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ELEMENTI DI DINAMICA DELLE STRUTTURE

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ELEMENTI DI DINAMICA DELLE STRUTTURE

Renato Giannini

(2)

Indice

1 Elementi di meccanica 1

1.1 Introduzione . . . 1

1.2 Dinamica dei sistemi . . . 2

1.2.1 Il principio di D’Alembert . . . 2

1.2.2 Massa e peso . . . 2

1.2.3 Il principio delle potenze virtuali . . . 3

1.2.4 Equazione di Lagrange . . . 4

1.2.5 Esempio: equazione del bipendolo . . . 6

2 L’oscillatore semplice 8 2.1 Oscillazioni libere non smorzate . . . 8

2.2 Oscillazioni libere smorzate . . . 10

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente . . . 15

2.3.1 Energia dissipata . . . 19

2.3.2 Rappresentazione complessa . . . 20

2.3.3 Isolamento alla base . . . 22

2.4 Risposta ad un’azione periodica . . . 24

2.5 Risposta ad una forza impulsiva . . . 27

2.6 Risposta ad un’azione non periodica . . . 30

2.6.1 Integrale di Duhamel . . . 30

2.6.2 Integrazione diretta delle equazioni del moto . . . 31

2.6.3 Stabilità, decadimento di ampiezza ed elongazione del periodo . . . 33

3 Sistemi discreti con più di un grado di libertà 40 3.1 Introduzione . . . 40

3.2 La matrice delle masse . . . 41

3.3 Oscillazioni libere non smorzate . . . 44

3.3.1 Esempi . . . 46

3.4 Oscillazioni smorzate e forzate . . . 51

3.4.1 Matrice di smorzamento . . . 53

3.5 Analisi in frequenza . . . 55

3.5.1 Trasformata di Fourier . . . 55

3.5.2 Soluzione dell’equazione dinamica mediante trasformata di Fourier . 57 3.6 Moto di trascinamento . . . 59

3.6.1 Moto sincrono . . . 59

3.6.2 Moto non sincrono . . . 61

3.7 Smorzamento non classico . . . 62

3.7.1 Analisi modale complessa . . . 63 2

(3)

INDICE i

4 Sistemi continui: onde nei mezzi elastici 68

4.1 Introduzione . . . 68

4.2 Vibrazioni longitudinali di una barra . . . 69

4.2.1 Onde stazionarie . . . 69

4.2.2 Barra di lunghezza finita . . . 70

4.3 Onde nel continuo indefinito . . . 76

4.3.1 Onde piane . . . 77

4.4 Onde superficiali (onde di Rayleigh) . . . 78

4.5 Trave a taglio . . . 80

4.5.1 Onde smorzate . . . 83

4.6 Vibrazione delle travi inflesse . . . 86

4.6.1 Oscillazioni libere . . . 87

A Elementi di algebra lineare 90 A.1 Spazi vettoriali . . . 90

A.2 Dipendenza lineare . . . 91

A.3 Dimensioni di uno spazio. Basi . . . 91

A.4 Prodotto interno . . . 91

A.5 Vettori ortogonali . . . 92

A.6 Basi ortogonali . . . 92

A.7 Componenti di un vettore . . . 93

A.7.1 Basi ortonormali . . . 94

A.8 Cambiamento di base . . . 94

A.9 Operatori lineari . . . 96

A.9.1 Cambiamento di base di un operatore lineare . . . 97

A.9.2 Nucleo di un operatore lineare . . . 97

A.9.3 Inverso di un operatore . . . 97

A.9.4 Operatore identico . . . 98

A.9.5 Operatori hermitiani . . . 98

A.9.6 Operatori unitari . . . 98

A.9.7 Autovalori ed autovettori di un operatore . . . 99

A.10 Vettori in Cn . . . 100

A.11 Autovalore ed autovettori di una matrice . . . 100

A.11.1 Autovalori multipli, triangolarizzazione . . . 101

A.11.2 Matrici simmetriche; ortogonalità degli autovettori . . . 103

A.11.3 Autovalori ed autovettori generalizzati di due matrici . . . 104

(4)

Capitolo 1

Elementi di meccanica

1.1 Introduzione

Le forze agenti sulle strutture civili, nella maggior parte dei casi, si possono trattare come se agissero staticamente; con questo si intende che, variando molto lentamente nel tempo, esse inducono nella struttura velocità ed accelerazioni trascurabili, in modo tale che la struttura passa da uno stato di equilibrio ad un altro attraverso stati che in pratica possono essere considerati anch’essi di equilibrio. In quanto precede si intende che il termine stato di equilibrio è sinonimo di stato di equilibrio statico.

Sebbene sia vero che la maggior parte delle azioni che interessano le strutture civili si possono considerare ai fini pratici come statiche, è pur vero che esistono alcune importanti eccezioni; p.es. le azioni indotte da macchinari rotanti all’interno di officine ed impianti industriali, la pressione del vento, le azioni indotte da veicoli (in particolare quelli pesanti) in movimento sui ponti ed i viadotti, le onde del mare, ecc. Non vi è dubbio però che l’azione dinamica più importante per le strutture civili è quella sismica, almeno in quei paesi, come l’Italia, dove è presente una rilevante attività sismica.

L’azione sismica si manifesta con un moto del terreno, in direzione orizzontale e verti- cale, che trascina con sé le strutture degli edifici. Questo moto di trascinamento, indotto dal sisma, induce delle forze di inerzia che agiscono sulla struttura nella direzione del moto di trascinamento; particolarmente pericolosa è la componente orizzontale del moto, che induce sulle strutture azioni che esse normalmente non sono chiamate a sopportare e nei confronti delle quali sono spesso vulnerabili.

L’importanza che si attribuisce alle azioni sismiche è ben nota; essa discende dagli effetti distruttivi che un terremoto violento può avere sulle costruzioni e dalla grande estensione di territorio interessata dal fenomeno, che può assumere aspetti catastrofici, sia dal punto di vista economico, sia da quello relativo alla perdita di vite umane.

La formulazione generale dell’analisi dinamica delle strutture, specialmente quando queste vengono studiate con modelli lineari, prescinde ovviamente dal tipo di azione;

quindi nel seguito normalmente non si farà riferimento all’azione sismica. Tuttavia poiché per l’analisi sismica sono stati sviluppati alcuni procedimenti specifici (p.es. l’analisi con lo spettro di risposta), quando necessario, sarà abbandonato il generale per il particolare specifico.

1

(5)

1.2 Dinamica dei sistemi 2

1.2 Dinamica dei sistemi

1.2.1 Il principio di D’Alembert

La dinamica dei sistemi può essere ricondotta alla statica mediante il Principio di D’A- lembert, che semplicemente afferma che ogni sistema è sempre in equilibrio sotto l’azione delle forze attive Fi, di quelle reattive Φi e delle forze di inerzia miai:

Fi+ Φi− miai = 0 (i = 1, 2, . . . , N ) (1.1) In questa equazione mi indica la massa ed ai l’accelerazione del punto materiale i del sistema. La forza d’inerzia quindi non è altro che il prodotto della massa per l’accelerazione (cambiata di segno) del corpo puntiforme.

L’accelerazione di un corpo, però, dipende dal sistema di riferimento; ad esempio un corpo in quiete rispetto ad un riferimento solidale ad un punto della superficie della Terra risulta muoversi di moto accelerato rispetto ad un altro riferimento, la cui origine è solidale al centro della Terra ed è orientato verso le stelle fisse; infatti rispetto a quest’ultimo riferimento il corpo ruota con la velocità angolare della rotazione terrestre, ωT, e quindi ha un’accelerazione (centripeta) di valore ω2Tr, r essendo la distanza del corpo dall’asse terrestre. Quindi la relazione (1.1) non può essere valida in ogni riferimento, ma solo in un certo tipo di riferimento privilegiato.

