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Vis medicatrix Naturae

“Entramo nella costa de Ghinea dove abitano gente molto negra per il grande caldo che fa [...] Entramo nel mare oceano tutto pieno di onde con grande freddo, perché alla matina fa grande freddo per la prina che cade, e sempre in detto luogo di state e d’inverno fa grande freddo. Contrario della costa di Ghinea

è questo paese, che sempre fa grande caldo”64

“la meraviglia più perfetta è la meraviglia che è anche una realtà materiale, e la pretesa di realtà

è più forte della realtà medesima”65

La visione e rappresentazione dell’epidemia mette in gioco la questione del luogo: se pure la terapia è terapia morale e la malattia è una Grazia, trovarsi in una terra in cui il male si contagia rapidamente ed attinge grande parte della popolazione, colloca il soggetto di fronte ad un rischio che non correrebbe se non si trovasse in quel luogo. Mentre la malattia personale, per quanto contagiosa, ha bisogno di un contatto tra due individui che divengono ‘noti’ nel passaggio della patologia da uno all’altro – sia che questi individui siano due uomini, sia che venga coinvolto l’elemento punitivo soprannaturale – l’epidemia, o malattia collettiva, viene definita attraverso termini spaziali, utilizzati quale metro unitario per misurare il perimetro dell’effetto sulla moltitudine. La terra può dunque apparire come caratterizzata dal male, come se esso le appartenesse intrinsecamente. Anche quando non si tratta di vere e proprie epidemie, esiste una sorta di spirito latente del luogo che può portare, se non alla malattia conclamata, quanto meno a facilitarne altamente il contagio o anche, nella prospettiva di reversibilità del male osservata in precedenza, la cura.

Il luogo, pertanto, è definito attraverso gli effetti del suo genius. Un luogo che presenti determinate caratteristiche benefiche è immediatamente riconoscibile come locus amoenus, in una definizione che individua non solo un topos letterario formale ma, forse soprattutto, l’immagine culturale di un’epoca: un filtro per la decodificazione del reale. Sul piano opposto al locus amoenus ed ai suoi attributi edenici o idillici, esiste un locus maleficus, un luogo tanto oscuro ed insopportabile quanto l’altro è luminoso e piacevole. Su questa dicotomia ossimorica sembra muoversi la descrizione geografica che si incontra

64

[DI, XI, 34, §1/5, p. XXXII].

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133 nelle lettere della Compagnia, confermando quella cultura, e paura, del doppio, che caratterizza l’immaginario rinascimentale e si concentra nella figura mostruosa dei gemelli siamesi66. Rappresentativa di questo aspetto è la sopravvivenza culturale dell’idea di Antipodi che, pur perdendo l’individuazione nominale specifica, si evidenzia nelle corrispondenze a contrasto, presenti all’interno dei discorsi relativi alla descrizione di luoghi sconosciuti o nuovi, secondo la tradizione stabilita dalle auctoritates del passato. Si pensi ad esempio a quella gemellarità spaziale che individuava nell’oceano la presenza di un’isola degli uomini (Malle) ed un’isola delle donne (Female), situate da Marco Polo proprio presso le coste dell’India; o anche l’isola di Taprobana, divisa in due, ove una parte era lussureggiate ed abitata da uomini pacifici che vivevano in armonia e l’altra, oscura, abitata solo da fiere pericolosissime67. La straordinarietà delle nuove terre, difficilmente comprensibile per chi non le veda con i propri occhi, può essere descritta solo parzialmente, cercando di utilizzare elementi conosciuti, cui fare riferimento per negarli o integrarli ad altri, prevalentemente con il risultato di costruire un’immagine poco realistica e molto comprensibile, rifacendosi anche alle antiche tradizioni mitiche/magiche che erano ancora parte integrante, anche se ormai non del tutto esplicita, della cultura cinquecentesca o, per meglio dire, post-medievale.

