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L’azione creatrice del clima

Nel documento Montesquieu e la natura dei poteri (pagine 143-149)

IV. L A NATURA

2. L’azione creatrice del clima

Il Libro XIV dello Spirito delle Leggi si apre con il capitolo I, intitolato Principio

generale, in cui Montesquieu scrive:

Se è vero che il carattere dello spirito e le passioni del cuore sono estremamente differenti nei diversi climi, le leggi devono essere relative e alla differenza di queste passioni e alla differenza di questi caratteri294.

Si assume l’elemento della differenza come elemento decisivo. Montesquieu scrive che

tanto il carattere dello spirito che le passioni del cuore assumono diversità forti a

seconda delle zone del mondo in cui si trovano e dei climi di quelle zone. Innanzitutto si

sottolinea l’influenza che il clima in quanto fenomeno naturale può avere in quello che

potremmo definire il temperamento dell’uomo. L’atmosfera climatica è una fonte di

espresse diversità. Interpretando questa prima posizione si può sostenere che il clima è

uno degli attori principali, non relativi alla sfera artificiale, responsabili di una influenza

trasformativa della realtà dei soggetti umani. Come agisce il clima? Abbiamo

individuato una prima decisiva diversità fra due poli climatici. Data questa differenza,

posta dal filosofo quale principio generale, anche la grande costellazione delle leggi

deve rispondere di questa realtà ed essere consequenziale. I climi influiscono sulle

persone e le leggi sono obbligate a farsi carico di queste diversità. Il capitolo secondo

affronta infatti nello specifico come l’essere umano agisce diversamente a seconda della

fascia climatica in cui vive.

C’è un’opposizione fra aria calda ed aria fredda: descritta tale diversità si cerca di

stilare un profilo di coloro i quali abitano questi climi. L’aria fredda ha quale sua

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predominante la capacità di restrizione, mentre l’aria calda ha la proprietà di possedere

una specie di effetto rilassante. L’uomo è oggetto di osservazione e anche in questa

circostanza la fase di analisi comincia dai fatti empirici:

L’aria fredda fa restringere le estremità delle fibre esteriori del nostro corpo: cioè aumenta la loro elasticità, e favorisce il ritorno del sangue dalle estremità verso il cuore. Essa diminuisce la lunghezza delle fibre in questione: ne aumenta quindi ancora la forza. L’aria calda, al contrario, rilassa le estremità delle fibre, e le allunga: ne diminuisce quindi la forza e la elasticità295.

Un certo tipo di clima – quello freddo – ha la capacità di restringere le fibre, l’altro –

quello caldo – produce un effetto di rilassamento. Da ciò consegue che una maggiore

forza la si potrà osservare nei climi a temperatura fredda poiché si riscontra un migliore

bilanciamento dell’insieme:

Si ha dunque maggior vigore nei climi freddi. L’azione del cuore e la reazione delle estremità delle fibre si effettuano meglio, i liquidi si trovano meglio in equilibrio, il sangue è indirizzato meglio al cuore, e reciprocamente il cuore ha maggior forza296.

La temperatura, si potrebbe dire, produce una sorta di effetto domino sui temperamenti,

infatti:

Questa forza più grande deve produrre molti effetti: per esempio, maggior fiducia in se stessi, vale a dire maggior coraggio; maggior conoscenza della propria superiorità, vale a dire minor desiderio di vendetta; maggior consapevolezza della propria sicurezza, cioè maggior franchezza, meno sospetti, meno sottigliezze e meno astuzie. In sostanza, ciò deve dar vita a caratteri ben differenti297.

Il freddo mette in moto un processo ampio che plasma il soggetto. Al di là degli

specifici effetti che non possono formare evidentemente un paradigma né una legge

indiscutibile, l’aspetto primo del fenomeno climatico è il fatto che esso è generatore e

creatore e quindi ha la forza di trasformare. La temperatura fredda spinge a muoversi

mentre i climi caldi e torridi incollano l’uomo alla sua indolenza e ne addormentano

l’azione:

295 Ibid., p. 382. 296 Ivi. 297 Ivi.

145 Mettete un uomo in un luogo caldo e chiuso: soffrirà, per le ragioni che sono

venuto esponendo, una grave debolezza di cuore. Se in questa circostanza gli si va a proporre una azione ardita, credo che lo si troverà poco ben disposto ad attuarla: la sua presente debolezza gli inonderà scoraggiamento nell’animo; avrà timore di tutto, perché sentirà che non può nulla298.

