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La lettura di Crash operata da Jean Baudrillard nei due saggi su simulacri e fantascienza e sul romanzo di Ballard merita una sottolineatura particolare, sia per l’importanza dello studioso che per l’originalità di questo suo contributo all’esegesi del testo ballardiano. Nel primo dei due, a partire dall’assunto che esistano tre ordini di simulacri, naturale, produttivo e della simulazione, il filosofo francese individua nel terzo una forma che definisce iperrealtà, nell’ambito della quale, come in un gioco di specchi, reale e irreale si mescolano per mezzo delle nuove tecnologie cibernetiche e nel loro rapporto con la gestione e la diffusione dell’informazione, sostituendosi l’uno all’altro e venendo spesso percepiti come indistinguibili89. Più precisamente, la fiction si sostituisce alla realtà, come sostiene anche Ballard nell’introduzione all’edizione francese di Crash quando afferma che viviamo all’interno di un enorme romanzo e quindi ormai il compito dello scrittore è inventare la realtà. Con le parole di Baudrillard, per quanto in questo caso specifico pensi piuttosto all’opera di P.K. Dick, «to reinvent the real as fiction, precisely because the real has

disappeared from our lives»90. In tal modo viene a modificarsi il rapporto del tipo del ‘doppio’ tra

fantascienza e realtà, in quanto la fiction non è più lo specchio della realtà ma il suo succedaneo. Non si attraversa più lo specchio come Alice in Through the Looking Glass, si è già al di là dello specchio91.

Nel secondo breve saggio lo studioso francese sostiene che Crash è un’opera emblematica della trasformazione subita dalla fantascienza a partire dagli anni Settanta, poiché non contiene finzione né realtà: gli elementi che la costituiscono appartengono sì alla realtà del presente, ma l’uso che ne fa l’autore la collocano nella sfera di pertinenza di quella che, come accennato,

89

«[…] (3) simulation simulacra: based on information, the model, cybernetic play. Their aim is maximum operationality, hyperreality, total control.»Jean Baudrillard, “Two Essays”, trad. di Arthur B. Evans, “1. Simulacra and Science Fiction”, in Science Fiction Studies n. 55, novembre 1991 (http://www.depauw.edu/sfs/backissues/55/baudrillard55art.htm) [Ultima visita 27/02/2011].

90 Ibid. 91

Non è un caso che in Empire of the Sun il giovane Jim legga proprio questo romanzo durante la permanenza nel campo di prigionia. Come in un gioco di specchi, vediamo Ballard alle prese con la narrativa pre-surrealista di Lewis Carroll che influenza il giovane autore, insegnandogli che le parole possono manipolare la realtà, ma anche e soprattutto viceversa, all’interno di un testo che manipola l’esperienza autobiografica dell’autore piegandola alle sue esigenze di narratore: «“[…] in the house of an American doctor he read the whole of Through the Looking Glass, a comforting world less strange than his own” [Empire of the Sun, p. 82]. The fact that Carroll’s return to Wonderland provides Jim with the illusion of cohesion is a contextual nod to the severity of his situation. At the same time, though, this Surrealist intertext also provides Jim with a linguistic survival kit insomuch that his exposure to Carroll’s teasing fiction sparks the realisation that language is not a fixed entity bound by convention and tradition, but that it is mutable and open to manipulation. As Gilles Deleuze argues in his philosophical study of Carroll’s literary and logical paradoxes (The Logic

of Sense, 1969), Surrealist language is in a constant state of change and becoming. […] Within Carroll’s Surrealist

worlds of semantic spontaneity and linguistic association, Jim learns that the malleability of language can be implemented to forge alternative physical and psychological realities.» Jeannette Baxter, J. G. Ballard’s Surrealist

Baudrillard definisce ‘iperrealtà’. Il filosofo rovescia l’idea che la tecnologia sia un’estensione del corpo, sostenendo che ne costituisca invece la decostruzione mortale. Le ferite derivanti dagli incidenti automobilistici sono come nuovi organi sessuali che si aprono nel corpo, la cui funzione è simbolica, in una sessualità priva di qualsiasi coinvolgimento affettivo. Non c’è desiderio né pulsione di morte, ma soltanto la brutalità insensata della commistione violenta tra corpo e tecnologia. In questo senso Crash rappresenta l’opposto del racconto di Franz Kafka “Nella colonia penale” (1914), poiché quest’ultimo sarebbe, citando Deleuze, “una macchina significante”, laddove il romanzo di Ballard sarebbe invece come svuotato di significato, un mero specchio di corpi dilaniati92.

Inoltre, come abbiamo già notato, l’utilizzo di termini tecnici, scientifici, per riferirsi a quelle parti del corpo legate alla sessualità che entrano in gioco nel testo ne rispecchia la glacialità, la mancanza di relazioni con le emozioni e le passioni umane. Strumenti tecnologici quali macchina fotografica e cinepresa non hanno qui tanto la funzione di ‘media’, mezzi di riproduzione, quanto di mezzi di cancellazione della profondità del tempo, nel senso che l’anticipazione dell’azione, la sua occorrenza nel presente e la sua successiva riproduzione coesistono su un medesimo piano temporale che assorbe in sé il passato e il futuro. L’obiettivo della cinepresa sostituisce il tempo, così come l’affettività, lo spazio e il linguaggio. Baudrillard conclude la sua lettura di Crash definendolo il primo grande romanzo dell’universo della simulazione93.

Lo stesso numero di Science Fiction Studies che pubblica il saggio di Baudrillard riporta una serie di brevi risposte in forma di saggio, tra cui quella dello stesso Ballard. Lo scrittore britannico prende le distanze con sarcasmo dalla promozione della fantascienza allo status di disciplina oggetto di studi critici che il filosofo francese sembra dare per scontata:

The ‘theory and criticism of s-f’!! Vast theories and pseudo-theories are elaborated by people with not an idea in their bones. Needless to say, I totally exclude Baudrillard (whose essay on Crash I have not really wanted to understand) — I read it for the first time some years ago. Of course, his Amerique is an absolutely brilliant piece of writing, probably the most sharply clever piece of writing since Swift — brilliancies and jewels of insight in every paragraph — an intellectual Alladin's [sic] cave. But your whole "postmodernism" view of SF strikes me as doubly sinister. SF was ALWAYS [maiuscolo dell’autore] modern, but now it is ‘postmodern’ — bourgeoisification in the form of an over-professionalized academia

92

«Here, death and sex are read straight from the body, without fantasy, without metaphor, without phraseology — in contrast, for example, to the Machine in Kafka's ‘The Penal Colony’, where the body, via its wounds, is still the locus of textual inscription. Therefore, on the one hand, the machine of Kafka is still puritanical, repressive, “a signifying machine” as Deleuze would say, whereas the technology of Crash is glistening and seductive, or unpolished and innocent. Seductive because it has been stripped of meaning, a simple mirror of torn bodies. And the body of Vaughan is likewise a mirror of twisted chrome, crumpled fenders, and semen-tarnished sheet-metal. Bodies and technology fused, seduced, inextricable one from the other.» J. Baudrillard, “Two Essays”, “2. Ballard’s Crash ”, op. cit.

93

«After Borges, but in a totally different register, Crash is the first great novel of the universe of simulation, the world that we will be dealing with from now on: a non-symbolic universe but one which, by a kind of reversal of its mass- mediated substance (neon, concrete, cars, mechanical eroticism), seems truly saturated with an intense initiatory power.» Ibid.

with nowhere to take its girlfriend for a bottle of wine and a dance is now rolling its jaws over an innocent and naive fiction that desperately needs to be left alone. […] We have enough intellectuals in Europe as it is; let the great USA devote itself to the spirit of the Wrights — bicycle mechanics and the sons of a bishop. The latter's modesty and exquisitely plain prose style would be an example to you — especially his restrained but heartfelt reflections on the death of one of his sons, a model of the spirit animating SF at its best. But I fear you are trapped inside your dismal jargon94.

E così, nonostante le belle parole per il saggio di Baudrillard sull’America, sembra accogliere con una certa freddezza le sue considerazioni su Crash, che dice addirittura di non aver voluto veramente capire. Le altre risposte ai due brevi saggi di Baudrillard, tranne una, sono volte a contrastare la sua lettura del romanzo, che viene considerata per lo più imprecisa e fuorviante. L’anno seguente, sulla stessa rivista, Nicholas Ruddick prende in esame la risposta di Ballard, chiedendosi da dove nasca la sua ostilità alla critica di taglio postmoderno, considerato che tre critici su quattro esaltano questo suo romanzo, mentre l’altro attacca Baudrillard a prescindere da Crash e il suo autore. Condividendo l’idea che il filosofo francese abbia frainteso, e perfino distorto, i contenuti del romanzo, ritiene che ciò che Ballard attribuisce alla critica postmodernista lo pensi in realtà della lettura che Baudrillard dà del suo testo narrativo. Il problema di fondo è che il pensatore francese parrebbe utilizzare il romanzo come pretesto per confermare la sua teoria secondo cui l’iperrealtà avrebbe sostituito la realtà, e per farlo forzerebbe alcuni elementi del testo ballardiano per piegarli nella direzione da lui voluta. Secondo Ruddick invece non è in gioco alcun tipo di abolizione della realtà in quanto tale ma la liberazione di una realtà più profonda connessa con l’inconscio da parte della catastrofe narrata - in questo caso l’incidente automobilistico -, che prima dell’occorrenza del quale si trovava in uno stato di latenza all’interno della piatta realtà del quotidiano. Si tratta di una tesi convincente, soprattutto nella misura in cui rivela, a partire dalle parole dell’autore stesso, una continuità di fondo di questo romanzo con le tematiche dei precedenti95.

D’altro canto, nella speranza di non peccare di ingenuità, nonostante i rilievi mossi alla lettura di Baudrillard a me sembra legittimo interpretare un testo, come fa lui, anche in maniera eterodossa e discutibile, a condizione che non ne venga completamente stravolto il senso e non si affermi il falso, in virtù della natura fondamentalmente polisemica dei testi narrativi, tanto più se

94

J.G. Ballard, “A Response to the Invitation to Respond”, Science Fiction Studies n. 55, novembre 1991 (http://www.depauw.edu/sfs/backissues/55/forum55.htm) [Ultima visita 27/02/2011].

95

«Ballard’s intention vis-à-vis Crash has been clearly, frequently, and lengthily expressed. He has stated, for example, that the novel was a logical outgrowth of his ongoing project to expose the internal nature of catastrophe at both the cultural and individual level: “Crash! [sic] takes up its position as a cataclysmic novel of the present-day in line with my previous novels of world cataclysm set in the near or immediate future — The Drowned World, The Drought, and

The Crystal World.” Crash!, of course, is not concerned with an imaginary disaster, however imminent, but with a

pandemic cataclysm institutionalised in all industrial societies that kills hundreds of thousands of people each year and injures millions. Do we see, in the car crash, a sinister portent of a nightmare marriage between sex and technology? (“Some Words” 49).» Nicholas Ruddick, “Ballard/Crash/Baudrillard”, Science Fiction Studies n. 58, novembre 1992 (http://www.depauw.edu/sfs/backissues/58/ruddick58art.htm) [Ultima visita 28/02/2011].

trattano temi difficilmente ascrivibili in toto a una categoria prestabilita, sia essa morale, filosofica o di altro tipo. Ciò detto, non va sottaciuta la diffidenza di Ballard nei confronti del postmoderno e di ciò che gli ruota intorno, che vede come una sorta di fenomeno da baraccone, di parata circense da non prendere troppo sul serio, nonostante, o forse proprio perché, anche la sua opera sia stata talvolta ricompresa all’interno di questo fenomeno onnivoro, e non sempre a torto96. Un racconto come “The Index” (1977) per esempio, costituito appunto da una specie di indice di un romanzo inesistente, l’autobiografia di un tale Henry Rhodes Hamilton, una lista in ordine alfabetico di nomi e luoghi, pare anticipare alcuni degli esiti postmodernisti97.

Anche Jeannette Baxter, nella sua monografia sull’opera ballardiana, critica la lettura di Baudrillard ravvisandovi una distorsione di fondo, consistente nel considerare Crash al di fuori del contesto in cui nasce, in maniera amorale e senza prospettiva storica98. In definitiva perciò Baudrillard sembra vedere in questo romanzo soltanto ciò che vuole vedervi. Lascia sullo sfondo tutti quegli elementi del testo che, pur essendo fondamentali nel quadro d’insieme, non si prestano a sostenere la sua teoria sull’iperrealtà e il ruolo della fantascienza in questo contesto, portando in primo piano ciò che invece gli serve a questo scopo.

96

«Baudrillard the hyperrealist is at his best consciously a poet of the surface of things. In this he is a postmodernist par

excellence, and this is, it seems to me, why Ballard, for whom such surfaces are equally fascinating but also terrifying

for what they conceal, is so ambivalent toward him. It is surely this ambivalence that causes Ballard to attack, in his “Response to the Invitation to Respond” to Baudrillard’s essays, not Baudrillard, but postmodernism itself.” Ibid. 97

«In the story “The Index”, which consists merely of the index of a novel that is not attached, he also anticipated the innovations of postmodernism, now so frequently mimicked in the work of writers such as David Foster Wallace. » Mark W. Hornburg, “The Career of J.G. Ballard Considered as a Downhill Motor Race” (http://www.gadflyonline.com/11-26-01/ftr-ballard.html) [Ultima visita 09/03/2011].

98

«Baudrillard’s much debated hijacking of Crash as “the first great novel of the universe of simulation” accelerates Ballard’s project beyond fiction, beyond reality and, crucially, beyond history. Yet this is an ahistorical and amoral approach to reading Crash which is less sympathetic to, than symptomatic of, the very aspects of postmodernism that Ballard criticises – the loss of authenticity, depth and feeling.» Jeannette Baxter, J. G. Ballard’s Surrealist Imagination, op. cit., p. 10.

Capitolo II