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La vincolatività del contratto rispetto alle parti e rispetto ai terzi

Il difficile rapporto tra parti e terzi risulta ancora più accentuato e rilevante quando dal piano del fatto si passa a quelli dell’interesse e dell’effetto. Qui la questione, ben lungi dal risolversi in una mera disputa terminologica, involge problematiche di assoluto rilievo pratico, quali la individuazione dei soggetti che risentiranno degli effetti dell’atto o a cui dovranno riconoscersi determinate tutele in ragione degli interessi di volta in volta coinvolti nella concreta operazione negoziale.

La naturale interdipendenza tra il regolamento di interessi predisposto con l’atto e il conseguente rapporto giuridico che ne deriva impone una trattazione unitaria delle relazioni soggetto-negozio assunte tanto sul piano dell’interesse quanto su quello dell’effetto.

Il punto da cui partire per una corretta impostazione dell’analisi non può che essere il dato normativo. Il codice civile all’art. 1372 fissa i principi cardine che reggono tutta la materia dell’efficacia negoziale, definendo sul piano degli effetti i connotati essenziali della figura disciplinata agli artt. 1321 ss. c.c.: si tratta del principio di vincolatività del contratto e del principio di relatività degli effetti del contratto.

Il primo di questi è sanzionato al primo comma dell’articolo richiamato dove viene statuito che “il contratto ha forza di legge tra le parti” e “non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”. Il principio – al di là dalle questioni concernenti l’espressione utilizzata dal legislatore che si riferisce alla forza della legge61 – è dalla dottrina unanime considerato principio

connaturale all’essenza del negozio giuridico quale espressione dell’autonomia che l’ordinamento riconosce ai privati di disporre dei propri interessi a mezzo di regolamenti per loro impegnativi.62. La

vincolatività del negozio è dunque caratteristica essenziale dello stesso, indispensabile affinché sia garantita la sua realizzazione e, conseguentemente, la sua funzione economica e sociale.

61 Sul punto si vedano, per tutti, F. GALGANO, Effetti del contratto. Rappresentanza. Contratto per persona da

nominare, in Commentario cod. civ. Scialoja e Branca, Libro IV, Delle Obbligazioni, (Artt. 1372-1405), Bologna-Roma,

1995, p. 1 ss.; F.CARRESI, voce Contratto per persona da nominare, in Enc. dir., Milano, 1962; M. FRANZONI, Il contratto

e i terzi, in I contratti in generale, a cura di Gabrielli, Torino, 1999; G. VETTORI, Degli effetti del contratto nei confronti

dei terzi, in Trattato di diritto privato, diretto da BESSONE, Il contratto in generale, Torino, 2002, p. 3 ss.

62Importanti le riflessioni del E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, cit., p. 202, il quale sottolinea come già

prima che intervenga la sanzione dell’ordine giuridico, il regolamento di interessi è già ritenuto nella coscienza delle parti (e in quella sociale) impegnativo e vincolante. Solo dopo aver subito il “collaudo della pratica” interviene la sanzione del diritto, che, riconoscendo la funzione socialmente rilevante del vincolo, lo rafforza e lo rende più sicuro con il conferimento del crisma della giuridicità. Dunque, non è una norma - e certo non è l’art. 1372 - ad introdurre nell’ordinamento il principio di vincolatività del negozio, che, ben lontano dall’essere qualità attribuita dal legislatore, costituisce essenza del negozio, il cui mancare determina la mancanza di un regolamento di interessi sussumibile nella fattispecie negoziale. Cfr. R.SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1950, p. 267 ss.; A. Cataudella, I contratti. Parte generale, cit., p. 275 ss.

