• Non ci sono risultati.

Il principio di relatività e il contratto a favore di terzo

La fattispecie della stipulazione a favore di terzo disciplinata dagli artt. 1411 e ss. del codice civile è - come si è già sottolineato - la sede dove meglio allignano le riflessioni concernenti i rapporti tra il terzo e il contratto. La figura, che con il suo ingresso nel nostro ordinamento ha gettato le basi per il superamento di una stretta lettura del principio di relatività degli effetti negoziali, si presta ancora oggi con il suo progressivo sviluppo a fornire spunti sempre più interessanti per un’attenta meditazione sulla nozione di terzo e sulla portata degli effetti e delle conseguenze che questi può risentire in virtù di una vicenda giuridica nella quale continua a rivestire, almeno formalmente, la qualità di terzo.

L’economia dell’indagine non consente una analisi particolareggiata dei diversi aspetti della stipulazione a favore di terzi. Si dovrà, pertanto, focalizzare l’attenzione sui profili della figura più significativi in ordine alle tematiche riguardanti le posizioni soggettive di parte e terzo. In particolare, ci si dovrà soffermare su quelle situazioni che caratterizzano la posizione giuridica della parte contrattuale, e che, nelle ipotesi in questione, possono venire riconosciute anche in capo ai terzi: si fa riferimento soprattutto ai rimedi contrattuali che al terzo sono riconosciuti nell’ambito del contratto di cui esso non è parte. Ciò con lo scopo di stabilire se questi, nonostante il suo essere terzo, finisca per ricoprire una posizione giuridica all’interno del rapporto contrattuale per diversi aspetti simile a quella di chi è parte85.

Nel contratto a favore di terzo le parti contraenti convengono un determinato asseto negoziale i cui effetti non andranno ad insistere esclusivamente nelle loro sfere giuridiche, ma anche nella sfera di un soggetto che non ha preso parte alla stipulazione, né ha incaricato taluna delle parti a che ciò facesse per suo conto86. In questi casi gli effetti del contratto andranno a dirigersi direttamente verso

la sfera giuridica del terzo, il quale risentirà degli stessi senza essere tenuto a manifestare il suo

85 Non sono rare in dottrina e in giurisprudenza le affermazioni che attribuiscono al terzo la qualità di parte almeno

rispetto agli effetti della stipulazione. Cfr. O.T. SCOZZAFAVA, Contratto a favore di terzi, voce in Enciclopedia giuridica,

IX vol., Roma, 1988, p. 7 ss.

86 Gli effetti in questione, ai fini della configurabilità della fattispecie, non devono consistere in meri vantaggi

economici di cui il terzo risente di riflesso in virtù di un contratto intervenuto tra altri, ma nell’ attribuzione di un diritto, una potestà o altro vantaggio giuridicamente apprezzabile che costituisca oggetto di espressa previsione delle parti le quali hanno contemplato tale effetto come elemento del sinallagma contrattuale. In questo senso sono unanimi dottrina e giurisprudenza nel richiedere sempre ai fini dell’integrazione della fattispecie una chiara manifestazione di volontà nel senso dell’attribuzione di effetti giuridici favorevoli al terzo che non partecipi alla conclusione del contratto. Di particolare significato è la classica definizione data dal G. PACCHIONI, I Contratti a favore di terzo, Milano, 1933 p. 13 “ il contratto

a favore di terzo è quel contratto che, conchiuso tra due presone, è tuttavia rivolto ad attribuire un diritto ad una terza persona che non ha preso parte in alcun modo, né direttamente, né indirettamente, alla conclusione e che attribuisce effettivamente a questa persona un diritto, in testa sua propria senza cioè che possa essere considerato come un diritto antecedentemente spettante al promissario contraente e solo, in sua vece, dal terzo esercitato ed a questo ceduto”

44

preventivo consenso perché il risultato accrescitivo determinato dalla stipulazione fatta a suo favore si verifichi (art. 1411, comma 2° c.c.)87.

È chiaro, dunque, che il beneficiario della fattispecie disciplinata dall’art. 1411 pur essendo per definizione normativa terzo rispetto al contratto di cui risente gli effetti favorevoli, terzo non è all’affare assunto nella sua complessità. Nell’ottica, cioè, dell’operazione economico-giuridica espressa dal contratto a favore di terzo, quest’ultimo si trova in una situazione che lo distingue in maniera evidente da tutti gli altri terzi che dalla stessa stipulazione non hanno da sperare né da temere alcuna conseguenza giuridica.

