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La creazione del Comitato delle Regioni come espressione della partecipazione “istituzionalizzata” al processo decisionale europeo Origini,

Le Regioni dal Trattato di Maastricht al Trattato che istituisce una “Costituzione per l'Europa”.

3. La creazione del Comitato delle Regioni come espressione della partecipazione “istituzionalizzata” al processo decisionale europeo Origini,

funzioni e proposte di modifica.

Il 1992 rappresenta un anno di svolta per il processo d'integrazione europea grazie all'approvazione del Trattato di Maasticht che, per quel che riguarda gli aspetti legati alla partecipazione di carattere “istituzionale” delle Regioni e, più in generale, degli enti sustatali al decision making comunitario, introduce alcuni importanti novità rappresentate da:

l'istituzione del Comitato delle Regioni ( originariamente disciplinato agli artt.198 A, B, C del Trattato di Maastricht rispettivamente divenuti, a seguito delle modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam, artt.263-264 e 265 e, a seguito della redazione del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, artt. III-386-387-388).

delegazioni che rappresentano lo Stato membro in sede di Consiglio (art. 203 Trattato CE).

L'introduzione del Principio di sussidiarietà.79

Il Comitato delle Regioni rappresenta un organo che per la prima volta (archiviata l'esperienza del Consiglio consultivo istituito nel 1988) ha garantito (pur entro certi limiti che esamineremo nel corso della trattazione) alle autonomie territoriali degli Stati membri una sorta di “canale di rappresentanza” presso le Istituzioni comunitarie.80

L'organo in questione, nell'ottica dei fautori del Trattato di Maastricht, doveva costituire il principale strumento per consentire alle autonomie regionali di esprimere il proprio punto di vista nella fase di elaborazione delle politiche europee alla luce del fatto che tali politiche trovano spesso il loro principale ambito di applicazione proprio all'interno dei vari contesti subterritoriali interni agli Stati membri: seguendo questa prospettiva il Comitato delle Regioni doveva assumersi la funzione di raccordo e di collegamento tra il livello regionale e il livello comunitario.81

-La composizione

Il Comitato delle Regioni è composto da 344 membri (rappresentanti delle autonomie regionali e locali d'Europa), distribuiti tra i vari Stati di appartenenza secondo una suddivisione in 27 delegazioni nazionali raggruppanti i membri (titolari e supplenti) di uno stesso Stato i quali sono nominati da parte del Consiglio dei Ministri secondo il principio di unanimità. 82 Nomina che avviene su proposta degli Stati membri per una

79 Con riferimento alle innovazioni introdotte dal Trattato di Maastricht vedasi GIORGIO BERTI, Regionalismo europeo nella prospettiva del Trattato di Maastricht, in Le Regioni, 1992, p.1203 ss., 80 Per una trattazione dettagliata delle caratteristiche e del funzionamento del Comitato delle Regioni

vedi, tra gli altri, MAURO MASCIA, Il Comitato delle Regioni, CEDAM, Padova, 1996; riguardo alle funzioni e alle attività svolte dal Comitato delle Regioni vedasi il sito istituzionale www.cor.eu.it; CALABRESE B., Il Comitato delle Regioni della Comunità Europea e la partecipazione delle Regioni al processo decisionale comunitario, in Rivista di diritto pubblico comunitario, 1997, p.481 ss.; PANKIEWICK WOJTEK, Realtà regionali ed Unione Europea: il Comitato delle Regioni, Milano, 2001.CHITI M.P., Il regionalismo comunitario dopo Maastricht e l'istituzione del Comitato delle Regioni, in L.VANDELLI-C.BOTTARI-D.DONATI (a cura di), Diritto amministrativo comunitario, Rimini, 1994, p.60 ss.;

81GIUSEPPE ALLEGRI, Il ruolo del Comitato delle Regioni d'Europa nelle Istituzioni comunitarie in trasformazione, in www.federalismi.it (intervento del 4 dicembre 2002);

82Il Trattato di Nizza prevede invece che la nomina debba avvenire a “maggioranza qualificata”. Il Trattato fissa un tetto massimo di 350 componenti. Ciascuna delegazione nazionale stabilisce la propria organizzazione interna ed elegge il proprio presidente.

durata di quattro anni eventualmente rinnovabile. Il processo di formazione dell'organo in questione avviene secondo il “metodo intergovernativo” in virtù del quale i Governi degli Stati membri godono della piena libertà di scelta riguardo ai propri rappresentanti, la cui designazione non avviene secondo regole uniformi ma mediante metodi e procedure diverse da Stato a Stato con l'obiettivo comune di dare vita a delegazioni nazionali che rispecchino fedelmente l'articolazione delle loro rispettive rappresentanze politiche locali. Oltre alle delegazioni nazionali il Comitato comprende quattro gruppi politici e sei commissioni tematiche.

