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La valutazione del benessere animale da parte degli studenti di Medicina Veterinaria

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Laurea Specialistica in Medicina Veterinaria

La valutazione del benessere animale da parte

degli studenti di Medicina Veterinaria

Candidato

Relatore

Lorenzo Palandri

Dott. Angelo Gazzano

Correlatore

Dott.ssa Chiara Mariti

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Indice:

Riassunto/abstract pag.4 Capitolo I: Introduzione pag. 5

1.1 Il benessere animale pag. 6

1.2 La valutazione del benessere animale pag. 7 1.3 Il ruolo del medico veterinario pag. 9

1.4 La percezione del benessre animale pag. 10 Capitolo II: Materiali e metodi pag.14

2.1 I soggetti pag.15 2.2 Il questionario pag. 15 2.3 L’analisi statistica pag. 16 Capitolo III: I risultati pag. 17

3.1 Dati sugli studenti pag. 18

3.1.1 Sesso, età, provenienza pag. 18 3.1.2 Esperienze con animali pag. 20

3.1.3 L’indirizzo lavorativo e la dieta pag. 21 3.2 Domande sul benessere animale pag. 23 3.2.1 La misura dello stato di welfare pag. 23 3.2.2 L’importanza degli insegnamenti pag. 24 3.2.3 La definizione di stress pag. 25

3.2.4 L’importanza delle 5 libertà pag. 25 3.2.5 La tutela del benessere pag. 28 3.2.6 La domanda 18 pag. 29

3.2.7 Le maggiori preoccupazioni riguardo il benessere animale pag. 44 3.2.8 La conoscenza del benessere animale pag. 45

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Capitolo IV: Discussione pag. 47

4.1 Analisi della popolazione pag. 48 4.2 Il benessere animale pag. 50

4.3 L’influenza dell’anno di corso pag. 52 Capitolo V: Conclusioni pag. 55

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Riassunto:

Il benessere animale è un problema sempre più importante e avvertito con sempre più forza da parte di un gran numero di persone in tutto il mondo e questo ha portato nel corso degli ultimi decenni enormi cambiamenti a livello culturale, giuridico e lavorativo in un altissimo numero di ambiti diversi. In questo scenario il medico veterinario è la figura centrale avente la possibilità di comprendere a fondo le questioni riguardanti il benessere degli animali e di attuare misure efficaci per promuoverne il rispetto e la difesa. Eppure molti autori hanno evidenziato l’esistenza di un processo di desensibilizzazione che rende gli studenti di medicina veterinaria sempre meno preoccupati per il benessere dei loro pazienti più che procedono nel loro percorso di studi. Volendo studiare il fenomeno ed approfondire gli aspetti che lo caratterizzano sono stati distribuiti dei questionari agli studenti di medicina veterinaria di tutti i corsi in tre facoltà italiane e sono dunque stati analizzati i risultati ottenuti che tendono, anche nel caso di questo studio, a confermare l’esistenza di suddetto fenomeno.

Abstract:

The problematic regarding animal welfare has aquired an increasing importance all around the world for a growing number of people wich has led, over the past decades, to enormous changes in culture, jurisdiction and to works in a great number of ways. In all this the figure of the veterinary doctor is central due to the possibility he has to comprehend deeply all the different issues regarding animal welfare and be able to act accordingly enacting the best possible measures to ensure the advance and defence of animal welfare. And yet many autors have pointed out the existance of a desensitization process wich involves the students of veterinary medicine wich makes them less and less worried for the welfare of their patients the more they progress in their studies. Wishing to better and more deeply study the aspects that characterize the phenomenon, questionaries have been distributed to veterinary students of all years of study in three italian faculties and the results have then been analized. These results tend, also in this study, to confirm the existance of said phenomenon.

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CAPITOLO I

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1.1 IL BENESSERE ANIMALE

Il benessere animale è un argomento la cui importanza negli ultimi anni è andata aumentando sempre più ed è ora ambito di discussioni non più soltanto dal punto di vista della protezione dell’ambiente e della salute pubblica ma è anche elemento di forte preoccupazione da parte di innumerevoli associazioni e gruppi di persone che hanno reso quello del benessere animale un problema a livello sociale, politico, etico e scientifico (Te Velde, Aarts, & Van Woerkum, 2002).