La terra ed il clima differenti dall’abituale sono spesso causa di indebolimenti improvvisi che possono portare alla malattia e/o persino alla morte. Già durante il viaggio verso l’India, la malattia ed il mutare repentino del sapore degli alimenti e del colore, o addirittura della sostanza, degli oggetti, segnalano il passaggio della linea equatoriale68: non è l’umidità che trasforma e rinnova gli antichi mali ritenuti scomparsi ma il luogo stesso che, per di più, viene definito come tale proprio in virtù del fenomeno riportato:

Come arrivamo alla Linea, che è per entrare nel mare oceano, tutte le cose, assi del comere come de vestire, si mudorno: l’acqua puzzava che apena si poteva bevere; tutte le cose del mangiare erano insipide perdendo sua perfezione; le vesti erano humide parendo il panno marzo; li libri perderono il colore diventando moffi; il ferro roggineze coltelli, cucchiai et altre cose; il corpo molto flacco con dolor di

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Secondo le ricerche svolte da Foucault, la rappresentazione della mostruosità e dell’anormalità avrebbe un’evoluzione specifica legata all’immaginario culturale dell’epoca a cui appartiene, divenendo in questo modo una delle chiavi di lettura di una struttura di pensiero che tende a sintetizzare l’indesiderabile in forme specifiche e ricorrenti. Per il XVI secolo, la figura mostruosa maggiormente rappresentata è appunto quella dei fratelli siamesi. Rimandiamo quindi a Michel Foucault, Gli anormali... cit.

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Su Taprobana, cfr. Juan Gil, As Ilhas Imaginárias, in: “Oceanos” n. 46, Lisboa, Comissão Nacional para as Comemorações dos Descobrimentos Portugueses, Abril-Junho 2001, p. 14. Per Malle e Female, Marco Polo, Il Milione, Milano, Adelphi, 1975, §184.

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“[...] e hé cousa pera ver como tudo trespassa; ferro, estanho, latão e atee as brochas dos breviarios mudão a cor, e a prata parece cor de çumbo” [DI XI, 41, §1, p. XLI].

testa, e a molti gonfiavano le gengive non potendo mangiare, renovandosi tutte l’infermetà antique di gambe testa stomaco e tutti li membri [...] In detto luogo cascharano molti infermi di febre et altre indisposizioni. tenemone grande conto, facendoli da mangiare, servendoli e consolandoli nelli suoi travagli con pratiche spirituali, et a uno demmo l’oleo santo stando per morer, non essendo capellano in detta nave che administrasse detto sacramento, ma nostro Signor de lhì a molti giorni li dette [morte] sancta con molta emenda de sua vita.69

La ‘Linea’ viene attraversata in mare, senza grandi punti di riferimento geografico, e viene individuata solo come luogo invisibile di un effetto noto: all’improvviso, tutto muta. La nave sta entrando nell’altro emisfero del mondo e le tradizioni geografiche latine e medievali che prevedevano mostri e condanne, stratificando immagini terrifiche lungo i secoli per chi si avventurasse oltre i limiti del conosciuto, forse non sono ancora del tutto dimenticate. Il viaggio verso gli Antipodi è tuttora costellato di mirabili avvenimenti.

La malattia può venire dalla terra, imbarcarsi non vista70 e mietere in mare le sue vittime, ma viene riconosciuta come estranea, riportando la propria essenza ad uno stadio più antico, secondo Laplantine71, ovvero quello della malattia-maledizione – gratuita, per azione del destino o per sfortuna, pura fatalità – che viene attribuita alla totipotenza della natura, considerata come malvagia ed estensivamente come espressione del rapporto tra individuo e società malvagia. La malattia ha pertanto un luogo geografico d’origine e non nasce casualmente:

Di 500 persone che si imbarcorono non morse se non uno et questo portava a malatia da terra, et con tutto ciò fu governato con tanta diligentia e tanto ben sostentato con galline, conserve di frutta et altre cose che, se fusse stato in sua casa, non haveria havuta tanto bona provisione, benché fusse homo di mediocre conditione [...] E perché non pensiate che questa fu cosa insolita e particolar gratia de Dio, vi dico che è vero che N. Signore ci ha favorito assai, ma che comunemente cossì è sempre, eccetto quando si imbarca grande quantità di gente [...] La altra causa per la quale morono, è quando in Lisbona sonno malathie contagiose [...] et la terza causa è quando partono tardi, che è necessario andar per fori non pigliando Mozambicco.72

La malattia è qualcosa che può giungere dall’esterno, da quel ‘fuori’ che individua l’implicita esistenza di un ‘dentro’, e di un ‘centro’, occupato preferibilmente dalla Compagnia; qualcosa da cui ci si può liberare con lo spostamento ad altro luogo:

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[DI XI, 34, §2-3/7, pp. XXXII-XXXIII].

70

[DI XII, 68, §1, p. LII].

