali è stata valutata, nel computo dei vari contributi necessari per realizzare il programma, pari al decimo della spesa globale.

Stabilendo dei patti chiari con l’ente nazionale, da una parte si offre ad esso la possibilità di realizzare il programma e dall’altra si elimina il disagio che l’assistente di comunità prova nel constatare di fare un po’ di tutto e un po’ per tutti, senza un preciso mandato.

La politica del Progetto è quella di non chiedere agli enti inter­ venti straordinari, ma semplicemente di realizzare anche in questi paesi ciò che è scritto nelle loro carte istituzionali.

I problemi di questi comuni non sono soltanto connessi alla per­ manente crisi dell’economia agricola, non solo alla crisi degli enti locali, ma anche al diverso trattamento che lo Stato italiano e gli enti riservano alla popolazione dei piccoli comuni.

(24)

III. Attività autonome

del Progetto

Una madre accompagna la figlia al dopo­ scuola residenziale.

A ) Attività di organizzazione della comunità per l’esecu­ zione di progetti locali

Non possiamo presentare a conclusione del primo biennio di lavoro un lungo elenco di realizzazione di « progetti locali » : un asilo estivo a Roccapia, la costruzione di un ponte nella frazione di Carceri Alte (Ateleta), i « doposcuola residenziali » di Castel di Sangro, Palena e Casoli per l’adempimento dell’obbligo scolastico fino a quattordici anni, la costruzione degli abbeveratoi di Pescocostanzo, la mostra del- l’artigianato a Pescocostanzo.

Ci soffermiamo sull’iniziativa dei così detti pensionati o dopo­ scuola residenziali, sia perché questa ha largamente impegnato le nostre energie nel biennio, sia perché il metodo seguito ed i risultati ottenuti si prestano ad interessanti generalizzazioni, sia infine perché rappresenta un esempio tipico di quell’azione combinata per cui è possibile raggiungere molti obiettivi insieme a quello specifico al quale

(25)

l’azione è destinata, e creare sul piano sociale una specie di reazione a catena.

Una delle prime certezze acquisite nella fase esplorativa del nostro lavoro (durante questa fase gli assistenti sociali hanno fatto una serie di interviste a schema libero, in ogni paese) è stata l’impor­ tanza che la popolazione attribuisce all’adempimento dell’obbligo sco­ lastico fino a quattordici anni. E’ convinzione diffusa che la quinta elementare non basta né per emigrare, né per imparare un mestiere. Questa constatazione, raccolta casa per casa, contrastava sia con quanto gli insegnanti dichiaravano sul disinteresse della popolazione per la scuola, sia con la realtà dei fatti, perché nella nostra zona sono pochissimi i bambini che vanno oltre la quinta elementare e non tutti arrivano alla quinta.

I dati ufficiali relativi alla regione erano talmente evidenti da sconsi­ gliare come superflua, almeno per il momento, una rilevazione diretta. Su 100 bambini iscritti, l’Abruzzo presenta 22 ripetenti (il fenomeno ripetenza si presenta assai più diffuso che in Sicilia, Lucania, Campania, P u glie!).

Su 100 iscritti alla prima elementare ne arrivavano alla quinta 42 soltanto.

II nostro comprensorio, isolato dalle montagne e periferico rispetto alle due provincie di cui fa parte, si presume rappresenti un punto di con­ centrazione dei fenomeni denunciati da queste cifre (11).

Era ovvio che la difficoltà delle comunicazioni durante il lungo inverno e la scarsa attenzione che le autorità locali avevano dedicato al problema perpetuassero questa situazione.

Nello stesso ottobre 1958 in cui cominciammo a lavorare nella zona, uno dei nostri assistenti sociali organizzò un gruppo di famiglie di una frazione di Roccaraso (Pietransieri) perché tentasse di risolvere il problema della scuola post-elementare con le proprie forze, visto che non potevano contare su altre. In questo caso la sola soluzione logica era quella di far risiedere i bambini a Rivisondoli, sede della più vicina scuola di avviamento.