Questa preoccupazione per il benessere animale è originariamente nata come conseguenza degli intensi sistemi d’allevamento imposti a bovini, suini e pollame con condizioni di sovraffollamento, ambienti poco stimolanti ed un’alimentazione molto differente da quella tipica in natura. Queste produzioni intensive hanno ricevuto forti critiche da parte dell’opinione pubblica (Harper & Makatouni, 2002) conducendo quindi ad importanti cambiamenti della legilazione europea (Horgan & Gavinelli, 2006).

Il benessere animale come disciplina scientifica si è sviluppata rapidamente a partire dagli anni 80 del novecento, anche se le basi etiche su cui si fonda esistevano da molto prima(D.M. Broom, 2005).

Il termine “benessere animale” è generalmente riferito allo stato di un animale nella misura in cui questo, in un particolare momento della sua vita, sia sano o malato. Molti esperti, però, quando trattano del benessere animale, tendono a dare priorità a differenti aspetti della condizione in cui si trova l’animale: alcuni enfatizzano le sensazioni, piacevoli o spiacevoli (Boissy et al., 2007), mentre altri si concentrano sulla capacità di esprimere i comportamenti “naturali” o tipici della specie (Rollin, 1995), oppure nel modo in cui riescono ad adattarsi o a far fronte alle avversità dell’ambiente in cui vivono (D M Broom & Fraser, 2007).

La scienza ha ampiamente dimostrato che la cura dell’animale è fondamentale nel permettere un miglior mantenimento della sua fisiologia, del suo sistema immunitario e dunque del suo stato generale. Questo concetto di benessere animale è stato inizialmente interpretato come mantenimento del benessere fisico, della corretta alimentazione e della protezione da intemperie e da condizioni ambientali avverse. Ovviamente questo iniziale approccio al problema sottostima in maniera importante la capacità degli animali di provare sofferenza non solo a livello fisico, e di quali siano i loro bisogni mentali e biologici di esprimere liberamente i loro atteggiamenti fisiologici (Mazas, Fernández Manzanal, Zarza, & María, 2013).

È stato solo nel corso degli ultimi 30 anni che si è cominciato a meglio comprendere ed analizzare la capacità degli animali di adattarsi all’ambiente che li circonda e il modo in cui sviluppano appieno le loro possibilità fisiologiche ed etologiche pur preservando il loro stato emotivo (Mendl, Burman, Parker, & Paul, 2009). Negli studi che sono stati

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condotti, infatti, era inclusa tra gli aspetti chiave del benessere animale anche la psicologia animale, seguendo quindi la moderna prospettiva data dall’Unione Europea basata sulle così dette “Cinque Libertà” (Farm Animal Welfare Council, 1979). Nello specifico, le Cinque Libertà sono:

1) Libertà dalla fame e dalla sete (garantendo all’animale l’accesso ad acqua fresca e ad una dieta che lo mantenga in piena salute)

2) Libertà di avere un ambiente fisico adeguato (dando all’animale un ambiente che includa riparo e una comoda area di riposo)

3) libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie (prevenendole o diagnosticandole/trattandole rapidamente)

4) libertà di manifestare le proprie caratteristiche comportamentali specie-specifiche (fornendo all’animale spazio sufficiente, strutture adeguate e la compagnia di animali della propria specie)

5) libertà dalla paura e dal disagio (assicurando all’animale condizioni e cura che non comportino sofferenza psicologica.)

Ma in che modo, e con quali dati, possiamo dire se il benessere di un animale è rispettato o no?

1.2 LA VALUTAZIONE DEL BENESSERE ANIMALE

È importante chiarire che il benessere animale non è definibile attraverso uno o alcuni dati, e l’importanza di questi può dipendere molto dalle caratteristiche dell’individuo (la valutazione del benessere di un animale da compagnia come può essere un cane o un gatto che vivono in casa sarà necessariamente basata su metodi e concetti diversi da quelli usati, ad esempio, per il pollame in allevamento) ma anche dall’importanza che, chi studia il benessere animale, gli attribuisce.

Difatti vi è poca unanimità di opinioni su cosa e come esattamente si possa considerare importante o no (Mason & Mendl, 1993) per cui un gruppo di persone potrebbero essere d’accordo sullo stato di benessere di un animale, ma essere totalmente in disaccordo sul perchè. Parlando di benessere animale si tende quindi a prendere in considerazione un numero di rilevamenti adeguatamente ampio di quei valori che più probabilmente incidono con maggiore importanza, considerando comunque che, alla fine, il giudizio espresso sarà sempre in parte soggettivo (Dawkins, 1980; Fraser, 1995; Mason & Mendl, 1993).