71

“La maladie est toujours considérée comme qui est totalement étranger à celui qui la subit: elle est l’Autre par excellence” [François Laplantine, op. cit., pp. 362-363].

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El principal remedio fue tirarle la gente y embiarla a las partes del norte y sul, que agora son muy saludables. El P. Provincial, visitando las partes del norte, adolesció [...] antes por estar muy achaquoso y no poder convalescer y esta[r] muy flaco se embarcò para el norte adonde fue N. Señor fue servido darle mediana salud, y aquellas febres por se acudir con tiempo con sangrías y otras medicinas fácilmente se atajaron.73

Il racconto dei casi esemplari di guarigione dislocativa diviene illuminante: il malato lascia simbolicamente il luogo in cui vive, o ha vissuto sino ad ora, per trasferirsi vicino alla chiesa o quanto meno vicino al ‘noi’ della comunità cattolica/portoghese, in un viaggio, senza dubbio iniziatico, durante il quale sarà confessato, convertito, adottato dalla comunità religiosa e/o accolto in Purgatorio, l’anticamera per la Vita Eterna74. Gli episodi, numerosissimi, vengono come sempre offerti generalmente in poche righe, in cui però il riferimento all’elemento spaziale viene ripreso più volte, se non nello stesso aneddoto, nella sequenza di vari, ed oltre alla notazione specifica del luogo, l’intera narrazione è costruita su elementi semantici legati allo spazio e al movimento:

Agora apontarei alguns casos particulares de serviço de Deos que por meo das pregaçõis e confiçõis dos nossos se effeituarão. Avia muitos annos que hum portuguez honrado e criado com a doutrina dos nossos, se tinha passado às terras do Idalcão, onde viveo desasete annos, cazando-se laa e tendo filhos, mas não renunciando expressamente à fé catholica. A cabo de tantos annos, entendendo em quanto risco de sua salvação vivia, teve communicação com hum Padre nosso, por cujo meo rompeo por todas as difficultades que se lhe offrecerão e, deixando huma grossa renda que tinha do Idalcão, trazendo os filhos que pode, se passou às nossas terras [...] Vindo-se, se recolheo neste collegio, tomando muitos dias os Exercicios Spirituais e fazendo huma larga confissão, pera a qual se aparelhou mui de proposito; e passado algum tempo quiz Nosso Senhor levá-lo pera si, de huma doença, em a qual dos nossos foi mui ajudado e morreo com muita consolação. Hum homem estrangeiro que de Europa passou a estas partes, avia muitos annos vivia em heresias e erros contra nossa sancta fé catholica, a estes quis Nosso Senhor mover pera se descubrir a hum dos nossos e por meo delle se reduzio inteiramente à Igreja. Outro, sendo preso em as partes do Norte por graves culpas, veo a tam grande conhecimento dos seus peccados, e fez em as mesmas partes huma confissão geral com hum Padre nosso [...] foi trazido a esta cidade pera ser sentenciado e, por a communi[ca]ção que jaa tivera com os Padres onde fora prezo, os chamou pera delles ser ajudado e consolado em sua morte. Outro, estando em o lugar onde avia de padecer, com rogos e persuasão dos nossos descubrio o dono de huma grande copia de dinheiro que se não sabia, e por isso avia muita duvida a quem se devia restituir.75

73

[DI XI, 33, §1, p. XXIX].

74

[DI XII, 122, §10-11, p. LVIII]; [DI XI, 89, p. §10, p. XLIV]; [DI XI, 33, §7, p. XXX].

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Da lontano, che sia un’altra terra o solo l’altra sponda del fiume, il novizio deve varcare una soglia per accedere alla vicinanza/somiglianza/sapere offerti dalla comunità centrale e cattolica:

Baptizáronse este año noventa personas [...] y algunos destos vinieron de tierra dos moros; y uno dellos vino con su muger y sus hijos, el qual dezía que, por ser verdadera esta ley, venía a buscarla para vivir y morir entre nós.76

Il viaggio attraverso i luoghi si carica dunque di un’ancestrale forza simbolica: muoversi in direzione del ‘centro’, rappresentato dal luogo fisico in cui si trova la piccola Gerusalemme replicabile in serie costituita dal collegio della Compagnia77 – nucleo trasformatore e assimilante della cellula imperiale – per esservi accolti; soggiornarvi addirittura per tutto il tempo necessario alla purificazione pre-battesimale/pre-natale ed essere poi dati alla luce attraverso un parto simbolico78, ovvero la presentazione al nuovo mondo di cui si farà parte, rispecchia esattamente la simbologia attestata in moltissimi dei riti di passaggio studiati dall’antropologia e dalla storia della religioni79.