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Un regolamento di interessi da cui le parti possono liberamente sottrarsi, o che può venire in ogni momento modificato anche per la volontà di uno solo dei contraenti, non si presterebbe ad un proficuo impiego nella prassi economico-giuridica, causa la sua inadeguatezza nel garantire la stabilità e la realizzabilità del programma ivi divisato. Inoltre, se dal contratto non sorgesse alcun vincolo tra coloro che lo hanno voluto, nessuna delle parti, né gli altri eventuali soggetti riguardati dagli effetti di questo, potrebbero contare sulla certezza delle posizioni giuridiche ad esso inerenti, il cui inveramento dipende appunto dall'agire dei soggetti su cui grava il vincolo63.

Ebbene, se il contratto, perché assolva alla sua funzione, deve essere vincolante e impegnativo per coloro che degli interessi regolati sono titolari, esso non può vincolare soggetti che a tali interessi sono estranei. In questo senso la norma stabilisce che il contratto non può vincolare che le parti, le quali rimarranno legate a quanto disposto in sede di conclusione dell’accordo fino all’attuazione del programma in questa sede convenuto – fatto salvo il sopravvenire di altre cause che ne determinino lo scioglimento (art. 1372, comma 1°, ultima parte).

Assumendo ora nell'ottica della presente indagine l’efficacia vincolante del contratto, si tratterà di individuare quali sono i soggetti che la norma identifica come le parti vincolate dal contratto.

Già nel secondo paragrafo si è avuto modo di constatare che, per una questione di linearità logica, i soggetti astretti al vincolo contrattuale non possono identificarsi con gli stessi soggetti destinatari degli effetti, dato che la stessa vincolatività è proiezione effettuale dell’autoregolamento, diversamente si creerebbe quel “circuito di qualificazioni” di cui si parlava in quella sede. Dovendo, allora, rintracciarsi in altra situazione relazionale l'elemento indicativo individuante i termini di riferimento soggettivi degli effetti del negozio, non resteranno che quelle posizioni soggettive che si son rappresentate più sopra con i concetti di parte autore dell’atto e

parte titolare degli interessi regolati dall’atto.

Nelle ipotesi di convergenza delle due posizioni contrattuali nel medesimo soggetto, la questione ovviamente non si pone, identificandosi la parte vincolata dal contratto nel soggetto che ha compiuto l’atto allo scopo dare regola ai propri interessi. Ugualmente incontroversa anche l’ipotesi in cui gli stessi effetti non dovessero dirigersi immediatamente nella sua sfera giuridica, avendo già chiarito che l’effetto vincolante del contratto si distingue dalle altre situazioni effettuali cui lo stesso mette capo, sia dal punto di vista oggettivo (si pensi alle ipotesi di negozio – immediatamente vincolante - i cui effetti sono sospensivamente condizionati al verificarsi di un evento futuro e incerto)64, sia dal punto di vista soggettivo (si pensi all’ipotesi del contratto a favore

63 V. ROPPO, Il contratto, in Trattato di diritto privato, diretto da Iudica e Zatti, Milano, 2001, p. 501.

64 Sulla distinzione tra l’effetto vincolante e gli altri effetti del contratto si possono vedere.; A. CATAUDELLA, I

contratti. Parte generale, Torino, 2014, p. 275 ss.;R.SCOGNAMIGLIO, Contributo alla teoria del negozio giuridico, cit., pp. 267 ss., P. RESCIGNO, Contratto, cit., pp. 21 ss.; V. ROPPO, Il contratto, cit., p. 480 ss.

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di terzo, dove la proiezione degli effetti vantaggiosi del contratto va a riguardare la sfera di un soggetto del tutto estraneo al vincolo che con l’atto è sorto tra promittente e stipulante).

Più complessa è la questione nell’ipotesi in cui manchi la suddetta convergenza di posizioni negoziali, e l'autore dell'atto sia persona diversa dal titolare degli interessi ivi regolati. In tal caso si tratta di vedere se soggetti legati dal vincolo negoziale siano i soggetti che hanno posto in essere l’atto, i soggetti i cui interessi sono stati disciplinati con esso o entrambe le categorie di soggetti, compartecipi – almeno sulla carta - della qualità di parte del contratto.

