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Barra di lunghezza finita

Nel documento ELEMENTI DI DINAMICA DELLE STRUTTURE (pagine 73-79)

4.2 Vibrazioni longitudinali di una barra

4.2.2 Barra di lunghezza finita

La soluzione (4.5) dell’equazione (4.3) lascia completamente indeterminata la forma delle funzioni f1 ed f2. Per rendere la soluzione determinata occorre definire delle condizioni al contorno, cioè sulle sezioni terminali della barra, e delle condizioni iniziali, cioè lo stato della barra da un tempo iniziale, per esempio t = 0.

Si consideri allora una barra di lunghezza finita l, con condizioni di vincolo nelle basi che saranno definite in seguito. La soluzione dell’equazione (4.3) viene cercata con il metodo della separazione delle variabili, ponendo

u (x, t) = φ (x) w (t) (4.6)

Sostituendo la (4.6) nella (4.3) si ottiene:

φ (x)d

2w

dt2 = c2w (t)d

2φ dx2

quindi dividendo entrambi i membri per u e tenendo conto che ora il primo membro dipende solo da t ed il secondo solo da x, si dovrà avere::

1 w(t) d2w dt2 = c2 1 φ(x) d2φ dx2 = −ω2 (4.7)

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dove ω2 indica una costante positiva. La ragione della scelta del segno della costante sarà chiarito tra breve.

Dalla (4.7) si ottengono due equazioni differenziali ordinarie (lineari ed a coefficienti costanti): d2w dt2 + ω2w = 0 (4.8) d2φ dx2 +³ω c ´2 φ = 0 (4.9)

L’equazione (4.8) coincide con quella (2.3) di un oscillatore semplice non smorzato di frequenza ω. La soluzione si può scrivere nella forma:

w(t) = eiωt (4.10)

È ora possibile chiarire la ragione della scelta del segno dell’ultimo membro del-la (4.7); se questo fosse stato positivo del-la soluzione dell’equazione (4.8) sarebbe stata esponenzialmente crescente nel tempo, violando i principi di conservazione.

Analogamente anche la soluzione dell’equazione (4.9) è una combinazione di funzioni armoniche:

φ(x) = Aeiκx+ Be−iκx (4.11)

in cui si è posto

κ = ω

c (4.12)

mentre A e B sono costanti complesse che dipendono dai vincoli imposti alle sezioni di estremità. La soluzione dell’equazione (4.3) si può quindi scrivere:

u (x, t) = Aei(ωt+κx)+ Bei(ωt−κx) (4.13)

Estremi liberi

In tal caso nella sezioni di ascissa x = 0 e x = l si ha σ = 0, ovvero, per la proporzionalità tra tensioni e deformazioni,

εx= ∂u ∂x = w

dx = 0 per x = 0 e x = l Sostituendo la (4.13) si ottengono le due equazioni:

iκ (A − B) eiωt = 0 iκ ³ Aeiκl− Be−iκl ´ eiωt = 0

Dalla prima di queste equazioni segue che A = B. Quindi dalla seconda si ricava:

eiκl− e−iκl´

= 2iA sin (κl) = 0

Escludendo la soluzione banale A = 0, questa equazione è verificata se κl = nπ, dove n indica un arbitrario intero positivo. Dalla condizione κl = nπ segue

κn=

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e quindi

ωn= nπc

l (4.15)

A ciacun valore di n corrisponde quindi una soluzione dell’equazione (4.3) che rispetta le condizioni di bordo libero:

un(x, t) = φn(x)wn(t) (4.16)

in cui

φn(x) = cos(κnx) (4.17)

wn(t) = Aent (4.18)

Le funzioni φn(x) sono le autofunzioni dell’equazione differenziale (4.9), per le condizio-ni ai limiti prescelte; κnsono i corrispondenti autovalori. Ricordando la definizione di κn, è facile intendere il significato della grandezza, detta lunghezza d’onda, λn= 2π/κn= cTn, dove Tn= 2π/ωn è il periodo di oscillazione: λn è lo spazio percorso dall’onda in un pe-riodo di oscillazione, ma è anche il “pepe-riodo” spaziale dell’autofunzione. Il suo inverso (a meno di 2π) κn è detto numero d’onda.