Ancor più significativo è il divario là dove si consideri che il terzo in questione, nella sostanza, si trova a partecipare ad un rapporto giuridico cui spesso non hanno possibilità di partecipare soggetti che l’ordinamento investe senza riserve della qualità di parte88. Tuttavia, tale rilievo non può certo

costituire lo spunto per una rivisitazione dei termini con cui si descrive la fattispecie in esame. Contrariamente, l’attribuzione al beneficiario della qualità di parte piuttosto che fornire un utile contributo alla definizione di alcune questioni legate al profilo soggettivo della fattispecie, non farebbe altro che introdurre un ulteriore motivo di confusione rispetto ad un termine già di per sé non univoco.

Non è, infatti, revocabile in dubbio la terzietà del destinatario degli effetti vantaggiosi provenienti dalla stipulazione fatta a suo favore. Prima di tutto, egli è estraneo sul piano del fatto: non partecipando al procedimento di formazione dell’atto, rimane soggetto la cui volontà non rileva nell’interpretazione del contratto, così come non rilevano ai fini della validità di questo i relativi stati soggettivi di buona o male fede, di scienza o di ignoranza o i vizi del consenso dovuti a errore, violenza o dolo89.

La terzietà non si limita però al solo profilo della riferibilità della fattispecie ai suoi autori, ma ben si evidenzia tanto sul piano del regolamento quanto su quello dell’effetto. Rispetto al primo è

87Sull’ampio dibattito della nostra dottrina relativamente alla problematica dell’immediatezza dell’acquisto del terzo

e della rilevanza della sua adesione, si veda in particolare L.V.MOSCARINI, Il contratto a favore di terzi (artt. 1411-1413),

cit., p. 59 ss., il quale critica la teoria del contratto a favore di terzi “con adesione” del beneficiario per la sua “intrinseca contraddittorietà” e la sua conseguente “inutilità”; e afferma che la figura del contratto a favore di terzi “in tanto ha un senso e, per così dire, una sua dignità di autonoma categoria concettuale, solo in quanto essa si ponga come superamento della regola della relatività”, trovando conferma nella norma dell’art. 1411 c.c. secondo cui il beneficiario acquista il diritto per effetto immediato della stipulazione. Proprio l’immediatezza dell’acquisto, “al di là dei problemi relativi alla delimitazione temporale della caducità dello stesso acquisto, resta comunque il connotato caratterizzante della figura generale del negozio a favore di terzi, sia esso a struttura bilaterale che a struttura unilaterale”

88 Ancora una volta emerge come l’attribuzione della qualifica nulla dica riguardo all’effettiva situazione nella quale

viene a trovarsi chi tale qualifica riveste.

89 Sul punto si possono vedere: Cass., 4 febbraio 1988, n. 1136, in Giust. civ. Mass. 1988, II; Cass., 24 dicembre 1992,

n. 13661, in Vita not. 1993, p. 769, dove espressamente si afferma che “gli atteggiamenti soggettivi rilevanti ai fini della sua annullabilità - sia sotto il profilo della riconoscibilità dell'errore, che sotto il profilo del dolo - rimangono esclusivamente quelli dei contraenti, mentre nessuna rilevanza assumono, normalmente, quelli del terzo”; così anche Cass., 20 gennaio 2005, n. 1150, in Giust. civ. 2006, 10, I, p. 2161. Per la dottrina cfr. L. BOZZI, Art. 1411. Contratto a

45

evidente che il terzo beneficiario non prenda parte alla predisposizione dell’assetto di interessi, non solo per quanto riguarda la sua definizione, ma anche per quanto riguarda il suo contenuto: nel regolamento, infatti, non sono oggetto di disciplina contrattuale gli interessi del terzo, nel senso che le parti non possono assoggettare alla regola su cui è intervenuto il loro accordo interessi di cui non sono titolari e rispetto a cui non sono investite di un alcun potere (o legittimazione) di disposizione90.

Diversamente, qualora il terzo dovesse intervenire al regolamento disponendo di propri interessi – anche se per il mezzo di altra persona –, verrebbe a trovarsi non più in una posizione di terzietà, bensì in una situazione del tutto assimilabile a quella di chi è parte. Ciò anche a discapito della stessa configurabilità della fattispecie disciplinata agli artt. 1411 e ss., di cui è appunto elemento essenziale la terzietà - tanto all’atto quanto al regolamento - del soggetto destinatario degli effetti favorevoli.

