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L’Azienda Agricola Stefano Spinelli si trova in un paesaggio collinare tipico della Toscana, nei pressi di Lamporecchio (PT). Si estende per 17 ha, i quali comprendono alberi di ulivo, terreni destinati al pascolo e una parte boschiva.

Il gregge conta 300 capi, con 150 capi in produzione. Inoltre, sono presenti 40 alleve (pecore tra 1 e 2 anni di età).

Particolare criticità è rappresentata dalla presenza del lupo, per questa ragione è necessario ricoverare il gregge tutte le notti all’interno del capannone, che ha una capienza sufficiente per ospitare fino a 300 pecore.

La razza allevata è l’Assaf, importata dalla Spagna. Questa razza, derivata dall’incrocio tra pecore di razza Awassi e pecore di razza Frisona Orientale, è considerata non solo una delle razze migliori per la produzione di latte per la trasformazione in formaggi e latticini, ma anche un’eccellente produttrice di carne. Inoltre, le Assaf si adattano molto bene al sistema di allevamento semi-estensivo e all’estensivo, al punto che, molte aziende toscane hanno sostituito la pecora sarda. Le pecore hanno a disposizione pascolo misto ed erba dell’uliveto. Inoltre, con un carro miscelatore viene distribuito in mangiatoia agli animali un fieno di alta qualità “Alfa-Alfa”, disidratato meccanicamente, contente il 15-16 % di proteina grezza. Durante la mungitura vengono somministrati 130 grammi di orzo o mais.

La monta è naturale, con l’introduzione di montoni nel gregge al momento opportuno. Gli agnelli hanno un peso di 4-5 kg alla nascita, vengono allattati dalla madre fino ai

53 30-40 giorni, con un incremento di peso di 350-400 grammi al giorno, fino ad un peso di circa 12 kg nei primi 10 giorni. L’incidenza dei parti gemellari è del 1,5 %.

Si tratta di un’azienda che ha introdotto molte innovazioni tecnologiche rispetto al panorama locale, poiché utilizza energia fotovoltaica ed impiega processi biologici per lo smaltimento delle acque reflue.

La lattazione si protrae fino ai 7 mesi, incluso l’allattamento, con una produzione media di 300-350 litri di latte a capo. La media giornaliera per capo è di 2 litri di latte prodotto. La mungitura viene svolta 2 volte al giorno, con l’ausilio della mungitrice meccanica. Tutto il latte prodotto viene lavorato interamente nel caseificio aziendale, per la produzione di ricotta, yogurt, pecorini freschi e stagionati. L’azienda pratica anche l’agriturismo.

Parametri impiegati nel confronto

I parametri compositivi scelti per il confronto sono stati: % di grasso, % di proteine e % di lattosio.

I parametri igienico-sanitari scelti per il confronto sono stati: cellule somatiche e carica microbica totale.

Per quanto riguarda le aziende neozelandesi, i campioni di latte di massa sono stati sottoposti ad indagini preliminari sugli indicatori di qualità presso il laboratorio MiktestNZ ad Hamilton (www.milktest.co.nz). Il laboratorio MilkTestNZ è accreditato IANZ (International Accrediation New Zealand) ed è accreditato ISO 17025 e ISO 17034 (Reference Material Producer).

I metodi analitici impiegati sono quelli di riferimento del laboratorio MilkTestNZ, riconosciuti a livello internazionale dalla International Dairy Federation:

 Grasso: Roese Gottleib.  Proteine: Kjeldahl.

 Solidi Totali: Gravimetric .  Lattosio: HPLC.

 Cellule Somatiche: CombiFOSS (è stata sviluppata una calibrazione appositamente per il latte ovino).

 Conta della carica microbica totale: aerobic plate count method (APC).

I campioni prelevati dalle aziende toscane sono stati analizzati dai seguenti laboratori:  Tecnal S.R.L, Valsamoggia (BO), accreditato ACCREDIA lab n. 0299

54  Laboratorio centrale Granarolo Spa, Bologna, accreditato ACCREDIA

Lab.0978.