Secondo quanto previsto dal Trattato i membri del Comitato delle Regioni devono essere “titolari di un mandato elettorale nell'ambito di una collettività regionale e

locale oppure devono essere politicamente responsabili dinnanzi a un'assemblea eletta (a livello regionale o locale” (secondo quanto introdotto dal Trattato di Nizza del 2001,

art.263, primo comma).83 Vengono, inoltre, previste delle incompatibilità per cui i suoi

componenti “non possono essere contemporaneamente membri del Parlamento

europeo” e si afferma il divieto di mandato imperativo per cui i membri devono

esercitare le loro funzioni in “piena indipendenza” rispetto ai rispettivi Stati di appartenenza (essi siedono nel Comitato a “titolo personale”) facendo prevalere, in questo esercizio, “l'interesse generale della Comunità” (art.263 del Trattato di Maastricht).

All'interno dell'organo in questione vengono rappresentati quattro gruppi politici che riflettono i principali orientamenti del Parlamento europeo: il Partito socialista europeo (PSE), il Partito popolare europeo (PPE), l'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa (ALDE) e Alleanza europea (UEN-EA).

-La struttura

I 344 componenti del Comitato delle Regioni sono tenuti ad eleggere un presidente (dal

83 Il venir meno della titolarità del mandato elettorale o della responsabilità politica innanzi all'assemblea determina la cessazione dalla carica di membro del Comitato con conseguente sostituzione e subentro di un membro per la restante durata del mandato (art.263, comma 4). Riguardo alla composizione vedi la pubblicazione del COMITATO DELLE REGIONI, Il processo di selezione dei membri del CdR: le procedure negli Stati membri dell'Unione Europea, Studi-CdR I-1/2004, Bruxelles, settembre 2004, reperibile su www.cor.eu.it . Il numero dei membri del Comitato delle Regioni è fissato dall'art. 263 del Trattato di Amsterdam secondo la seguente ripartizione: 12 per il Belgio, I Paesi bassi, la Svezia, l'Austria, il Portogallo e la Grecia, 9 per la Danimarca, l'Irlanda e la Finlandia, 24 per Germania, Regno Unito, Francia e Italia, 21 per la Spagna e 6 per il Lussemburgo.

febbraio 2008 il belga Luc Van den Brande) e un primo vice-presidente (Michel Delebarre), i quali si collocano al vertice dell'ufficio di presidenza il quale si caratterizza per la composizione eterogenea avente lo scopo di riflettere il pluralismo politico presente nel Comitato: 58 membri (secondo la composizione prevista per il biennio 2008-2010) eletti per un mandato di due anni. L'ufficio di presidenza è, inoltre, composto da 27 vicepresidenti (uno per ciascun Stato membro), altri 27 membri nonchè dai presidenti dei gruppi politici.84 La funzione principale spettante all'ufficio di

presidenza, il quale è responsabile dell'organizzazione interna del Comitato ( del quale costituisce il “motore politico”), è quella di predisporne il programma politico, di convocare quest'ultimo e di coordinare i suoi lavori (a questo scopo esso è suddiviso in Commissioni “ad hoc” ed eventualmente al suo interno sono previsti dei gruppi di lavoro) nonchè di occuparsi delle questioni finanziarie.85

Il Comitato delle Regioni, come sopra accennato, ha una struttura articolata in sei (in passato otto) Commissioni di lavoro costituite all'inizio di ogni mandato quadriennale la cui composizione riflette la ripartizione nazionale nell'ambito del Comitato e aventi competenze specifiche in settori determinati:86

COTER:Commissione “Politica di coesione territoriale” con competenze vertenti in

politica regionale, dei trasporti e del turismo.

ECOS:Commissione “Politica economica e sociale” con competenze in politica sociale

(protezione sociale, pari opportunità, salute pubblica), dell'occupazione ed economica (imprese, concorrenza, politica fiscale, monetaria, ecc....).

DEVE: Commissione “Sviluppo sostenibile” che interviene in materia di politica

agricola comune e sviluppo rurale, pesca, energia e rete transeuropea nel settore dell'energia, politica dei consumatori , ambiente e risorse naturali, protezione civile.

