• Non ci sono risultati.

L'attività di “lobbying” svolta dalle Regioni in sede europea.

Le Regioni dal Trattato di Maastricht al Trattato che istituisce una “Costituzione per l'Europa”.

2. L'attività di “lobbying” svolta dalle Regioni in sede europea.

Il “lobbying” delle Regioni e, in generale, degli enti substatali nel contesto europeo nasce in epoca recente come conseguenza del processo di “europeizzazione” degli interessi regionali e locali che, progressivamente iniziano a configurarsi, agli occhi delle Istituzioni comunitarie, come veri e propri soggetti portatori di interessi specifici e

72 A. DE PETRIS, Il Federalismo tedesco alla prova della riforma, in www.federalismi.it, 2004, n.3; E. DI SALVATORE, Integrazione europea e regionalismo:l'esempio tedesco, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2001, n.2, p.521 ss.; SANDRO GOZI, Regioni europee e processi decisionali dell'Unione:quale equilibrio? I casi di Belgio, Spagna, Germania e Regno Unito, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2003, n.2, p.345 ss.;

73 Riguardo alle proposte di istituzione della Camera delle Regioni vedi, tra gli altri, ANTONIMI L., Intorno al grande assente della riforma federale:un sistema ingestibile senza una Camera delle autonomie, in www.federalismi.it, 2003;

distinti da quelli di cui sono titolari i rispettivi Governi di appartenenza: in altre parole, viene riconosciuta loro, da parte comunitaria, la qualifica di gruppo d'interesse, di “attore indipendente” nel contesto decisionale europeo.74 Se, fino agli anni novanta, la

tematica inerente al “futuro dell'Unione Europea” si concentrava prevalentemente sul ruolo degli Stati nazionali, sui rapporti intercorrenti tra questi e sugli equilibri di forza da essi creati e a predominare, in sede dottrinale, era il dibattito tra sostenitori dell'approccio intergovernativo e sostenitori della visione funzionalista, a partire dagli anni novanta, si assiste ad un cambiamento lento ma progressivo, dovuto al suddetto fenomeno dell' “europeizzazione” degli interessi regionali e locali, che determina una maggiore attenzione da parte della dottrina nei confronti della partecipazione regionale di tipo diretto al decision making comunitario.

Questo cambiamento può essere considerato come la risultante di tre fattori:

− la creazione della politica regionale comunitaria unitamente all'aumento delle risorse ad essa destinate.

− L'introduzione del principio della “partnership”.

− La creazione del Comitato delle Regioni che ha “istituzionalizzato”, dal punto di

vista formale, la presenza regionale in Europa.

A questa maggiore considerazione del livello regionale e locale in termini di presenza in ambito comunitario corrisponde il fenomeno della c. d. “mobilitazione regionale” attuata dalle autorità regionali e locali europee, secondo tempi e modalità tra loro differenti, in primo luogo, attraverso la partecipazione ad associazioni regionali di carattere transnazionale e, in secondo luogo, mediante attività di stampo “paradiplomatico” (Keating, 1999) costituite, in prevalenza, dall'istituzione di vere e proprie sedi di rappresentanza regionale a Bruxelles.

La rappresentanza degli interessi regionali e locali in sede europea inizia, dunque, ad essere affidata, a partire dagli anni ottanta, a uffici di rappresentanza regionale e locale operanti a Bruxelles: nei primi anni di vita, il numero di questi organi era esiguo (54