Le metodologie di laboratorio applicate sono quelle riconosciute a livello internazionale ed utilizzate in Italia:

 % di grasso, % di proteine e % di lattosio: spettrofotometria all’infrarosso, MilkoScan, Italian Fon Electric;

 cellule somatiche: cito-fluorimetria a flusso continuo, Fossomatic;  carica microbica totale: cito-fluorimetria a flusso continuo, Bactoscan.

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Piano di campionamento

Il campionamento è avvenuto lungo tutto il periodo di lattazione. In Nuova Zelanda i prelievi hanno avuto una cadenza mensile, da settembre a febbraio. In toscana i prelievi hanno avuto una cadenza quindicinale, da gennaio a dicembre.

Per entrambi gli emisferi, sono stati presi in esame più annate produttive: 2016, 2017, 2018, 2019.

Complessivamente sono stati raccolti e sottoposti ad analisi 168 campioni di latte di massa ovino toscano e neozelandese, opportunatamente refrigerato fino all’arrivo in laboratorio.

Analisi Statistica

Il confronto è stato effettuato trascurando il fattore della stagione, in quanto i due Paesi considerati si trovano in due emisferi opposti e non è stato possibile effettuare una comparazione effettiva.

I dati sono stati sottoposti ad elaborazione statistica matematica, mediante un modello per misure ripetute, con l’effetto del paese, della razza e dell’azienda come effetto fisso e il grasso, le proteine e il lattosio, CCS e CCB come effetto random.

L’analisi è stata effettuata mediante il seguente modello statistico JMP (2002): Yijklmn = μ +Aj+ Bk + Sl + Dm+∑ijklm

dove:

Yijklm = parametri considerati; μ=media generale;

Aj = effetto fisso dell’jth razza (j=1, 2, 3); Bk = effetto fisso dell’azienda kth (k=1, 2, 3, 4);

Sl = effetto fisso paese di origine lth (l= Italia, Nuova Zelanda); Dm = effetto random;

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Risultati e considerazioni

I risultati dell’elaborazione statistica sono descritti nella Tabella n. 1 e nella Tabella n. 2.

Tabella n.1: Effetto del Paese di allevamento sulla qualità del latte ovino Parametri Toscana Nuova Zelanda RMSE

media media Grasso % 6,28 A 5,76 B 0,890 Proteine % 5,51 b 5,68 a 0,554 Lattosio % 4,66 B 4,88 A 0,276 CCS x 1000 1431,34 A 466,41 B 663,99 CBT x 1000 255,52 a 110,79 b 377,62

Lettere diverse nella stessa riga indicano differenze statisticamente significative. RMSE :il valore riportato indica “l’Errore Standard del modello”.

Dall’analisi dei dati riportati in tabella n.1, si rileva che il latte prodotto in Nuova Zelanda risulta più ricco in proteine rispetto a quello Italiano (5,68% vs 5,51%). Tale differenza è confermata anche dal primo studio effettuato dall’Ag-Research Limited nel 2013, nel quale sono state approfondite le conoscenze sulla composizione del latte ovino neozelandese, riportando valori medi del 6,2 % di proteine totali.

Per quanto riguarda il contenuto di grasso, le pecore toscane/italiane producono un latte significativamente più ricco in grassi (P< 0,01) rispetto a quelle allevate in Nuova Zelanda (6,28% vs 5,76 %). Grazie a un programma di ricerca dell’Ag.research Limited, denominato: “Boosting Exports of the Emerging NZ Dairy Sheep Industry”, durante il quale sono stati raccolti ed analizzati più di un centinaio di campioni di latte massale appartenenti a diversi momenti della lattazione e prelevati da diverse parti della Nuova Zelanda,; è stato elaborato un valore indicativo sul contenuto di lipidi totali nel latte ovino in Nuova Zelanda.

Il valore medio riportato dal suddetto studio è del 6.8%, il quale è stato elaborato in seguito ad uno studio comparativo con altre nazioni nel mondo. La Nuova Zelanda riporta quindi uno alto contenuto di lipidi totali rispetto ad altre realtà internazionali: 6.8% in Nuova Zelanda contro il 3.6-10% di altre nazioni, (Raynald-Ljutovac et al. 2008).