EDUC: Commissione “cultura ed istruzione” che interviene nel settore della diversità

culturale (promozione lingue minoritarie ecc....), istruzione e formazione (gioventù,

84 La distribuzione dei seggi dell'ufficio di presidenza viene ripartita tra le diverse rappresentanze nazionali nel modo seguente: tre seggi per Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito, e Spagna; due per Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lituania, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Svezia e Ungheria; uno per Cipro, Estonia, Lettonia, Lussemburgo, Malta e Slovenia.

85 L'ufficio di Presidenza si riunisce regolarmente sette volta all'anno: a Bruxelles prima di ognuna delle cinque sessioni plenarie previste e in occasione di due riunioni straordinarie nello Stato membro che assume la presidenza del Consiglio.

sport e ricerca), società dell'informazione (Rete transeuropea di telecomunicazioni, tecnologie di comunicazione).

CONST: Commissione “Affari costituzionali e governance europea” che comprende le

seguenti materie: ruolo degli enti locali nel processo d'integrazione europea, conseguenze istituzionali dell'allargamento dell'Unione, decentramento, governance europea, competenze dell'Unione e sussidiarietà nonchè tutto l'alveo delle questioni attinenti alle riforme dei trattati.

RELEX: Commissione “Relazioni esterne e spazio di libertà” con competenze in tema

di allargamento, missioni dell'Unione nel contesto mondiale (area euromediterranea, Balcani, dimensione atlantica e nordica europea, rapporti tra Nord e Sud del mondo), Organizzazione mondiale del commercio e politica di immigrazione, asilo e concessione di visti.

Queste sei commissioni, in base alla loro competenza materiale, devono esaminare il progetto di atto che gli viene trasmesso dalle tre Istituzioni comunitarie e, successivamente, devono predisporre un progetto di parere o di risoluzione nel quale sono contenuti gli aspetti di accordo o di contrasto rispetto a quanto espresso da Consiglio, Commissione e Parlamento europeo e nel quale si propongono le eventuali modifiche. Una volta predisposto, il progetto di parere viene trasmesso all'assemblea plenaria che ha il compito di discuterlo nel corso delle sue sessione annuali (che di regola sono cinque). A questo punto, se l'Assemblea, a maggioranza, approva il progetto di parere, questo viene assunto come “parere del Comitato delle Regioni” per essere poi trasmesso alla Commissione, al Consiglio e al Parlamento.

Oltre alla preminente funzione suddescritta, nell'esercizio della quale le Commissioni sono chiamate a elaborare il progetto di parere che verrà trasmesso alle tre Istituzioni comunitarie, esse svolgono ulteriori attività considerate “complementari all'attività consultiva” e consistenti nell'organizzazione di convegni, riunioni, giornate di studi, conferenze, ecc... onde far sì che si crei una solida rete di collaborazione e di scambio di informazioni con la realtà sociale locale e regionale.

Inoltre, allo scopo di inglobare la dimensione regionale e locale all'interno del processo decisionale comunitario, sono state poste le basi per creare una c.d. “cooperazione interistituzionale” tra il Comitato delle Regioni e il Consiglio, la Commissione e il

Parlamento. In questo contesto, il Comitato non si limita ad adottare pareri ma è chiamato ad adottare risoluzioni e dichiarazioni vertenti su problematiche politiche di carattere generale e predominanti nel dibattito politico concernenti il funzionamento delle istituzioni comunitarie e della realtà regionale e locale.87

Funzioni

L'art.265 del Trattato di Maastricht disciplina le funzioni spettanti al Comitato delle Regioni prevedendo che questo, su richiesta del Consiglio e della Commissione, debba esprimere un parere obbligatorio (anche se non vincolante) riguardo ad una serie di materie elencate nei Trattati di Maastricht e Amsterdam come oggetto di “consultazione obbligatoria” (trasporti, politica sociale, occupazione, adozione delle decisioni di applicazione relative al Fondo sociale europeo, istruzione, formazione professionale, cultura, sanità pubblica, reti transeuropee, coesione economica e sociale e azioni svolte mediante fondi strutturali e ambiente).88

Oltre a questi settori sui quali è obbligatorio richiedere la consultazione del Comitato delle Regioni, questo può essere consultato da parte del Consiglio, della Commissione o del Parlamento europeo (la consultazione da parte di quest'ultimo è stata introdotta dal Trattato di Amsterdam, art.265, quarto comma) in tutti gli altri casi in cui ciascuna di queste Istituzioni lo consideri opportuno.89 In questo caso il Consiglio e la Commissione

sono tenute a stabilire un termine, entro il quale il Comitato deve esprimere il proprio parere, “che non può essere inferiore a un mese a decorrere dalla data di comunicazione inviata dal presidente”, allo scadere del quale esse possono adottare i relativi atti anche in assenza del parere. Nelle ipotesi in cui un atto comunitario vertente su materie oggetto di consultazione obbligatoria da parte del Comitato venga emanato senza richiedere il suo parere, l'atto in questione è illegittimo (a meno che il Consiglio e la Commissione non abbiano imposto invano un termine di almeno un mese per l'emanazione del parere).