L’allontanamento fisico dal luogo di appartenenza (casa natale/terra dei mori) assimilabile ad un livello di sviluppo in cui il bambino è visto come asessuato, indistinto nella sua identità primaria, confuso, esattamente come un cristiano, o peggio un ex- cristiano, in terra di mori:

Hum homem que andou muito tempo em terra de mouros, se veo a caza pera se confessar, e polla necessidade que tinha de detença, o tiverão em caza hum mez e meo, no qual tempo se confessou devagar e affirmou que então começava a ser christão. Geralmente se faz muito fructo com estes que se vão à terra dos mouros e tornão depois com as consciencias estragadas e grande esquecimento da lei de Deos, aos quais se dá remedio assi polos privilegios que temos, como por commissão e ordem di Inquisidor que pera isto tem dado.80

La reclusione all’interno di un altro luogo specificamente preposto allo scopo (casa apposita/collegio gesuita), che funge da utero preparatorio, da athanor in cui sublimare gli elementi che compongono l’essere umano, così come la nascita/uscita alla luce attraverso il rito ed il ritorno al mondo nella nuova veste di partecipe della comunità degli adulti, sono

76

[DI XII, 13, §6, p. L].

77

[DI XIV, 103, §1, p. LXIV].

78

Nella dicitura latina “mysticum partum” [DI XIV, 116, §4, p. LXV].

79

Sull’argomento, cfr. Mircea Eliade, La nascita... cit.

80

137 le tappe fondamentali di quell’antico rito di passaggio che sopravvive all’interno delle pratiche religiose gesuitiche o, quanto meno, della loro rappresentazione.

Attraverso la vicinanza o lontananza dal diverso, potenzialmente contagioso ed inquinante dell’identità collettiva del noi, lo spostamento è spostamento simbolico, morale, culturale: traccia la linea che unisce tre livelli di sviluppo teorico della coscienza immateriale dell’uomo, che si discrimina progressivamente per intravedere la propria unitaria identità, definita sempre e comunque attraverso l’appartenenza. Il luogo così non è mai solo un luogo; la vita fisica è sempre vita simbolica non solo nella reciproca riflessione macro-microcosmica tra cielo e terra, ma come offerente una lettura molteplice su diversi livelli di significato, non a tutti visibili ma da tutti vissuti. L’uomo è allegoria di sé stesso, del suo vero sé animico a volte non esplicito né riconosciuto; l’uomo è immagine, fatto a immagine di Dio, quel macrocosmo di cui egli porta in sé un frammento dal quale viene in qualche modo ‘vissuto’, sospinto, modellato. L’uomo, in definitiva, è l’espressione, per immagini, di Dio.

L’India, lontanissima terra che impone un viaggio enorme, pericoloso e spesso senza ritorno, non è un luogo per tutti: ci vuole una salute forte, sia fisica che morale81, oltre che, nel caso dei padri confessori, un notevole ingegno per comprendere ciò che non viene detto, perché la distanza tra l’Europa e l’Asia non è solo distanza geografica.

Eu o que [en]tendo hee que quá na India há mais desaventuras que em outras partes por o clima da terra puxar muito por quem não tiver muyto tento en sy, e não sei se mentir por vergonha em huma confessão faz mentir em muitas, e ao longe arrebentar a meteria, não se sospeitando a enfermidade, com muito escandalo ou a tempo desazonado.82

Il clima indiano, universalmente descritto come insopportabile, produce fiacchezza spirituale nei nuovi arrivati e cronicizza le caratteristiche di mollezza e lascivia degli autoctoni. La necessità di persone forti e dotate che possano svolgere l’incarico di istruttori dei novizi viene messa in luce già dagli anni Sessanta, nelle lettere della Compagnia, preoccupata per l’instabilità dei risultati raggiunti altrimenti. Attraverso il contatto con gli schiavi indigeni, raggruppati anch’essi sotto la definizione di ‘negri’ – rendendo in questo modo la parola ‘negro’ più un indicatore della categoria del ‘diverso’ che una vera e

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“Fa tanto caldo che si perde il gusto de mangiare, morendo di sete la gente, perdendosi le forze del corpo. Il nostro dormir’era sudare tutta la note distessi in una tavola con un matarazzo molto piccolo, grandissima puzza, infiniti pedogli, cimici et altre miserie humane” [DI XI, 34, §3, p. XXXII].