L’andamento del lattosio risultata significativamente superiore nel latte neozelandese (4, 88% vs 4, 66%, con P< 0,01) rispetto al latte ovino toscano.

57 La composizione chimica del latte è altamente variabile tra animale e animale, in particolare la concentrazione di lipidi e proteine. Il contenuto di lipidi e proteine caria anche secondo la durata della lattazione, aumenta verso la fine, portando ad aumento dei solidi totali del latte.

Il livello di lipidi nel latte ovino è allo stesso modo influenzato fortemente dall’ambiente di allevamento tanto quanto dalla lunghezza della lattazione, (Mikhail Vyssotski et alii.2003.Food New Zealand).

Dal punto di vista igienico, la carica batterica del latte ovino degli allevamenti neozelandesi è risultato significativamente inferiore (110,79 vs 255,52, con P< 0,01) rispetto al latte ovino prodotto dagli allevamenti toscani.

Di notevole rilevanza sono i dati emersi dalle cellule somatiche nel latte ovino neozelandese, il quale presenta un numero inferiore di CCS rispetto al latte ovino degli allevamenti toscani, con una rappresentatività altamente significativa (466,41 vs 1431,34, con P <0,01).

Tabella n. 2: Effetto della razza o dell’ibrido sulla qualità del latte ovino Parametri Sarda Awassi Kiwi Cross RMSE

media media media

Grasso % 6,19 A 6,33 A 5,76 B 0,890

Proteine % 5,34 B 5,60 A 5,68 A 0,554

CCS x 1000 1424,55 A 1435,17 A 466,41 B 663,99

CBT x 1000 269,84 247,46 110,79 377,62

Lettere diverse nella stessa riga indicano differenze statisticamente significative.

Per quanto riguarda l’effetto della razza sulle componenti del latte si è osservato che il contenuto di grasso del latte prodotto dalle razze Sarda e Awassi provenienti da allevamenti toscani risulta più elevato (P< 0,01) rispetto all’ibrido Kiwi-Cross Neozelandese.

Il contenuto di proteine, invece, risulta significativamente superiore nelle razze Awassi e nel Kiwi Cross rispetto alla razza Sarda.

Questo è stato esplicitato anche in altri lavori precedenti (Mavrogenis e Louda 1980; Anfintakis, 1986), nei quali è stata dimostrata l’incidenza della razza sulla composizione chimica del latte ovino.

Tuttavia, altri lavori (Bencini e Purvis, 1990; Bencini et al, 1992) non hanno portato alla luce differenze significative nella composizione del latte tra ceppi di pecore di

58 razza Merino, rispetto a pecore con una genetica composta da Merino x Awassi e Merino, concludendo che la nutrizione potrebbe avere un ruolo molto più determinante nella caratterizzazione della composizione del latte ovino, specialmente per il contenuto del grasso nel latte.

Anche per i parametri igienici, in base alla razza o all’incrocio abbiamo riscontrato significative differenze, come riportato nella Tabella 2. La carica microbica totale e il contenuto di cellule somatiche risultano significativamente superiori (P< 0,01) nelle razze toscane Awassi e Sarda, rispetto agli allevamenti selezionati in Nuova Zelanda che allevano ibridi Kiwi Cross.

L’ultimo effetto che abbiamo selezionato è l’influenza della conduzione aziendale sulla produzione di qualità del latte ovino.

Dalla Tabella 3 è emerso quanto segue: il contenuto di grasso nel latte risulta significativamente superiore (P<0,01) in entrambe le aziende toscane e per Maui Milk, rispetto alle altre due aziende neozelandesi.

Il latte prodotto da Maui Milk risulta più ricco in proteine rispetto alle altre aziende neozelandesi, le quali presentano un contenuto di proteine simili alle aziende toscane. In ordine, Kingsmeade presenta un contenuto proteico del latte uguale sia all’azienda di Carta che a quella di Spinelli, mentre Talla produce un latte simile all’azienda di Spinelli dal punto di vista del contenuto di proteine.

