• Non ci sono risultati.

Azioni e tutele attivabili dal coniuge non contraente nell'ambito del rapporto contrattuale

sua posizione e le sue ragioni trovino espressione sul piano delle azioni poste a presidio del rapporto contrattuale e dei diritti di cui questi comunque diviene titolare per l’operare del congegno acquisitivo di cui all’art. 177, lett. a), c.c.

Dalla quasi unanime negazione della qualità di parte contrattuale, la dottrina maggioritaria fa conseguire la mancanza di legittimazione da parte del coniuge non contraente all’esperimento delle azioni stricto sensu contrattuali218.

Prima fra tutte, l’azione tesa a far valere l’annullabilità del contratto concluso separatamente da uno dei coniugi con il terzo.

La conclusione pare non possa non condividersi, soprattutto quando si pone in rilievo come siffatta ipotesi di invalidità vada a legarsi con quella che è la genesi della fattispecie negoziale. Il difetto di capacità legale o naturale, il vizio del consenso che ha inficiato il procedimento volitivo della parte contraente, sono momenti intimamente legati al piano del procedimento di formazione e di determinazione dell’atto negoziale, procedimento a cui è estraneo a tutti gli effetti il coniuge non contraente. Diversamente, si tratterebbe di un acquisto congiunto, in cui entrambi i coniugi sono parti nel compimento dell’atto, con tutto ciò che consegue in termini di legittimazione all’esperimento dei vari rimedi contrattuali. Deve pertanto scartarsi l’eventualità che la parte nel cui interesse è stabilito dalla legge (art. 1441 c.c.) possa essere anche il coniuge non contraente, visto che soggetto titolare dell’intero rapporto contrattuale sarà l’altro coniuge, lui sì parte legittimata all’esperimento dell’azione di annullamento, nei casi in cui nel suo interesse è disposto dalla legge.

Maggiori difficoltà potrebbe sollevare invece l’azione di risoluzione per inadempimento del terzo contraente (art. 1453 ss., c.c.).

In questa ipotesi la condotta inadempiente di uno dei contraenti incide patologicamente sulla funzionalità del sinallagma impedendo la realizzazione degli interessi che le parti avevano dedotto nel regolamento contrattuale. Tuttavia, anche ammettendo che nei casi di inadempimento la

218 Per la mancanza di titolarità delle azioni contrattuali è la dottrina pressoché unanime. Si vedano per tutti T.

AULETTA, Il diritto di famiglia, in Trattato di diritto privato, diretto da BESSONE, Torino, 2011, p. 245 ss.; G. GABRIELLI

e M.G CUBEDDU, Il regime patrimoniale tra coniugi, Milano, 1997, p. 19 ss.; A. LUMINOSO, La comunione legale:

problemi e spunti in tema di oggetto e amministrazione, in Bilanci e prospettive del diritto di famiglia a trent’anni dalla riforma, Milano, 2007; p. 176 ss.; G. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, in Trattato di diritto civile e commerciale,

diretto da CICU e MESSINEO, Milano, 2010, p. 128 ss.; G. OPPO, Responsabilità patrimoniale e nuovo diritto di famiglia,

in Riv. dir. civ., 1976, I, p. 110 ss.; P. SCHLESINGER, Della comunione legale, cit., p. 92; G. GABRIELLI e M.G CUBEDDU, Il regime patrimoniale tra coniugi, cit., p. 19 ss.

105

patologia non riguarda il profilo genetico bensì quello funzionale, non sembrerebbe potersi ammettere la legittimazione del coniuge non agente all’azione di risoluzione219.

In primis, perché egli non è titolare del rapporto contrattuale, né, a rigore, di alcuna situazione

effettuale avente fonte nel contratto. Tanto la tesi del coacquisto automatico, quanto la tesi del doppio trasferimento ex lege, escludono che il coniuge non agente possa in alcun modo venire inciso da un effetto negoziale, ciò a ragione del carattere legale della fattispecie che produce il suo acquisto.