Il piccolo pensionato fu istituito, le famiglie presero in affitto il locale, scelsero un locale vicino alla parrocchia perché il parroco di Rivisondoli, insegnante della scuola di avviamento, potesse più facil­ mente avere cura dei bambini, scelsero una donna di loro fiducia che 11

(11) I dati sono estratti da: L a scuola italiana dal 19i6 al 1953; Ministero della Pubblica Istruzione, Roma, 1953.

(26)

dirigesse la casa e preparasse i pasti, portarono viveri, legna, letti, materassi.

Nell’ottobre del 1959 si istituirono altri due pensionati a Palena ed a Casoli, questa volta non solo mobilitando le famiglie, ma tutte le risorse dei comuni di provenienza dei bambini ospitati, nonché quelle dei comuni che ospitano i pensionati.

Così, per esempio, il pensionato di Casoli ha ottenuto aiuti in denaro dai comuni di Lama dei Peligni, Casoli, Taranta Peligna, Col- ledimacine, Palena e dall’ECA di Casoli. L’ONARMO di Casoli ha fornito un cospicuo contributo in viveri ed ha messo a disposizione il suo servizio di mensa. Gli arredi sono stati forniti in parte dalle fami­ glie, in parte dall’UNRRA Casas.

I bambini hanno potuto usufruire per i libri di testo della biblio­ teca circolante scolastica « C. Franceschi » istituita dal Progetto con un fondo di circa 400.000 lire raccolto fra privati.

In questo modo, con un contributo di solo 7.500 lire mensili, le famiglie hanno potuto consentire ai figli la frequenza alla scuola media.

Se si considera che la retta minima mensile degli istituti di Sul­ mona o di Chieti è sulle 25.000 lire mensili (oltre all’inconveniente della grande distanza che separa i bambini dalle famiglie), ci si può rendere conto che questi pensionati offrono la completa soluzione della frequenza alla scuola dell’obbligo, ove non risulti conveniente né la istituzione di altre scuole né il trasporto degli scolari.

Ad esempio, a Colledimacine, con l’entrata in funzione dei pensio­ nati, si è raggiunto lo scopo di permettere la frequenza alla scuola dell’obbligo al 90% dei ragazzi che avevano terminato la scuola ele­ mentare. Negli altri paesi in cui si è operato in questo senso, si può parlare di una percentuale variabile tra il 70-75%.

La retta a carico delle famiglie è risultata inferiore a Palena (lire 5.000 mensili) perché si è potuto usufruire della refezione AAI e degli aiuti avuti da una scuola canadese tramite il Save thè Children Fund.

E’ interessante notare come, con tutti questi accorgimenti, si possa arrivare ad una cifra pari a quella delle borse di studio previste per gli scolari bisognosi (30-60.000 lire per l’intero anno scolastico) dal Ministero della Pubblica Istruzione. Queste borse fino ad oggi rappresentano un aiuto per chi è già in grado, con qualche sacrificio, di mantenere un figlio agli studi fuori del paese di residenza. Mentre potrebbero rappresentare nel futuro l’intera copertura di quanto è

(27)

necessario ad un bambino, del tutto sprovvisto di mezzi, per prose­ guire gli studi.

Il risultato dal punto di vista del profitto scolastico è stato ottimo (tutti promossi tranne due), se si considera che gran parte di questi bambini provenivano da frazioni sperdute tra le montagne o da paesi ove, comunque, la scuola elementare ha presentato gravi carenze.

