• Non ci sono risultati.

Il coniuge non agente quale possibile beneficiario di una stipulazione a favore di terzo

vedere come, al di là dalle differenti ricostruzioni circa l’operare del meccanismo acquisitivo disciplinato all’art. 177, lett. a), c.c., almeno per quanto riguarda la posizione del coniuge non contraente una certa convergenza di vedute non si possa escludere.

Il coniuge non contraente, secondo le tesi riportate, non è parte del contratto concluso dall’altro coniuge. Non ha preso parte al suo procedimento di formazione, non è partecipe del rapporto contrattuale, né di alcuna delle situazioni effettuali - diverse dall’acquisto – prodotte direttamente dall'atto.

Non essendo parte, non può che venire investito della qualità di terzo: un terzo sui generis tuttavia. Questi infatti è partecipe dell’acquisto che ha nel contratto concluso dall’altro coniuge la sua fonte, e ciò in quanto gli acquisti compiuti dai coniugi, anche separatamente, ricadono in comunione legale ex art. 177, lett. a), c.c., di conseguenza di essi beneficia anche il coniuge non contraente.

In questo starebbe dunque il fattore di caratterizzazione: il coniuge terzo rispetto al contratto è destinatario di determinati effetti (favorevoli, trattandosi di acquisti) del contratto stesso. Data la titolarità (rectius: contitolarità) del diritto, la dottrina maggioritaria accorda al coniuge non contraente legittimazione all’utilizzo degli strumenti giuridici che l’ordinamento attribuisce a chi è titolare di una tale situazione giuridica, al fine di garantirne la sua attuazione (azione per l’adempimento, azione per il risarcimento del danno da ritardo nell’adempimento o dall’inadempimento, azione revocatoria, etc.).

La particolare posizione del coniuge non contraente, e l’altrettanto particolare vicenda acquisitiva, hanno portato la dottrina più attenta a sottolineare come la situazione che si viene a

226 Così P. DI MARTINO, Gli acquisti in regime di comunione legale fra coniugi, cit., p. 98 ss., secondo la quale

relativamente al tema in esame “sembra proponibile il criterio secondo il quale sono di straordinaria amministrazione gli atti volti a provocare l’estinzione dell’intero diritto di credito”.

109

realizzare in caso di acquisto separato sia “analoga a quella caratterizzante l’acquisto del terzo nel contratto a favore di terzi”228.

La stessa dottrina, lungi dall’irrigidirsi su di una presa di posizione intorno alla configurabilità di una fattispecie riconducibile allo schema generale descritto all’art. 1411 ss. c.c., ha posto subito in evidenza come fossero diversi i tratti distintivi che, connotanti la figura in questione, la discriminano dall’altra.

Ora, prima di vedere più nel dettaglio le caratteristiche che avvicinano le due figure, ci si può soffermare preliminarmente su quelle che le differenziano. Occorre però porre subito in evidenza come il difficile configurarsi di una canonica ipotesi di contratto a favore di terzi ex art. 1411 c.c. non precluda la possibilità di ipotizzare una fattispecie atipica di stipulazione con effetti favorevoli al terzo, per certi tratti somigliante allo schema tipico del contratto a favore di terzi.

Il primo dei tratti distintivi – posto in rilievo anche da parte di chi propone l’accostamento - è il carattere legale dell’effetto di cui beneficia il coniuge 229. L’acquisto del coniuge non contraente, a

differenza di quanto accade secondo lo schema generale del contratto a favore di terzi ex art. 1411 c.c., non si identifica come effetto negoziale voluto da promittente e stipulante, ma come conseguenza che la legge riconduce alla conclusione del contratto di cui è parte un soggetto coniugato, sottoposto al regime della comunione legale. Il suo coniuge beneficerà degli acquisti compiuti anche separatamente, non per volontà diretta del coniuge autore, ma per volontà del legislatore. Tali effetti, pertanto, si produrranno anche in ipotesi di un’eventuale volontà contraria sia del coniuge che stipula sia del terzo che con questi contrae.

Procedendo in senso logico, potrebbe desumersi che essendo il carattere legale dell’effetto elemento ostativo alla riconducibilità della fattispecie in esame allo schema della stipulazione a favore di terzi, per potersi affermare il contrario, dovrebbe innanzitutto escludersi detto carattere. Non è mancato, infatti, chi ha ricostruito – con le opportune precisazioni - la suddetta vicenda acquisitiva ricorrendo agli ordinari meccanismi negoziali, senza cioè addebitare l’effetto dell’acquisto al precetto normativo230.

