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I dati raccolti, riguardanti la percezione del benessere animale e dei problemi ad esso annessi, compongono un quadro complesso: innanzitutto, quando viene chiesto agli studenti di indicare quali dati ritenessero più affidabili per misurare lo stato di welfare degli animali, la maggioranza ha risposto “allo stesso modo i parametri fisiologici e comportamentali” ma, nei confronti degli animali da compagnia vi è stato un numero consistente (171, il 19,4%) che ha indicato “i parametri comportamentali” come il dato più affidabile. Questa differenza con gli animali da reddito, per i quali solo 81 (il 9,2%) hanno indicato “i parametri comportamentali” come i più affidabili, è certamente interessante: Circa un quinto degli studenti ritiene che l’osservazione del comportamento sia un dato affidabile e sufficiente per determinare la presenza di malessere fisico o psichico in animali quali cani e gatti. È ragionevole, anche rispetto ai dati che sono stati sopra discussi, pensare che questa differenza si basi in buona parte sulla conoscenza diretta che gli studenti hanno avuto nel corso della loro vita: le esperienze di allevamento e di convivenza accrescono la conoscenza personale e questa modifica dunque il pensiero e le scelte che vengono compiute. La relativa inesperienza del comportamento degli animali da reddito comporta un maggiore affidamento su quei dati meglio conosciuti, ovvero i parametri fisiologici; al contrario, la più vasta conoscenza di quelli che sono gli schemi comportamentali e la miglior capacità di interpretare correttamente i segnali corporei e vocali messi in atto dagli animali da compagnia conferisce una maggior sicurezza nella possibilità di una loro corretta decifrazione. Non solo questo, è anche importante ricordare che il ruolo

conquistato dagli animali da compagnia nella nostra società lo si deve non solo alla loro utilità ma anche alla particolare somiglianza tra i loro comportamenti ed i nostri (basti pensare alla gerarchia del branco per il cane, che cerca un capo e lo trova nel proprietario, oppure al gatto che, anche se non addomesticato, è da tempo immemore stato accettato ed incluso negli ambienti umani grazie anche alle sue caratteristiche simili a quelle di un bambino). Questo rende sicuramente più facile interpretare il comportamento di un animale che ci somiglia, come ad esempio le scimmie, piuttosto che il comportamento di un bovino o suino, anche senza averne una particolare conoscenza pregressa.

Come è possibile vedere nei risultati, gli studenti considerano particolarmente importante, per mantenerne il benessere, che sia rispettata la libertà degli animali di vivere senza dolore, ferite o malattie e liberi dalla fame, sete e in generale dalla cattiva nutrizione, sia che essi siano da reddito o da compagnia. Gli studenti non considerano però altrettanto importante che questi abbiano la libertà di vivere in ambienti adeguati, di manifestare i comportamenti tipici della specie e di vivere liberi da paura e disagi. Questi risultati dovrebbero essere strettamente legati (e dimostrano di esserlo) con quelli di un’altra questione che viene posta agli studenti nel questionario, ovvero quali problematiche legate al rispetto del benessere animale li preoccupino. Osserviamo dunque come gli studenti abbiano risposto a questa domanda in maniera molto sovrapponibile rispetto alla precedente, indicando come maggiori preoccupazioni la violenza ed il maltrattamento di animali ed anche l’ignoranza e/o l’irresponsabilità dei proprietari. Sono invece risultate meno preoccupanti il trattamento inadeguato/incuria, l’abbandono di cani e gatti e ancor meno è risultata essere la preoccupazione per il trattamento in generale degli animali negli allevamenti. Possiamo quindi affermare che la sensibilità degli intervistati sia diretta in modo particolare verso quelli che sono i bisogni primari degli animali e che ne determinano lo stato di salute: condizioni indispensabili per rispettare il benessere animale saranno una nutrizione sufficiente, assenza di ferite e malattie, con particolare riferimento a quelle provocate da violenze fisiche e dalla poca cura. Non altrettanto importanti saranno le condizioni di vita in generale, per le quali è più accettabile che gli animali soffrano restrizioni di spazio e di ambienti adeguati, della possibilità limitata di esprimere i comportamenti specie specifici e risulta più accettabile che questi soffrano per disagi e paura. Sarebbe quindi lecito aspettarsi che le condizioni di allevamento degli animali da reddito non destino forte preoccupazione, ed infatti i risultati ottenuti supportano proprio questa idea. Eppure, quando in un’altra domanda, agli studenti viene chiesto se pensino che si dovrebbe migliorare il benessere e la tutela degli animali, essi esprimono in modo forte la loro preoccupazione a riguardo, in particolare per la condizione degli animali da reddito, verso i quali si palesa molta apprensione, piuttosto che per gli animali da compagnia, nei cui confronti le reazioni sono più miti. Seppure sembri che ci troviamo davanti ad una contraddizione, è possibile cercare e trovare una spiegazione a questo fenomeno rifacendoci proprio alla considerazione

iniziale del fatto che pochi tra gli intervistati dichiarano di aver avuto contatti frequenti, prolungati, ed approfonditi con animali da reddito e con la realtà dell’allevamento. A supporto di questo troviamo anche i risultati ottenuti quando si è chiesto agli studenti quanto conoscessero le condizioni di allevamento, domanda alla quale la maggior parte ha risposto “poco”. Quindi, ricapitolando, la popolazione considerata ha una conoscenza diretta limitata di quelle che sono le condizioni di allevamento degli animali e buona parte di essa non ne è preoccupata ma trova che sia importante migliorare il benessere e la tutela degli animali, soprattutto di quelli da reddito, considerando il dolore e la fame i problemi ed i pericoli maggiori per il benessere animale. Riprendendo l’argomentazione esposta nell’introduzione, la sensibilità verso varie specie animali può derivare dall’educazione, dalle tradizioni, dall’istruzione ricevuta, dalle esperienze personali (in questo caso limitate), dalle opinioni generali e dalle idee filosofiche. È quindi probabile che sia proprio questa componente, ottenuta attraverso esperienze non dirette quali i media o i contatti con altre persone, l’istruzione o ancora le tradizioni, ad aver condotto la popolazione degli studenti intervistati, e la loro sensibilità verso il benessere animale, in questa direzione.

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