I riferimenti di questo tipo sono detti inerziali. Un modo per definire un riferimento inerziale è il seguente: un riferimento inerziale ha l’origine solidale ad una massa isolata ed è orientato verso le stelle fisse. Per massa isolata si intende un corpo che si trovi così distante da tutti gli altri, da poterne trascurare le interazioni reciproche; le stelle fisse sono quei corpi celesti così lontani che il loro moto relativo al nostro corpo risulta comunque inavvertibile. In pratica nessun corpo rispetta esattamente queste condizioni, ma si possono costruire riferimenti che approssimano quello inerziale in modo più o meno accurato: un riferimento con origine nel baricentro del Sole ed orientato verso le stelle fisse è una buona approssimazione di riferimento inerziale; un riferimento con origine nel baricentro della Terra ed orientato come il precedente costituisce un’approssimazione un po’ meno buona. Ai fini pratici della meccanica strutturale tuttavia, anche un riferimento solidale alla superficie terrestre può essere adottato come riferimento inerziale; infatti l’accelerazione centripeta è molto piccola, al massimo (all’equatore) si ha:

a = ω2TrT '

µ 2π

24 · 3600

2 rad

sec2 × 6 · 106m ' 3.17 · 10−2 m sec2 cioè appena lo 0.3% dell’accelerazione di gravità.

Nell’eq. (1.1) compaiono solo le accelerazioni, pertanto essa è evidentemente valida in tutti quei riferimenti in cui l’accelerazione è la stessa che nel riferimento inerziale; di fatto, se un riferimento è inerziale lo sono anche tutti quelli che si muovono di moto relativo uniforme (cioè traslano con velocità costante) rispetto al primo. Con le stesse appros- simazioni accettate prima, quindi, anche ogni riferimento che si muova sulla Terra con moto uniforme rispetto ad uno fisso (se la velocità non è troppo alta) si potrà considerare inerziale.

1.2.2 Massa e peso

La massa (inerziale) è una proprietà della materia: le particelle elementari hanno una massa (in alcuni casi nulla), che (a riposo) è un invariante, cioè non dipende né dal tempo

(6)

1.2 Dinamica dei sistemi 3 né dalla posizione della particella. Ma vi è un altro significato per la massa (gravitazionale):

essa è una costante che misura l’intensità della forza di gravitazione che una particella è in grado di scambiare con un’altra (in modo analogo alla carica elettrica in relazione alle forze elettromagnetiche). La massa inerziale e quella gravitazionale quantitativamente coincidono: questa in apparenza sorprendente coincidenza della natura trova una profonda spiegazione nella teoria geometrica (relativistica) della gravitazione.

Poiché il peso dei corpi non è altro che l’effetto delle forze gravitazionali che essi scambiano con la Terra, vi è una semplice relazione tra massa e peso: pi = mig, in cui g è l’accelerazione di gravità, cioè il campo gravitazionale generato dalla massa della Terra nei punti prossimi alla sua superficie.1 Il modulo del vettore g cambia poco da un punto all’altro della superficie terrestre, e si può assumere approssimativamente pari a:

g = 9.81 m/sec2

Nel sistema MKS l’unità di massa è il chilogrammo (kg) e ne costituisce un’unità fondamentale, insieme al metro ed al secondo. Le forze invece si misurano in Newton (N): un Newton è un chilogrammo per un metro al secondo quadrato (N = kg · m/sec2).

Quindi un corpo che ha massa m = 1 kg ha un peso p = m · g = 1 · 9.81 N

Nella pratica tecnica, in passato, è stata molto usata l’unità di forza chilogrammo-forza, comunemente indicata con kgf (o più semplicemente con kg). Un chilogrammo-forza è la forza peso esercitata da una massa di un chilo, cioè:

1 kgf = 1 kg · g = 9.81 N

Se si utilizza come unità fondamentale il chilogrammo-forza, la massa deve essere espressa in kgf/g, quindi un corpo che pesa 1 kgf ha una massa, in unità conformi : m = 1/g = 1/9.81 kgf/g.

1.2.3 Il principio delle potenze virtuali

Poiché, grazie al principio di D’Alembert, le equazioni della dinamica sono ricondotte a quelle della statica con l’aggiunta delle forze di inerzia, le equazioni di equilibrio (1.1) possono esprimersi in modo equivalente mediante il principio delle potenze virtuali. Li- mitandoci al caso di sistemi soggetti a vincoli bilaterali e lisci2, le equazioni di equilibrio

1Due particelle di massa m1 ed m2 si scambiano una forza proporzionale al prodotto delle loro masse ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza:

F12= Gm1m2

r212

La costante di gravitazione universale G è piccolissima (G = 6.66 × 10−8cm3sec−2g−1); per questo motivo la forza di gravità scambiata tra corpi di massa piccola non è avvertita: solo se almeno uno dei due corpi ha grande massa, come quella di un pianeta o di una stella, la gravità ha effetti significativi. Su piccola scala quindi dominano le forze elettromagnetiche, molto più intense: tuttavia queste hanno segno opposto (attrattiva tra particelle di diversa carica, repulsiva tra quelle di carica uguale); poiché la materia è generalmente neutra (cioè vi è uguale numero di particelle con carica positiva e negativa), a grande scala le forze elettromagnetiche si annullano, mentre le forze gravitazionali, che sono sempre attrattive, divengono prevalenti e dominano nella meccanica celeste.

2Il caso dei vincoli scabri può essere incluso aggiungendo alle forze attive quelle dovute all’attrito.

(7)

1.2 Dinamica dei sistemi 4 dinamico si possono esprimere:

Π = XN i=1

(Fi− miai) × v0i = 0 (1.2)

in cui v0i indica un arbitrario atto di moto virtuale, cioè compatibile con i vincoli fissi3, mentre × indica il prodotto interno (scalare) tra vettori. Nell’eq. (1.2) non compaiono le forze reattive, il che normalmente costituisce una notevole semplificazione.

1.2.4 Equazione di Lagrange

Si considerino ora sistemi soggetti a vincoli che, oltre che bilaterali e lisci, siano anche olonomi, cioè esclusivamente di posizione; in questo caso, se il sistema ha n gradi di libertà, le coordinate di ogni suo punto Pi si possono esprimere in funzione di n parametri liberi, qk(t) (k = 1, 2, . . . , n), detti coordinate lagrangiane del sistema:

Pi(t) = Pi[q1(t), q2(t), · · · , qn(t); t] (1.3) L’espressione della velocità di un punto mediante le coordinate lagrangiane si determina derivando l’eq. (1.3):

vi =X

k

∂Pi

∂qk

˙

qk+∂Pi

∂t (1.4)

Nel caso di vincoli fissi Pi non dipende esplicitamente da t e quindi l’ultimo termine nella (1.4) viene a mancare. Se v0iindica un atto di moto virtuale, essendo questo per definizione relativo a vincoli fissi, si avrà:

vi0 =X

k

∂Pi

∂qk0k (1.5)

Sostituendo l’eq. (1.5) nella equazione delle potenze virtuali (1.2), dopo aver scambiato gli ordini di somma si ha:

nf

X

k=1

˙ qk0

" N X

i=1

(Fi− miai)∂Pi

∂qk

#

= 0

Questa, per l’arbitrarietà dell’atto di moto virtuale ˙qk0, implica il sistema di equazioni:

XN i=1

Fi

∂Pi

∂qk − XN i=1

miai

∂Pi

∂qk = 0 che può scriversi:

XN i=1

miai

∂Pi

∂qk

= Qk (1.6)

3Cioè, v0i deve essere compatibile con le condizioni di vincolo rese indipendenti da t, anche se queste equazioni sono funzioni del tempo. Ad esempio, per un punto materiale che si muove vincolato ad una linea, che a sua volta si sposta, v0 deve essere tangente alla linea considerata fissa nella sua posizione al tempo t, senza tener conto del moto del vincolo.