228 T. AULETTA, Il diritto di famiglia, cit., p. 244 ss.

229 Sul punto non sembrano esservi dubbi a proposito, se si esclude la tesi che accordando soggettività alla comunione

finisce per affermare la natura negoziale dell’effetto che arricchisce la stessa comunione; così V. DE PAOLA, Il diritto

patrimoniale della famiglia coniugale, II, cit., p. 246 ss. Sottolineano il carattere legale come argomento per cui non possa

in alcun modo accostarsi la fattispecie in questione alla stipulazione a favore altrui G. CIAN e A. VILLANI, La comunione

dei beni tra coniugi (legale e convenzionale), cit., p. 351 ss.; G. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, cit., p. 726 ss. 230 G. DE RUPERTIS, L’acquisto immobiliare compiuto da un solo coniuge in regime patrimoniale legale, in Rass. Dir.

civ., 1986, p. 878 ss., secondo cui : “è certo, dunque, che l’acquisto dell’altro coniuge è sempre effetto del contratto,

effetto legale nel caso esso non sia previsto dai soggetti tra i quali il contratto si perfeziona formalmente ed effetto voluto (o effetto contrattuale tout court) se esso sia previsto dal contratto e rientra, quindi, nell’assetto di interessi avuto di mira dai soggetti che hanno posto in essere il contratto medesimo”. Secondo quest’ultima ipotesi ricostruttiva, la fattispecie acquisitiva di cui all’art. 177, lett. a), c.c. potrebbe, dal punto di vista della natura dell’effetto di cui beneficia il terzo, superare l’ostacolo del carattere legale dell’attribuzione, nei casi in cui detta attribuzione venga contemplata nel

110

In realtà, sostenere la negozialità dell’acquisto del coniuge estraneo alla fattispecie contrattuale è sul piano logico, ancora prima che sul piano giuridico, è asserzione inesatta: il negozio è per sua essenza strumento giuridico che produce effetti verso coloro che ne sono gli autori o, comunque, verso coloro i cui interessi sono dedotti nel regolamento che vi sta sotteso. Nell’ipotesi in questione, l’effetto che si produce a favore della comunione (e quindi a favore del coniuge non agente) è effetto che nulla ha a che fare con l’essenza del negozio, espressa, sul piano delle situazioni giuridiche, con la produzione di effetti conformi alle finalità e agli interessi perseguiti dalle parti. Ammesso il primario rilievo che nel caso di specie assume la volontà del legislatore, alcune riflessioni si possono comunque spendere con riguardo al dettato normativo dell’art. 1372 c.c. e al principio di relatività degli effetti del negozio.

In questa prospettiva la prima constatazione è l’esistenza di un atto negoziale, stipulato dalle parti con il preciso intento di dare regola ai loro interessi, predisponendo un programma economico-giuridico per loro vincolante e produttivo dei suoi effetti tipici. Dal negozio scaturisce un rapporto complesso, constante di situazioni giuridiche attive e passive che legano reciprocamente le parti del negozio. Per effetto della disposizione di cui all’art. 177, lett. a), c.c. alcune di queste situazioni effettuali vanno a ricadere nel patrimonio comune dei coniugi, in modo che di esse oltre al coniuge contraente, parte del negozio, possa beneficiare anche il coniuge che vi è rimasto estraneo.

Posta così la fattispecie, sembrerebbe trattarsi di uno di quei “casi previsti dalla legge” dove il contratto produce effetto anche rispetto ai terzi (art. 1372, comma 2, c.c.), e quindi si deroga al principio di relatività degli effetti del contratto231.

Dunque, nella fattispecie di cui all’art. 177 lett. a), c.c., a differenza di quanto accade nell’ipotesi della stipulazione fatta a favore altrui, il negozio nasce preordinato a produrre i suoi effetti, conformemente a quanto disposto dalle parti nel regolamento, nella sfera giuridica di queste, senza che venga contemplata alcuna deviazione dell’incidenza effettuale dell’atto.

regolamento di interessi predisposto dalle parti, mosse dall’intento di arricchire il coniuge dell’acquirente per mezzo della loro stipulazione. Occorre sottolineare come sia difficile ammettere che un volere privato, pienamente conforme al volere del legislatore, possa escludere il carattere legale degli effetti che ne conseguono a vantaggio della negozialità dei medesimi; soprattutto quando si sottolinei l’inutilità – se non irrilevanza – di un volere privato suscettibile di produrre conseguenze giuridiche che anche in mancanza si produrrebbero per volere di legge.

231Così G. GABRIELLI e M.G CABEDDU, Il regime patrimoniale tra coniugi, cit., p. 23, ove si sostiene che il

meccanismo acqusitivo di cui all’art. 177 c.c. individua “uno dei casi previsti dalla legge – fatti salvi dalla regola generale, di relatività degli effetti contrattuali, proclamata nell’ art. 1372, comma 2, c.c. – in cui il contratto produce effetti anche nella sfera di chi non ha partecipato alla formazione di esso. Con la particolarità che si tratta di un’efficacia limitata agli acquisti”. Si veda anche G. DE RUPERTIS, L’acquisto immobiliare compiuto da un solo coniuge in regime patrimoniale

111

La produzione di effetti in capo a soggetti diversi dalle parti - intese queste alla stregua dei criteri di cui alla parte iniziale di questo lavoro – non fa ingresso all’interno del programma contrattuale predisposto dal coniuge e dal terzo232.