Ciò non significa che il terzo è del tutto indifferente all’operazione, egli è comunque titolare di interessi che verranno riguardati da essa, ma tali interessi non sono oggetto diretto della regola negoziale, vi rimangono all’esterno, sia nelle ipotesi in cui essi preesistano al contratto e costituiscano movente dell’agire dello stipulante (si pensi all’ipotesi del contratto a favore di terzo concluso

solvendi causa, qui con l’attribuzione del diritto al terzo lo stipulante vuole estinguere un suo debito

pregresso nei confronti del primo), sia nei casi in cui l’interesse del terzo divenga per la prima volta oggetto di valutazione nella stipulazione fatta a suo favore (è il caso del contratto a favore di terzo stipulato donandi causa, in questo caso lo stipulante per spirito di liberalità arricchisce il terzo procurandogli l’acquisto di un diritto)91.

Può leggersi come un indice dell’estraneità del terzo al regolamento il fatto che il vincolo sorto in virtù dell’autoregolamento negoziale riguarderà sempre e solo promittente e stipulante, mai il terzo, il quale rimarrà in ogni momento libero di rifiutare o consentire all’attribuzione disposta nei suoi confronti. Tanto è vero che egli continua a rimanere estraneo al vincolo sorto tra promittente e stipulante anche dopo aver dichiarato - in confronto del promittente - di volere profittare della stipulazione fatta a suo favore; in tal caso egli rimarrà “vincolato” solo dalla sua dichiarazione, la quale determina il consolidarsi nella sua sfera giuridica dell’effetto favorevole, divenuto oramai irrevocabile per lo stipulante e non più suscettibile di rifiuto da parte del terzo92.

90 A conferma di ciò si può richiamare il dato normativo di cui all’art. 1411 c.c., nella cui prima disposizione si

subordina la validità della stipulazione fatta a favore di terzo alla sussistenza di un interesse che non è quello di quest’ultimo, bensì quello dello stipulante, ovvero di colui che di uno, o più, degli effetti vantaggiosi derivanti dal contratto concluso con il promittente, si spoglia a favore di un soggetto estraneo al regolamento.

91 Sul tema delle liberalità realizzate con l’uso dello schema del contratto a favore di terzi, si veda V. CAREDDA, Le

liberalità diverse dalla donazione, Torino, 1996, p. 126 ss. In argomento sono ampie sono le questioni relative al profilo causale della stipulazione e alla sua compatibilità con la figura della donazione indiretta. Si possono vedere, per tutti: L.V. MOSCARINI, Il contratto a favore di terzo, cit., p. 97; F. ANGELONI, Del contratto a favore di terzi, cit., p. 49 ss.;

92 Si veda L.V. MOSCARINI, Il contratto a favore di terzo, cit., pp. 67 ss., il quale rilevando l’incidenza dell’atto di

46

Sul piano degli effetti la terzietà del beneficiario del contratto è meno avvertita, causa il proiettarsi dell’efficacia dell’accordo anche nella sua sfera giuridica, oltre che in quella delle parti contraenti. Tuttavia, anche da questo punto di vista, non può non rilevarsi il diverso operare degli effetti nella sfera delle parti e in quella del terzo. Rispetto alle prime il contratto cui accede la clausola che attribuisce il diritto al terzo determinerà il sorgere in capo alle stesse del complesso di situazioni giuridiche attive e passive che connotano nella sua complessità il rapporto contrattuale. Mentre il terzo sarà partecipe delle sole situazioni giuridiche attive di cui è destinatario per volontà delle parti, le quali non potranno porre a carico del medesimo, per esigenze di corrispettività, obblighi o doveri che non sono stati assunti direttamente e volontariamente dall’interessato93.

Da quest’ultimo punto di vista sembra potersi affermare che gli effetti a cui da luogo l’atto non si risolvono nella costituzione di un unico rapporto giuridico al quale partecipano, se pure in modi diversi, parti e terzo, ma a più rapporti giuridici distinti per struttura e contenuti in ragione dei diversi soggetti tra cui ogni singolo rapporto si instaura, e dei diversi interessi che fanno capo a questi94. Interessi che, benché diversi, continuano tuttavia a interloquire nell’ambito del più

complesso regolamento predisposto dalle parti, il quale viene a distinguersi per la rilevanza che deve accordarsi all’interesse dello stipulante all’attribuzione del diritto al terzo.95

In una prospettiva di esemplificazione il primo di tali rapporti è quello che lega stipulante e promittente, parti del contratto, che risentiranno prima dell’effetto vincolante cui mette capo il contratto, e, quindi, diventeranno titolari di tutte le situazioni giuridiche attive e passive che vanno a caratterizzare, insieme alle obbligazioni principali che ne formano il nucleo, il rapporto contrattuale quale risulta dal regolamento negoziale da esse predisposto.

