• Non ci sono risultati.

Il potere del clima

Nel documento Montesquieu e la natura dei poteri (pagine 139-143)

IV. L A NATURA

1. Il potere del clima

Carlo Carraro e Alessandra Mazzai, autori del libro Il clima che cambia. Non solo un

problema ambientale, scrivono:

Il nostro clima sta cambiando e stanno cambiando gli equilibri ambientali, sociali ed economici del pianeta. È un cambiamento lento, difficile da percepire, ma dagli enormi impatti. Sottovalutarlo mette a rischio non tanto il nostro pianeta, quanto le nostre società e il nostro benessere. Prenderne coscienza è quindi il primo passo per capire come agire e come spingere ad agire chi ci governa, per evitare che, poco a poco, i cambiamenti diventino dannosi e irreversibili287.

C’è un collegamento forte nel passo citato fra il clima e le nostre società. Gli autori

scrivono che, seppur il cambiamento che percepiamo apparentemente non è così rapido,

i suoi effetti hanno un gigantesco impatto sulle nostre vite. Occorre un deciso dialogo

con il mondo delle scelte e delle azioni capace di consentire una politica in grado di

sobbarcarsi questo tema non più rimandabile. Carraro e Mazzai continuano osservando

che

Il clima sta cambiando ed è già cambiato, come dimostrano i fenomeni meteorologici estremi che divengono sempre più frequenti, dalle siccità alle piogge torrenziali, dagli uragani alle ondate di freddo o caldo estreme. Situazioni che impattano sulle nostre vite nella forma di inondazioni e incendi, oppure di carenza di cibo e fenomeni migratori.

Il clima sta cambiando e la causa è soprattutto l’azione dell’uomo, il suo consumo di energia fossile, l’uso irrazionale del suolo, la devastazione delle foreste, l’eccesso di urbanizzazione288

.

Di fronte a queste situazioni non è più possibile rifiutare una approfondita discussione

su questi eventi e cercare di raggiungere una risposta risolutrice poiché sempre

dobbiamo tenere presente che:

Il clima sta cambiando come effetto di un cambiamento economico e sociale iniziato molti anni fa e ora divenuto molto difficile da controllare289.

287 Carlo Carraro e Alessandra Mazzai, Il clima che cambia. Non solo un problema ambientale, Il

Mulino, Bologna 2015, p. 15.

288

Ivi.

140

Gli uomini sono gli unici in grado di invertire questo percorso. Dobbiamo porre

attenzione e concentrarci sul potere dell’uomo sul clima e sul potere del clima

sull’uomo, poiché vi è una sorta di relazione forte che intercorre fra i due soggetti.

La filosofia si è occupata di questo problema. Le ricerche sul clima che si possono

leggere nell’opera di Montesquieu sono un esteso punto di vista il quale si sforza di

considerare come un fattore naturale possa influire, costruire e cambiare le abitudini

personali degli esseri umani. L’autore delle Lettere persiane tratta con rara estensione

questo tema e riesce a costruire un vero proprio argomento politico. Non vi è soltanto la

dimensione umana che costruisce una società con determinate leggi ma ci sono fattori

altri responsabili di quella costruzione. L’introduzione di questo argomento

sembrerebbe aprire uno iato con quelli precedenti tuttavia sarebbe sbagliato considerarlo

scollegato dal resto in quanto rappresenta un passaggio fondamentale. Sergio Cotta,

nella sua introduzione allo Spirito delle Leggi, lo ha messo in evidenza:

Col lib. XIV si inizia l’indagine sulle condizioni ambientali che determinano lo sviluppo delle società, e si entra veramente nel campo sociologico propriamente detto: influenza del clima, della natura del terreno, del genere di cultura delle terre, sono i motivi che dominano i libri XVI-XVIII. Anche in questo caso i viaggi possono aver insegnato molto a Montesquieu; troviamo infatti nelle sue note redatte nel corso di essi delle osservazioni sull’influenza del clima sugli abitanti di Roma, sul rapporto fra il genere di cultura delle terre e il tipo di società esistente, ecc. Ma comunque, il passare da un esame della struttura dei governi all’esame dei fattori fisici delle società umane ha in sé una forza che spezza gli schemi razionalistici, poiché l’influenza dell’ambiente e del clima non può esser studiata che induttivamente. L’indagine si allarga, supera lo schema dei governi ed investe direttamente i rapporti sociali nella loro individualità e nella loro derivazione delle cause fisiche. Non è il caso di discutere i singoli risultati di questa indagine ma non sarà fuor di luogo sottolineare la modernità dell’impostazione di alcune ricerche. Grande importanza è data ai legami familiari: condizione delle donne, poligamia, matriarcato, divorzio (motivi che richiamano alla memoria tante pagine delle