Parlando del benessere andremo dunque a considerare i seguenti dati, starà poi a noi decidere in che modo e in che misura considerarli:

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1) La salute: sebbene il benessere e la salute non siano sinonimi l’uno dell’altro, è indubbio il fatto che un animale non può conservare il suo benessere se è ferito, malnutrito, malato o se le sue condizioni fisiche sono in qualunque modo compromesse (Donald M Broom, 1991; Dawkins, 1998; Fraser, 1995). Considerando che un animale non sano vedrà anche ridotte le sue capacità produttive o la qualità di ciò che produce, le condizioni di salute saranno un dato molto importante anche per coloro che sono coinvolti in aziende basate sulla produzione a scopo commerciale (Scott, Nolan, & Fitzpatrick, 2001). 2) La capacità produttiva: Questo dato, molto semplice da rilevare, può essere

indicativo di benessere animale (come già detto, un animale sano produce di più) ed è sicuramente il dato più importante per chi produce prodotti animali. Vari studi (Hemsworth, 2003; Hemsworth, Barnett, & Hansen, 1986; Waiblinger et al., 2006) hanno dimostrato come la manipolazione brusca e stressante durante le procedure poteva ridurre la produttività (minori tassi di crescita, fecondità minore e ritardata maturità sessuale nei maiali).

Questo dato è, però, non completamente correlato al benessere animale; infatti, in sistemi molto intensivi di produzione, è possibile registrare livelli molto alti di produttività e contemporaneamente livelli non accettabili di benessere animale (sovraffollamento, cattive condizioni igieniche, cattivo stato di salute) (McInerney, 2004).

3) Il comportamento: Basandosi sull’idea che il comportamento di un animale rifletta quello che è il suo stato emotivo è possibile usare l’osservazione del comportamento per ottenere informazioni sul suo benessere. Le considerazioni più basilari sono tipicamente quelle sul tipo di postura assunta e sull’atteggiamento (impaurito, aggressivo) che possono riflettere una condizione di dolore fisico. Il maggiore problema che si riscontra nella valutazione del comportamento è la difficoltà nell’avere dati oggettivi piuttosto che soggettivi, motivo per il quale si discute molto sull’effettiva validità ed attendibilità dei risultati. Recentemente si tende non solo ad osservare la presenza di comportamenti “negativi” ma anche la presenza o assenza di quelli “positivi”: comportamenti quali il gioco, l’interazione sociale ed allogrooming sono comportamenti che tendono a scomparire quando il benessere è scarso (Boissy et al., 2007). Quando un’animale viene privato della possibilità di esprimere i normali comportamenti propri della sua specie a causa di limitazioni fisiche o sociali è probabile che ciò gli comporti sofferenza (Farm Animal Welfare Council, 1992). É giusto precisare che non sempre la scomparsa di atteggiamenti “naturali”, come ad esempio l’istinto di fuga dai predatori, si può considerare come sintomo di un benessere ridotto o un ostacolo al raggiungimento di un adeguato livello di benessere (Dawkins, 1998).

4) La fisiologia: i dati ricavabili dall’osservazione delle funzioni corporee di un animale, con o senza l’ausilio di strumenti, quali frequenza cardiaca e

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respiratoria, temperatura corporea, livelli di corticosteroidi nel sangue, peli e feci, proteine di fase acuta (Accorsi et al., 2008; Boissy et al., 2007; D M Broom & Fraser, 2007; Dawkins, 2003; Geers et al., 2003). Se si considerano questi dati singolarmente, essi sono quasi per nulla indicativi dello stato di benessere effettivo dell’animale; sono quindi da considerarsi solo in combinazione con altri dati (Barnett & Hemsworth, 1990; D M Broom & Fraser, 2007; Dawkins, 2003; Rushen, 1991).