87 Queste risoluzioni e dichiarazioni redatte dal Comitato delle Regioni sono consultabili su

http://www.cor.eu.it/convention/contributions it.html;

88 COMITATO DELLE REGIONI, Il Comitato delle Regioni:2002-2004-Ritratti e funzioni, in http://www.cor.eu.it

89 Il Trattato costituzionale, all'art.III-388, prevede che il Comitato sia consultato dal Parlamento europeo, dal Consiglio e dalla Commissione nei casi previsti dalla Costituzione e in tutti gli altri in cui altri in cui una di tali Istituzioni lo ritenga opportuno, in particolare nei casi concernenti la cooperazione transfrontaliera.

Infine, è prevista la possibilità che il Comitato, nei casi in cui lo ritenga utile, possa formulare pareri di propria iniziativa. Come si evince da questo contesto, il Comitato delle Regioni all'interno dello scenario istituzionale europeo svolge unicamente una funzione consultiva che si esplica nella formulazione di pareri che non sono, in nessun modo, vincolanti nei confronti delle Istituzioni comunitarie: di conseguenza essi non hanno alcuna capacità di condizionare l'efficacia degli atti emanati da queste ultime. A fronte di questa assenza di reale incisività all'interno del processo decisionale europeo, l'ordinamento comunitario ha predisposto alcuni strumenti che, in qualche modo, attribuiscano una reale portata ai pareri espressi dal Comitato: infatti è previsto che, nelle ipotesi in cui le istituzioni comunitarie omettano di richiedere il parere, laddove esso è obbligatorio, l'atto derivante dalla procedura decisionale in cui è richiesto l'intervento del Comitato, è da ritenersi illegittimo con la conseguente possibilità di richiederne l'annullamento di fronte alla Corte di Giustizia europea.

Il principale svantaggio rilevato dalla dottrina costituisce nel suo essere un organo dotato esclusivamente di poteri consultivi nei confronti delle tre Istituzioni europee (secondo quanto previsto dall'art.265 del Trattato CE) e, inoltre, si mette in evidenza come la sua composizione (costituita da un'ampia ed eterogenea rappresentanza regionale e locale) renda di fatto difficilmente raggiungibile un solido grado di coesione interna che possa favorire celerità ed efficacia nell'andamento dei suoi lavori, tenendo conto del fatto che le stesse commissioni sono accomunate da un'eccessiva “burocratizzazione”.90 Inoltre, deve considerarsi il fatto che, all'interno del Comitato

delle Regioni, ciascuno Stato membro detiene un numero di seggi non corrispondenti alla propria articolazione territoriale interna e dispone del potere di decidere in piena autonomia le modalità di selezione dei propri rappresentanti e la loro distribuzione tra le autonomie regionali e locali dando vita ad un quadro estremamente variegato che, pur rispecchiando il pluralismo dei sistemi politici e territoriali presenti sullo scenario europeo, va a discapito di una efficiente rappresentanza della dimensione regionale nel contesto comunitario.

Di conseguenza si crea una disomogeneità nella rappresentanza all'interno del Comitato

90 Sul punto vedi CALABRESE B., Il Comitato delle Regioni della Comunità Europea e la partecipazione delle Regioni al processo decisionale comunitario, in Rivista di diritto pubblico comunitario, 1997, p.481 ss.;

in quanto, negli Stati con una solida esperienza federale e regionale (Germania, Austria, Belgio, Germania, Italia e Spagna) in cui si valorizza la rappresentanza regionale in sede europea, le procedure di selezione dei membri del Comitato delle Regioni sono espressamente enunciate in atti giuridici e le loro delegazioni nazionali sono costituite in gran parte da rappresentanti regionali (gli enti locali, invece, sono rappresentati in misura marginale).

Viceversa, negli Stati in cui il livello regionale gode di minor riconoscimento o non esiste affatto, i rappresentanti in seno al Comitato sono di derivazione locale (Portogallo, Lussemburgo, Grecia, Estonia, Lettonia, Cipro, Svezia).

Per lo Stato italiano il Comitato delle Regioni costituisce un'importante strumento di partecipazione delle Regioni al decision making comunitario.