Lettres Persanes e i frammenti dell’Histoire de la Jalousie, contenuti nelle Pensées), studiati nelle loro cause e nelle loro conseguenze, e riportati alla loro

importanza sociale, aprono la via a studi sociologici di grande attualità ai tempi nostri. Certo Montesquieu trae affrettatamente le sue conclusioni, ma non si può negare che egli proceda induttivamente e su ampia scala, sfruttando in parte la sua esperienza diretta e in parte le relazioni di viaggiatori come Chardin e Bernier, di

141 botanici come Tournefort, di missionari come il Padre Parennin, fonti di prima

mano che ancor oggi, nonostante i progressi delle scienze etnologiche e naturalistiche, non hanno perso tutto il loro valore, come non l’hanno perso i classici volumi sulla Cina del Padre Du Halde e del Padre Kircher, così attentamente consultati da Montesquieu. L’interesse per il mondo extraeuropeo era grandissimo a quei tempi, e non era limitato ai soli ambienti culturali; l’attività della Compagnia delle Indie faceva infatti convergere verso i paesi al di là degli oceani gli sguardi (e gli interessi) di popoli interi290.

La prospettiva che qui si apre è in parte rigorosamente inconsueto. Questo tema è

sempre esistito ma con Montesquieu ha un’importanza preminente. Se guardiamo il

mondo non dobbiamo sotterrare quegli aspetti che erroneamente vengono considerati

secondari: gli usi e i costumi, ad esempio, o i fenomeni climatici che determinano certe

scelte particolari e vanno a definire una parte significativa di un luogo e dei suoi

abitanti. La vita della natura ha sempre imposto le sue leggi e l’uomo ha dovuto, nel

corso dei secoli, comprenderle per riuscire a prevenire i rischi che derivavano da essa.

L’analisi geografica di un territorio e delle sue caratteristiche, ad esempio, non

rappresenta certo un recente e moderno interesse: lo storico Erodoto infatti aveva scritto

della morfologia dell’Egitto e dell’importanza del Nilo

291

. La geografia è parte

costituente il nostro pianeta e l’uomo non può che prestare interesse nei confronti dei

luoghi che abita. In Montesquieu però vi è un passo ulteriore che si coglie nello sforzo

di analizzare come l’esporsi inevitabile dell’uomo al clima abbia un ruolo nella

costruzione dei rapporti politici e muti, da luogo a luogo, anche grazie alla temperatura

ed agli effetti che essa ha sugli individui. Non si tratta cioè soltanto di fotografare in un

protocollo la presenza di un determinato clima ma si vuole studiare quest’ultimo nella

sua capacità d’influenza. Quella che potremmo definire una dialettica climatica

interessa un rapporto fra la natura e l’uomo. Sebbene non si possa considerare in senso

assoluto né l’unico né il primo filosofo che abbia trattato questo argomento

292

, il barone

290 Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, op. cit., pp. 24-25. 291

Su questo vedi in particolare il Libro II delle Storie dove Erodoto descrive l’Egitto ed una delle prime domande che si pone riguarda nello specifico la natura del suolo: «Com’è costituito il suolo dell’Egitto?» Cfr.: Erodoto, Storie, introduzione di Livio Rossetti, traduzione di Piero Sgroj, revisione e note di Livio Rossetti in collaborazione con Graziano Ranocchia, Newton, Roma 1997, p. 104.

