• Non ci sono risultati.

CAP II: Aziende e distretti.

II. 1.1: Aziende nel biomedicale

Confrontando le capacità del nostro paese con quelle di alcuni altri paesi europei (UK, Germani, Francia) non possiamo far a meno di prendere atto del gap che ci separa da essi. Ritardo generato da cause proprie della formazione delle nuove imprese innovative e cause esogene dovute al paese Italia. I problemi principali comunque restano quelli dell’ accesso al credito da parte dell’ impresa e degli elevati costi dovuti alle valutazioni degli investimenti stessi. Inoltre non possiamo non far riferimento alla criticità dei rapporti che intercorrono tra le aziende e i vari enti (nazionali, regionali, ecc..).

Prima di addentrarci oltre nel discorso però ritengo fondamentale far chiarezza sul concetto di impresa innovativa.

Prima di tutto occorre distinguere:

1. tra diversi modelli di innovazione

2. tra diverse tipologie di piccole e/o nuove imprese

Rispetto al primo punto, è ormai assodata a livello globale la distinzione tra:

- innovazione basata sulla ricerca e sviluppo (R&D - based innovation)

- innovazione non basata sulla ricerca e sviluppo (non-R&D based innovation).

La prima forma di innovazione si basa sulla allocazione di risorse dedicate e formalizzate ad attività di ricerca (solitamente a livello aziendale o addirittura di prodotto, difficilmente si tratta di ricerca di base), progettazione, prototipazione e testing, di nuovi prodotti e nuovi processi.

Nei settori science-based (farmaceutico e biotecnologie, chimica fine, semiconduttori, TLC e IT, aerospazio, strumentazione scientifica, biomedicale) l'innovazione ha prevalentemente natura di innovazione di prodotto, si basa sulla sistematica esplorazione di opportunità, anche aperte dal progresso scientifico (es. genomica, proteomica), e può essere introdotta sul mercato sia dalle grandi imprese oligopolistiche che da nuove imprese entranti.

È utile a questo proposito richiamare la classica distinzione, sviluppata nella economia della innovazione, tra regime innovativo di tipo Schumpeter I e Schumpeter II. Nel primo caso gli innovatori sono nuove imprese, che entrano sul mercato portando competenze radicalmente diverse rispetto agli incombenti (competence-destroying) e distruggendo le basi di competizione preesistenti (distruzione creatrice). Nel secondo caso invece l'innovazione viene internalizzata dalle grandi imprese oligopolistiche incombenti, che allocano ingenti risorse alla R&S formalizzate, anche allo scopo di non essere spiazzate dall’ emergenza di nuove tecnologie e di poter controllare i tempi di introduzione sul mercato delle nuove soluzioni.

Sono di tipo Schumpeter I, nel caso dei settori science-based, le imprese biotech, le imprese di software (nel caso di prodotti customized), alcune aree biomedicali e di strumentazione scientifica e di misura, alcune aree delle nanotecnologie (in particolare nano-bio e nanomateriali). Al contrario, sono di tipo Schumpeter II l'industria farmaceutica, l'elettronica e i semiconduttori, l'aerospazio.51

Per quanto riguarda il secondo punto si possono distinguere ancora due sottocategorie da analizzare in quanto nei settori così detti tradizionali l'innovazione si fonda su due caratteri fondamentali:

- l'assorbimento di innovazione di processo da parte dei fornitori di macchine

- elementi di tipo informale e incrementale come il design, l'innovazione estetica, lo stile.

Si tratta del modello tipico dei settori del Made in Italy, che producono con processi di norma altamente efficienti e flessibili, avendo incorporato la tecnologia dai produttori di macchine utensili, e realizzano continue micro-innovazioni incrementali, sovente a ciclo breve (campionario, stagione fashion).

Questa tassonomia, ormai diventata classica, non considera il crescente ruolo della innovazione nel mondo dei servizi. Si tratta di una lacuna ormai riconosciuta nella letteratura e dagli uffici di statistica di vari paesi e da Eurostat, che tuttavia non ha ancora portato a soluzioni soddisfacenti. In particolare alcuni recenti contributi suggeriscono l'emergenza, all'interno della economia dell'esperienza, di un paradigma

51

di “industrializzazione dell'unicità”, attraverso la combinazione creativa di prodotti manifatturieri, servizi, e nuove modalità di delivery e customer experience veicolata dalle nuove tecnologie ICT (Bonaccorsi e Granelli, 2005).