A partire dall’ottobre 1960 i pensionati si sono sviluppati come segue :

a Palena, nei locali del Centro sociale dell’UNRRA Casas, con

13 bambini che provengono dalle frazioni più periferiche di Torricella, dalla stazione di Palena e dal comune di Colledimacine ;

(28)

<x Gasoli, in locali presi in affitto, con 22 bambini che frequen­

tano la scuola media di Casoli, e provengono da Lama, Palena, Taranta, Colledimaeine ;

a Castel di Sangro, in tre appartamenti presi in affitto, per la

frequenza della scuola media e 'd i avviamento, con 38 bambini che provengono da Roccapia, Palena, Montenerodomo, Carceri Alte, Piz­ zoferrato e frazioni, Gamberale e frazioni;

a Rivisondoli, attualmente preso in gestione dall’Opera Religiosa

Morale Alto Sangro.

Si è preferito usare, a partire da quest’anno, il nome di « dopo­ scuola residenziale » invece che di «pensionato», perché la parola « dopo­ scuola » spiega le attività che vengono svolte dopo la normale frequenza alla scuola (assistenza ai compiti, attività culturali e ricreative orga­ nizzate) e nella speranza che con questo nome sia più facile ottenere aiuti dal Ministero della Pubblica Istruzione e dai Patronati scolastici e conseguire qualche forma di riconoscimento per i maestri incaricati dell’assistenza ai bambini.

Abbiamo parlato dell’istituzione dei pensionati come di un esem­ pio di « organizzazione della comunità ».

Per raggiungere questi risultati abbiamo infatti mobilitato tutte le famiglie, che hanno avuto in mano l’iniziativa dal principio alla fine, e si sono cimentate ad amministrarla, abbiamo tenuto un numero indefinibile di riunioni, smosso tutte le autorità locali (cinque sindaci erano presenti all’ultima riunione del consiglio direttivo del pensio­ nato di Casoli !), abbiamo sollecitato l’aiuto dei Patronati scolastici, degli ECA, abbiamo fatto un improbo lavoro per far capire in provincia che si trattava di « un bisogno sentito » e che i pensionati non avevano scopo di lucro.

Tutto questo può sembrare sproporzionato all’obiettivo raggiunto, se non si considera la « reazione a catena » che il modo seguito per raggiungere questo obiettivo ha prodotto :

«•) Le famiglie hanno agito da stimolo sulla pigra e scettica organizzazione scolastica, dimostrandosi più interessate ai problemi della scuola di quanto le autorità scolastiche locali giudicavano ; e questo significa aver operato per un accostamento famiglia-scuola,

(29)

E . Schwab, Unesco

Si parla, con l’ assistente sociale, del doposcuola residenziale.

(30)

Le interviste libere sono un’ attività importante degli assistenti sociali del Progetto.

(31)

che andrà col tempo maturando perfino in quelle sempre auspicate associazioni scuola-famiglia di cui nell’Italia meridionale non si tenta per ora l’esperienza.

b) Si è realizzata una schietta collaborazione perfino tra fami­

glie di più comuni e tra autorità di più comuni. Si è avuto addirittura il caso della famiglia che devolve a favore del pensionato parte della borsa di studio assegnata al bambino ; sono particolari di nessun rilievo per chi non sa che, di fronte ad ogni iniziativa proposta, l’obiezione ricorrente è sempre quella « che questa gente non sa collaborare ».

c) Il problema della scuola post-elementare non solo è diventato

un problema di tutta la comunità e possiamo dire di tutto il compren­ sorio, ma l’atteggiamento tradizionale della miracolistica attesa dello Stato è stato scosso da questa esperienza e, per la prima volta, si guarda a un istituto locale, come il Patronato scolastico, non come all’ente da cui sperare un paio di scarpe o dei libri di testo, ma come a un istituto sul quale appoggiarsi per introdurre dei cambiamenti radi­ cali nella vita del proprio paese.

A chi ci chiedesse quale è stato il contributo del Progetto, pos­ siamo rispondere che il contributo fornito è stata la prestazione pro­ fessionale dei nostri assistenti sociali, che hanno saputo sollecitare e combinare le varie risorse locali, animare i gruppi dei genitori, inte­ ressatissimi ma scettici, assisterli negli inevitabili conflitti che sor­ gevano, vigilare affinché l’iniziativa restasse una responsabilità col­ legiale, proteggerla dal pericolo che diventasse un istituto, staccato quindi dalla diretta responsabilità delle famiglie.