La carica microbica totale è significativamente superiore nelle aziende toscane e nell’azienda Talla Farm, rispetto a Kingsmeade e Maui Milk, i quali presentano una carica molto più bassa.

Per il contenuto di cellule somatiche, abbiamo riscontrato un contenuto significativamente superiore nel latte ovino delle aziende toscane rispetto alle aziende neozelandesi, come si può vedere nella Tabella n.3.

Tabella n.3: Effetto dell’azienda sulla qualità del latte ovino.

parametri Carta Spinelli Kingsmeade Maui Milk Talla RMSE Grasso % 6,19A 6,33A 5,41B 6,27A 5,71B 0,890

Proteine % 5,34C 5,60B 5,51BC 5,88A 5,65B 0,554

CCS x 1000 1424,55A 1435,17A 433,35B 523,69B 324,60B 663,99

CBT x 1000 269,84A 247,46A 78,21B 122,83B 291,40A 377,62

59 Il parametro fortemente discriminante tra i due Paesi è rappresentato dal contenuto delle cellule somatiche. Il conteggio delle cellule somatiche nel latte è da tempo accettato come indicatore dello stato sanitario della mammella. Il numero di cellule somatiche nel latte può essere particolarmente alto nelle seguenti situazioni fisiologiche: nel periodo colostrale e/o alla fine della lattazione.

Tuttavia, è difficile stabilire la causa di un innalzamento delle CSS, perché potrebbe essere influenzato da vari fattori, come l’età dell’animale, il loro livello di produzione, lo stress, lo stato sanitario dell’animale.

Le cellule somatiche contenute nel latte possono essere raggruppate in 3 categorie: le cellule epiteliali, le cellule del sangue, particelle citoplasmatiche. La proporzione delle differenti categorie di cellule varia nel corso della lattazione e dipende anche dallo stato sanitario dell’animale. Durante episodi di mastite, le difese immunitarie si abbassano, determinando una migrazione dei leucociti dal sangue alla ghiandola mammaria in gran numero, portando così ad un aumento del numero delle cellule somatiche.

Inoltre, questo processo di migrazione comporta una sintesi modificata dei componenti del latte, con uno disquilibrio nella composizione del latte. Si assisterà anche ad un’alterazione del valore del Ph del latte, che vira verso valori più alti, a prova del fatto che si tratta di un latte mastitico e non fisiologico. Questo comporterà, dunque, un peggioramento del latte dal punto di vista della composizione, con conseguenza diretta nella caseificazione.

Fra i fattori extra-sanitari che influenzano il contenuto in cellule somatiche del latte di pecora (CCS) particolare rilievo hanno gli errori alimentari (formulazione, composizione e somministrazione delle razioni), le cui ripercussioni sistemiche predispongono l’apparato mammario delle lattifere alle infiammazioni e quindi ad una maggiore probabilità di comparsa di mastiti.

Fra gli errori di formulazione alimentare più frequenti in grado di influenzare il CCS si citano le carenze energetiche (Suriyasathaporn et al., 2000;), lo sbilanciato rapporto energia/proteina (Kehrli et al., 2006a), le carenze proteiche e/o gli eccessi di NPN nella razione (Kehrli et al., 2006b).

Anche un insufficiente apporto vitaminico e minerale con la razione comporta la riduzione dell’integrità strutturale e funzionale del sistema immunitario e, di conseguenza, l’indebolimento delle difese cellulari della mammella(Sordillo et al., 1997a).

60 Per contenere il CCS nel latte attraverso l’alimentazione occorre somministrare una razione ben formulata sotto il profilo energetico e proteico ed equilibrata in micronutrienti.

Specifiche insufficienze nutrizionali ed in particolare carenze in microelementi minerali quali Se, Zn, Mn, Fe (Smith et al., 1997a; Weiss e Spears, 2006), carenze vitaminiche quali le vit. E, vit. A, beta-carotene, e vit. C (Smith et al., 1997b), sono quelle messe maggiormente in relazione con lo stato sanitario della ghiandola mammaria e, di conseguenza, con l’aumento della CCS nel latte.