C’è un famoso esempio che, poche righe dopo, propone Montesquieu ed è quello della

lingua del montone:

I nervi, che metton capo da tutte le parti del tessuto della nostra pelle, sono formati ciascuno da un fascio di nervi. Ordinariamente non tutto il nervo si muove, ma solo una parte infinitamente piccola. Nei paesi caldi, ove il tessuto della pelle è rilassato, le estremità dei nervi sono espanse, ed esposte alla più piccola azione degli oggetti più deboli. Nei paesi freddi il tessuto della pelle è compatto e i mammelloni compressi; i ciuffi nervosi sono in certo senso paralizzati, e la sensazione non giunge al cervello se non è estremamente forte e non proviene da tutto l’insieme del nervo. Ma proprio da un numero infinito di piccole sensazioni dipendono l’immaginazione, il gusto, la sensibilità, la vivacità.

Ho osservato il tessuto esterno della lingua di un montone nella parte ove sembra, a occhio nudo, coperta di prominenze. Ho notato al microscopio su queste prominenze dei piccoli peli o una specie di lanugine; tra le prominenze vi erano delle piramidi che formavano alla estremità come dei piccoli pennelli. Vi è forte motivo di credere che queste piramidi siano il principale organo del gusto299.

Abbiamo l’oggetto – il tessuto esterno di una lingua di un montone – che viene

osservato in due momenti: in un primo momento l’osservazione avviene ad occhio

nudo, e se ne traccia la fisionomia; in un secondo momento lo sguardo è più tecnico e la

descrizione prosegue con un intervento diretto dell’osservatore che agisce sull’oggetto

in esame:

Ho fatto gelare metà di quella lingua, ed ho notato ad occhio nudo le prominenze considerevolmente diminuite: qualche fila di esse era persino rientrata nella sua guaina. Ho esaminato il tessuto al microscopio, e non ho più visto piramidi. Man mano che la lingua si è sgelata, le protuberanze davano segno, a occhio nudo, di risollevarsi e, al microscopio, i ciuffi nervosi andavano ricomparendo.

298

Ibid., pp. 382-383.

146 Questa osservazione conferma quanto ho già detto, che, cioè, nei paesi freddi, i

ciuffi nervosi sono meno espansi: essi si ritirano nelle proprie guaine, ove sono al riparo dall’azione degli oggetti esterni. Le sensazioni sono pertanto meno vive300

.

Osservazione, esperimento e nuova osservazione sono i tre passi fondamentali, posti in

essere dallo sguardo indagatore di Montesquieu. Il freddo agisce per diminuzione e da

questa acquisizione empirica si arriva ad una considerazione più generale, forse troppo

arbitraria nella sua sostanza, che riguarda la sensibilità degli esseri umani:

Nei paesi freddi si avrà poca sensibilità per i piaceri: essa sarà maggiore nei paesi temperati, estrema in quelli caldi. Come si distinguono i climi per gradi di latitudine, si potrebbero distinguerli, per così dire, per gradi di sensibilità301.

Tale risultato è problematico poiché Montesquieu lega la condizione del clima ad una

raggiungibile sensibilità la quale ha una gradazione a seconda della temperatura. In

generale, la temperatura sarebbe responsabile della sensibilità per i piaceri ma è

abbastanza complesso porre la questione in questi termini. È indubbio che esistano gradi

per la sensibilità ma è altrettanto indubbio che ogni sensibilità sia collegata alla totalità

di un soggetto ed ogni soggetto è diverso dall’altro. Potrebbe dunque darsi un soggetto

che, vivendo in un clima temperato, abbia una sensibilità diversa da quella cui sembra

obbligarlo Montesquieu.

Se la temperatura incide notevolmente sulle vite e sui caratteri, sui costumi e sugli

usi, essa però non può avere una preminenza così assoluta e totalizzante sulla vita degli

uomini. Montesquieu scrive, ad esempio, che le varie temperature climatiche hanno la

capacità di influire anche sull’universo dell’amore:

Nei climi del nord a mala pena si fa sentire l’aspetto fisico dell’amore; nei climi temperati l’amore, accompagnato da mille accessori, si rende piacevole attraverso cose che paiono l’amore stesso, e non lo sono ancora; nei climi più caldi si ama l’amore per se stesso: è l’unica causa di felicità, è la vita302

.

Questa posizione riconosce nelle caratteristiche del clima una specie di perimetro che

chiude in un’area di temperatura circoscritta un processo che decide la fisionomia

dell’amore. Tutto questo appare troppo forzato perché esposto ad un’eccessiva

300

Ibid., p. 384.

301

Ivi.