Questo contributo ci vien fin troppo riconosciuto, al punto che l’iniziativa rischia di essere considerata un’iniziativa dell’UNRRA Casas.

Il problema urgente che dobbiamo affrontare, per ovviare a que­ sto eccesso di stima, è quello della veste giuridica da dare a questa iniziativa dal basso.

Le possibili vie che abbiamo considerate sono due :

1) sollecitare i Patronati scolastici, e in questo caso i Consorzi provinciali dei Patronati scolastici, a fare propria l’iniziativa.

(32)

Questa via per ora è risultata impossibile, perché il Consorzio dei Patronati scolastici esiste solo come comitato promotore di una colla­ borazione tra più comuni, e i singoli Patronati scolastici, finché non si farà luce sul Piano della scuola, non sanno esattamente cosa fare, per chi e con quali mezzi;

2) l’altra via, quella che seguiremo, è la costituzione di una associazione di famiglie, che assumerà la gestione dei doposcuola

residenziali e potrà col tempo stabilire un rapporto sia con il Centro didattico per i rapporti scuola-famiglia, sia con i Patronati scolastici. Questa associazione, sulla quale riponiamo molte speranze, rappre­ senta un vincolo formalmente istituito tra la popolazione di più comuni e forse l’elemento concreto per la democratizzazione dei Patronati scolastici.

Siamo consapevoli di avere realizzato con i doposcuola residenziali un’iniziativa esemplare e di aver tracciato, per il modo con il quale è stata realizzata, una pista utile a noi e ad altri. Questa realizzazione colma il vuoto che resta in ogni caso tra le disposizioni legislative e i bisogni reali : questo vuoto può essere colmato solo dalla collabo- razione civica e dall’iniziativa locale e rappresenta l’area in cui i progetti locali devono poter operare.

C’è una concezione paternalistica dei progetti locali, che noi rifiu­ tiamo : i progetti locali possono rappresentare una dimostrazione di buona volontà, che alcuni enti esigono per decidere se la comunità merita o non merita aiuto.

C’è una concezione terapeutica dei progetti locali : questi vengono consigliati come una specie di esercizio ginnico per correggere insuf­ ficienze o complessi ; in questo caso i progetti locali sono una ginnastica fine a se stessa.

C’è infine una concezione dispettosa, quella di cui si ha un clamo­ roso esempio in Italia, e che in sostanza dice : « Guardate che cosa sappiamo fare a dispetto del governo ».

Per noi i progetti locali sono una necessità, in un paese povero, che sperpera tanto denaro pubblico, che presenta un’amministrazione fortemente centralizzata, troppo ignara dei problemi locali, e così scarsamente amata. I progetti locali sono infine un’occasione preziosa per dare un’esperienza amministrativa ai molti esclusi dal potere, in paesi ove il problema del ricambio della classe dirigente è fondamentale. 26

(33)

B ) Attività di assistenza tecnica in cam po economico

Uno degli abbeveratoi ripristinati a Pescocostanzo.

1. Assistenza tecnica agricola (12)

Il Progetto, come è noto, impiega dieci assistenti sociali e due tecnici agricoli. Non possiamo affermare che questo sia il dosaggio giusto e dobbiamo anche riconoscere che in parte esso è accidentale, in quanto il Progetto è stato promosso da un Ente che, per il suo programma sociale, assume tuttora soltanto assistenti sociali.

(12) La prima parte di questa relazione è stata redatta dal dott. P. Sergi, direttore dell’Ufficio studi agricoli del Progetto e futuro dirigente del Nucleo di assistenza tecnica.