Per la soluzione di questo problema ancora una volta soccorre la disciplina dettata in materia di rappresentanza, e nella specie, la norma che del fenomeno definisce i tratti essenziali, e cioè l’art 1398 c.c. a norma del quale “il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitigli, produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato”. Avendo già investito il rappresentante del ruolo di soggetto autore dell’atto e il rappresentato di quello di soggetto titolare degli interessi, se ne deve ricavare che destinatario dell’effetto vincolante proveniente dal contratto stipulato è lo stesso soggetto che per la spettanza degli interessi dedotti nell’operazione negoziale deve dirsi parte del regolamento65. A quest'ultima

conclusione sembra derogare la particolare ipotesi del contratto concluso dal rappresentante in difetto del potere di rappresentanza, dove il legislatore contempla la possibilità che colui che ha contrattato come rappresentante possa d'accordo con il terzo sciogliere il contratto prima della ratifica del rappresentato. Ciò deporrebbe per la vincolatività immediata del contratto per il rappresentante e non per il rappresentato, tant'è che è il primo ad avere il potere di sciogliere il vincolo. Tuttavia, tale vincolatività si spiega verso l'autore dell'atto per l'operare fisiologico del principio di auto- responsabilità, in virtù del quale l'autore dell'atto deve sopportare le conseguenze che da questo derivano. Il rappresentato non sarà invece destinatario di alcun effetto vincolante, almeno fino a quando non avrà fatto proprio il rapporto che sorge dall'atto compiuto dal rappresentante in difetto di potere.

Dunque, le parti tra cui il contratto ha forza di legge si identificano con i soggetti che nella fattispecie esaminata assumono le vesti di soggetti titolari degli interessi a cui si dà assetto66.

65 L’accezione viene proposta dal C. DONISI, Il problema del negozio giuridico unilaterale, cit., p. 53 ss., per superare

il concetto aspramente criticato di parte in senso sostanziale. In questa sede l’autore – nell’ottica delle problematiche sollevate dalla fattispecie del contratto concluso con sé stesso – sulla base della distinzione tra la componente fattuale (la fattispecie) e la componente valutativa (il regolamento di interessi), attribuisce al procurator la qualità di parte della

fattispecie, ossia “termine di imputazione della fattispecie stessa”, mentre al dominus la qualità di parte del regolamento di interessi. Tale definizione meglio si presta a dare conto di una posizione soggettiva del rappresentato che prima di

essere mero termine di imputazione degli effetti prodotti dall’atto, si distingue per il rilievo assunto nella definizione del regolamento di interessi sotteso all’atto, di cui egli, per la spettanza degli interessi dedotti in esso, è parte.

66 E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, cit., pp. 51 ss. Afferma l’autore che “esigenza fondamentale

dell’efficacia vincolante riconosciuta al negozio già sul terreno sociale, si è che il soggetto del negozio si identifichi con il soggetto dell’interesse con esso regolato”.

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Relegandosi – sempre nei soli casi di non coincidenza – la parte autore dell’atto a soggetto terzo tanto al regolamento di interessi quanto al vincolo che dallo stesso scaturisce67.

L’assunto offre un primo importante spunto di riflessione circa la portata di un concetto giuridico tanto ricorrente quale quello di parte. Infatti, ben lungi dal fornire all'interprete un significato univoco di cui possa servirsi approcciandosi ad una data vicenda giuridica, si presenta come nozione caratterizzata da evidente relatività.

Relatività dovuta all’impiego da parte del legislatore del medesimo termine per la qualificazione di situazioni diverse, suscettibili di dare luogo a problemi diversi, che, a loro volta, possono affrontarsi dando di caso in caso al medesimo termine significati necessariamente diversi. È in questa prospettiva che ci si deve interrogare circa l'utilità di un’interpretazione del fenomeno che abbia come scopo quello di attribuire una rigorosa qualifica giuridica a situazioni che pur suscettibili di rientrare nella medesima categoria identificata dalla qualifica, si presentano assolutamente divergenti per contenuti, rilevanza e trattamento.