(8)

1.2 Dinamica dei sistemi 5 Avendo introdotto le forze generalizzate

Qk= XN

i=1

Fi∂Pi

∂qk

Indicando con vi la velocità del punto Pi, l’energia cinetica del sistema è definita dalla relazione:

T = 1 2

XN i=1

mivi× vi (1.7)

Derivando la (1.7) relativamente a ˙qk e tenendo conto della (1.4), risulta:

∂T

∂ ˙qk

= XN i=1

mivi∂vi

∂ ˙qk

= XN

i=1

mivi∂Pi

∂qk

Derivando ulteriormente rispetto al tempo entrambi i membri dell’equazione precedente, si ottiene:

d dt

∂T

∂ ˙qk = XN i=1

miai∂Pi

∂qk + XN i=1

mivi∂vi

∂qk (1.8)

Tenendo conto che, derivando la (1.7), si ottiene:

∂T

∂qk

= XN

i=1

mivi

∂vi

∂qk

combinando questa equazione con la (1.8), si ha:

XN i=1

miai

∂Pi

∂qk = d dt

∂T

∂ ˙qk − ∂T

∂qk

E quindi, sostituendo questo risultato nell’eq. (1.6), si ottiene l’equazione di Lagrange:

d dt

∂T

∂ ˙qk − ∂T

∂qk = Qk (1.9)

Questa equazione risulta di notevole aiuto nello studio dei sistemi complessi, in quanto permette di scrivere in modo automatico le equazioni di equilibrio, una volta che sia stata scritta l’espressione esplicita dell’energia cinetica.

L’eq. (1.9) si semplifica ulteriormente se tutte le forze agenti sul sistema sono conserva- tive, cioè se esiste una funzione potenziale U (P1, P2, · · · , PN), delle coordinate del sistema, tale che:

Fi = ∂U

∂Pi (1.10)

In questo caso l’espressione della forza generalizzata diviene:

Qk= XN

i=1

Fi∂Pi

∂qk = XN

i=1

∂U

∂Pi

∂Pi

∂qk = ∂U

∂qk

(9)

1.2 Dinamica dei sistemi 6 in quanto, tramite le (1.3), U è funzione delle sole coordinate lagrangiane qk.

Introdotta la funzione di Lagrange, definita come

L(q, ˙q, t) = T + U (1.11)

somma dell’energia cinetica e della funzione potenziale, l’eq. (1.9) si può scrivere in modo più sintetico:

d dt

∂L

∂ ˙qk − ∂L

∂qk = 0 (1.12)

che è un’altra forma delle equazioni di Lagrange.

L’equazione (1.12) è l’equazione di Eulero del funzionale:

S = Z t2

t1

L(q, ˙q, t) dt (1.13)

chiamato l’azione del sistema. L’equazione (1.12) implica che il sistema evolve tra due qualsiasi istanti di tempo t1 e t2 rendendo stazionaria l’azione S (principio di Hamilton).

Se i vincoli sono fissi, per cui L non dipende esplicitamente dal tempo, si può dimostrare che la quantità:

H = T − U = T + V (1.14)

si conserva, cioè resta costante nel tempo. La quantità H non è altro che l’energia totale del sistema, in quanto somma dell’energia cinetica T e dell’energia potenziale V = −U.

Quindi si può concludere che: in un sistema con vincoli bilaterali, lisci ed indipendenti dal tempo e soggetto all’azione di sole forze conservative, l’energia totale H si conserva.

1.2.5 Esempio: equazione del bipendolo

Si consideri un doppio pendolo, composto con due masse m1 ed m2, sospese a due regoli rigidi e privi di massa di lunghezza l1 ed l2. Indicando con θ1 e θ2 gli angoli formati dai regoli rispetto ad un asse verticale, le coordinate delle due masse, riferite ad un sistema cartesiano ortogonale, con l’asse x verticale e rivolta verso l’alto ed origine nella cerniera del pendolo, sono:

x1 = l1sin (θ1) (1.15a)

y1 = −l1cos (θ1) (1.15b)

x2 = l1sin (θ1) + l2sin (θ2) (1.15c) y2 = −l1cos (θ1) − l2cos (θ2) (1.15d) e di conseguenza le componenti delle velocità risultano:

˙x1= l1cos (θ1) ˙θ1 (1.16a)

˙y1= l1sin (θ1) ˙θ1 (1.16b)

˙x2= l1cos (θ1) ˙θ1+ l2cos (θ2) ˙θ2 (1.16c)

˙y2= l1sin (θ1) ˙θ1+ l2sin (θ2) ˙θ2 (1.16d)

(10)

1.2 Dinamica dei sistemi 7 Gli angoli θ1 e θ2 sono le coordinate lagrangiane del sistema; l’espressione dell’energia cinetica in funzione delle coordinate lagrangiane si ottiene quindi facilmente sostituendo le (1.16) nell’espressione di T :

T = 1 2

£m1¡

˙x21+ ˙y12¢

+ m2¡

˙x22+ ˙y22¢¤

= 1 2 h

(m1+ m2) l12˙θ21+ 2m2l1˙θ1l2˙θ2cos (θ1− θ2) + m2l22˙θ22i

(1.17) Analogamente dalle (1.15) si ottiene la forma esplicita del potenziale U in funzione delle coordinate lagrangiane:

U = −m1y1g − m2y2g = g {m1l1cos (θ1) + m2[l1cos (θ1) + l2cos (θ2)]}

(1.18) e quindi, sommando le eq. (1.17) e (1.18), si ha la funzione di Lagrange:

L = T + U = 1 2

h

(m1+ m2) l21˙θ21+ 2m2l1˙θ1l2˙θ2cos (θ1− θ2) + m2l22˙θ22i +

g {m1l1cos (θ1) + m2[l1cos (θ1) + l2cos (θ2)]} (1.19) Applicando l’equazione di Lagrange (1.12) alla funzione (1.19), si ottengono le due equazioni seguenti, che descrivono la dinamica del sistema:

d dt

∂L

∂ ˙θ1 − ∂L

∂θ1 = (m1+ m2) l21¨θ1+ m2l1l2cos (θ1− θ2) ¨θ2+

m2l1l2sin (θ1− θ2) ˙θ22+ g (m1+ m2) l1sin θ1 = 0 (1.20) d

dt

∂L

∂ ˙θ2 − ∂L

∂θ2 = m2l1l2cos (θ1− θ2) ¨θ1+ m2l22¨θ2

m2l1l2sin (θ1− θ2) ˙θ21+ gm2l2sin θ2 = 0 (1.21) Le equazioni (1.20) e (1.21) sono nonlineari; per valori piccoli degli angoli θ1e θ2le funzioni trigonometriche seno e coseno possono essere approssimate dai termini lineari del loro sviluppo in serie, ottenendo:

(m1+ m2) l21¨θ1+ m2l1l2¨θ2+ m2l1l21− θ2) ˙θ22+ g (m1+ m2) l1θ1 = 0

(1.22a) m2l1l2¨θ1+ m2l22¨θ2− m2l1l21− θ2) ˙θ21+ gm2l2θ2 = 0

(1.22b) Queste equazioni tuttavia sono ancora nonlineari a causa dei termini che contengono i quadrati delle velocità angolari ˙θ che tengono conto degli effetti delle forze centrifughe; se le velocità sono sufficientemente piccole i loro quadrati si potranno trascurare con un’ap- prossimazione confrontabile con quella precedente e si ottiene allora il semplice sistema di due equazioni lineari accoppiate:

(m1+ m2) l21¨θ1+ m2l1l2¨θ2+ g (m1+ m2) l1θ1 = 0 (1.23a) m2l1l2¨θ1+ m2l22¨θ2+ gm2l2θ2 = 0 (1.23b)

(11)

Capitolo 2

L’oscillatore semplice

Si consideri una struttura molto semplice, composta da una trave sostenuta da due pilastri uguali (portale), come quella rappresentata nella fig. 2.1. Se si suppone che siano soddi- sfatte le seguenti condizioni: i) la trave sia molto più rigida dei pilastri, in modo che le rotazioni dei nodi siano trascurabili, ii) la rigidezza assiale dei pilastri sia molto maggiore di quella flessionale, in modo che i pilastri si possano ritenere assialmente indeformabili, iii) il telaio si sposti solo nel suo piano; questo sistema ha un solo grado di libertà, lo spostamento x dalla posizione di equilibrio statico.

2.1 Oscillazioni libere non smorzate

Indicando con m la massa complessiva della trave più quella da essa sopportata ed as- sumendo trascurabili le masse dei pilastri, l’equazione di equilibrio di questa struttura si scrive facilmente in modo diretto, utilizzando il principio di D’Alembert; in assenza di forze esterne applicate le sole forze sono la forza elastica esercitata dai pilastri e la forza d’inerzia della massa m:

−m¨x(t) − kx(t) = 0 (2.1)

in cui k = 2 · 12EJ/h3 indica la rigidezza dei pilastri. Dividendo l’eq. (2.1) per m ed introducendo la quantità:

ω2= k

m (2.2)

l’eq. (2.1) diviene:

¨

x(t) + ω2x(t) = 0 (2.3)

Il parametro ω ha le dimensioni dell’inverso di un tempo. È conveniente introdurre il tempo adimensionale:

τ = ωt (2.4)

Infatti, tenendo conto che:

d dt = d

dτ dτ dt = d

dτω (2.5)

8

(12)

2.1 Oscillazioni libere non smorzate 9

Figura~2.1: Portale ad un grado di libertà

sostituendo τ a t come variabile in x, ed indicando con il punto la derivazione rispetto a τ e non più rispetto a t, come in precedenza, applicando la (2.5) alla (2.3) e poi dividendo per ω2, si ottiene:

¨

x(τ ) + x(τ ) = 0 (2.6)

equazione in cui non compaiono esplicitamente parametri.

La soluzione generale dell’equazione differenziale lineare ed omogenea (2.6) ha la forma:

x(τ ) = A sin(τ ) + B cos(τ ) (2.7)

in cui A e B sono parametri che dipendono dalle condizioni iniziali, cioè dallo stato della struttura al tempo τ = 0.

Derivando la (2.7) rispetto a τ si ha:

y(τ ) = ˙x(τ ) = A cos(τ ) − B sin(τ) (2.8) in cui y = dx/dτ è legato alla velocità v = dx/dt dalla semplice proporzionalità: y = v/ω, come segue dalla (2.5). Indicando con x0, y0 i valori di x ed y al tempo τ = 0, dalle equazioni (2.7) e (2.8) esplicitate al tempo τ = 0, si ottengono i valori di A e B in funzione delle condizioni iniziali x0, y0, per cui la (2.7) diviene:

x(τ ) = x0cos(τ ) + y0sin(τ ) (2.9) Dalle eq. (2.7) o (2.9) si osserva facilmente che x(τ ) (ed y(τ )) sono funzioni periodiche di periodo 2π:

x(τ + 2nπ) = x(τ ) n intero

Poiché x è periodica di periodo 2π in τ , rispetto al tempo reale t risulta periodica di periodo

T = 2π ω = 2π

rm

k (2.10)

(13)

2.2 Oscillazioni libere smorzate 10

x f

Figura~2.2: Legge forza—spostamento di un sistema elasto-viscoso soggetto ad un’azione ciclica

T è il periodo proprio delle oscillazioni libere della struttura, ω è detta pulsazione propria, mentre l’inverso di T è detto frequenza propria f = 1/T = ω/2π. Dunque l’eq. (2.9) descrive un moto oscillatorio, di ampiezzap

x20+ y02e di periodo T , dato dall’eq. (2.10). È importante osservare che il periodo delle oscillazioni libere dipende solo dalle caratteristiche della struttura, massa e rigidezza, e non dallo specifico moto; in particolare il periodo delle oscillazioni non è funzione dell’ampiezza del moto: vibrazioni di piccola o grande ampiezza compiono un ciclo nello stesso tempo, almeno fin quando il modello elastico lineare descrive con sufficiente esattezza il comportamento strutturale.

2.2 Oscillazioni libere smorzate

La soluzione (2.9) dell’eq. (2.6) è una funzione armonica la cui ampiezza p

x20+ y20 è costante nel tempo. Fisicamente ciò corrisponde ad un sistema che, una volta posto in movimento, continua ad oscillare con la stessa ampiezza, senza più fermarsi. Questo è in contraddizione con le più elementari esperienze, che ci mostrano come, in assenza di forze che le sostengano, le oscillazioni libere di qualsiasi sistema si riducano in ampiezza, fino a che questo torna in quiete dopo un numero più o meno grande di cicli.

Il fatto che il moto del sistema governato dalle eq. (2.3) o (2.6) sia indefinitamente periodico dipende dal fatto che la sola forza attiva presa in conto, la forza elastica −kx, è conservativa e quindi l’energia totale del sistema è costante. In realtà tutti i sistemi sono dissipativi, in quanto una parte dell’energia viene trasformata in calore e quindi resa indisponibile ai processi meccanici, come previsto dal secondo principio della termodina- mica. Quindi l’energia meccanica del sistema si riduce e con essa l’ampiezza massima delle oscillazioni.

Applicando ad un oggetto che segue un comportamento elastico lineare una forza che varia lentamente, questo subisce un processo reversibile; infatti togliendo gradualmente la forza il corpo torna nella sua configurazione originale, percorrendo, nello spazio degli stati, lo stesso cammino seguito nella fase di carico. Se la forza viene applicata più rapidamente questo non si verifica più; nella fase di carico la forza è maggiore di quella (kx) puramente

(14)

2.2 Oscillazioni libere smorzate 11

Figura~2.3: Modello di una struttura con elemento dissipativo elasto-viscoso

elastica, nella fase di scarico invece la forza risulta minore, come illustrato schematica- mente nella fig. 2.2; l’area racchiusa nel ciclo rappresenta il lavoro fatto sul sistema e non restituito, per cui la trasformazione risulta ora irreversibile. Questo fenomeno si può spie- gare assumendo che sul sistema agisca, oltre la forza elastica −kx, anche una forza viscosa o attritivo, la cui ampiezza ed il segno dipendono dalla velocità; il modello più sempli- ce è quello della viscosità lineare, in cui la forza è data dal prodotto della velocità per una costante, che dipende dalle proprietà del materiale e dalla configurazione strutturale.