74PAOLO RAFFONE (a cura di), La mappa delle lobby italiane a Bruxelles, in Le lobby d'Italia a Bruxelles (pubblicazione del CENTRO ITALIANO PROSPETTIVA INTERNAZIONALE), Bruxelles, 2006, p.55 ss., reperibile in www.cipi.network.org ; MICHEL HUYSSEUNE-THEO JANS, Bruxelles,

capitale de l'Europe des régions? Les bureaux régionaux, acteurs politiques européens , in

nel 1993) ma, con il passare del tempo (sopratutto a partire dalla seconda metà degli anni novanta), si è assistito al loro incremento sia numerico che qualitativo (attualmente gli uffici di rappresentanza regionale e locale aventi sede a Bruxelles sono più di 200). Il primo ente substatale che ha istituito questo strumento di rappresentanza in sede europea è stato un Governo locale britannico, il Birmingham City Council (nel 1984) seguito dai Länder tedeschi, da alcune Regioni francesi e dalle Comunità autonome spagnole di Catalogna e Paesi baschi. Attualmente quasi tutte le Regioni appartenenti agli Stati membri dell'Unione Europea (eccetto Lussemburgo e Portogallo) dispongono di sedi di rappresentanza a Bruxelles.

Questi uffici perseguono, secondo modalità differenti a seconda delle Regioni di appartenenza, uno scopo comune: stabilire contatti solidi e proficui con le Istituzioni comunitarie, in particolar modo, con la Commissione (ritenuta “interlocutore privilegiato” da parte delle autonomie regionali e locali che, da sempre, la considerano come l'istituzione comunitaria maggiormente “attenta” alle loro problematiche).

L'incremento di queste sedi di rappresentanza del livello regionale e locale si configura come una diretta conseguenza dei cambiamenti istituzionali che hanno caratterizzato l'Unione Europea: l'evoluzione alla quale essa è stata sottoposta ha determinato, secondo alcuni, un'indebolimento dello Stato nazionale con contestuale rafforzamento del livello comunitario e regionale, a favore dei quali esso ha operato una cessione rilevante (o devoluzione) di poteri.75

Questo dato scaturisce dall'aumento degli Stati membri che hanno deciso di dotarsi di un assetto territoriale decentrato e che hanno, in misura maggiore o minore, devoluto alle loro entità derivate una quota consistente di funzioni in passato oggetto di un rigido accentramento statale sia per quel che riguarda la loro titolarità che per il loro concreto esercizio. In quest'ottica la creazione e la successiva diffusione delle entità substatali si è collocata in un rapporto di contrapposizione con il previgente centralismo statale di matrice francese: di conseguenza gli interessi regionali e locali hanno iniziato a delinearsi come interessi specifici e ben distinti (a volte anche contrastanti) da quelli

75 STEFANIA PANEBIANCO, Il lobbying europeo, Milano-Giuffrè Editore, 2000, p.57 ss.; BOCCI VERONICA ELENA, Il potere estero delle Regioni e la partecipazione alle politiche comunitarie, in Le Istituzioni del Federalismo, n.1/2002, p.29 ss.; PAOLA BILANCIA, Le attività di rilievo estero e comunitario delle Regioni e i loro possibili riflessi sul futuro assetto organizzativo regionale, in AA.VV., I nuovi statuti delle Regioni, Milano, 2000;

degli Stati di appartenenza creando, sullo scenario europeo, un vero e proprio “sistema di interessi” in cui vigono diversi livelli di articolazione di interessi corrispondenti ai diversi livelli di governo che sostengono queste istanze.

In qualità di veri e propri “gruppi d'interesse” o lobbies, le Regioni e i loro omologhi utilizzano dei “canali d'accesso”, di natura formale e informale, che indirizzano le loro istanze nelle apposite sedi istituzionali europee le quali decidono di inserirle in quella che viene definita l'agenda dell'Unione Europea .

I canali di accesso di natura formale-istituzionale sono: il Comitato delle Regioni (introdotto dal Trattato di Maastricht del 1992) e la previsione del principio di sussidiarietà (dei quali di discorrerà nei prossimi paragrafi).