Fa difetto totale la previsione che il contratto produca effetti a favore di terzi. Infatti, non solo il terzo (presunto promittente) può essere del tutto ignaro circa l'esistenza di un coniuge della controparte contrattuale, a favore del quale si verificherà l’effetto acquisitivo avente il suo presupposto nel negozio, ma, a rigore, potrà ancor di più ignorare il regime che regge i loro rapporti patrimoniali233. Ove ciò non fosse sufficiente, potrà altresì fare difetto anche la volontà del coniuge

contraente (presunto stipulante) a che degli effetti del contratto benefici il suo coniuge, visto che il medesimo risultato si verificherebbe anche in ipotesi di una sua espressa e inequivoca volontà contraria.

L’effetto acquisitivo, come è chiaro, esorbita dalla volontà delle parti del negozio; non è effetto legato all'essenza del contratto quale regolamento di interessi produttivo di effetti giuridici conformi agli scopi perseguiti dalle parti, in quanto ritenuti meritevoli di tutela dall’ordinamento secondo l’art. 1322 c.c.

Altro argomento impiegato per sottolineare la marcata difformità tra le due figure ora a confronto, è l’irrevocabilità della stipulazione fatta a favore del coniuge non contraente234.

Questi – facendo uso dello stesso lessico impiegato dal legislatore all’art. 1411 c.c. - acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione, e perché tale situazione si consolidi, non sarà necessaria la dichiarazione, anche nei confronti del promittente, di volere profittare di essa, giacché tale effetto si sarà non solo verificato, ma anche consolidato nella sfera giuridica del terzo beneficiario (fatte salve le eventuali impugnative contrattuali, le quali avranno come risultato quello di fare venire meno il titolo da cui dipende l’acquisto; il venire meno del diritto acquisito sarà solo conseguenza indiretta di tali azioni), in un momento logicamente distinto, ma cronologicamente coincidente con la conclusione dell’atto. Il coniuge contraente non avrà quindi alcuna possibilità, una volta verificatasi la caduta del diritto in comunione, di sottrarre tale diritto alla comunione stessa.

232 Intorno ai profili causali della stipulazione a favore di terzi si vedano, per tutti F. ANGELONI, Del contratto a favore

di terzi, in Commentario del codice civile cura SCIALOJA e BRANCA, Bologna-Roma, 2004; V. CAREDDA, Le liberalità

diverse dalla donazione, Torino, 1996, p. 126 ss.; M. FRANZONI, Il contratto e i terzi, in I contratti in generale, a cura di

Gabrielli, Torino, 1999; U. MAJELLO, L’interesse dello stipulante nel contratto a favore di terzo, Napoli, 1962; U. MAJELLO, Contratto a favore di terzo,, in Digesto discipline privatistiche, sezione civile, vol. IV, p .235 ss.; MOSCARINI,

I negozi a favore di terzi, Milano, 1970; L.V. MOSCARINI, Il contratto a favore di terzo, Milano, 1997, p. 102.

233 Sul punto si veda G. GABRIELLI e M.G CABEDDU, Il regime patrimoniale tra coniugi, cit., p. 20, secondo cui

“all’inconveniente ravvisato nell’incertezza circa l’identità della controparte, nella quale verrebbe lasciato chi contrae con persona coniugata in regime di comunione, occorre osservare che lo stato civile e il regime patrimoniale delle persone fisiche risultano da strumenti legali di pubblicità”.

234 G. OBERTO, La comunione legale tra coniugi, cit., p. 726 ss.; G. CIAN e A. VILLANI, La comunione dei beni tra

112

Alla luce di tali rilievi sembrerebbe indubitabile che la fattispecie dell’acquisto compiuto separatamente da uno dei coniugi ex art. 177, lett. a), c.c. non possa in alcun modo ricondursi alla figura generale del contratto a favore di terzi, come invece accade per altre fattispecie normative, quali quelle contemplate agli artt. 1689 (contratto di trasporto, quando la consegna debba essere fatta a persona diversa dal mittente), 1875 (rendita vitalizia a favore di un terzo), 1920 (assicurazione sulla vita propria a favore di terzo) c.c..

D’altra parte, non sono pochi, né irrilevanti, i tratti che la stessa figura condivide con quella di cui agli artt. 1411 ss. c.c. Oltre al fatto che il coniuge-terzo beneficia degli effetti favorevoli prodotti dal contratto di cui non è parte, egli continua a rimanere, sotto molti aspetti, estraneo al rapporto contrattuale che lega i soli soggetti contraenti: terzo e coniuge agente235.