1.3 IL RUOLO DEL MEDICO VETERINARIO

In questo contesto la figura del medico veterinario è senza dubbio di primaria importanza. Il medico veterinario è stato classificato ai primi posti tra le figure professionali in grado di assicurare il benessere di un animale (Ostović, Mesić, Mikuš, Matković, & Pavičić, 2016). Non solo essi possono fornire cure e terapie, ma hanno la possibilità di garantire il benessere animale anche istruendo e consigliando i proprietari su argomenti correlati quali l’esercizio fisico più appropriato, la nutrizione e il mantenimento del peso forma o su problemi comportamentali. Sono percepiti come figure chiave nel preservare e migliorare il benessere animale, tanto da essere visti dalle persone come una garanzia della salute animale e, con essa, del loro benessere (Hewson et al., 2005). Infatti, in uno studio condotto nel Regno Unito (Buckland et al., 2013), la possibilità di ottenere cure veterinarie e la loro qualità venne indicato dalle persone intervistate come il principale fattore in grado di migliorare il benessere del cane.

É quindi chiaro quanto sia importante la capacità di un medico veterinario di percepire, valutare e interpretare correttamente tutti i dati a lui disponibili per determinare lo stato di benessere degli animali e la coscienza del suo ruolo e delle sue responsabilità riguardo alla salute dei suoi pazienti. Ed è proprio in questa direzione che si sono mossi molti studi condotti nel corso degli anni, per cercare di capire meglio quale sia la situazione tra i medici veterinari e quali variabili influiscano su questa capacità.

Eppure, nel corso di molti studi effettuati sugli studenti che frequentano facoltà di medicina veterinaria, è stata trovata una allarmante correlazione tra l’anno di corso e l’attitudine e la sensibilità, verso il benessere animale (Paul & Podberscek, 2000) che tendono a diminuire mano a mano che lo studente procede nel corso dei suoi studi. Cornish (Cornish et al., 2016) ad esempio, nel suo studio su di una popolazione di studenti di medicina veterinaria in Australia e Nuova Zelanda, ha chiesto loro quanto considerassero importante il benessere animale ed i risultati mostrarono come l’importanza che gli studenti vi attribuivano declinava da valori maggiori ai primi anni di corso verso valori minori per gli ultimi anni di corso. Questa tendenza è particolarmente preoccupante proprio per il ruolo che il medico veterinario ha nei

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confronti dei suoi pazienti e dell’importanza che riveste il suo giudizio nella difesa e nel miglioramento delle condizioni degli animali.

1.4 LA PERCEZIONE DEL BENESSERE ANIMALE

Ogni dato che possiamo raccogliere sullo stato di benessere di una persona o di un animale diventa inutile se non si ha la capacità fondamentale di percepire e di comprendere quando il benessere di un individuo è più o meno compromesso e se non si possiede la sensibilità necessaria a generare una reazione, volta a tentare di migliorare questa condizione. L’empatia, definita come “la capacità di comprendere e condividere le sensazioni di altri esseri viventi” (Colombo, Crippa, Calderari, & Prato-Previde, 2017) è dunque una capacità imprescindibile per coloro il cui scopo è quello di prendersi cura degli altri (Singer & Klimecki, 2014).

L’empatia, esattamente come altre capacità, cambia nel tempo e può essere influenzata da fattori esterni all’individuo, da esperienze vissute e dalla società: Broom (D.M. Broom, 2005) afferma che il comportamento delle persone verso gli animali dipende in gran misura dall’educazione che ricevono in giovane età ed è poi influenzato dalle tradizioni, l’istruzione ricevuta, le esperienze personali, le opinioni generali e le idee filosofiche.

Verranno qui di seguito affrontati più nel dettaglio quali sono quei fattori che determinano e influenzano il comportamento e la sensibilità delle persone nei confronti degli animali:

Caratteristiche degli animali: Molte persone hanno una sensibilità differente, e si comportano di conseguenza in maniera molto diversa, rispetto ad animali di specie o razze diverse. Questa differenza è data da come le caratteristiche di ogni animale sono percepite dalle persone: animali filogeneticamente prossimi all’uomo (scimmie umanoidi) o che presentano comportamenti e abitudini simili alle nostre (cani, gatti, delfini, bovini etc.), o animali visti come simboli di bellezza o anche quelli che vengono considerati rari, fragili o vulnerabili, tendono ad evocare risposte più empatiche rispetto ad animali da noi molto distanti (rettili, pesci, invertebrati) e ad essere dunque preferiti e trattati con riguardi particolari (Burghardt & Herzog, 1989; Driscoll, 1992; Eddy, Gallup, & Povinelli, 1993; Gunnthorsdottir, 2001; Kellert, 1993; Kirkwood & Hubrecht, 2001; Knight & Barnett, 2008; Nakajima, Arimitsu, & Matthew Lattal, 2002; Plous, 1993). Questo tipo di risposta emotiva è di solito immediata e spontanea e si suppone essere il risultato di una predisposizione biologica (Stephen R. Kellert, 1993; Wilson, 1984). L’utilità che gli animali hanno per l’uomo, invece, non è una caratteristica capace di evocare sempre questo tipo di risposta; alcuni animali, quali ad esempio le api, sono percepiti positivamente nonostante la loro appartenenza ad una specie molto