Estremi vincolati

In questo caso le condizioni al contorno sono φ(0) = φ(l) = 0. Di conseguenza dalla (4.13) si ottiengono le equazioni:

(A + B) eiωt = 0 ³

Aeiκl+ Be−iκl´

eiωt = 0

la cui soluzione non banale è

A = −B κl = nπ

dove n indica un intero positivo. Quindi i numeri d’onda delle vibrazioni sono, come nel caso precedente

κn= l

e di conseguenza anche le frequenze prendono i valori forniti dall’equazione (4.15). La soluzione dell’equazione delle onde risulta pertanto:

un(x, t) = A sin (κnx) ent (4.19)

Il fattore 2i è stato incorporato nel coefficiente indeterminato A. Nei due casi esaminati le vibrazioni in due barre di uguali caratteristiche ma diversamente vincolate alle estremità, una con le estremità libere e l’altra incastrate, hanno le stesse frequenze e lunghezze d’onda, ma le onde sono traslate, l’una rispetto a l’altra, del fattore π/2.

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Estremo libero ed estremo vincolato

Se la base iniziale della barra è incastrata , mentre l’altra è libera, le condizioni al contorno risultano: (A + B) eiωt = 0 iκ ³ Aeiκl− Be−iκl ´ eiωt = 0

Dalla prima si trae che A = −B, dalla seconda segue: eiκl+ e−iκl = 2 cos (κl) = 0 =⇒ κl =

µ n −12 ¶ π (n = 1, 2, . . . ) e quindi κn = µ n − 1 2 ¶ π l (4.20a) ωn = µ n − 12 ¶ πc l (4.20b)

Il confronto tra le (4.20) e la (4.15) dimostra come le frequenze delle vibrazioni libere delle barre con vincoli misti sono più basse di quelle di analoghe barre vincolate in modo uguale ad entrambi gli estremi. Indicando con ωIn le frequenze di queste ultime e con ωIIn quelle delle barre con vincoli asimmetrici, si ha:

ωIIn ωI n = n − 1/2 n = 1 −2n1 =© 0.5 0.75 0.833 · · · ª Vibrazioni indotte da una percossa

Su di una barra lunga l, inizialmente in quiete, vincolata ad un estremo e libera all’altro, si applichi, all’estremità libera, una pressione di intensità σ0 per un tempo molto breve ∆t, dopo il quale la forza viene rimossa e la barra è lasciata libera di vibrare. Alla fine del tempo ∆t solo un breve tratto della barra di lunghezza ∆x, infinitesimo dello stesso ordine di ∆t, avrà avvertito gli effetti della percossa, mentre il resto della barra sarà rimasto in quiete.

Per valutare gli effetti della forza alla fine del tempo di applicazione, si parte dalla equazione (4.2); integrando entrambi i membri rispetto ad x, nell’intervallo [0, ∆x], si ha:

σ (∆x, t) − σ (0, t) = ρ Z ∆x

0

¨

u (x, t) dx (4.21)

Per 0 ≤ t < ∆t, si ha per ipotesi σ (0, t) = −σ0 ed inoltre, per come è stato definito ∆x, σ (∆x, t) = 0. Sostituendo queste uguaglianze nell’eq. (4.21) ed integrando ancora entrambi i membri rispetto al tempo, nell’intervallo [0, ∆t], si ottiene:

σ0∆t = ρ Z ∆x

0 [ ˙u (x, ∆t) − ˙u (x, 0)] dx

e, poiché inizialmente il corpo era in quiete e quindi ˙u (x, 0) = 0, x ∈ [0, l], σ0∆t = ρ

Z ∆x 0

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Considerando ∆x un infinitesimo, si avrà quindi:

σ0∆t = ρ ˙u (0, ∆t) ∆x + O¡ ∆x2¢ da cui, si ottiene: ˙u (0, ∆t) = v0 = lim ∆t→0 σ0 ρ ∆t ∆x = σ0 ρc (4.22)

in cui c è la velocità di propagazione delle onde.