Con riferimento alla semplice struttura della fig. 2.1, questo effetto può essere modellato aggiungendo al sistema un elemento viscoso, schematicamente illustrato in fig. 2.3, che esplica sulla massa m una forza viscosa FD = −c ˙x(t), proporzionale alla velocità del si- stema ed al coefficiente di viscosità c. Che la forza FD sia dissipativa si può verificare calcolando il lavoro fatto da questa forza in un ciclo:

WD= I

−cdx

dtdx = −c Z T

0

µdx dt

2

dt < 0 (2.11)

esso risulta (se c > 0) sempre negativo, come segue dal fatto che la funzione integranda nell’eq. (2.11) è sempre positiva.

Se si tiene conto anche delle forze di tipo viscoso che si sviluppano nella struttura, l’eq. (2.1) deve essere sostituita dalla:

−m¨x(t) − c ˙x(t) − kx(t) = 0 (2.12)

Dividendo tutti i termini dell’eq. (2.12) per m, tenendo conto della (2.2) ed inoltre ponendo:

c = 2mωξ = 2√

kmξ (2.13)

si ottiene:

¨

x(t) + 2ωξ ˙x(t) + ω2x(t) = 0 (2.14)

(15)

2.2 Oscillazioni libere smorzate 12 Quindi eseguendo il cambiamento di variabile (2.4), dal tempo reale t a quello adimensio- nale τ , risulta l’equazione:

¨

x(τ ) + 2ξ ˙x(τ ) + x(τ ) = 0 (2.15)

in cui compare il solo parametro ξ; questo viene indicato come il coefficiente di smorza- mento percentuale, per i motivi che saranno chiariti nel seguito; poiché c ha le dimensioni di una forza divisa per la velocità e perciò di una massa divisa per il tempo, ξ risulta adimensionale.

L’integrale generale dell’eq. (2.15) è:

x(τ ) = Aeα1τ+ Beα2τ (2.16)

in cui α1 ed α2 sono le radici dell’equazione caratteristica:

α2+ 2ξα + 1 = 0 (2.17)

ossia:

α1 = −ξ + q

ξ2− 1 α2= −ξ − q

ξ2− 1 (2.18)

Sostituendo la (2.18), la (2.16) diviene:

x(τ ) = e−ξτh Ae

ξ2−1τ+ Be

ξ2−1τi

(2.19) L’equazione (2.19) ha un punto di biforcazione (cioè cambia comportamento) in corrispon- denza del valore di ξ = 1. Per ξ < 1 la quantitàp

ξ2− 1 è immaginaria e quindi le funzioni esponenziali nell’eq. (2.19) divengono delle funzioni armoniche, per cui l’eq. (2.19) si può riscrivere:

x(τ ) = e−ξτ[C1sin(δτ ) + C2cos(δτ )] (2.20) avendo posto

δ = q

1 − ξ2 (2.21)

Derivando l’eq.(2.20) rispetto a τ si ottiene:

˙x(τ ) = e−ξτ[−(C1ξ + C2δ) sin(δτ ) + (C1δ − C2ξ) cos(δτ )] (2.22) I valori delle costanti C1 e C2 si determinano quindi imponendo le condizioni iniziali ad x ed ˙x; dalle eq. (2.20) e (2.22) si deduce infatti il sistema:

x(0) = C2 = x0

˙x(0) = C1δ − C2ξ = y0 risolvendo il quale risulta:

C1= y0+ x0ξ

δ C2 = x0

(16)

2.2 Oscillazioni libere smorzate 13 per cui le eq. (2.20) e (2.22) si possono scrivere esplicitamente in funzione delle condizioni iniziali:

x(τ ) = e−ξτ

·

x0cos(δτ ) +y0+ x0ξ

δ sin(δτ )

¸

(2.23)

˙x(τ ) = e−ξτ

·

y0cos(δτ ) −x0+ y0ξ

δ sin(δτ )

¸

(2.24) Ponendo y0 = 0 (questa condizione può sempre essere verificata, fissando opportuna- mente l’origine del tempo) le equazioni (2.23) e (2.24) si semplificano nelle:

x(τ ) = x0e−ξτ

·

cos(δτ ) + ξ

δsin(δτ )

¸

(2.25)

˙x(τ ) = −x0e−ξτ1

δsin(δτ ) (2.26)

Dalla (2.26) appare evidente che ˙x(τ ) = 0 se δτ = nπ, dove n = 0, 1, 2, . . . è un numero intero. In corrispondenza degli istanti in cui ˙x si annulla, x(τ ) prende valori estremali (massimi o minimi); in particolare se x0 > 0, x è massimo per n pari, minimo per n dispari. Due massimi consecutivi si verificano quindi per ∆τ = 2π/δ; passando al tempo naturale, si può definire un “periodo” delle oscillazioni smorzate TD come il tempo che intercorre tra due massimi della risposta:

TD= ∆τ

ω = T

p1 − ξ2

(2.27) (T è il periodo delle oscillazioni non smorzate); al periodo TD corrisponde una “pulsazio- ne”:

ωD= ωδ = ω q

1 − ξ2 (2.28)

Queste relazioni mostrano che il periodo delle oscillazioni libere, smorzate o no, non di- pende dalle condizioni iniziali, ma solo dalle caratteristiche dell’oscillatore, la massa, la rigidezza e lo smorzamento percentuale ξ. Le eq. (2.20) e (2.23) descrivono un moto oscil- latorio di ampiezza decrescente, come illustrato nella figura 2.4a. Il rapporto tra due massimi consecutivi della risposta, agli istanti τn= 2nπ/δ e τn+1= 2(n + 1)π/δ, per l’eq.(2.25) risulta:

x(τn+1) x(τn) = exp

"

− 2ξπ p1 − ξ2

#

(2.29) e dipende soltanto dal coefficiente ξ. Il logaritmo dell’inverso di questo rapporto è detto decremento logaritmico:

l = log

µ x(τn) x(τn+1)

(2.30) L’eq. (2.29) si può risolvere in ξ, esprimendo lo smorzamento percentuale in funzione del decremento logaritmico:

ξ = ∆l

q

2l + 4π2

(2.31)

(17)

2.2 Oscillazioni libere smorzate 14

0.0 20.0 40.0 60.0 80.0

xΕ≥Φ

0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0

smorzamento critico ( ↑ΖΝΦ smorzamento supercritico ( ↑ΖΝΚΡΦ Smorzamento subcritico ( ↑ΖΜΚΜΡΦ

(a) (b)

Figura~2.4: Moto smorzato: smorzamento subcritico (a), critico e supercritico (b) Questa relazione può essere utilizzata per misurare il coefficiente di smorzamento sulla base di registrazioni del moto di risposta.

Quando ξ = 1 l’equazione (2.17) ha due radici reali coincidenti α = −1. In questo caso la soluzione dell’eq. (2.15) prende la forma

x(τ ) = e−τ(A + Bτ ) (2.32)

e quindi, imponendo il rispetto delle condizioni iniziali:

x(τ ) = e−τ[x0+ (x0+ y0)τ ] (2.33) Le equazioni (2.32) e (2.33) esprimono un moto di direzione uniforme, senza oscillazioni;

il sistema tende a tornare nella posizione di equilibrio statico muovendo dalla posizione attuale e tendendo ad x = 0 in un tempo idealmente infinito.1 Il moto di un sistema che inizia con velocità nulla, nel caso di smorzamento critico è illustrato nella fig. 2.4b. Lo smorzamento c corrispondente a ξ = 1 è detto critico; per la (2.13) si ha:

cr = 2√

mk (2.34)

quindi ξ rappresenta la percentuale di smorzamento rispetto al valore critico. Nelle strut- ture si manifestano solitamente smorzamenti piccoli, relativamente a quello critico; quindi si hanno valori di ξ molto minori di uno. Valori tipici sono compresi nell’intervallo tra 0.02 e 0.10.