Unico titolare del rapporto contrattuale – tra i due coniugi – è il coniuge contraente, soggetto sul quale grava l’obbligo di controprestazione e, quindi, la possibilità di operare una valutazione adeguata circa la convenienza di agire in giudizio nei confronti della controparte inadempiente. Possibilità che certo verrebbe quantomeno limitata nell’ipotesi in cui dovesse ammettersi la legittimazione anche dell’altro coniuge.

Non secondarie sono poi a riguardo le esigenze di tutela del terzo contraente, il quale, nell’ipotesi in cui dovesse vedersi legittimato passivo delle azioni contrattuali esperite da chi non è parte del contratto, finirebbe per trovarsi “continuamente esposto all’incertezza circa l’individuazione della propria controparte e circa la validità, quindi, nei propri confronti, degli atti dalla medesima provenienti”220.

Più ampie e particolarmente controverse sono infine le questioni che si pongono in termini di legittimazione processuale attiva e passiva nell’ambito dei giudizi promossi sull’iniziativa del terzo contraente o del coniuge acquirente.

In queste ipotesi, l’oggetto della discussione riguarda la configurabilità o meno di una fattispecie di litisconsorzio necessario, ad opera della quale il coniuge non acquirente ex contractu deve necessariamente intervenire affinché la sentenza pronunciata tra le parti in sua assenza non sia

inutiliter data. Sul punto sono numerose e contrastanti le pronunce della giurisprudenza in materia di

litisconsorzio, sia a causa delle difficoltà che pone il particolare meccanismo acquisitvo disciplinato all’art. 177, lett. a), c.c., sia a causa delle specifiche caratteristiche di ognuna delle numerose azioni su cui di volta in volta i giudici si sono dovuti esprimere221.

219 Contra P. DI MARTINO, Gli acquisti in regime di comunione legale fra coniugi, Milano, 1987, p. 99 ss., secondo

cui, costituendo atto di straordinaria amministrazione ogni atto che abbia come effetto quello di provocare “l’estinzione” dell’intero rapporto contrattuale, occorrerà “la legittimazione congiunta di entrambi i coniugi” per risolvere il contratto.

220 G. CIAN e A. VILLANI, La comunione dei beni tra coniugi (legale e convenzionale), in Riv. Dir. civ., 1980, p. 351. 221 Significativo sul punto il recente intervento “pacificatore” delle Sezioni Unite con la sentenza Cass. Sez. Un. 23

aprile 2009, n. 9660, in Giust. civ. 2009, 10, I, 2124 (il caso in questione aveva ad oggetto l'azione revocatoria fallimentare), di cui si riporta la massima: “qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto. Atteso che l’accoglimento dell’azione revocatoria non determina alcun effetto restitutorio né traslativo a favore della massa dei creditori, ma comporta l’inefficacia relativa

106

L’ampiezza delle problematiche, così come l’estesa ed eterogenea congerie di azioni esperibili nell’ambito del contratto concluso separatamente da uno solo dei coniugi, non permettono in questa sede di affrontare in maniera compiuta il discorso della posizione processuale del coniuge non contraente, si ritiene pertanto doversi rinviare ad altra sede, e a trattazioni più complete, la disamina delle questioni processuali poste dalla fattispecie in esame222.

Invece, intimamente legata alla posizione sostanziale dei due coniugi è la questione relativa alle azioni spettanti al coniuge non contraente a tutela del diritto di cui è titolare ad opera del congegno acquisitivo di cui all’art. 177.

Sul punto è possibile riscontrare in dottrina una certa divergenza di vedute, dovuta, soprattutto, al particolare modo di configurare l’acquisto del diritto da parte del coniuge estraneo al procedimento di formazione del contratto, nonché alla natura del diritto oggetto dell’acquisto.

Per quanto attiene alle azioni dipendenti dalla titolarità del diritto reale, non sembrerebbero esserci dubbi - né da una parte, né dall’altra - circa la legittimazione del coniuge coacquirente ad esperire tutti i rimedi posti a presidio e tutela del diritto dominicale acquisito ex art. 177, lett. a), c.c.