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propria attribuzione cromatica – persino i figli dei portoghesi si afflosciano e si rammolliscono; quasi che si riempiano d’acqua come i libri, al passaggio dell’equatore:

E faz maior esta necessidade o clima e calidade desta terra, que creo ser o pior que há no mundo para se acquirir virtude, porque com muito trabalho se acquire nella e com muita facilidade se perde. E alem disto os subjeitos desta terra sam perdominados deste roim clima e pouquo afeiçoados a virtude polla roim criação que en cassa de seus pais tem, porque se criam com negros e en muita dilicia e mimo.83

Il luogo ha un’azione specifica sugli esseri che lo popolano, rendendo simile la sostanza delle loro persone a quella del territorio che abitano, essendo entrambe parte della stessa materia. Il corpo dell’uomo è fatto di terra, della terra su cui risiede, come il suo carattere – elemento ancora legato al piano fisico ma virtualmente impalpabile – è identico al clima: l’uomo è tuttora, nella sua fisicità, il microcosmico rappresentante dell’universo che lo circonda84, fatto anch’esso degli stessi elementi suddivisi e parcellizzati in segmenti costitutivi, organizzati secondo una specifica rete di corrispondenze e richiami. Gli elementi e gli umori, la terra ed il corpo, il clima ed il carattere: nonostante il progresso e la modernizzazione la natura è ancora ordinata secondo geometrie conoscibili e ri-conoscibili nei suoi prodotti. L’uomo, costituito di corpo e anima, è ponte e punto di incontro tra la Terra ed il Cielo: è il centro dell’universo che rispecchia.

Il passaggio della Linea assume quindi un valore simbolico che ha ripercussioni sul corpo fisico, coagulando intorno a sé gli episodi sgradevoli di breve durata85: è il varco, la soglia su cui si avvertono i primi influssi delle nuove terre e dei nuovi climi che influenzeranno, o addirittura modificheranno, i più deboli, senza scampo. Ma in viaggio verso l’India gli occupanti delle navi vengono protetti dal volere di Dio e dalla sua Provvidenza: i gesuiti, ripetibili detentori del sapere salvifico e virtualmente immuni alle malattie perché necessari al servizio divino, sono presenti su tutte le navi della flotta, riuscendo a soddisfare come sempre le necessità dei viaggiatori malati:

Ubo en todas las naves particular edificación de la ayuda de los nuestros assí en lo temporal como en lo spiritual, y parece que fue particular providencia de nuestro Señor espartirse por todas las naves, estando determinados de venir en dos solamente, porque sin falta padecieran mucho sin su ayuda. [...] Todos los demás llegaron con salud, y fue parte su presencia y buena parte para mitigar el dolor que

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[DI IV, 103, §1, p. IV].

84

Sul motivo del microcosmo cfr. Francisco Rico, L’uomo come microcosmo. La fortuna di un’idea nella cultura spagnola, Bologna, il Mulino, 1994.

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de la muerte del P. Francisco Martínez teníamos; y aunque peligrossos, escaparon y confiamos que han de ayudar mucho esta Provincia. 86

Ovviamente, per la stessa proprietà di transizione osmotica tra luogo e uomo, al locus maleficus fa da controcanto un concettualmente antipodico locus amoenus:

E está mais aneixa a este colegio huma quimta huma legua da cidade por hum rio asima d’agoa doce muito fresco. Tem na quinta mais de tres legoas de terra e avemdo na terra quietação e pas hé huma coisa de muito proveito asi pera arrôs, fruita e ortalisa, do que pode aver muita copia, como tambem pera a criasam de toda a maneira de gado asi vacum, como meudo [...] semdo a terra em sy a mais vi[c]ioza e frutifera que quamtas há no descuberto, porque não tem emverno nem verão e comummente chove cada dous ou tres dias, e os mais dos mezes chove de noite e de dia fas çol. Não têm aqui nem a ortaliça nem as arvores nesesidad de ser regadas, nem pera semear o arroz têm nesesidade de lavrar a terra maes que pôr foguo ao matom e depois semear, e somente com esta bemfeitoria, se a não queimarem os imiguos, se dá arroz que hé uma fermozura de ver.87

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