Queste distinzioni sono fondamentali per comprendere il ruolo delle nuove imprese innovativo. Infatti, in linea generale:

1. nei settori science based vi è un ruolo per nuove imprese solo nei settori Schumpeter I, mentre è scarsamente rilevante nei settori consolidati di tipo routinizzato che seguono il regime Schumpeter II;

2. anche in questi settori (es. software, soluzioni ICT, biotech, strumentazione medicale) esiste di norma una fase di transizione nella quale il ruolo per le nuove e/o piccole imprese viene drasticamente ridotto a causa di emergenza di design dominante e di esternalità di rete, per cui è importante supportare le nuove imprese verso processi di rapida crescita, "cavalcando" il consolidamento industriale;

3. nei settori basati sulla scala possono entrare nuove imprese, ma in genere in ruoli residuali e di servizio alla grande impresa (es. imprese di progettazione nel ciclo automotive; sviluppatoci di elettronica embedded); in questo caso occorre supportare le nuove imprese a gestire in modo evoluto il rapporto negoziale con le grandi imprese, ad esempio impostando da subito una strategia internazionale; 4. nei settori tradizionali e della meccanica strumentale vi è un enorme ruolo per le nuove imprese, ma sovente esse replicano senza varianti il modello di business e industriale delle imprese esistenti, semplicemente andando a sperimentare diverse combinazioni di prodotto. In questi settori esiste dunque una elevata demografia, ma il contenuto innovativo della nuova imprenditorialità può essere modesto;

5. nei settori tradizionali esiste un potenziale di innovazione attraverso nuove combinazioni e ricombinazioni di prodotti e servizi, introducendo tecnologie ICT al servizio di nuovi modelli di business;

6. esiste infine un enorme spazio di innovazione nei servizi, sia alla persona che alle imprese, in un nuovo paradigma di “Industrializzazione dell'unicità”.

Sulla base di queste distinzioni è possibile formulare una definizione onnicomprensiva, che sia allo stesso tempo sufficientemente rigorosa da escludere forme improprie o marginalmente innovative, ma allo stesso tempo abbastanza ampia da non trascurare forme di innovazione meritevoli di attenzione.

Si comprende in questa luce la definizione proposta dal Bando del Fondo Rotativo per le nuove imprese innovative lanciato dalla Camera di Commercio di Pisa a fine 2003. Sono considerate nuove imprese innovative le imprese costituende o costituite da non più di tre anni che presentino uno o più dei seguenti caratteri:

possesso di una nuova tecnologia di prodotto, processo o servizio;

nucleo imprenditoriale proveniente dall'università e dal mondo della ricerca pubblica e privata (impresa spin-off);

collaborazioni con università e mondo della ricerca pubblica e privata sul trasferimento di ricerche e innovazioni tecnologiche e loro applicazioni ai processi aziendali;

possesso di una business idea innovativa (non coperta da altre imprese già esistenti sul mercato nazionale).52

La capacità di un'impresa e di un sistema produttivo di competere sul mercato internazionale si misura da vari indicatori, quali la quota di export sul fatturato, la produzione di brevetti internazionali, gli investimenti diretti all'estero, il riconoscimento e l'affermazione globale di marchi d'impresa, la presenza nei segmenti a maggiore innovazione e redditività, ecc.

E' difficile dire esattamente quante siano le imprese che operano nel settore dei dispositivi medici, data l'elevata frammentazione del settore e la citata non omogenea classificazione a livello internazionale. Basti pensare che secondo NewCronos database (Eurostat 2004) in Europa (considerata allargata ai 25 paesi UE) operano circa 50.000 imprese con il codice NACE 33.1 (corrisponde alla nostra classe ATECO 33.1 – Fabbricazione di apparecchi medicali e chirurgiche e di apparecchi ortopedici), mentre Eucomed (Associazione Europea dell'industria biomedica) ne stima 8.500. Anche per gli Stati Uniti le stime variano tra le 11 .409 imprese registrate dall'FDA (Food and Drug Administration) e le circa 15.000 stimate nel 2004 dalla società di ricerche di

52

mercato Dun & Bradstreet. Infine, per quanto riguarda il Giappone le stime vanno dalle 1 .600 imprese scarse alle oltre 5.000 (JFMDA).

Si può quindi dire che il numero complessivo di imprese a livello mondiale varia sensibilmente - a seconda dell'accezione che viene data al settore biomedicale - dalle 25.000 alle 200.000 unità, anche se è tuttavia evidente che gli attori in grado di giocare un ruolo attivo sul mercato globale sono molti di meno e, nella maggior parte dei casi, le aziende leoder di mercato hanno sede negli Stati Uniti ed in Giappone.

Ancora una volta infatti, va sottolineato che il mercato dei dispositivi medici, nonostante sia caratterizzato da una domanda prevalentemente pubblica, a differenza del farmaceutico che è un mercato globale sostanzialmente omogeneo, è invece estremamente diversificato e frammentato in una molteplicità di nicchie di mercato, più o meno ampie sia in termini di volumi che di imprese.53