1L’esperienza dimostra che l’equilibrio viene invece raggiunto dopo un tempo più o meno breve, ma finito; questo implica che la legge dello smorzamento viscoso lineare spiega solo approssimativamente la realtà. Da un punto di vista pratico questo però ha scarsa importanza; dopo un tempo t = 10 · T = 20π/ω, cioè dopo un tempo pari a 10 volte il periodo delle oscillazioni non smorzate, si ha τ = 20π e quindi e−τ ' 0.51 · 10−27, cioè lo spostamento è divenuto circa 1027 volte più piccolo di quello iniziale: ai fini pratici questo è equivalente a zero.

(18)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 15 Per valori di ξ superiori ad uno le radici dell’equazione caratteristica (2.17) sono reali e distinte; il moto che ne risulta è ancora di tipo non oscillatorio, simile a quello relativo allo smorzamento critico; tuttavia, come è illustrato nell’esempio in fig. 2.4b, il moto avviene più lentamente ed il sistema impiega più tempo per raggiungere la posizione di equilibrio (o meglio uno spostamento sufficientemente piccolo, preso convenzionalmente come zero).

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente

Si supponga ora di applicare, alla struttura di fig. 2.3, una forza F (t) variabile nel tempo.

L’equazione di equilibrio dinamico si ottiene aggiungendo questo termine all’eq. (2.12):

F (t) − m¨x(t) − c ˙x(t) − kx(t) = 0 (2.35) Quindi, dividendo i termini per m, utilizzando le posizioni (2.2) e (2.13), ed eseguendo la sostituzione (2.4) della scala dei tempi, si ottiene l’equazione:

¨

x(τ ) + 2ξ ˙x(τ ) + x(τ ) = F (τ /ω)

k (2.36)

Se la forza F (t) varia con legge armonica, indicando con ωf la sua pulsazione, si può porre F (t) = F0sin(ωft); sostituendo questa espressione nell’eq. (2.36), si ottiene:

¨

x(τ ) + 2ξ ˙x(τ ) + x(τ ) = u0sin(βτ ) (2.37) Nell’eq. (2.37) si è posto

u0= F0

k (2.38)

ad indicare lo spostamento che la struttura subirebbe per effetto una forza di modulo F0 applicata staticamente, mentre

β = ωf

ω (2.39)

indica il rapporto tra la pulsazione (o la frequenza) della forzante e quella delle oscillazioni libere (non smorzate) della struttura.

Seguendo la regola generale per la soluzione delle equazioni lineari non omogenee, la soluzione dell’eq. (2.37) si ottiene sovrapponendo all’integrale generale della stessa equa- zione resa omogenea (cioè eliminando il termine a secondo membro), un integrale parti- colare dell’equazione completa (2.37). Nel seguito si supporrà che la struttura abbia uno smorzamento subcritico (ξ < 1), pertanto l’integrale generale dell’equazione omogenea è quello espresso dall’eq. (2.20). La soluzione particolare dell’equazione completa si ottiene assumendo che possa porsi nella forma:

¯

x(τ ) = A1sin(βτ ) + A2cos(βτ ) (2.40) Infatti, sostituendo l’espressione di x(τ ) ad x(τ ) nell’eq. (2.37), risulta:

− β2[A1sin(βτ ) + A2cos(βτ )] + 2βξ [A1cos(βτ ) − A2sin(βτ )] +

A1sin(βτ ) + A2cos(βτ ) = u0sin(βτ )

(19)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 16 Ponendo in evidenza le funzioni sin(βτ ) e cos(βτ ), appare evidente che questa equazione risulta identicamente soddisfatta per ogni valore di τ se risultano entrambi nulli i coeffi- cienti delle funzioni seno e coseno. Imponendo queste condizioni si ottiene il sistema di due equazioni nelle incognire A1, A2:

(1 − β2)A1 − 2ξβA2 = u0

2ξβA1 + (1 − β2)A2 = 0 la cui soluzione è

A1 = u0 1 − β2

(1 − β2)2+ 4ξ2β2 A2 = u0 −2ξβ

(1 − β2)2+ 4ξ2β2 (2.41) Quindi, sostituendo le espressioni dei coefficienti A1 ed A2 nell’eq. (2.40), si determina l’espressione esplicita della soluzione particolare dell’equazione non omogenea (2.37):

¯

x(τ ) = u0

(1 − β2)2+ 4ξ2β2

£(1 − β2) sin(βτ ) − 2ξβ cos(βτ)¤

(2.42) L’eq. (2.40) si può anche scrivere in forma più espressiva ponendo:

¯

x(τ ) = ¯X sin(βτ − φ) (2.43)

in cui:

X = q

A21+ A22 = u0 q

(1 − β2)2+ 4ξ2β2

(2.44)

indica l’ampiezza del moto di risposta, mentre l’angolo φ, definito dalle relazioni:

sin(φ) = −A2

X¯ = 2ξβ

q

(1 − β2)2+ 4ξ2β2 cos(φ) = A1

X¯ = q 1 − β2 (1 − β2)2+ 4ξ2β2

(2.45)

è detto la differenza di fase tra la forzante ed il moto di risposta.

La soluzione generale del moto forzato si ottiene sommando la soluzione particolare [eq. (2.42)] dell’equazione non omogenea alla soluzione generale [eq. (2.20)] dell’equazione omogenea, e risulta:

x(τ ) = e−ξτ[C1sin(δτ ) + C2cos(δτ )] + u0

(1 − β2)2+ 4ξ2β2

£(1 − β2) sin(βτ ) − 2ξβ cos(βτ)¤

(2.46) Ottenuta l’espressione esplicita di ˙x(τ ) derivando il secondo membro dell’eq. (2.46), la forma esplicita del moto di risposta si determina imponendo le condizioni iniziali (x(0) = x0, ˙x(0) = y0), e quindi calcolando le costanti C1 e C2:

x(τ ) = e−ξτ

·1 δ

µ

x0ξ + y0+u0(2ξ2− 1 + β2)β (1 − β2)2+ 4ξ2β2

sin(δτ )+

µ

x0+ 2ξβu0

(1 − β2)2+ 4ξ2β2

cos(δτ )

¸ + u0

(1 − β2)2+ 4ξ2β2

£(1 − β2) sin(βτ ) − 2ξβ(βτ)¤

(2.47)

(20)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 17 In presenza di smorzamento (ξ > 0), la parte dell’eq. (2.47) che dipende dalle condizioni iniziali, cioè la soluzione dell’equazione omogenea, diminuisce esponenzialmente al crescere di τ e tende a zero per per τ → ∞; in pratica per τ abbastanza grande questo termine diverrà trascurabile a confronto di quello che dipende dalle caratteristiche della forzante.

Quindi nei sistemi dotati di smorzamento si possono distinguere due fasi della risposta: una prima, per tempi vicini a quello iniziale, in cui il moto è influenzato dalle condizioni iniziali, detta fase transitoria; una seconda, espressa dalla sola eq. (2.42), detta fase stazionaria, in cui il moto di risposta non dipende dalle condizioni iniziali ma solo dalle caratteristiche della forzante. Ovviamente la separazione tra queste due fasi è convenzionale, in quanto il passaggio dall’una fase all’altra è continuo e, a rigore, la fase stazionaria si raggiunge solo quando τ = ∞. In pratica però si può, con qualche arbitrio, scegliere un valore di τ oltre il quale il contribito del termine (2.20) all’ampiezza totale del moto diviene trascurabile e considerare stazionario il moto nel tempo successivo.