Più controversa è la questione della esperibilità dei rimedi posti a presidio del diritto di credito223.

dell’atto rispetto alla stessa, il coniuge in regime di comunione legale pretermesso rispetto a un atto d’acquisto compiuto dall’altro coniuge non è litisconsorte necessario nella revocatoria contro quest’ultimo esperita. Infatti, la decisione favorevole all’azione revocatoria (in cui non si controverte sull’acquisto della titolarità del bene, ma sull’opponibilità del negozio ai creditori) non incide direttamente e immediatamente sulla contitolarità del diritto di proprietà dei coniugi, ma direttamente ed immediatamente sull’efficacia dell’atto”. Il supremo Collegio nel trattare specificamene degli acquisti compiuti dai coniugi, dopo avere sottolineato la necessità di distinguere con riguardo al concetto di acquisto “il piano relativo alla formazione dell’atto” e “quello relativo al rapporto di cui è fonte”, affermano che nelle ipotesi in cui oggetto del giudizio sia l’atto, perché la questione riguarda l’esistenza o meno dei requisiti di validità o delle condizioni e dei limiti di efficacia dell’atto, legittimati a partecipare in giudizio saranno solo quei soggetti che hanno preso parte alla formazione dell’atto stesso. Mentre nelle ipotesi in cui oggetto del giudizio è il rapporto, perché la decisione richiesta è idonea ad incidere direttamente ed immediatamente sulla posizione sostanziale di cui è titolare anche il coniuge non acquirente ex contractu, dovrà ritenersi litisconsorte necessario anche quest’ultimo, data la possibilità che la pronuncia vada a riguardare negativamente il diritto di cui è titolare. Sul punto si vedano anche Cass. 5895/ 1997, in Famiglia e

diritto, 1997, 529; Cass. 29 ottobre 1992, n. 11773, in Dir. e giur. agr. 1993, 355; Cass. 17 ottobre 1992, n. 11428, in Giust. civ. Mass. 1992, 10.

222 In dottrina affronta la questione della posizione processale del coniuge non acquirente in maniera particolarmente

approfondita G. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, cit., p. 744 ss. La stessa dottrina è altrettanto compatta nell’escludere il litisconsorzio necessario tutte le volte in cui penda giudizio tra coniuge contraente e terzo, riguardante il rapporto contrattuale da cui il coniuge non contraente deriva il suo acquisto. Alcuni autori, tuttavia, ammettono la legittimazione di quest’ultimo ad intervenire “spontaneamente in qualsiasi giudizio pendente tra le parti originarie dell’atto”. Così P. SCHLESINGER, Della comunione legale, cit., p. 92.

223 Le questioni legate alle azioni dipendenti dalla titolarità dei diritti di credito è, come ovvio, irrimediabilmente

subordinata alla questione relativa la estensibilità del regime legale a tali situazioni giuridiche. Infatti, di legittimazione del coniuge coacquirente all’esercizio delle azioni personali potrà parlarsi solo quando, preliminarmente, sia stata ammessa cittadinanza in comunione tra i coniugi anche a tali diritti, diversamente dovrà escludersi ogni legittimazione all’esperimento di strumenti atti a dare attuazione ad un diritto di cui il coniuge contraente non è nemmeno titolare. In dottrina gli orientamenti sono eterogenei e spesso contrastanti. Agli orientamenti che stanno agli estremi dell’assoluta inammissibilità e della totale ammissibilità delle situazioni di credito, sono numerosissimi quegli orientamenti che ammettono in comunione alcune categorie di diritto di credito e che ne escludono altre. Si vedano per tutti T. AULETTA,