Questi strumenti sono affiancati da canali d'accesso informali-non istituzionali che consentono alle autonomie territoriali di incidere direttamente sul decision making europeo in maniera più proficua rispetto a quanto avviene mediante I canali isitituzionali (infatti, come vedremo successivamente, i pareri espressi dal Comitato delle Regioni, lungi dall'essere vincolanti nei confronti del Parlamento e della Commissione, esprimono una mera funzione consultiva che non sempre garantisce alle autonomie territoriali una rappresentanza adeguata dei propri interessi).

Tuttavia la diffusione di strumenti come le sedi di rappresentanza in ambito europeo non ha prodotto risultati omogenei all'interno delle realtà regionali e locali presenti in Europa: pur avendo, come suddetto, l'obiettivo comune volto ad instaurare rapporti diretti con i principali organi istituzionali europei, le entità substatali creano le sedi di rappresentanza secondo parametri diversi tra loro. Di conseguenza queste sedi non sono costruite secondo un modello universale ma, al contrario, si diversificano tra loro per: data di istituzione, dimensione, risorse (umane e finanziarie) disponibili, funzioni svolte e interlocutori.76

Ovviamente gli interessi di cui si fanno portatrici le entità substatali in sede decisionale europea non rivestono, agli occhi delle Istituzioni operanti in tale contesto, la stessa

76 BADIELLO L., Ruolo e funzionamento degli uffici regionali a Bruxelles, in Le Istituzioni del Federalismo, n.1/2000, p.89 ss.; BRUNAZZO MARCO, Le Regioni italiane nella multilevel governance. I canali di accesso alla UE, in Le Istituzioni del Federalismo n.4/2004, p. 637 ss.; LORENZA VIOLINI, Nuove dimensioni nei rapporti tra enti infrastatali europei:prime note su una giurisprudenza in evoluzione in materia di Euroregioni, rapporti transfrontalieri e uffici regionali di rappresentanza a Bruxelles, in Le Regioni, 1998, p.409 ss.;

rilevanza: questo fatto dipende dal grado di “forza” di cui dispongono I vari enti territoriali all'interno dei loro Stati di appartenenza. Questo grado di forza è misurato, in primo luogo, dal grado di autonomia garantito dai rispettivi Governi e, in secondo luogo, dal rilievo che in ciascuna sede regionale (sopratutto a livello di esecutivo) riveste la “materia comunitaria”: in questo senso assume un particolare rilievo la qualità delle leggi regionali che istituiscono uffici di rappresentanza a Bruxelles con particolare riferimento al fatto che più queste leggi rafforzano il ruolo delle Regioni nelle questioni comunitarie maggiormente adeguata è, in termini di efficacia, la loro presenza in ambito europeo.

A svolgere un ruolo significativo riguardo a tale presenza è anche la struttura conferita agli uffici di rappresentanza con particolare attenzione alle loro capacità di intervenire su un'ampia e variegata gamma di materie nonchè al grado di formazione e specializzazione dei suoi componenti. Su questi aspetti torneremo ad occuparci a breve. La dottrina, applicando un approccio descrittivo basato sulla descrizione degli uffici regionali in Europa, ha ricondotto le differenze esistenti tra i vari uffici di rappresentanza ai seguenti parametri: modello di rappresentanza scelto dalle Regioni, forma delle sedi di rappresentanza e funzioni da essi svolte, tralasciando i criteri della

dimensione, dell'organizzazione e delle risorse disponibili che rendono difficile una

classificazione precisa e definita in quanto, per causa di questi elementi, il quadro complessivo della rappresentanza regionale in Europea si presenta molto variegato.77

In base al modello di rappresentanza si attua una distinzione tra rappresentanze regionali “istituzionali” nel senso che gli organi di rappresentanza si configurano come “sedi distaccate” della Regione di appartenenza (la quale istituisce questi uffici attraverso lo strumento della legge regionale) e rappresentanze “non istituzionali” in cui le autorità regionali e locali stipulano accordi e convenzioni con le sedi di rappresentanza delle agenzie regionali o delle camere di commercio.