292

In una nota a piè di pagina, posta alla fine del titolo del Libro XIV dello Spirito delle Leggi, Sergio Cotta scrive infatti che ben prima di Montesquieu si possono registrare degli illustri predecessori della teoria del clima: «In realtà si è rivelato come questa teoria abbia illustri e numerosi predecessori: Platone, Aristotele, Ippocrate, Galeno, Eratostene, Bodin, Machiavelli, Fénelon, Fontenelle, Dubos, Chardin, Arbuthnot,… la lista è lunga; la parte di Montesquieu sta non già nell’aver scoperto questa teoria ma nell’averle dato un’ampiezza di trattazione che ha maggiormente contribuito a presentarla sotto un aspetto scientifico». Cfr.: Montesquieu, Lo Spirito delle Leggi, op. cit., p. 381.

142

di La Brède ha considerato il clima ed i suoi effetti in una prospettiva di ibrida

mescolanza naturale e politica. Un’influenza di questo tipo inserisce il clima – e dunque

il suo determinare l’uomo – in una parte difficoltosa sul palcoscenico del mondo: è

davvero così forte il suo impatto tanto da determinare arbitrariamente i caratteri e le

azioni? Se così fosse tutto sarebbe già deciso e la vita di ognuno dipenderebbe

essenzialmente dal luogo in cui vive. Ciò creerebbe altre difficoltà perché cozzerebbe

con quella umana natura flessibile di cui Montesquieu aveva parlato nella Prefazione

293

allo Spirito delle Leggi.

Il paradosso non si risolve facilmente poiché, se da un lato l’azione climatica non

sembra lasciare troppo spazio ad una crescita individuale indipendente dalle sue

temperature, dall’altro l’uomo ha sempre la possibilità di cambiare, di crescere e non è

mai incollato in modo definitivo alle situazioni. Com’è possibile allora mettere insieme

queste due strade così divergenti? L’azione del clima e gli effetti che esso produce non

possono essere considerati strutturanti la totalità dell’individuo. Se accettassimo questo,

verrebbe meno il senso stesso della politica. Come dobbiamo allora considerare questo

tema? In che modo interpretare queste riflessioni? I dissidi che emergono non devono

tradire l’esigenza di comprendere la posizione teorica di base fondata sul

riconoscimento indelebile del potere del clima. Non sembra poterci essere variazione.

Ma allora che tipo di potere è questo? Un potere, estraneo all’uomo, che agisce con

indifferenza, esprimendo semplicemente il suo essere. Diffondendosi la sua presenza

identifica dei caratteri umani. Quella che abbiamo definito dialettica climatica avviene

tra due soggetti in cui uno, il clima, ha una preminenza mentre l’altro, l’uomo, può

edulcorare questo fenomeno di caratterizzazione attraverso una legislazione. Questo

ragionamento segue una logica pratica, oculata e pragmatica poiché ciò che l’essere

umano può fare contro eventi totalmente estranei alle sue possibilità di controllo è

quello di normare i propri comportamenti, di stabilire regole comuni da seguire per il

bene di tutti. La forte impressione che si ha nel leggere queste pagine, abbandonando

alcune posizioni forse troppo forzate, è di un pensatore il cui merito sia stato quello di

non escludere niente di ciò che aveva di fronte a sé ma di includere tutto ciò che poteva

ramificarsi in un significato di potere per l’uomo. Un movimento inclusivo, deciso e

stratificato, possente ed esteso. Cercheremo, in questa parte del nostro lavoro, di

evidenziare i punti importanti di questo tema. Occorre notare fin da subito una

significativa differenza: il clima, nell’opera di Montesquieu, rappresenta una condizione

143

naturale del pianeta ed è descritto nella sua capacità performativa: gli esseri umani

paiono ad un primo sguardo, messi nell’impossibilità di rifiutare questa

caratterizzazione ed appaiono, in questa prima parte d’analisi, forzatamente passivi e

succubi di questa forza climatica. Il problema contemporaneo assume invece una

prospettiva diversa ed opposta poiché sono le scelte umane ad influire sul clima. In

entrambe le situazioni si può parlare di interferenze significative, la prima di ordine

naturale e la seconda di ordine artificiale.

Nel documento Montesquieu e la natura dei poteri (pagine 139-143)

Documenti correlati