(34)

Tuttavia c’è una fondamentale ipotesi di lavoro alla base del Progetto Abruzzo, per cui questa proporzione tra tecnici agricoli ed assistenti sociali potrà e dovrà attenuarsi, ma la sfera d’azione asse­ gnata all’assistente sociale per il lavoro di comunità resterà prepon­ derante; se il progresso tecnologico ed economico è insufficiente a determinare lo sviluppo di una comunità ed è vero che l’aumento del reddito non porta automaticamente a forme di vita più civile, l’inter­ vento sui fenomeni di depressione ambientale e civile investe un lar­ ghissimo campo d’azione ed è la necessaria preparazione e condizione di consolidamento dell’intervento economico.

Per quanto poco si sappia in teoria sull’interazione dei fenomeni di depressione ambientale, civile ed economica, l’esperienza ci insegna che le cooperative falliscono dove non c’è abitudine a cooperare (ci si dimentica troppo spesso che il movimento cooperativistico scandinavo è sorto quando da cinquanta anni vigeva l’istruzione obbligatoria fino ai quattordici anni), che l’emigrazione fallisce ove sono carenti l’istru­ zione elementare e l’addestramento professionale.

Questa ipotesi di lavoro è tanto più giustificata in una zona come la nostra, ove parte dei problemi dell’economia agricola sono strettamente connessi a fattori culturali e sociali, oltre che all’arretra­ tezza tecnologica, e ove il problema dell’emigrazione ha un’importanza decisiva per la creazione di una situazione di equilibrio economico.

La nostra esperienza in tema di assistenza tecnica agricola è ancora acerba, se si considera che solo nel gennaio 1959 si è aperto a Pescocostanzo un Ufficio studi agricoli, grazie alla generosa colla­ borazione della Società Shell che ha distaccato presso il Progetto un suo tecnico formatosi a Borgo a Mozzano.

L’azione di assistenza tecnica dell’Ufficio studi agricoli del Pro­ getto ebbe inizio attraverso una fase preliminare di studio condotta in collaborazione con l’Istituto di Economia e Politica Agraria dell’Uni­ versità di Portici, diretto dal prof. Rossi Doria.

Dopo circa un anno di attività l’Ufficio studi si è gradualmente inserito nel Consorzio di Bonifica Alto Sangro preparando la rela­ zione e la relativa perizia per la richiesta alla Cassa per il Mezzogiorno di un Nucleo di assistenza tecnica, destinato ad operare alle dipen­ denze del Consorzio nella zona centrale del nostro comprensorio.

Sulla base di intese ufficiose con il Consorzio, l’UNRRA Casas ha assunto nel febbraio 1960 un dottore in agraria formatosi al Centro studi della Shell a Borgo a Mozzano. Quando nel giugno scorso la

Riferimenti

Documenti correlati

In altre parole, si accorsero che la televisione permetteva di con­ centrare l’attenzione del pubblico su pochi oggetti artistici, di metterne in valore i

riottosità degli Abruzzesi, anche in epoca recente, ad accettare le novità della civiltà meccanica e le idee e i costumi ad essa adeguati, sono da spiegare

Centro Sociale inchieste sociali servizio sociale di gruppo educazione degli adulti sviluppo della comunità.. INDICI DEI FASCICOLI 32-42

-* E ’ certo che il vicinato ha avuto una funzione sociale e psicologica importante nella vita di questa piccola comunità come mezzo di trasmissione della

I dati statistici nudi, ri­ guardanti la delinquenza giovanile e il delitto, sono difficilmente utilizzabili sen­ za complesse elaborazioni : mancano infatti i

Riconosciuta la necessità della in­ tegrazione continua dell’indagine ur­ banistica e di quella sociale, ricono­ sciuta anzi l’inscindibilità di questi momenti di

Da quel momento, infatti, prende­ ranno corpo due filoni più o meno paralleli di attività teatrale : popolare l’uno, legato a forme minori e subalterne di

Anche gli psicologi, nonostante, è il caso di dirlo?, la loro psicologia, si sono dimostrati allievi di notevole levatura, impersonando ottimamente, e con