Per quanto visto nel precedente paragrafo, per una barra con un estremo libero ed uno vincolato, la soluzione dell’equazione (4.2) si può scrivere:

u (x, t) =

X

n=1

Anentcos (κnx) (4.23)

dove le espressioni di ωne κn sono quelle delle eq. (4.20). Diversamente dal caso trattato prima qui si è posta l’origine del riferimento in corrispondenza dell’estremità libera della barra, per cui la funzione seno è sostituita dalla funzione coseno. Derivando la (4.23) si trova l’espressione della velocità:

˙u (x, t) = i

X

n=1

Anωnentcos (κnx) (4.24)

Ponendo l’origine dei tempi nell’istante in cui cessa l’azione della forza, al tempo zero la velocità dei punti della barra è nulla ovunque eccetto il tratto iniziale di lunghezza ∆x dove prende il valore v0 fornito dalla (4.22). Moltiplicando entrambi i membri della (4.24) per cos (κjx), ponendo t = 0 e tenendo conto che ˙u 6= 0 solo per x ∈ [0, ∆x], si ha:

Z ∆x 0 v0cos (κjx) dx = i X n=1 Ajωj Z l 0 cos (κjx) cos (κnx) dx

Tenendo conto dell’espressione esplicita di κ e di ω [eq. (4.20)] e delle proprietà di ortogo-nalità delle funzioni trigonometriche, si ha:

v0¡

∆x + O¡ ∆x3¢¢

= iAjωjl 2

da cui, a meno di infinitesimi di ordine superiore al secondo in ∆x, si ricava:

Aj = −i2vω0∆x

jl = −i 0∆t

ρ (2j − 1) πc (4.25)

Sostituendo la (4.25) nella (4.23) ed utilizzando le espressioni esplicite di ω e κ [eq. (4.20)], si ha l’espressione dell’onda che si propaga nella barra:

u (x, t) = 0∆t ρπc X n=1 sin [(2n − 1) ω1t] cos [(2n − 1) κ1x] (2n − 1) (4.26)

dove ω1 = πc/2l, è la frequenza del primo modo e κ1 = ω1/c è il corrispondente numero d’onda..

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≥ΖΜΚΡ ≥ΖΝΚΜ ≥ΖΝΚΡ

≥ΖΟΚΜ ≥ΖΟΚΡ ≥ΖΠΚΜ

≥ΖΠΚΡ ≥ΖΘΚΜ ≥ΖΘΚΡ

Figura~4.2: Rappresentazione della funzione u(x, t) in 6 istanti successivi. τ = ω1t.

In figura 4.2 la funzione u (x, t) è rappresentata in sei istanti successivi. Il tempo τ è normalizzato con la frequenza del primo modo: τ = ω1t, l’ascissa spaziale è normaliz-zata alla lunghezza (ξ = x/l), mentre l’ampiezza dello spostamento è normaliznormaliz-zata con il fattore 4σ0∆t/ρπc. Come si vede il fronte d’onda presenta una brusca discontinuità tra la parte indisturbata e quella che ha subito lo spostamento; in questo strato infini-tesimo evidentemente si raggiungono deformazioni infinite: ciò dipende dall’ipotesi fatta che ∆t sia infinitesiomo e quindi, perché l’impulso σ0∆t sia finito, che σ0 sia infinito. In realtà la transizione tra le due zone sarà tanto più lunga quanto più lungo è il tempo di applicazione della forza e proporzionalmente minore la tensione σ0. In figura 4.3 sono riportati, sovrapposti, gli andamenti della deformazione ε = ∂u/∂x in tre istanti successivi (τ = 0.5 − 1.0 − 1.5). Il grafico mostra un picco, pronunciato ma di intensità finita, che interessa un tratto piccolo ma finito della barra, che si propaga, come il fronte d’onda, con velocità c. Il fatto che il risultato non sia un picco infinito di ampiezza nulla dipende però solo dal numero finito di armoniche (40) messe in conto nella (4.26) per il calcolo di u. Al crescere del numero delle armoniche conteggiate, il picco si fa sempre più alto e sottile.

Raggiunta la base fissa, come si vede dalla fig. 4.2, il fronte d’onda torna indietro, fino alla base libera, dove viene ulteriormente riflessa verso l’interno, però con segno opposto. Poiché nelle equazioni non sono stati introdotti termini dissipativi, è evidente che il moto prosegue indefinitamente.

Nel documento ELEMENTI DI DINAMICA DELLE STRUTTURE (pagine 73-79)

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