All'interno di queste due categorie si distinguono in base alla forma, gli uffici di natura individuale (che rappresentano un'unica Regione, la sua amministrazione regionale in

77 Classificazione proposta da STEFANIA PROFETI, Le Regioni italiane a Bruxelles. Il fenomeno degli uffici di rappresentanza, in PAOLO RAFFONE (a cura di), Le lobby d'Italia a Bruxelles (pubblicazione del CENTRO ITALIANO PROSPETTIVA INTERNAZIONALE), Bruxelles, 2006, p. 88 ss., reperibile in www.cipi-network.org

senso stretto oppure l'intero sistema regionale comprensivo degli organi di governo locale e delle organi espressione degli interessi territoriali) da quelli di natura condivisa tra più Regioni ( tra Regioni appartenenti allo stesso Stato oppure tra Regioni appartenenti a Stati diversi, nel qual caso si parla di uffici regionali transnazionali): questi ultimi, in particolare, vengono scelti per tutelare interessi e priorità comuni ad altre Regioni o per motivi legati alla ripartizione dei costi.

Anche le funzioni svolte dagli organi in questione possono essere classificate in quattro categorie:

- La funzione volta ad esercitare un'influenza (maggiore o minore a seconda degli Stati di appartenenza) sul decision making comunitario, sopratutto nella sua fase ascendente. - La funzione informativa: le sedi che rappresentano, al livello europeo, le autonomie regionali e locali agiscono sia come soggetto che fornisce informazioni alle istituzioni comunitarie che come soggetto destinatario di informazioni vertenti, in larga misura, sulle iniziative intraprese in tale sede (le informazioni determinano, quindi, un flusso che si muove in due direzioni: da un lato le Regioni e gli enti locali forniscono alle istituzioni comunitarie informazioni specifiche mentre, dall'altro lato, le autonomie in questione, mediante i loro uffici di rappresentanza a Bruxelles, hanno l'opportunità di ricevere, in virtù della vicinanza ai centri decisionali europei, informazioni sulle iniziative ivi adottate nonchè di seguire gli sviluppi della legislazione comunitaria e delle opportunità ad essa collegate). A loro volta, queste sedi trasmettono le informazioni ottenute dalle Istituzioni ai loro rispettivi Governi regionali e locali facilitando, in questa fase, la comprensione delle politiche elaborate in sede europea (nei loro aspetti procedurali e di contenuto).

− La funzione di c. d. “networking” : gli uffici di rappresentanza consentono alle autonomie regionali e locali di sollecitare determinate azioni (come ad esempio, l'ottenimento di finanziamenti previsti dai vari programmi comunitari) da parte delle Istituzioni europee, costituendo, a tal fine, dei veri e propri networks con altri gruppi d'interesse e con gli enti omologhi appartenenti ad altri Stati membri e instaurando rapporti con rappresentanti delle istituzioni europee.

− La funzione di rappresentanza: è una funzione trasversale rispetto a quelle già descritte ed è insita nella definizione stessa di “ufficio di rappresentanza”: ad essere

rappresentati in sede europea sono gli interessi dei rispettivi territori regionali e locali. A sua volta questa funzione si concretizza secondo differenti modalità:

l'ufficio può agire in qualità di “semplice portavoce” nei confronti delle richieste avanzate dalla Regione di appartenenza, da “promotore” in occasione dei negoziati tra la Commissione e la componente tecnica e politica regionale di appartenenza, oppure può avviare una vera e propria attività di “lobbying” in sede comunitaria nel senso che i suoi componenti sono incaricati di accompagnare e rendere più semplice l'approvazione dei progetti regionali utilizzando, nel modo più proficuo, tutta quella rete di contatti instaurata con i funzionari della Commissione, con i membri delle rappresentanze permanenti presso il Consiglio e con gli europarlamentari eletti nei rispettivi territori di appartenenza. Infine, l'ufficio di rappresentanza può presentare alle Istituzioni comunitarie le strategie della Regione con riferimento a particolari questioni: in questo caso l'efficacia di tale funzione dipende principalmente dalla capacità dell'amministrazione regionale di proporre strategie originali, di manifestare una volontà politica solida al punto da influire nella fase ascendente del decision making comunitario.