A tale rapporto andrà ad affiancarsi, conservando la sua identità, il diritto attribuito al terzo, il quale avrà titolo per pretendere dal promittente la prestazione a cui questi si è obbligato in virtù del contratto concluso con lo stipulante. La titolarità di un diritto “autonomo” rispetto a quelli che lo stipulante vanta nei confronti del promittente, pone la questione relativa ai mezzi e ai rimedi di cui può disporre il beneficiato verso il promittente, nelle ipotesi in cui il suo diritto rimanga

da un lato estingue il potere di revoca dello stipulante, il quale non potrà più far venir meno l’acquisto immediatamente verificatosi nella sfera del terzo per effetto del perfezionarsi dell’accordo con il promittente, e dall’altro consuma il potere di rifiuto del terzo beneficiario, il quale non potrà far altro che “subire” l’accrescimento della propria sfera giuridico- patrimoniale.

93 Cfr. Cass., 20 gennaio 1978, in Foro it., 1978, p. 1998, n. 260; Cass., 4 dicembre 1978, n. 5699, secondo cui non è

concepibile che dal contratto discendano per il terzo beneficiario obbligazioni verso il promittente o diritti di credito che derivano invece da una prestazione dovute al promittente medesimo.

94 U. MAJELLO, Contratto a favore di terzo, in Dig. disc. priv., sez. civ., vol. IV, p. 239 ss.

95 In argomento si veda V. CAREDDA, Le liberalità diverse dalla donazione, Torino, 1996, p. 134, secondo la quale

nella fattispecie del contratto a favore di terzo si verrebbe a configurare “un regolamento complesso, caratterizzato dalla presenza di interessi multiformi anche se difficilmente scindibili o divisibili in parti ed in ordine ai quali è pressoché impossibile stabilire una graduatoria di rilevanza”.

47

inattuato per la condotta inadempiente di quest’ultimo. Nella specie si tratta di stabilire quali dei rimedi di cui all’art. 1453 c.c. (azione di adempimento, azione per il risarcimento del danno causato dall’inadempimento, azione di risoluzione del contratto96) il terzo, divenuto titolare del diritto in

virtù del contratto intercorso tra stipulante e promittente, possa esercitare nei confronti del secondo nell’ambito del rapporto contrattuale rispetto al quale dovrebbe continuare a rimanere terzo.

Riguardo all’azione per ottenere l’adempimento del promittente e all’azione per il risarcimento del danno dipeso da inadempimento dello stesso, la legittimazione del terzo non ha destato grandi dibattiti in dottrina e in giurisprudenza, essendo connaturale all’essenza del diritto l’esistenza di mezzi giuridici che ne assicurino l’esercizio e, dunque, la realizzazione dell’interesse a cui l’ordinamento ha accordato tutela investendo il suo titolare in una situazione giuridica formale, consistente, appunto, in un diritto soggettivo. Così come non può non riconoscersi allo stesso titolare del diritto il ristoro dal danno ingiustamente sofferto per la mancata attuazione della sua pretesa a causa del comportamento inadempiente del promittente97.

Paradossalmente – soprattutto più di recente – rispetto alle medesime azioni significative difficoltà si sono riscontrate quando si è trattato di stabilire se legittimato all’azione tesa ad ottenere l’adempimento da parte del promittente (o il risarcimento per il danno subito dall’inadempimento dello stesso) fosse lo stipulante. La questione dipende fortemente dalla ricostruzione del profilo causale della figura e dall’interpretazione che si da alla disposizione normativa contenuta all’art. 1411 c.c., dove la validità della stipulazione con cui si dispone di un diritto a favore di terzo viene subordinata all’esistenza di un interesse dello stipulante98.