Poiché, come si riconosce guardando la figura 2.4a, anche per valori piccoli di ξ le oscillazioni libere si smorzano dopo un numero limitato di cicli, è interessante puntare l’attenzione sulla parte stazionaria della risposta. Dall’eq. (2.42) appare evidente che ¯x(τ ) è periodica di periodo 2π/β in τ e quindi di periodo 2π/ωf in t; cioè lo stesso della forzante.

L’ampiezza massima della risposta ¯X è quella data dall’eq. (2.43), da cui si ricava che:

u0 = D = 1

q

(1 − β2)2+ 4ξ2β2

(2.48)

Il fattore D è detto coefficiente di amplificazione dinamica, in quanto è il raporto tra lo spostamento massimo della risposta dinamica e lo spostamento u0 = F0/k che sarebbe prodotto dalla forza F0 qualora agisse staticamente. Per β = 0 D = 1; al crescere di β generalmente D cresce fino a raggiungere un massimo per β soluzione dell’equazione:

dD

dβ ∼ β(−1 + β2+ 2ξ2) = 0 Se 2ξ2 < 1 questa equazione ammette una soluzione reale per:

βr= q

1 − 2ξ2 (2.49)

cui corrisponde il valore massimo del coefficiente di amplificazione:

Dmax= 1

2ξp

1 − ξ2 (2.50)

Facendo crescere β oltre il valore βr, D decresce e per β → ∞ D → 0. L’andamento del coefficiente di amplificazione in funzione di β e per alcuni valori dello smorzamento ξ è mostrato nella fig. 2.5. Se ξ ¿ 1 l’amplificazione massima si verifica per βr ' 1, cioè quando ωf ' ω; con la stessa approssimazione l’amplificazione massima e circa 1/2ξ.

La frequenza per cui l’ampiezza della risposta è massima si chiama di risonanza:

ωr= ω q

1 − 2ξ2

Nei sistemi debolmente smorzati la frequenza di risonanza praticamente coincide con la frequenza delle oscillazioni libere (non smorzate) della struttura, indicata anche come frequenza naturale dell’oscillatore. L’amplificazione massima che si verifica alla risonanza

(21)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 18

0.0 1.0 2.0 3.0

ϒΖ∂ f Λ∂

0.0 2.0 4.0 6.0 8.0 10.0

D

↑=Ζ=ΜΚΜ

↑=Ζ=ΜΚΜΡ

↑=Ζ=ΜΚΝΜ

↑=Ζ=ΜΚΡΜ

Figura~2.5: Coefficiente di amplificazione dinamica in funzione di β e ν; in linea spessa è indicata la congiungente i punti di massima amplificazione

cresce inversamente allo smorzamento; nei sistemi debolmente smorzati (ξ ¿ 1) DmaxÀ 1 e tende all’infinito nel caso di smorzamento nullo. Così, nei sistemi con debole smorza- mento, se la frequenza della forzante si avvicina alla frequenza naturale dell’oscillatore, il moto di risposta risulta grandemente amplificato; in questo modo anche una piccola forza, se pulsa alla frequenza di risonanza della struttura, può produrre spostamenti, e quindi sollecitazioni, molto grandi e pericolosi.

Il ritardo di fase φ, espresso dalle equazioni (2.45), è diagrammato in fig. 2.6 in funzione di β e per alcuni valori dello smorzamento ξ. Per sistemi debolmente smorzati (al limite con smorzamento nullo) quando β < 1 φ ∼ 0, cioè la risposta è praticamente in fase con l’eccitazione. Quando β si avvicina ad 1 la differenza di fase aumenta rapidamente, in modo che per β = 1 si ha φ = π/2. Spostandosi ancora verso valori maggiori di β, φ aumenta rapidamente, approssimando π; in questo caso la risposta è in opposizione di fase all’eccitazione, in quanto l’una raggiunge il massimo positivo quando l’altra è al massimo negativo e viceversa. Il passaggio dalla risposta in fase ed in opposizione di fase è tanto più brusco quanto più lo smorzamento è piccolo, come mostrato dalla fig. 2.6; al limite per sistemi non smorzati passa da φ = 0 per β < 1 a φ = π per β > 0 in modo discontinuo.

Questa caratteristica del cambiamento di fase viene utilizzata per individuare la frequenza di risonanza di un oscillatore.

In figura 2.7 sono rappresentate le storie degli spostamenti di due oscillatori, con lo stesso coefficiente di smorzamento ξ = 0.05, soggetti all’azione di una forza di periodo β = ωf/ω = 0.9 il primo (a), e β = 1.1 il secondo (b). È evidente che nel primo caso, dopo la fase transitoria, la risposta è praticamente in fase con la forzante, mentre nel secondo si ha opposizione di fase.

(22)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 19

0.0 1.0 2.0 3.0

ϒ 0.00

1.57 3.14

↑=Ζ=ΜΚΜΝ

↑=Ζ=ΜΚΜΡ

↑=Ζ=ΜΚΝΜ

↑=Ζ=ΜΚΠΜ

Figura~2.6: Differenza di fase tra forzante e risposta in funzione di β e del coefficiente di smorzamento ν

2.3.1 Energia dissipata

Il lavoro svolto dalla forza esterna F (t) in un ciclo del moto stazionario, si calcola facilmente avendo determinato la legge del moto di risposta. Infatti si ha:

W = Z Tf

0

F0sin(ωft) ˙x(t) dt (2.51)

in cui Tf = 2π/ωf indica il periodo della forza F (t). Quindi sostituendo ad x(t) l’espres- sione esplicita del moto stazionario (2.43), tenendo conto della (2.44), della (2.48) e delle definizioni di β, τ e u0, dall’eq.(2.51) si deduce:

W = DF02ωf k

Z 2π/ωf 0

sin(ωft) cos(ωft − φ) dt = DF02

k π sin(φ) (2.52) Quindi rendendo espliciti i termini D e sin(φ) mediante sostituzione delle equazioni (2.48) e (2.45), si ha:

W = F02 2k

4πξβ

(1 − β2)2+ 4ξ2β2 (2.53)

Il primo termine nel secondo membro dell’eq. (2.53), F02/2k è il lavoro fatto dalla forza F0 applicata staticamente, nel ciclo di carico; il secondo termine tiene conto della legge ciclica di applicazione della forza e degli effetti dinamici. È facile verificare che l’espressione (2.53) del lavoro fatto dalla forza esterna in un ciclo coincide con quello dissipato dall’unico elemento non conservativo dell’oscillatore ed espresso dall’integrale:

Z Tf

0

c ˙x2(t) dt

(23)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 20

0.0 20.0 40.0 60.0 80.0 100.0

-6.0

-4.0 -2.0 0.0 2.0 4.0 6.0

x

0.0 20.0 40.0 60.0 80.0 100.0

-6.0

-4.0 -2.0 0.0 2.0 4.0 6.0

x

(a)

(b)

Figura~2.7: Storie degli spostamenti di due oscillatori con lo stesso coefficiente di smor- zamento ν = 0.05. Grafico (a): β = 0.9; grafico (b): β = 1.1. Con linea tratteggiata è indicata la storia della forzante u0sin(βτ )

Il valore di W in funzione di β e per alcuni valori di ξ è rappresentato nel diagramma della figura 2.8. In tutti i casi il lavoro fatto si annulla per β → 0, come conseguenza del fatto che il sistema non è dissipativo nei confronti di forze applicate staticamente;

inoltre si osservi come, per valori di β non troppo vicini ad uno, il lavoro fatto dal sistema cresca con lo smorzamento percentuale ξ: cioè i sistemi con coefficiente di smorzamento più grande dissipano una maggiore quantità di energia. Questa relazione però si inverte quando β ' 1, cioè in prossimità della risonanza: in tali condizioni l’energia dissipata dai sistemi debolmente smorzati aumenta molto rapidamente e raggiunge livelli anche molto più elevati di quelli relativi agli oscillatori dotati di maggior smorzamento.