− La funzione volta a “fornire servizi” al Governo e alle amministrazioni regionali

come ad esempio, il supporto logistico per il personale in visita a Bruxelles.

Riguardo alle motivazioni che spingono le autorità regionali e locali ad istituire proprie sedi di rappresentanza a Bruxelles il quadro è molto variegato (l'analisi di queste motivazioni è oggetto di studi da parte dell'approccio esplicativo). Per le Regioni, infatti, l'apertura di un proprio ufficio in sede europea oltre a richiedere un consistente impiego di risorse (di carattere organizzativo e finanziario) non garantisce risultati certi, nel breve periodo, in termini di rappresentanza e soddisfacimento dei propri interessi. L'efficacia di tali strumenti si manifesta, invece, nel lungo termine man mano che le sedi di rappresentanza riescono ad instaurare una rete solida e proficua di rapporti sia con le Istituzioni comunitarie che con gli altri attori presenti a Bruxelles. Di conseguenza, le amministrazioni regionali intenzionate a dotarsi di un organo di rappresentanza in Europa devono essere ben motivate. A quali fattori sono legate queste motivazioni? L'approccio esplicativo individua tre tipologie di fattori che spingono le entità subastatali a creare gli uffici in questione:

il fattore “risorse” : in base a questa spiegazione maggiori sono le risorse

economiche (deducibili da un sistema fiscale autonomo e da un PIL elevato) di una Regione, maggiori sono anche le possibilità che questa decida di aprire una propria sede a Bruxelles. Questa affermazione è senza dubbio plausibile considerato, come suddetto, che l'apertura di tali strutture comporta costi economici non indifferenti a fronte di risultati concreti ottenibili solo nel lungo periodo. Tuttavia ricondurre unicamente al fattore “ricchezza” le motivazioni che spingono le Regioni a creare questi strumenti risulta alquanto riduttivo in quanto non si tiene conto del fatto che molte Regioni “povere” si sono ugualmente dotate (talvolta anche prima di Regioni ritenute “benestanti”) di uffici rappresentativi optando per soluzioni di “risparmio” in termini di costi economici come, ad esempio, la condivisione di uffici con altre autonomie substatali oppure usufruendo, come “base di appoggio”, di sedi rappresentative di altre associazioni.

Il fattore legato alle risorse spinge le Regioni ad istituire organi di rappresentanza nel senso che, mediante l'azione svolta da questi ultimi, esse cercano di ottenere finanziamenti comunitari (i quali vengono concessi in base a determinati requisiti di ammissibilità e alle priorità della Commissione). In questa direzione è da segnalare il fatto che, a seguito della riforma dei fondi strutturali avvenuta nel 1988 (che ne raddoppiò l'ammontare per il successivo quinquiennio), molte Regioni, all'epoca carenti di strumenti di rappresentanza sullo scenario comunitario, come la Catalogna, I Paesi Baschi, la Bretagna e il Galles, decisero di aprire propri uffici a Bruxelles con l'obiettivo di influenzare la distribuzione dei fondi strutturali e la direzione delle politiche settoriali.

Allo stesso tempo, però, molte delle Regioni in ritardo nello sviluppo (rientranti nell'obiettivo 1) e che, quindi, potevano ambire ad ottenere risorse da parte della politica di coesione, sono state tra le ultime a dotarsi di sedi di rappresentanza a Bruxelles. Anche le risorse socio-culturali giocano un ruolo di rilievo nella scelta di creare sedi di rappresentanza: a questo proposito è da rilevare la presenza o meno, all'interno del territorio regionale, di una cultura associativa: più questa cultura è diffusa nel contesto locale, maggiore è la probabilità che la Regione utilizzi gli strumenti di rappresentanza alla luce del fatto che questi consentono l'instaurarsi di relazioni sociali ed economiche

solide con altri soggetti portatori d'interessi a Bruxelles (nella forma di cooperazioni interregionali che vadano oltre I confini nazionali) e di veri e propri networks di collaborazione e scambio in grado di sostenere adeguatamente le istanze del territorio regionale.