Questi microelementi vanno a comporre una serie di enzimi con funzione fondamentale nella protezione dell’integrità delle cellule del sistema immunitario per cui, in caso di infezione, la loro carenza peggiora l’attività battericida dei leucociti PMN neutrofili, e di conseguenza si riducono le autodifese contro le infezioni intramammarie (Sordillo et al., 1997b).

L’improvviso passaggio dall’alimentazione secca invernale a quella fresca primaverile è anch’esso responsabile dell’aumento del CCS nel latte (associato ad una minore capacità di difesa del sistema immunitario dell’animale), a causa dell’eccesso di azoto nitrico normalmente presente nei foraggi verdi allo stadio giovanile (Cuccuru et al.,1994).

Anche la conformazione dell’apparato mammario, oltre ad influenzare la mungitura meccanica, può condizionare la sanità della mammella, l’efficienza produttiva e la qualità igienica e tecnologica del latte.

È stato infatti osservato durante il corso della lattazione che alcune tipologie di mammelle sono più predisposte a mostrare contenuti in cellule somatiche più elevati e una maggiore incidenza di mastiti cliniche e subcliniche. La concentrazione dei componenti nel latte prodotto dalle mammelle infette (grasso, proteine, lattosio, caseina) era significativamente più bassa rispetto a quelle sane mentre la concentrazione delle proteine del siero e dell’albumina era significativamente più alta. Inoltre, il contenuto elevato di proteine del siero nel latte con elevate cellule somatiche determina un aumento, seppur non significativo, nel contenuto proteico vero e nel rapporto caseina/proteina. Non sono state riscontrate differenze per quanto riguarda l’azoto non proteico e l’urea, mentre è stato registrato un aumento della caseina solubile (P<0,05) nella classe con cellule somatiche più elevate. Questo può determinare una perdita di siero, proteine e solidi totali nel formaggio.

61 Anche sul contenuto microbico sono state rilevate delle discordanze evidenti tra il latte toscano e quello Neozelandese, tuttavia per questo parametro l’alimentazione ha effetti diretti molto limitati.

I batteri e gli altri microrganismi pervengono al latte dall’ambiente in quanto, al momento dell’estrazione, il secreto di mammelle sane è praticamente sterile. La carica microbica di un latte che arriva al caseificio è pertanto legata sia alle condizioni igieniche osservate dagli operatori nel corso della mungitura sia alle modalità di conservazione e di trasporto della materia prima.

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Conclusioni

Alla luce dell’indagine effettuata sui sistemi produttivi e delle elaborazioni dei dati relativi ai monitoraggi svolti sui latti prodotti, possiamo fare le seguenti considerazioni.

Il campione di aziende neozelandesi si è caratterizzato per produrre un latte con una maggiore concentrazione in proteine e lattosio rispetto al latte ovino toscano.

Le motivazioni possono essere ricondotte a vari fattori, fra i quali hanno certamente dato un contributo positivo:

 l’ambiente (suolo, clima);

 la genetica, grazie ai piani di selezione genetica condotti dagli allevatori neozelandesi sulla razza Kiwi Cross, che dimostra di ottenere potenziamenti delle sue già avanzate performances;

 lo stato sanitario degli animali, che nelle pecore neozelandesi è testimoniato dal minore contenuto in cellule somatiche;

 il management aziendale, grazie al giusto apporto proteico nell’alimentazione, determinata dall’alimentazione essenzialmente foraggera, offerta dai ricchi ed estesi campi di prato-pascolo di erba medica, trifoglio bianco o alessandrino, durante tutto il periodo di lattazione, come non è facilmente ottenibile nelle condizioni climatiche della Toscana.