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distante. Questa stessa regola però non trova riscontro in animali come i topi da laboratorio che, nonostante la loro utilità e relativa vicinanza alla nostra specie, non evocano affetto o preoccupazione per la loro condizione (Herzog & Burghardt, 1988; Kellert 1980;Rowan & Loew, 2001; Serpell 1996).

Attributi umani individuali: è evidente che quando consideriamo due persone diverse, le caratteristiche individuali andranno a giocare un ruolo importante sulle scelte, le emozioni ed i sentimenti che queste provano davanti alle stesse situazioni. Un sempre crescente numero di studi ha cominciato a documentare quali caratteristiche abbiano effetto sulla percezione del benessere e sull’empatia che le persone dimostrano verso gli animali. Ciò che emerge è che il fattore più discriminante è il sesso. Le donne, le ragazze e le bambine dimostrano di avere risposte emotive più forti nei confronti degli animali, e di preoccuparsi di più del loro benessere rispetto agli uomini ed ai ragazzi; fanno eccezione i bambini, che dimostrano una sensibilità simile a quella di donne e ragazze, ma si pensa che questo sia dovuto piuttosto ad un fattore di età (Bjerke, Ødegårdstuen, & Kaltenborn, 1998; Bowd & Bowd, 1989; Driscoll, 1992; Galvin & Herzog, 1998; Herzog, Betchart, & Pittman, 1991; Hills, 1993; Kruse, 1999; Nakajima et al., 2002; Pifer, Shimizu, & Pifer, 1994; Serpell, 2005; Wells & Hepper, 1995).

Livelli superiori di educazione sono spesso correlati con un maggior riguardo nei confronti degli animali (Kellert & Berry, 1980) come pure la provenienza da ambienti urbani rispetto a quelli rurali (Kellert & Berry, 1980)(Bjerke et al., 1998; P, J, & R, 1999) ed è stato visto che la religiosità (intesa sia come fondamentalismo o conservazionismo religioso che come frequenza di partecipazioni a funzioni religiose) era correlata ad un atteggiamento più materialistico e meno affettivo nei confronti degli animali (Bowd & Bowd, 1989; Driscoll, 1992)Kellert & Berry, 1980) . Questi fattori tendono però a non essere costanti tra le diverse culture (Shuxian, li, & su, 2005): ad esempio, degli studi compiuti su popolazioni non occidentali hanno ottenuto risultati del tutto opposti, con una migliore disposizione verso gli animali da parte degli uomini rispetto alle donne (Al-Fayez, Awadalla, Templer, & Arikawa, 2003; Bandara & Tisdell, 2003). In conclusione, le caratteristiche degli individui tendono ad essere scarsamente predittive del comportamento verso gli animali se non per piccole porzioni della varianza complessiva (Driscoll, 1992; Herzog et al., 1991).

Conoscenza, educazione ed esperienza: Il contatto e l’esperienza con gli animali gioca un ruolo particolarmente importante nel determinare l’empatia delle persone e l’importanza che queste danno del benessere animale, ma il rapporto tra