2.3.2 Rappresentazione complessa

Se su di un piano cartesiano x, y si riporta un vettore ~u di modulo u0 e che forma un angolo βτ (mod 2π) con l’asse x, come mostrato nella figura 2.9, la componente di ~u sull’asse y ha ampiezza u0sin(βτ ), uguale all’ampiezza della forzante nell’equazione (2.37); facendo ruotare ~u con velocità angolare β la sua proiezione su y uguaglia l’ampiezza della forza applicata al sistema.

(24)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 21

0.0 1.0 2.0 3.0

ϒ 1E-3

1E-2 1E-1 1E+0 1E+1 1E+2

W

↑=Ζ=ΜΚΜΝ

↑=Ζ=ΜΚΜΡ

↑=Ζ=ΜΚΝΜ

↑=Ζ=ΜΚΟΜ

↑=Ζ=ΜΚΡΜ

Figura~2.8: Lavoro fatto dalla forza sinusoidale applicata ad un oscillatore smorzato in un ciclo del moto stazionario

Combinando i risultati (2.43) e (2.48), l’ampezza della risposta stazionaria si può scrivere:

X(τ ) = Du¯ 0sin(βτ − φ) (2.54)

Se sullo stesso piano dove viene riportato ~u si riporta anche il vettore ~x, di modulo Du0 e che forma con ~u l’angolo −φ, i due vettori, ruotando solidalmente, descrivono, con le loro proiezioni su y, l’ampiezza della forzante e del moto di risposta.

Se si interpreta il piano x, y come il piano dei numeri complessi, i vettori ~u e ~x si possono interpretare come le rappresentazioni dei numeri complessi:

u0[cos(βτ ) + i sin(βτ )] = u0eiβτ (2.55) Du0[cos(βτ − φ) + i sin(βτ − φ)] = Du0ei(βτ −φ) (2.56) Più in generale, ponendo U eiβτ come termine noto nell’eq. (2.37), con U eventualmente complesso, e cercando la soluzione stazionaria dell’equazione così ottenuta nella forma Xeiβτ, dopo sostituzione nell’equazione (2.37), si ha:

X[−β2+ 2iβξ + 1]e−βτ = U e−βτ (2.57) da cui si ottiene:

X = U

1 − β2+ 2iβξ = H(β, ξ)U (2.58)

La funzione

H(β, ξ) = 1

1 − β2+ 2iβξ = 1 − β2− 2iβξ

(1 − β2)2+ 4ξ2β2 (2.59)

(25)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 22

Figura~2.9: Rappresentazione vettoriale (o complessa) della forza e della risposta è detta funzione di trasferimento; la sua inversa 1 − β2+ 2iβξ è l’impedenza complessa del sistema. Posta in forma esponenziale la funzione di trasferimento si scrive:

H(β, ξ) = ||H||e−iψ (2.60)

È facile verificare che il modulo di H coincide con il coefficiente di amplificazione; infatti:

||H|| = 1

q

(1 − β2)2+ 4ξ2β2

= D (2.61)

mentre l’anomalia ψ coincide con il ritardo di fase φ, come si controlla confrontando le cos(ψ) = 1 − β2

(1 − β2)2+ 4ξ2β2 sin(ψ) = 2βξ (1 − β2)2+ 4ξ2β2 con l’eq. (2.45).

Se U è reale ed uguale ad u0, per l’eq. (2.57) e per quanto visto sopra si ha:

x(τ ) = H(β, ξ)u0eiβτ = Du0ei(βτ −φ) (2.62) coincidente con la (2.56). Si è dunque determinata una soluzione complessa in conseguenza di una legge complessa della forzante. Poiché realmente sia la forzante che la risposta sono grandezze reali, la soluzione (2.62) si deve intendere come la combinazione delle risposte ad un’eccitazione cosinusoidale (parte reale) ed a quella sinusoidale (parte immaginaria).

2.3.3 Isolamento alla base

Si supponga che una macchina rotante eserciti una forza sinusoidale F0sin(ωft) su di una struttura di fondazione di massa m, collegata al terreno mediante dei vincoli elastici di rigidezza k e viscosità c, come schematicamente illustrato nella figura 2.10; si è interessati alla determinazione della forza che il basamento trasmette al terreno.

Poiché questa struttura è stata modellata come un sistema ad un grado di libertà, la risposta in spostamento ad una forzante armonica è data dall’eq. (2.47); in particolare la la

(26)

2.3 Oscillazioni forzate armonicamente 23

Figura~2.10: Modellazione schematica del basamento di fondazione di una macchina

legge della parte stazionaria è espressa nell’eq.(2.54). La forza che il basamento trasmette al terreno è evidentemente la somma delle forze assorbite dai vincoli, cioè la forza elastica k x(t) e la forza viscosa c ˙x(t). Quindi, tenendo conto della (2.54), si ottiene facilmente:

FT(t) = k x(t) + c ˙x(t) = Du0[k sin(βτ − φ) + cβω cos(βτ − φ)]

= DF0[sin(βτ − φ) + 2ξβ cos(βτ − φ)] (2.63) in cui D è la funzione di amplificazione (2.48) e sono state utilizzate le uguaglianze (2.38) e (2.13).

L’eq. (2.63) mostra che la forza FT, in condizioni stazionarie, segue una legge armonica con la pulsazione βω = ωf della forzante ed ampiezza:

|FT(t)| = F0D q

1 + 4ξ2β2

Quindi, sostituendo l’espressione di D fornita dall’eq. (2.48), si ottiene in forma esplicita il rapporto |FT|/F0 tra la forza trasmessa al terreno e quella esercitata dalla macchina sulla fondazione, chiamato la trasmissibilità del sistema:

T R = |FT(t)|

F0 = s

1 + 4ξ2β2

(1 − β2)2+ 4ξ2β2 (2.64) La trasmissibilità è rappresentata in fig. 2.11 in funzione di β e per diversi valori del coefficiente di smorzamento. Da questa figura appare evidente che T R = 1 per β → 0, cioè per azioni statiche, e cresce quando β approssima 1, con un’amplificazione che dipende dallo smorzamento. Superato 1 la trasmissibilità diminuisce e diviene inferiore ad 1 per β > √

2. L’attenuazione è maggiore per i sistemi poco smorzati, così come era maggiore l’amplificazione per β ' 1.

Dal grafico di fig. (2.11) appare evidente che se si vuole ridurre gli effetti trasmessi dal macchinario al terreno (e quindi attraverso questo alle strutture circostanti) occorre che T R ¿ 1, il che si ottiene mediante un sistema in cui β = ωf/ω À √

2, ciò che significa che la fondazione deve avere una frequenza propria molto minore di quella della forzante.

Dallo stesso grafico sembrerebbe essere conveniente ridurre al minimo lo smorzamento, perché in questo modo si riduce la trasmissibilità, ma non è prudente eccedere, perché i

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