Il tenore in grassi è risultato invece più elevato negli allevamenti presi in esame in Toscana. Fra i fattori causali possiamo segnalare:

 l’effetto del genotipo, in quanto la maggiore concentrazione di grassi nel latte toscano è da attribuirsi principalmente al grado di specializzazione delle diverse razze, che al confronto con la razza altamente selezionata come la Kiwi Cross, riescono a prevalere nella produzione di grasso;

 l’intervallo di tempo tra una mungitura e l’altra, dal momento che in Toscana la mungitura viene praticata due volte al dì, a differenza delle aziende neozelandesi che effettuano la mungitura una volta al giorno, la mattina (fa eccezione l’azienda Maui Milk che pratica la doppia mungitura quotidiana, ottenendo una percentuale di grasso paragonabile al latte crudo ovino toscano).

Ciò su cui potremmo riflettere è la superiorità in termini di qualità igienica del latte ovino neozelandese rispetto a quello toscano.

63 La Nuova Zelanda presenta un latte crudo ovino con un numero di cellule somatiche contenuto rispetto agli allevamenti italiani.

In questo senso, probabilmente risultano determinanti i seguenti fattori:

 il fattore genetico che incide positivamente sul mantenimento di un basso contenuto di cellule somatiche nel latte crudo neozelandese, dal momento che la Kiwi Cross può essere considerato un ibrido altamente selezionato per la morfologia e la posizione dei capezzoli e soprattutto per la resistenza alle malattie ed allo stress;  il clima oceanico della Nuova Zelanda, caratterizzato da un tempo variabile,

dall’alternarsi delle piogge e del sole e da temperature non molto elevate né troppo rigide, quindi più adatto all’allevamento di quanto lo possano essere le variazioni del clima mediterraneo, con passaggi repentini dell’alimentazione secca invernale a quella fresca primaverile, con conseguente aumento dell’azoto nitrico nei foraggi allo stadio giovanile;

 lo stato sanitario degli animali garantito dall’alto livello di benessere garantito. Anche per quanto riguarda la ridotta carica microbica totale del latte ovino neozelandese, i fattori causali possono essere ascritti ad una tecnica evoluta di mungitura, associata all’applicazione di misure di prevenzione strettamente connesse con un attento monitoraggio della qualità del latte.

Credo che le osservazioni rilevate da questa indagine possano essere usate come uno stimolo per il nostro Paese, nel progredire e valorizzare una produzione improntata sulla qualità, non solo per la fase di trasformazione casearia, ma anche per la produzione primaria.

A partire dal miglioramento delle tecniche e delle tecnologie applicate alla zootecnica in modo più mirato alla valorizzazione del patrimonio ovino italiano, per mezzo di piani di conservazione e miglioramento genetico continuo delle razze ovine utilizzate per la produzione di latte.

In un momento economico molto critico per la zootecnia italiana, come quello che stiamo vivendo, è difficile ipotizzare l’utilizzo di nuove tecnologie, che implichino impegni finanziari considerevoli per aumentare l’efficienza della selezione. Tuttavia, oggi più che mai è fondamentale riuscire ad integrare in modo organico tutti gli strumenti gestionali e di miglioramento genetico per riuscire a contrarre il costo di produzione del latte ed ad incrementare la produzione, sia in termini quantitativi che qualitativi, così da accrescere la competitività delle realtà zootecniche.

64 Ciò che ho potuto trarre da questa esperienza di vita è quanto gli allevatori italiani siano fortunati nel possedere una tradizione millenaria sull’ovinicoltura da latte, che rischia tuttavia di essere dispersa se non combinata con il supporto tecnico e scientifico.

Basterebbe pensare quanto la Nuova Zelanda, che si è affacciata da solo un decennio all’ovini- coltura da latte, sia influente nel panorama commerciale internazionale dei prodotti lattiero-caseari. Da noi invece, la tradizione finisce per costituire una zavorra all’evoluzione e alla differenziazione dei prodotti, fattori indispensabili per poter rimanere competitivi nel mercato mondiale.

D’altro canto, la Nuova Zelanda ha dei margini di miglioramento nello sviluppo di piccole imprese e di produttori che investano sul mercato locale ed interno, mirando al potenziamento della trasformazione del latte crudo ovino, attraverso il miglioramento delle competenze degli operatori. In questo ambito, l’esperienza

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