Le negoziazioni della ventunesima Conferenza delle Parti sono state caratterizzate sia da bargaining che da problem solving, il che, come affermato all’inizio del capitolo, spesso accade. Fino alla metà della seconda settimana aveva prevalso il bargaining: molti Stati recitavano le proprie dichiarazioni rimanendo fermi nelle loro posizioni, senza però cercare di trovare compromessi, il tempo veniva trascinato per portare più avanti le tematiche più controverse, molti argomenti venivano lasciati tra parentesi e alcune Parti avevano perso fiducia ed entusiasmo da questi comportamenti, come riportato da Hoffmaister e Mxkato-Diseko (TWN 2016, 54). Un’attitudine del bargaining è anche quella di incolpare gli altri invece che trovare punti in comune; questa ostilità è stata evidenziata da un commento della Svizzera, che, reagendo alle dichiarazioni di G77+Cina, aveva detto che in una partnership, quando sopraggiunge un problema, prima di incolpare gli altri bisognerebbe saper guardare se stessi per rafforzare e migliorare la cooperazione (Ibid., 22). Gli Stati Uniti, invece, avevano più volte sfruttato il loro “potere della debolezza” vincolandosi, come nel caso della bozza dell’articolo 4.4. per ottenere i risultati sperati, generando un malcontento comune (Schelling 1980).
A permettere un cambiamento verso il problem solving era stata l’attitudine del Presidente della COP57 e dei facilitatori. Fabius, infatti, aveva chiesto ad una dozzina dei suoi colleghi di aiutarlo
a facilitare le negoziazioni per quegli argomenti su cui ancora non si concordava (Brun 2016, 116). A co-dirigire quegli incontri erano in genere due ministri, uno di un Paese sviluppato e uno di un Paese in via di sviluppo. La Norvegia del ministro del clima e dell’ambiente Tine Sundtoft e Santa Lucia con il ministro dello sviluppo sostenibile e dell’energia James Fletcher avevano avuto il ruolo di mediatori riguardo il meccanismo d’ambizione e avevano aiutato a raggiungere il consenso durante le sessioni notturne finali, esclusive per i rappresentanti (Ibid.). Quelle riunioni serali a porte chiuse erano una strategia per ottenere il consenso di pochi prima di affrontare il gruppo intero. La pressione del tempo aveva però fatto la sua parte: giunti quasi alla fine della Conferenza e temendo un ulteriore fallimento diplomatico climatico, le Parti erano più disposte alla collaborazione, come spesso avviene nel momento in cui ci sia avvicina ad una scadenza (Ibid., 116-17).
57 Laurent Fabius era riuscito a dimostrare che la Francia era oggettiva e di non appoggiare a prescindere l'Unione
Europea; si rendeva disponibile per ogni Parte cercando dialoghi strategici specialmente con i Paesi più critici; quando ciò non era possibile, impiegava un alto livello di diplomazia per assicurare un accordo che fosse ambizioso e completo (Brun 2016, 120).
94
I compromessi si trovarono grazie anche alla disponibilità di alcuni attori, come l’Unione Europea, che aveva dichiarato:
From our side, we feel we have engaged constructively. We certainly want a strong outcome on finance. We sometimes found that we have bridging proposals with other groups but we felt lack on engagement. It is incumbent on us to find compromises (TWN 2016, 22).
Non solo a parole, aveva dimostrato il suo impegno anche attraverso i fatti, mediando quando la situazione rischiava di bloccarsi e ricordando alle altre Parti che una delle caratteristiche essenziali che l’Accordo avrebbe dovuto possedere era l’ambizione.
Proprio l’ambizione era l’obiettivo di un altro progetto dell’Unione, simbolo di problem solving e di cooperazione: la High Ambition Coalition, Questa coalizione, si svolgeva per delle riunioni informali parallelamente alle negoziazioni della COP 21 ed era composta – all’inizio – da quindici ministri (Brun 2016, 120). Le sue basi erano state poste già dalla Conferenza di Durban nel 2011, quando Connie Hedegaard, il precedente Commissario europeo dell’Azione per il Clima, per la Commissione Europea e la Norvegia avevano deciso di riunire i ministri dei Paesi più ambiziosi per una più forte decisiva azione climatica (Ibid., 121). Nel periodo che conduceva a Parigi, si erano aggiunte al gruppo anche le Isole Marshall di Tony de Brum, ministro degli esteri, iniziando a discutere su come poter ottenere un accordo solido (Ibid.). Attraverso l’uso di negoziazioni segrete avevano instaurato un legame di fiducia e trovato molti punti in comune, lavorando concretamente alle soluzioni linguistiche di alcuni dei punti problematici del testo, allineando le loro posizioni (Ibid.). Durante le negoziazioni, ancora prima che le altre Parti se ne accorgessero58, avevano spinto per obiettivi ambiziosi, ottenendo
un risultato rivelatosi davvero simile a quello da loro auspicato: il riconoscimento degli 1.5°C come obiettivo di temperatura; una mitigazione collettiva per dei profondi tagli alle emissioni entro metà secolo insieme alla revisione dei target di mitigazione e al bilancio globale quinquennale (Ibid.). Verso la fine della Conferenza si erano aggiunti alla High Ambition Coalition un altro centinaio di Paesi, sviluppati e no, tra cui presenziavano anche Stati Uniti e Brasile (Ibid., 120). Il ministro De Brum aveva dichiarato:
58 La Coalizione era infatti rimasta segreta, e, come affermato da Tony de Brum, aveva aspettato a rendere pubblico
il suo lavoro fino al momento giusto, quando avrebbe avuto più impatto: gli ultimi tre giorni della COP 21, quando ancora molto era incerto (Mathiesen e Harvey 2015).
95
That is not a negotiating team, this is a team of ambition, and we move forward bringing everybody in that can raise that level (Pashley 2015).
Incoraggiando il compromesso, la coalizione aveva oltrepassato gli ostacoli dettati dalla polarizzazione tra i due blocchi, soprattutto nelle aree co-facilitate da Norvegia e Santa Lucia – riguardanti il meccanismo d’ambizione – dimostrando come le negoziazioni segrete avessero influenzato il risultato finale (Brun 2016, 120-21).
Fondamentalmente, alla fine le Parti hanno dimostrato in generale disponibilità di compromesso e di cooperazione, dando vita ad un Accordo capace di bilanciare le esigenze degli attori, tra sacrifici e guadagni.