Il fattore “politico-istituzionale”: la scelta di creare o meno uffici regionali a Bruxelles dipende dal grado di autonomia riconosciuto alle Regioni da parte dei rispettivi Governi di appartenenza e, più in generale, dalla distribuzione dei poteri vigente tra questi ultimi e le loro rispettive autonomie: se i margini di autonomia concessi, in termini di competenze esercitate nell'ordinamento interno, alle suddette entità sono ampi come conseguenza si ha una maggiore probabilità che queste decidano di aprire gli uffici di cui si discorre in quanto esse, essendo messe in condizione di esercitare un'ampio settore di competenze, sono allo stesso tempo maggiormente influenzate dalle politiche decisionali elaborate in sede europea (queste politiche si sovrappongono spesso alle competenze esercitate dalle Regioni) oltre ad essere assoggettate a minori vincoli da parte della normativa statale.

Sono gli enti substatali più forti, in termini di autonomia loro concessa, ad avere le maggiori possibilità di stabilire rapporti solidi con l'Unione Europea e con le altre Regioni: gli esempi di tale “forza” sono i Länder tedeschi e le Regioni belghe che godono di un elevato grado di autonomia loro garantito dai rispettivi Governi di appartenenza e la Lombardia (la quale mantiene “rapporti privilegiati” con altre Regioni, tra le più sviluppate d'Europa, come la Catalogna, il Baden Wuttenberg e il Rhône-Alpes).

I Länder tedeschi, in particolare, sono stati i primi enti substatali a svolgere un ruolo strategico d'influenza sul processo decisionale europeo (forti anche dell'esperienza delle loro rappresentanze in sede di Governo federale). In linea generale gli uffici di rappresentanza delle Regioni appartenenti a Stati dotati di un solido assetto federale (come, appunto, la Germania) sono quelli che, in virtù della loro organizzazione e dei poteri a loro riconosciuti dai Governi di appartenenza, sono anche maggiormente presenti a livello europeo.78 Da ricordare è, inoltre, l'attività di pressione svolta dai

78 Al punto che spesso i funzionari comunitari invitano i rappresentanti dei Länder a partecipare a gruppi di studio allo scopo di valutare le proposte della Commissione. Senza dimenticare il fatto che le sedi di rappresentanza tedesche e belghe trattano direttamente con la Commissione riguardo alla gestione

Länder tedeschi assieme alle Regioni belghe in occasione della redazione del Trattato di Maastricht con l'obiettivo (ottenuto con successo) di vedersi riconosciuta la rappresentanza diretta in sede di Consiglio nei casi in cui fossero state messe in discussione questioni vertenti in materia di loro competenza. Il risultato di quest'azione è stato il riconoscimento di maggiori poteri in capo alle autonomie substatali tra cui il riconoscimento conferito ai ministri regionali di rappresentare I rispettivi Governi di appartenenza nel Consiglio (art.203 TUE, ex art.146 TCE il quale prevede che “Il

Consiglio è formato da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato ad impegnare il Governo di detto Stato membro”).

Nel caso dei Länder tedeschi e delle Regioni belghe i rapporti con i Governi di appartenenza sono improntati ad una logica collaborativa in cui eventuali contrasti tra i due livelli sono ridotti al minimo e in cui vige il rispetto del riparto di competenze tra Governo ed autonomie territoriali.

Vi sono però dei casi in cui tali rapporti sono più conflittuali dando luogo a veri e propri