Il movimento politico definito Autonomia Operaia si posiziona nella variegata galassia della sinistra extraparlamentare italiana e prende forma a partire dal 1973 sulle ceneri di quello che fu il movimento marxista-leninista di Potere Operaio e dei movimenti studenteschi che infiammarono il 1968-70. L'Autonomia non è un partito ma si definisce fin da subito come un area politica d'appartenenza con obbiettivi e prassi rivoluzionaria sovversiva che si opponeva soprattutto alla sinistra partitica e istituzionale di stampo riformista e democratico.
operai di Mirafiori che sperimentarono progetti e pratiche concrete di autogestione e autonomia organizzata del lavoro e della vita lavorativa respingendo ogni tipo di ingerenza partitocratica e sindacale:
- Una fase senza ideologie progressiste ne fiducia nel socialismo, senza alcuna affezione per il sistema
democratico, ma anche senza rispetto per i miti della rivoluzione proletaria mostrava le sue prospettive. Fu in questo mutamento di scenario che prese forma il nuovo fenomeno politico culturale dell'autonomia operaia - (Moroni, Balestrini, 2011, p.436)
La categoria mentale di autonomia, dapprima solamente teorizzata, diventa prassi politica rivoluzionaria. Sovvertire l'esistente era la parola d'ordine:
- Significava organizzazione delle lotte al di fuori della gestione politico sindacale e delle logiche di
partito, autonomia della legge dello scambio, della legge della produzione e della proprietà privata (…) il principio di autonomia assunse il suo pieno significato etimologico: la socialità proletaria definisce proprie leggi e le pratica sul territorio occupato militarmente dalla borghesia - (idem, p.437)
Dopo l'esperienza di Mirafiori molti collettivi politici decisero di mettere a frutto la lezione e, schiacciati da una profonda crisi ideologica interna e comune a molte altre realtà antagoniste, e riconoscendo il cambiamento sociale in atto, decisero di sciogliersi contribuendo con i loro adepti e militanti a rinforzare le file della neonata Autonomia.
Un movimento orizzontale e de-strutturalizzato che non riconosce nessun tipo di gerarchia autoritaria imposta, che definisce il suo essere soprattutto attraverso la definizione del suo nemico: il “Noi” come risposta al “Voi”. È da queste istanze che cominciano ad articolarsi i discorsi e le ambizioni rivendicate dagli autonomi: rifiuto del lavoro salariato e precario, elogio del tempo libero e della creatività (il concetto sessantottino della “fantasia al potere” è ancora attuale alla fine degli anni settanta anche se comincia proprio in questo periodo la sua decadenza per far posto ad una presa di posizione più realistica e materiale), rifiuto del ricatto salariale e di conseguenza sociale, rifiuto dell'assoggettamento individuale al capitale e al profitto, reddito universale per tutti, autonomia decisionale, politica e sociale che in definitiva si trasforma in rifiuto della burocrazia, dello statalismo centralizzato e della democrazia rappresentativa dove l'autorità viene vista come la prima forma di controllo sociale da abbattere a qualsiasi costo. I punti di riferimento intellettuali diventano i filosofi e i sociologi della scuola di Francoforte: Marcuse, Adorno e Habermas i quali elaboreranno un pensiero d'analisi e critica verso la società moderna, la società dell'apparenza e dello spettacolo, definendo il
concetto di “industria culturale”10 più tardi ripreso e rielaborato da altri importanti e futuri punti di
riferimento dei movimenti extraparlamentari italiani come M.Foucault e N.Chomsky che contribuirono, con le loro tesi, alla nascita della contro-cultura antagonista. Ma appunto per questi motivi il movimento Autonomo non fu un prodotto imposto, un cambiamento comunicato e deciso a tavolino da pochi, quanto piuttosto un percorso comune e partecipato e per questo difficoltoso e per niente omogeneo; la fine, e al contempo l'inizio, di un percorso politico collettivo più ampio che ha saputo coinvolgere intere generazioni di giovani sfiduciati e accaniti militanti a ragionare su una serie di questioni sociali nuove e complesse e a definire un'alternativa esistenziale e di progettualità politica, comune e condivisa, che sapeva adattarsi al contesto sociale, culturale ed economico nel quale l'individuo trovava a porsi in essere. Ognuno secondo le proprie possibilità, ognuno nel modo e nelle forme che ritiene giusto, ogni lotta deve essere formata a partire dalla particolarità del territorio e dei suoi abitanti. È così, infatti, che si può veramente parlare delle autonomie delle diverse aree del movimento Autonomo. Ognuna con il proprio tempo, i propri bisogni, le proprie speranze e aspettative.
Nel panorama italiano possiamo infatti parlare tranquillamente di Aree Autonome di appartenenza le quali si differiscono in sfumature politiche (che in definitiva si riducono in interpretazioni e letture di fase ma che rimangono simili e immutabili nella struttura teorica comune d'appartenenza), e che rimangono ben visibili fin ai giorni nostri11 rendendo ogni percorso unico e irripetibile.
Interessante diventa, a questo punto, parlare dell'esperienza veneta e delle vicissitudini che hanno caratterizzato l'Autonomia nel Nord-Est.
10Per chi volesse approfondire tale concetto consiglio la lettura di M. Horkheimer, T. W Adorno, 2010,
la dialettica dell’illuminismo, Einaudi, Torino
11Oggi giorno la galassia dell’antagonismo italiano è suddiviso in una serie di collettivi politici
metropolitani con una forte presenza soprattutto nelle università, nelle scuole superiori e nelle periferie cittadine nelle quali si articolano come comitati universitari, collettivi studenteschi, coordinamenti di studenti e comitati per il diritto alla casa e all’abitare. Data la storia particolare e per molti versi controversa del movimento autonomo, nel corso degli anni sono sorte delle controverse interne date da differenti letture politiche dei fatti sociali e diverse prospettive di lotta futura. Per questi motivi gli stessi militanti antagonisti, pur considerandosi parte di un unico sovversivo, ci tengono a porre in essere dei distinguo tra diverse tendenze antagoniste. Così, non possiamo più parlare di movimento autonomo quanto piuttosto di movimenti antagonisti simili. Nel plurale descritto si posizionano le diverse anime che tendono a polarizzarsi principalmente su due posizioni a cui fanno riferimento due piattaforme multimediali di contro-infomazione, rispettivamente: GlobalProject, a cui appartengono le coalizioni dei centri sociali del Nord-Est, dell’Emilia-Romagna, delle Marche e i napoletani di MezzoCannone e Insurgentia. Dall’altra parte si posiziona la piattaforma Infoaut con i vari CSO, i principali sono: Askatasuna (To), Crash (Bo), Newroz (Ps), ex-Carcere (Pa), Guernica (Mo) ecc.