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generalizzazione come quella, immediatamente successiva, riguardante l’influsso sui

vizi umani:

Voi troverete nei climi del nord dei popoli che hanno pochi vizi, abbastanza virtù, molta sincerità e franchezza. Avvicinatevi ai paesi del mezzogiorno, e vi sembrerà di allontanarvi dalla morale stessa: passioni più vive moltiplicano i delitti, ciascuno cerca di assicurarsi, a danno degli altri, tutti i vantaggi che possono favorire le passioni stesse. Nei paesi temperati voi vedrete dei popoli incostanti nelle proprie maniere, negli stessi vizi e nelle loro virtù: il clima non vi ha una parte abbastanza determinante per renderli costanti.

Il calore del clima può essere così eccessivo da lasciare il corpo senza forza alcuna. In questo caso la debolezza si comunica allo spirito; non c’è più curiosità, nessun desiderio di nobili imprese, nessun sentimento generoso; le inclinazioni son tutte passive; l’ozio vien considerato come la felicità; la maggior parte delle punizioni son meno difficili da sopportare che l’azione dell’anima, e la schiavitù meno insopportabile della forza d’animo necessaria per sapersi condurre da sé303

.

Montesquieu collega le tre tipologie di clima in una rete in cui i pochi vizi, la sincerità e

la franchezza sono propri dei climi settentrionali, la molta passione appartiene ai climi

meridionali e l’incostanza è la caratteristica principale delle zone temperate. Che il

calore renda gli esseri umani spossati e deboli e spesso soffochi la volontà di muoversi e

di agire non può però significare che in questi climi torridi ogni inclinazione e proposito

sia passivo. Gli effetti del caldo e quelli del freddo sono i più visibili perché

rappresentano due temperature estreme. Uno degli aspetti politici del clima consiste in

questo: il suo stesso manifestarsi impone all’uomo determinati comportamenti e

determinate scelte.

I climi moderati non raccolgono gli eccessi delle altre due temperature ma, essendo

costituiti da una temperatura media influiscono con maggiore ponderatezza, generando

conseguentemente una più piana capacità di riflessione.

Montesquieu insiste molto sull’aspetto determinante del clima ed arriva a

concretizzare questa posizione stilando, in una considerazione generale, una specie di

principio che riprende quanto aveva sostenuto nel capitolo I di questo Libro XIV:

148 Sono i differenti bisogni nei differenti climi che hanno originato le diverse maniere

di vivere, e queste differenti maniere di vivere hanno originato le diverse specie di leggi304.

Questa fortissima assunzione teorica era già stata, in parte, formulata da Aristotele nel

Libro VII, capitolo 7, della Politica:

I popoli che abitano nelle regioni fredde e quelli d’Europa sono pieni di coraggio ma difettano un po’ d’intelligenza e di capacità nelle arti, per cui vivono sì liberi, ma non hanno organismi politici e non sono in grado di dominare i loro vicini: i popoli d’Asia al contrario hanno natura intelligente e capacità nelle arti , ma sono privi di coraggio per cui vivono continuamente soggetti e in servitù: la stirpe degli Elleni, a sua volta, come geograficamente occupa la posizione centrale, così partecipa del carattere di entrambi, perché, in realtà, ha coraggio e intelligenza, quindi vive continuamente libera, ha le migliori istituzioni politiche e la possibilità di dominare tutti, qualora raggiunga l’unità costituzionale305

.

Ci sono delle differenze fra l’analisi di Aristotele e quella di Montesquieu ma si

possono tuttavia riscontrare dei significativi punti in comune.

Riassumiamo questa analisi di Aristotele servendoci della seguente tabella:

PROVENIENZA

GEOGRAFICA CARATTERI DEI POPOLI

NORD

-

EUROPEA

Popoli coraggiosi che vivono liberi ma con qualche difetto nelle capacità intellettuali e artistiche. Non hanno organismi politici e non sono in grado di esercitare il dominio sui loro vicini. Vi si osservano pochi vizi e molta virtù.

ASIATICA

Ricchi d’intelligenza e capaci nelle arti, mancano di coraggio e vivono in continua cattività.

ELLENICA

Intelligenti e coraggiosi, vivono continuamente liberi e con le migliori istituzioni politiche.

304

Ibid., p. 394.

149

Poniamo a confronto questa posizione di Aristotele con quella di Montesquieu:

CLIMA CARATTERI DEI POPOLI

FREDDO

Popoli caratterizzati da vigore e forza i quali consentono coraggio e fiducia in se stessi ma con poca sensibilità per i piaceri.

CALDO

Popoli in cui l’elemento morale sembra marginale e in cui l’elemento della passione è predominante. Ciò conduce ad una estrema sensibilità per i piaceri.

TEMPERATO

Popoli in cui domina una certa incostanza nelle maniere, nei vizi e nelle virtù.

Nel documento Montesquieu e la natura dei poteri (pagine 143-149)

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