Nonostante la diversità di vedute riguardo al meccanismo causale dell’attribuzione del diritto al terzo, la dottrina e la giurisprudenza maggioritarie sono concordi nell’ammettere lo stipulante

96Azione che è stata incidentalmente ammessa in alcune pronunce del giudice di legittimità, dove, però, il thema

decidendum non riguardava direttamente tale questione vedi Cass., 5 dicembre 1987, n. 9034, in Giust. civ. Mass. 1987,

XII; Cass., 9 ottobre 1997, n. 9810, in Giur. it. 1998, p. 1096; Cass., 9 aprile 2014, n. 8272, in Giust. civ. Mass. 2014. Anche in dottrina sembrerebbe raccogliere importanti consensi la tesi che accorda al terzo la legittimazione alla risoluzione del contratto ex art. 1453. Si possono vedere A. PALAZZO, Contratto a favore di terzo e per persona da

nominare, in Riv. dir. civ., 1984, p. 390 ss.; O.T. SCOZZAFAVA, Contratto a favore di terzi, cit., p. 8

97 Cosi O.T. SCOZZAFAVA, Contratto a favore di terzi, cit., p. 6 ss. secondo cui, stante l’acquisto del diritto da parte del

terzo per effetto della stipulazione, è ovvio che “in caso di inadempimento del promittente, il terzo può servirsi dei meccanismi di tutela disciplinati dagli artt. 1218 ss. e, dunque, può agire per ottenere l’esatto adempimento ed eventualmente il risarcimento dei danni subiti. Sul punto si possono vedere F. ANGELONI, Del contratto a favore di terzi,

cit., p. 378 ss.; C.M. BIANCA, Diritto civile, III: Il contratto, cit., p. 570 ss.; F. MESSINEO, Contratto nei rapporti col terzo,

in Enc. dir, X, 1962, p. 206; L.V. MOSCARINI, I negozi a favore di terzi, cit., pp. 202 ss.; U. MAJELLO, L’interesse dello

stipulante nel contratto a favore di terzo, Napoli, 1962, cit., p. 181 ss. Per la giurisprudenza cfr. Cass., 8 aprile 1981, n.

1922; Cass., 5 dicembre 1987, n. 9034; Cass., 9 ottobre 1997, in Foro it. rep., voce Contratto in genere, p. 245: più recentemente Cass., 9 aprile 2014, n. 8272)

98 L.V. MOSCARINI, Il contratto a favore di terzo, cit., pp. 91 ss., secondo cui pregiudiziale rispetto alla questione della

ripartizione delle azioni è la soluzione dell’interrogativo circa la spettanza o meno di una posizione giuridica sostantiva allo stipulante, oltre che al terzo, che gli consenta di pretendere dal promittente l’esecuzione della prestazione dovuta al terzo. Soluzione che dovrebbe secondo l’autore venir ricavata necessariamente dalla “considerazione dei profili attinenti alla giustificazione causale del contratto a favore di terzo”.

48

all’esercizio delle azioni in questione sulla base della necessaria esistenza di un interesse dello stesso (che può consistere anche in un interesse morale, e non solo patrimoniale), quale elemento indefettibile ai fini della configurabilità della fattispecie. In questo caso l’inadempimento del promittente determinerebbe non solo la mancata realizzazione del diritto del terzo - legittimato a reagire giuridicamente con le azioni per l’adempimento coattivo o, eventualmente, per il risarcimento del danno - ma frustrerebbe anche l’interesse per cui lo stipulante era addivenuto al contratto. Da qui la legittimazione di quest’ultimo ad agire direttamente per ottenere il soddisfacimento dell’interesse leso o - in via subordinata - per chiedere il risarcimento del danno o la risoluzione del contratto99.

Ad un approdo del tutto discorde giunge una recente pronuncia della Corte di Cassazione100, la

quale esclude l’azionabilità del diritto spettante al terzo da parte dello stipulante e la sua legittimazione ad esperire azione di risoluzione per inadempimento del promittente verso il terzo. Basi su cui il supremo collegio poggia queste conclusioni sono la distinzione tra il rapporto che si instaura tra stipulante e promittente e quello che si instaura tra terzo e promittente, nonché il superamento dell’“ostacolo” rappresentato dal necessario interesse dello stipulante all’attribuzione del diritto. Infatti, nel primo dei due rapporti – quello tra promittente e stipulante – l’interesse di quest’ultimo non si risolverebbe nella titolarità di una posizione giuridica “sostantiva”101 la quale

gli consenta di pretendere dal promittente l’esecuzione della prestazione oggetto del diritto attribuito al terzo con la stipulazione, ma in un'altra posizione giuridica la cui relativa prestazione consiste nell’attribuire il diritto al terzo102. In altri termini, lo stipulante, in ragione del suo interesse

giuridicamente rilevane ex art. 1411, è si investito di un diritto103, il cui contenuto, però, non si