107

Secondo la dottrina maggioritaria, in ragione della contitolarità del diritto caduto in comunione, il coniuge non contraente, contitolare del diritto di credito224 - nei casi in cui si ammetta che anche i

diritti di credito possano fare ingresso in comunione dei beni -, potrà agire per ottenere da parte dell’obbligato l’adempimento ed eventualmente il risarcimento del danno derivante dall’inadempimento o dal ritardo nell’adempimento. Le ragioni a fondamento di tale soluzione sono abbastanza chiare: essendo il coniuge non contraente titolare di un interesse valutato dall’ordinamento tanto meritevole di tutela da investire il suo titolare di una situazione giuridica formale (diritto soggettivo), non si vede perché il medesimo soggetto debba venire poi spogliato dei rimedi e degli strumenti che lo stesso ordinamento concede a chi, titolare di un diritto soggettivo, non veda il suo interesse realizzato per l’agire inadempiente di chi è investito della correlativa situazione obbligatoria. Negando legittimazione al coniuge non acquirente ex

contractu, si finisce, di fatto, per spogliare di giuridica consistenza la sua posizione di soggetto

avente titolo per pretendere una determinata prestazione, precludendo così a quest’ultimo la possibilità di azionare tutti quei poteri che gli permettono di dare concreta attuazione al suo interesse.

Chi sostiene il difetto di una tale legittimazione, invece, lo fa argomentando sul rilievo che dall’ammissione del coniuge non contraente all’esperimento delle azioni atte ad ottenere l’adempimento o il risarcimento del danno, ne conseguirebbe l’ulteriore necessità di stabilire se l’esercizio di tali azioni rientri nell’ambito degli atti di ordinaria o straordinaria amministrazione ex art. 180, con il fine di stabilire, poi, se l’iniziativa riguardo agli stessi possa provenire da uno solo dei coniugi o se, al contrario, sia necessario l’agire congiunto di entrambi (o almeno il consenso dell’altro coniuge, e, in difetto, l’autorizzazione del giudice)225.

In realtà, pur essendo fondata la questione se tali atti siano di ordinaria o straordinaria amministrazione, non sembra che la stessa questione si ponga come un ostacolo insuperabile, per due motivi: a) ogni atto che riguarda il patrimonio comune si pone come atto di ordinaria o straordinaria amministrazione, quindi la questione, lungi dall’essere un ulteriore impedimento, viene a costituire quesito comune ad ogni atto riguardante il patrimonio della famiglia; 2) una volta posta la questione, poi, non pare debbano esservi perplessità circa una sua soluzione operata in termini di atto di ordinaria amministrazione; visto che dall’esperimento delle azioni poste a presidio del diritto di cui ciascun

legale fra coniugi, Milano, 1987, p. 61 ss; G. GABRIELLI e M.G CUBEDDU, Il regime patrimoniale tra coniugi, cit., p. 97;

G. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, cit., p. 518 ss., G. OPPO, Responsabilità patrimoniale e nuovo diritto di

famiglia, in Riv. dir. civ., 1976, I, p. 106 ss.; E. RUSSO, L' oggetto della comunione legale e i beni personali. Artt. 177- 179, in Il codice civile. Commentario, diretto da SCHLESINGER, Milano, 1999, p. 251 ss.; P. SCHLESINGER, Della

comunione legale, cit., p. 85 ss.; G.ABECCARA, I beni personali, in Trattato di diritto di famiglia diretto da Zatti, vol III:

Regime patrimoniale della famiglia, a cura di Anelli-Sesta, 2012.

224 T. AULETTA, Il diritto di famiglia, cit., p. 289 ss.

108

coniuge è titolare non deriva altro effetto se non la conservazione del bene appartenente ad entrambi i coniugi226. Ovviamente, deve farsi salva la possibilità per il coniuge che non ha assunto

l’iniziativa giudiziale di spiegare intervento nell’ambito del giudizio promosso dall’altro coniuge. Se poi la questione che si pone è se si versi in un’ipotesi di litisconsorzio necessario o litisconsorzio facoltativo – sia dato manifestare preferenza per quest’ultima opzione 227 -, dovrà sottolinearsi

come essa rimanga comunque lontana dall’operare della disciplina di cui all’art. 184 c.c.

5. Il coniuge non agente quale possibile beneficiario di una stipulazione a favore di terzo.