Tuttavia, per quel che riguarda la designazione dei membri l'ordinamento italiano si è differenziato dalle esperienze degli altri Stati regionali o federali in quanto non sono state operate distinzioni, in termini di rappresentanza all'interno dell' organo, tra il livello regionale e il livello locale (nonostante siano le autorità regionali a godere di poteri legislativi e ad essere direttamente coinvolte nell'attuazione delle direttive comunitarie).

Originariamente le modalità per determinare la ripartizione del numero dei membri assegnati all'Italia tra i rappresentanti delle collettività regionali e locali erano contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 1997, il quale disciplinava una ripartizione paritetica dei seggi tra Regioni ed enti locali.

Questo decreto è stato abrogato a seguito dell'emanazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell'11 gennaio 2002 che ha modificato la ripartizione dei seggi riservati all'Italia (divenuti 24) ed ha aumentato il numero dei rappresentanti regionali e delle Province autonome di Trento e Bolzano da 12 a 14. Alle Province e ai Comuni spetta una quota di cinque seggi. Modifica resasi necessaria in quanto con la normativa precedente alcune Regioni a statuto speciale non erano state rappresentate così come non lo erano le Province autonome. Successivamente, sono state apportate ulteriori modifiche riguardo alle modalità per la determinazione della ripartizione del numero dei membri assegnati all'Italia tra i rappresentati delle autorità regionali e locali ad opera del

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2006 (che ha abrogato il DPCM dell'11 gennaio 2002).

La normativa contenuta nel decreto in questione prevede la seguente ripartizione dei membri del Comitato delle Regioni tra le autonomie regionali e locali: alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano spettano 14 rappresentanti, alle Province 3 e ai Comuni 7 (art.1, primo comma).

I membri spettanti alle Regioni e alle Province autonome sono indicati dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome mentre i membri spettanti alle Province e ai Comuni sono designati dall'Unione province d'Italia (UPI) e dall'Associazione nazionale Comuni italiani (ANCI) (art.1, primo comma).91 I membri

(titolari o supplenti) che possono essere designati sono: i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, i presidenti delle Province, i sindaci e i componenti dei Consigli e delle Giunte regionali.

4.La modifica dell'art.203 del Trattato CEE.

Il Trattato di Maastricht ha operato una riformulazione dell'art.146 dell'originario Trattato CEE divenuto, secondo la nuova numerazione, art.203.

Nella formulazione introdotta dal Trattato di Maastricht si afferma che: “il Consiglio è

formato da un rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale abilitato a impegnare il Governo di questo Stato membro”.92

Questa previsione consente alle Regioni e ai loro omologhi di far sì che un loro esponente possa rappresentare il rispettivo Stato di appartenenza nel Consiglio, a condizione che egli abbia la capacità di assumere impegni a nome del Governo dello Stato membro.

Pur introducendo a favore delle autonomie substatali l'opportunità di ottenere visibilità nel contesto decisionale europeo, in realtà l'art.203 demanda agli Stati membri la scelta di concedere o meno agli esponenti regionali il potere di rappresentarli in sede di

91 Il Decreto prevede la nomina di ventiquattro membri supplenti così ripartiti: 8 per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, 7 per le Province e 9 per i Comuni.

92 L'originaria formulazione dell'art. 146 prevedeva che “il Consiglio è formato dai rappresentanti degli Stati membri. Ciascun Governo delega uno dei suoi membri”.

Consiglio, comprese le modalità con cui può concretamente esplicarsi tale potere e le politiche in relazione alle quali essi possono partecipare ai lavori del Consiglio.

In questo potere discrezionale spettante al Governo centrale è compresa anche la scelta riguardo al ruolo che i rappresentanti regionali devono rivestire quando “rappresentano” lo Stato nazionale in quello che è il massimo organo decisionale dell'Unione Europea: essi, infatti, possono prendere parte ai lavori di quest'ultimo in veste di semplici componenti della delegazione nazionale oppure come capi-delegazione.

5.Il principio di sussidiarietà e il ruolo delle Regioni nella sua applicazione.

Il principio di sussidiarietà è stato sancito per la prima volta, nel contesto comunitario, dall'originario art.130 R (ora art.174), paragrafo 4 dell'Atto Unico Europeo del 1986, nel quale esso trovava applicazione in materia ambientale stabilendosi che, con riferimento a quest'ultima, “la Comunità agisce nella misura in cui gli obiettivi possono essere

realizzati a livello comunitario piuttosto che a livello dei singoli Stati membri”.93

Il principio di sussidiarietà acquisisce il rango di principio fondamentale dell'Unione Europea ad opera del Trattato di Maastricht il quale, nel Preambolo, indica la volontà degli Stati membri di “portare avanti il processo di creazione di un'Unione sempre più

stretta fra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai