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Quello delle conversioni estreme, in punto di morte, è un tema conosciuto e ricorrente nella letteratura orientale della Compagnia. Non bisogna dimenticare che in un territorio così esteso come quello delle colonie portoghesi il numero rappresentativo di qualsiasi avvenimento ripetibile poteva essere effettivamente altissimo, durante un anno intero: motivi che oggi possono sembrare frutto di iperbole letteraria sono con tutta probabilità molto prossimi dei valori reali dell’epoca. Sarebbe forse bene, invece, tentare di comprendere per quale motivo si parli proprio di un dato avvenimento e non di un altro: l’aspetto edificante, che come abbiamo visto viene prodotto volutamente nelle relazioni “annue”, e non solo, finalizzando artificialmente lo scrivere ad un effetto da raggiungere, fa sì che si tocchino temi in qualche modo scottanti, per l’epoca, e quello della morte è evidentemente non solo un intramontabile leit-motiv nella storia dell’umanità ma anche, in tempo di peste e di lotta alle eresie in Europa, un nemico spaventoso con cui bisogna avere a che fare giornalmente78. Inoltre, è proprio l’ultima occasione per salvare, secondo l’ottica cristiana, qualcosa di ciò che si è stati; per conservare una sorta di memoria di sé nell’Aldilà che permetta di non dover ardere in eterno.

Ogni cultura, dalla preistoria ad oggi, ha previsto dei rituali specifici per la trattazione della morte e del cadavere79. La cultura europea si è orientata – in un processo che oggi, con l’aiuto della tecnologia thanatologica, si rende ancora più evidente – verso un tentativo di annullamento di una realtà così inaccettabile. La visione escatologica del pensiero cristiano si basa sulla possibilità della resurrezione, cioè dello sfondamento del muro invisibile che la morte sembra frapporre tra una parte e l’altra della Vita, che diversamente risulterebbe infinita. Una volta nati non si muore: ci si trasforma, si ‘passa’, possibilmente ad una vita migliore. Ma perché lo sia, migliore, è assolutamente necessario compiere tutti i passi del rituale previsto: ultimo dei riti di passaggio, quello legato alla

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Sulle epidemie in Europa, cfr. William Naphy e Andrew Spicer, La peste in Europa, Bologna, Il Mulino, 2004; Vito Fumagalli, Paesaggi della paura. Vita e natura nel Medioevo, Bologna, Il Mulino, 1994.

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Per un excursus storico sulla trattazione della morte cfr. Philippe Ariés, L’homme devant la mort, Seuil, Paris, 1977. Per una panoramica sulla trattazione della morte nel Vecchio e nel Nuovo Testamento cfr. Albert-Louis Descamps, Mgr., “La mort selon l’Écriture” in: Julien Ries (a cura di), La mort selon la Bible dans l’Antiquité classique et selon le Manichéisme, Louvain-la-Neuve, Centre d’Histoire des religions, 1983, pp. 17-89. Per la questione del corpo del defunto, lo studio antropologico di Louis-Vincent Thomas, Rites de mort. Pour la paix des vivants, Paris, Fayard, 1985.

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morte è forse il più importante, perché mantiene la stabilità e l’ordine equilibrato non solo all’interno della società e della collettività, ma tra questa e il suo parallelo immateriale. La preparazione alla morte e la celebrazione dell’evento sono quindi in realtà una celebrazione della vita, per chi resta, e della Vita, per chi và, e mantengono la sicurezza per entrambi della promessa dell’Aldilà.

Morire ‘bene’ è dunque estremamente importante non solo per il singolo ma per l’intera collettività che, non sovvertendo l’ordine rispecchiato nella prassi rituale, garantisce la continuità del Patto e del suo premio.

Nelle lettere “annue” la Compagnia dà e chiede conto di chi opera nelle missioni, della loro vita e anche, quando necessario, della loro morte: l’elenco dei padri e dei fratelli deceduti durante l’anno viene dato all’inizio della sezione afferente al collegio in cui l’evento si è verificato o, in caso di personalità più importanti, del collegio di appartenenza. Per ognuno ci sono come minimo tre o quattro righe che assicurano o confermano che la persona in questione è trapassata secondo le regole e non solo: è anche stata, proprio in virtù di questa conformità rituale, occasione di grande edificazione per tutti.

P. Marçal Vaz [...] ao cabo de huma anno e meio que chegara morreo no mes de Março, alcançando commo esperamos o premio copioso de seus desejos. A enfermidade foy prolongada alguns meses, nos quaes sempre teve fluxo de camaras e acabou a vida depoys de ter tomado os sacramentos com muita edifficação [...]o Irmão Domingos Freire [...] morreo no mes d’Outubro com muita resignação e sentimento de huns paroxismos mui fortes que lhe derão, que em onze dias o acabarão depoys de ter tomado como os outros os sacramentos.80

La morte, specialmente la morte di una figura pubblica come quella di un predicatore o anche solo di un sacerdote, è un avvenimento sociale; maggiormente quella di un gesuita, che viene resa pubblica e mostrata con il sistema delle lettere anche nel resto del mondo. Ovviamente, nelle relazioni orientali, gli appartenenti alla Compagnia muoiono sempre ‘bene’.

La bellezza della morte e l’edificazione che ne deriva vengono spesso aumentate, nelle “annue”, dal contrasto tra la pace del passaggio dell’anima ed il tumulto vitalistico della malattia e del tentativo di combatterla: non che si rifiuti la morte, ma il corpo innesca una lotta di reazione alla malattia, a cui finirà per soccombere, che rende il momento del passaggio quasi eroico, tenendo in considerazione anche l’operato, sempre descritto con

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parole di elogio, della persona in questione che, morendo, priverà l’Oriente e la Compagnia di un valido aiuto:

P. Nicolau Nunez [...] Em Maluquo esteve perto de vinta quatro annos fazendo muito fruito e baptizou grandissima quantidade de gentios, sabia muito bem a lingoa daquela terra, donde veio averá quatro ou sinquo annos pera pedir socorro. Finalmente estando com grandissimo desejo de tornar pera laa e acabar com aqueles cristãos sua vida, foy servido N. Senhor encurtar-lhe os trabalhos dando- lhe a coroa dos seus trabalhos. Faleceo no mes de Mayo de febres e camaras muy violentas que lhe derão deixando-nos com muita saudade na sua partida, porque era na verdade muito bom obreiro.81

La morte è dunque un fatto che riguarda tutti e che prevede, nel caso di un religioso ancor più che quando si tratta di un laico qualsiasi, il rispetto di regole stabilite conosciute e necessarie all’interno della comunità che, come sempre, osserva e giudica: i sacerdoti soprattutto – nella fattispecie quelli appartenenti alla Compagnia – sono posti nella evidentissima posizione dell’esempio da seguire e non possono ovviamente permettersi di contravvenire alle regole che stabiliscono la giustezza del trapasso e garantiscono, appunto, il premio postumo. Immaginiamo quindi la gravità di una situazione che mette a rischio quest’insieme di norme rituali che garantiscono la benevolenza divina e l’apertura del passaggio per il gregge che segue il cammino del suo pastore: l’Arcivescovo di Goa82, che però non appartiene alla Compagnia, è stato malato molto tempo, ma non capisce o meglio rifiuta tragicamente l’idea della propria morte, continuando a pensare che migliorerà. L’istinto vitale corporeo sta avendo il sopravvento su quello spirituale che suggerirebbe flebilmente il precipitare degli eventi, e nessuno ha il coraggio di tentare di affrontarlo a causa della sua posizione all’interno della gerarchia ecclesiastica: non si trattava quindi di una situazione semplice, ma il pericolo che si presentava – pericolo di scandalo, di messa in discussione della Chiesa e del cammino da essa indicato – viene affrontato dalla più alta carica della Compagnia di Gesù. Il Padre Visitatore, Alessandro Valignano, anche se non può convincere l’Arcivescovo della sua morte imminente riesce comunque a far sì che questi si confessi e si comunichi, giusto una settimana prima della morte. Ancora pochi giorni e gli sarebbe stato impossibile, visto il degenerare della malattia, prendere i sacramenti83. La provvidenziale presenza del Padre Visitatore a cui, non si manca di sottolineare, lo stesso Arcivescovo portava tanto rispetto da comunicarsi per ben tre volte 81 [Idem, §5]. 82 D. Gaspar de Leão. 83 [Id., §16, p. XXI].

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in una settimana – rimediando così alla precedente testardaggine e cecità spirituale – funziona come l’apparizione del deus ex machina: l’unico che poteva risolvere una situazione tanto complessa e delicata era la più alta personalità della Compagnia in Oriente, fatto che contemporaneamente sottolinea e rafforza l’aura di affidabilità ed efficienza nella stabilizzazione politico-sociale, oltre che spirituale, delle colonie. In un sistema statale così strettamente avvolto sul perno religioso, che legittima l’azione espansionistica e coagula intorno ad esso la comunità di simili e nuovi-simili permettendo un’azione compatta contro l’esterno per la preservazione ed esportazione della propria cultura, la messa in discussione della solidità della fede e dell’aura di santità confermativa dell’appoggio divino – quella che fa sì che in una guerra si possa sentirsi dal lato dei ‘buoni’, aumentando la motivazione degli eserciti e di conseguenza la loro forza dirompente – in qualità di ‘segno’ garante dell’accordo di protezione implicito, avrebbe potuto causare danni ingenti alla stabilità della struttura coloniale stessa. La Compagnia, ancora una volta, ha la persona giusta nel posto giusto. E l’Impero è salvo.

In virtù di questa funzione di garante della stabilità statale ottenuta attraverso la rappresentazione dimostrativa dell’ordine apollineo – contrapposto al caos infedele e orgiastico/dionisiaco – la Compagnia ha un grande interesse, oltre che il dovere, nell’essere conosciuta per la purezza e la santità, immancabilmente esemplare, dei propri componenti, che venivano selezionati accuratamente per eliminare ogni possibilità di futura delusione delle aspettative riposte su di essi: anche se arrivati da poco erano dunque già sicuramente delle ottime persone, pronte al sacrificio, capaci di morire di puro lavoro ed abnegazione. La relazione della morte di Padre Antonio Negri occupa, nella sequenza narrativa, l’apice del climax patetico: a lui viene dedicato un paragrafo abbastanza esteso – sicuramente molto più ampio delle poche righe attribuite ai precedenti tanto come ai successivi, in cui si dà relazione degli ultimi eventi significativi prima della morte.

P. Antonio Nigri, de nação italiano, que veio este anno do Reyno, o qual se ouve na cura dos enfermos e noutros mais ministerios que fazia com tanta edifficação, charidade e paciência por todo o caminho de Portugal pera quá, que ficarão de sua virtude espantados os que com elle na nao vinhão; e que era tão continuo nas confissões e na cura dos enfermos, e tinha delles tanto cuydado e diligencia que, por falta de quem o fizese, deytava cristeys aynda aos escravos e aos mouros que vinhão na nao, não fazendo com sua muita caridae e humildade nenhuma diferença quanto ao servi-llos e ajudá-llos entre os grandes e pequenos, nem entre os escravos e os senhores; e de puro trabalho adoeceo com febres e camaras de tal maneira que chegou a este collegio de Goa mais morto que vivo. E dous meses depoys da chegada, não se alevantando nunqua da cama e continuando sempre com suas febres e camaras, faleceo no mes de Novembro, deyxando-nos a todos mui

saudosos e edifficados com a sua partida, porque pasou por aquela doença tão enfadonha e tão comprida com tanta consolação paciencia e alegria que elle sempre animava e esforçava aos outros, e assi procedeo até ao fim. E naquele mesmo dia que moreo pouco antes de quatro horas que falecese se quis de novo reconciliar com muita devação com o P. Visitador e tomar de novo o Santissimo Sacramento avendo-o já tomado muitas vezes, e pedio e recebeo a Extrema Unção e acabou pouco depoys a vida, estando sempre em seus sentidos e com muita devação e resignação de sua alma, e edifficação dos circunstantes, depoys de ter estado na Companhia perto de dez annos.84

Padre Negri si candida, per la carità che non distingue tra classi sociali ma vede nell’essere umano in genere il suo ‘prossimo’ evangelico, ad essere un fiore all’occhiello della Compagnia. Insieme ai vari martiri, ovvero a quei gesuiti uccisi in battaglia o in seguito ad essa durante lo svolgimento del proprio sacro compito, Padre Negri entra attraverso la descrizione di chi poté assistere ai suoi ultimi momenti di vita, nella rosa di pretendenti la beatificazione. Già il fondatore Ignazio ed il suo quasi alter ego militante Francesco Saverio – l’apostolo delle Indie – erano in odore di santità, producendo in questo modo un’ulteriore legittimazione dell’Ordine gesuita in quanto fondato ed esportato da uomini evidentemente scelti da Dio; la costruzione della figura del santo, che avviene a posteriori, si baserà sulla memoria che di esso resta85, ovvero, in una società alfabetizzata e tecnologica, su ciò che di lui fu scritto86. Le raccolte agiografiche settecentesche sono molto interessanti da questo punto di vista, perché presentano una stratificazione di materiali, che si sono mescolati, durante i vari secoli intercorsi, a stereotipi leggendari anche alto-medievali o addirittura a motivi mitologici pre-cristiani, nonché alle figure di santi a volte addirittura mai esistiti – come, ad esempio, nel caso di San Giorgio, che divenne rappresentativo delle virtù cavalleresche di cui la sua creazione era stata espressione – creando nuovi elementi per il pantheon cristiano, perché fossero non solo esempi edificanti e meri oggetti di contemplazione, ma che costituissero anche un modello da seguire.

A seconda delle varie epoche in cui viene creato, il Santo acquisisce delle caratteristiche che soddisfino e raccolgano nel loro insieme le tensioni ed aspirazioni della cultura di cui sono il prodotto, venendo a costituire l’orizzonte storico di perfezione spirituale e sociale richiesto dall’epoca. È dunque della massima importanza che si scriva

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[Id. §7, p. XIX].

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Ad esempio la raccolta di agiografie ‘moderne’ come quella di Boaventura Maciel Aranha, Cuidados da morte, e descuidos da vida, reprezentados nas vidas dos Santos, e Santas, dos Varoens illustres em virtudes, e Veneraveis Servas de Deos, que, como refulgentes astros, e luzidissimos Planetas, esmaltarão o Eterno firmamento da Igreja Lusitana, na Officina de Francisco Borges de Sousa, Lisboa 1761.

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Sull’importanza e le trasformazioni delle società alfabetizzate, cfr. Walter J. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna, Il Mulino, 1986.

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per ricordare le azioni e si segnalino coloro che si elevano oltre il limite – partendo comunque da un livello spirituale già alto, rappresentato dalla moltitudine di coloro a cui sono dedicate solo le poche linee di cui sopra – se ne distaccano e rifulgeranno nella luce del loro esempio cristiano attraverso i tempi portando con sé il nome della Compagnia, che in essi si garantisce la propria continuità: un affronto al corpo/fabbrica di santi sarebbe un affronto diretto a Dio, il cui Volere e Disegno vengono concretizzati sul piano fisico proprio attraverso l’azione gesuita, che si manifesta ed auto-rappresenta nelle lettere quasi come esclusiva detentrice della Luce che salverà il mondo.

I brevi epitaffi contengono poche informazioni fisse – il nome, la nazionalità, il numero di anni di presenza all’interno della Compagnia – a cui sono aggiunti notazioni ed ampliamenti a seconda dell’importanza e della risonanza dell’evento nei collegi e nel mondo politico.

De todo se siguió grande provecho, y solamente quiso nuestro Senhor levar para sí al P. Francisco Martinez, cuya muerte fue tan sentida, quanto él era de todos muy amado e esperado. No podré explicar a V.P. el sentimiento (dexo el mio particular) de toda esta Provincia y con razón pues perdió en él un varón sancto, prudente, manso, benigno y letrado. Y no sólo fue este sentimiento en los de casa, mas los de fuera entendiendo lo que en él ellos y la Compañia avían perdido dieron muestras de sentimiento. En la nave el Conde Viso-Rrey y todos los hidalgos y más gente lloraron por muchos dias su muerte, y visitaron a los Padres queriéndolos consolar, cuyo consuelo de los unos y de los otros era llorar todos. Affirmáronme los Padres que nunca avían visto muerte de alguno de la Compañia que tanto le enterneciesse, y tanto sentimiento exterior causasse en los de fuera. Era tan affable que todos quantos hablava, captivaba; y era la corona de la missión que con la ida del P. Alonso Pacheco, procurador desta Provincia, se pretendió, y no mereció esta Provincia gozar della. Por todo sea nuestro Señor loado.87

All’elenco vengono allora aggiunte le qualità personali del defunto, che soddisfano sempre vari requisiti e rientrano in categorie di applicazione ben diverse: santo, prudente, mansueto, benevolente, colto. Ovvero funzionale sotto diversi punti di vista: come esempio per i circostanti e quindi esibibile da parte della Compagnia (santo), guardingo nel contatto con l’altro quindi non a rischio di scandalo (prudente), rispettoso delle leggi e delle gerarchie (mansueto), capace di attrarre infedeli e di instaurare un rapporto gradevole che non provochi ostruzionismi (benevolente), letterato, utilizzabile nella predicazione, con i sermoni, e nell’educazione scolastica (colto). In questo caso, la Compagnia perde un uomo totalmente ‘sociale’, perché possessore di qualità che ne facevano un ottimo contatto con l’esterno. Il dolore per la sua scomparsa viene, infatti, vissuto da religiosi e laici con la

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stessa intensità e disperazione. Viene chiamato “corona della missione” ovvero diadema, punto più alto, esempio luminoso, e si dice anche che la missione non lo merita: gli angeli stiano con gli angeli. I gesuiti muoiono quando sono troppo santi perché Dio non li voglia con sé.

In questa prospettiva, nessuna manifestazione di santità pura può durare sulla Terra, quindi la morte – quando esistono qualità di questo tipo – diviene implicitamente un premio, un riconoscimento di valore in sé, anche quando non avviene tra i supplizi inflitti dagli infedeli. In fondo qualsiasi morte in Oriente, che sopraggiunga in seguito ad una malattia consumante o al troppo lavoro o all’assassinio, è una morte santa, perché viene dall’offerta di sé per la realizzazione del Progetto divino. I gesuiti, nelle “annue”, quali testimoni privilegiati dello svolgimento dell’attuazione divina nel mondo, sono tutti martiri.

El primero fue el Hermano Joán Texera, de dos años y medio de la Compañia, mas tanto adelante en su aprovechamiento (del qual él dio tantas muestras de edificación y mudança tan extraordinaria venciendo sus passiones naturales), que le halló nuestro Señor en tan breve tiempo digno de la corona [...]El 3.° fue el Hermano Domingo Hernández, coadjutor temporal, de tres años de la Compañia, en los quales sirvió muy bien en su grado en este collegio y dio mucha edificación, particularmente de una simple y sancta obediencia y alegria de la merced que nuestro Señor le avía hecho, tanto que estando muriendo dezía que assí estava bien y con esta paz y sossiego murió.88

Quando si parla dei ‘gentili’ però, la morte assume un valore diverso: esemplare, senza dubbio, perché altrimenti non ne avremmo notizia, e benedetta dall’evidenza della partecipazione soprannaturale, ma non si tratta che di cristiani. Si fa spazio l’elemento della meraviglia: l’intervento divino e provvidenziale si ritrova più nelle circostanze quanto meno ‘strane’ di alcune morti, principalmente per ciò che riguarda la successione temporale – quindi storica – degli avvenimenti. Frequentissime le morti subite che sopraggiungono immediatamente a seguire la conversione o la confessione, ove si mostra la somiglianza tra battesimo ed estrema unzione, sacramenti intercambiabili perché entrambi sanciscono il passaggio ad una nuova Vita:

En la conversión [...] uvo algunas cosas y conversiones particulares, como hallarse (visitando acaso los nuestros las iglesias) muchos gentiles mui viejos quasi espirando, parece que no aguardavan más que el sancto baptismo para entrar en el gremio de la iglesia militante y seren recebidos por la triumphante. Una vieja gentil

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de noviente años, sin ser induzida por alguno, vino a pedir el santo baptismo y, instruida y baptizada, de allí a dos días murió con muestras de su salvación. Estando un Padre hablando con un gentil de las cosas de la otra vida y ceguedad gentílica, pedió muy de veras al Padre que le baptizasse y, estando muy sano, instava mucho que le baptizassen, porque sentía interiormente que se le acabava la vida, y que en el baptismo le pusiesen por nombre Pedro. El Padre le instruió brevemente, y mandado traher un poco de agoa por estar en el campo, lo baptizó e

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