Soggetti, questi ultimi, sicuramente legittimati all’esperimento delle azioni contrattuali dipendenti dalla partecipazione al compimento dell'atto (azioni volte a farne valere l’invalidità) e alla titolarità del rapporto (azione di risoluzione, azione di rescissione, azione per far accertare la simulazione, esercizio del diritto di recesso eventualmente pattuito). Mentre il coniuge non contraente, quale beneficiario dell’acquisto, secondo la dottrina maggioritaria può agire, come nel contratto a favore del terzo, soltanto per ottenere l’adempimento del diritto di cui è titolare o il risarcimento del danno dipeso dall’inadempimento o dal ritardato adempimento236.

La legittimazione all’esercizio di tali azioni si spiega in ragion del fatto che il coniuge beneficiato dall’acquisto è titolare, insieme all’altro coniuge, del diritto che ne costituisce oggetto; non si spiegherebbe, pertanto, la sottrazione a detto soggetto dei mezzi giuridici atti a consentirgli la realizzazione dell'interesse al quale da forma giuridica la situazione di diritto in cui viene investito.

Diversamente, lo stesso diritto perderebbe della sua consistenza giuridica, arrestandosi ad una fase che si potrebbe definire pre-giuridica: il suo titolare sarebbe sì legittimato a ricevere la prestazione cui gli da titolo il diritto acquisito, ma, nell’ipotesi in cui l’obbligato non dovesse adempiere, egli rimarrebbe privo di azioni atte ad assicurare la realizzazione del suo diritto. Si finirebbe per versare in una situazione assimilabile a quella disciplinata all’art. 2034 c.c., dove il coniuge non contraente sarebbe titolare, dal lato attivo, di una pretesa cui fa fronte uno di quei doveri per cui la legge “non accorda azione ma esclude la ripetizione di ciò che è stato

235 Contra G. DE RUPERTIS, L’acquisto immobiliare compiuto da un solo coniuge in regime patrimoniale legale, in

Rass. Dir. civ., 1986, secondo cui “il coniuge che non partecipa in qualità di parte in senso formale all’atto di acquisto del

bene oggetto di comunione legale, è, tuttavia, parte in senso sostanziale di un acquisto, in quanto destinataria degli effetti del contratto traslativo stipulato dall’altro coniuge”.

236 Sul punto si vedano, per tutti, G. GABRIELLI e M.G CUBEDDU, Il regime patrimoniale tra coniugi, cit., p. 19 ss.; A.

LUMINOSO, La comunione legale: problemi e spunti in tema di oggetto e amministrazione, cit., p. 176 ss.; P. SCHLESINGER,

113

spontaneamente pagato”. Una conclusione del genere non può accettarsi per svariati motivi, tra questi deve ritenersi assorbente il rilievo che la medesima situazione soggettiva, in contitolarità tra i due coniugi, presenta tutti i crismi della giuridicità, e ciò è evidente quando detta situazione venga presa in considerazione dal lato del coniuge contraente.

Altro aspetto di somiglianza dovrebbe essere l’opponibilità da parte del terzo contraente di tutte le eccezioni che si fondano sul contratto, così come disposto in materia di stipulazione a favore di terzi dall’art. 1413 c.c. Non sembra vi siano dubbi in proposito, ma l’opponibilità delle eccezioni dipendenti dal contratto, è strettamente dipendente dal fatto che l’acquisto del diritto dipende in toto dalla validità e dall’efficacia dell’atto di cui sono parti l’altro coniuge e il terzo, non v’è pertanto ragione di fare ricorso alla figura di cui all’art. 1411 c.c. per spiegare tale opponibilità, ciò in quanto essa è normale corollario del congegno acquisitivo di cui all’art. 177 c.c.

Quanto detto finora sembrerebbe avvalorare la tesi di chi ha sostenuto come la “forzata riconduzione di nuove figure giuridiche ad altre già note”, non rappresenti altro che esempio di un “lavoro ermeneutico inutile, se non fuorviante”237. Invero, benché lo sforzo ermeneutico non giunga

a dimostrare la riconducibilità dell’ipotesi di cui all’art. 177, lett. a), c.c. alla figura generale del contratto a favore di terzi di cui all’art. 1411 ss. c.c., l’evidenziazione degli aspetti di affinità tra le due figure, non pare essere del tutto inutile, neanche dal punto di vista della soluzione di problematiche di assoluto rilievo pratico, quale quella della rifiutabilità dell’acquisto da parte del coniuge non contraente, terzo destinatario di un effetto giuridico da esso non voluto, e magari pregiudizievole delle sue stesse ragioni238.