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la conoscenza e la sensibilità è complesso. Una migliore conoscenza degli animali, infatti, non sempre è associata ad un atteggiamento positivo nei loro confronti: ad esempio, in uno studio condotto in Svezia (Ericsson & Heberlein, 2003), i cacciatori dimostrarono una migliore conoscenza del lupo, ma allo stesso tempo erano anche le persone che dimostravano l’atteggiamento più ostile. In un altro studio condotto da Knight & Barnett (Knight & Barnett, 2008) le persone intervistate dichiararono spesso che evitavano volontariamente di informarsi su come gli animali venissero usati per vari scopi (ricerche biomediche, allevamenti intesivi) per paura di essere scossi emotivamente da quelle informazioni. Comunque, l’interazione con animali per motivi affettivi è generalmente correlato con una maggiore preoccupazione verso il loro benessere (Hills, 1993; Kafer, Lago, Wamboldt, & Harrington, 1992; P et al., 1999; Serpell, 2005; Taylor & Signal, 2005) Kellert & Berry, 1980). In particolare, le esperienze di questo tipo avute nell’infanzia (specialmente l’allevamento di un animale domestico) sembrano predisporre le persone allo sviluppo di una maggiore sensibilità per il benessere degli animali e, viceversa, coloro che vivono durante l’infanzia esperienze di sfruttamento, abuso o violenza sugli animali tendono a sviluppare una minore empatia (Ascione, 1992; Bjerke, Kaltenbom, & Ødegårdstuen, 2001; Henry, 2006; Miura, Bradshaw, & Tanida, 2002; Paul & Serpell, 1993; Tallichet & Hensley, 2005). È stato inoltre visto come all’interno della popolazione di studenti di medicina veterinaria la percentuale di persone che avevano posseduto cani o gatti fosse molto più alta rispetto a quella della popolazione generale, suggerendo che il possesso di animali potesse influenzare anche la futura scelta lavorativa (Serpell, 2005). Purtroppo è molto difficile determinare con precisione quale sia il ruolo dell’esperienza avuta con animali in quanto sono molti i fattori che vi influiscono (pressione sociale, ruolo dei genitori) (Ascione, 1992; Paul & Serpell, 1993; Schenk & Templer, 1994). Uno studio (Hazel, Signal, & Taylor, 2011) compiuto su degli studenti di medicina veterinaria mostra come sia stato possibile migliorare (nei riguardi di alcune specie animali) l’attitudine verso il benessere animale valutandola prima e dopo che questi avessero seguito un corso riguardante proprio il benessere animale, mostrando quindi che la conoscenza più approfondita può avere effetti positivi o negativi.

L’obbiettivo principale dell’educazione è quello di sviluppare e formare le conoscenze e le facoltà mentali, sociali e comportamentali di un individuo; essa quindi può, e viene usata, per manipolare la percezione umana rispetto agli animali e migliorare il comportamento e la sensibilità nei loro confronti. Eppure, numerosi studi condotti proprio sugli studenti di medicina veterinaria hanno mostrato come, nel corso degli anni, gli studenti attribuissero meno importanza al benessere animale: ad esempio gli studenti dei primi anni consideravano più degli studenti degli ultimi anni la sensibilità e la capacità degli animali di avere una coscienza, col risultato che questi ultimi erano meno inclini nel trattare i loro pazienti con terapie

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volte a diminuire il dolore (Cornish et al., 2016; Hellyer, Frederick, Lacy, Salman, & Wagner, 1999; Paul & Podberscek, 2000).

Valori, tradizioni e norme: Legate agli animali vi sono tutta una miriade di immagini e pensieri originati dalla cultura i quali influenzano profondamente il modo in cui le persone si comportano nei loro confronti e la sensibilità che hanno per il loro benessere. Questi possono includere atteggiamenti di origine storica, (come ad esempio per il lupo, il quale è ancora oggi percepito negativamente nonostante da secoli non rappresenti più un reale pericolo (Ericsson & Heberlein, 2003; S R Kellert, 1984)), oppure possono derivare da fattori dovuti alla religione, credenze e valori attribuiti dalle varie culture. Le norme ed i valori socio culturali nei confronti degli animali vengono continuamente influenzati dal modo di percepirli trasmesso dall’arte, dal linguaggio e dalla letteratura, la scienza ed i media (Baker, 1993). Gli animali vengono usati come metafore degli attributi e dei comportamenti umani (il leone, l’asino, il maiale e così via) e questo influenza l’opinione e l’immagine (che spesso non gli corrisponde affatto) che ne abbiamo. Lo stesso linguaggio usato per identificare certi animali finisce per rinforzare l’idea del loro ruolo: per fare un’esempio basti pensare al modo di riferirsi ad animali quali bovini, suini, ovini come “animali da reddito” ed a cani, gatti ed altri come “animali da compagnia”, legando inevitabilmente ai primi un’idea di consumo e sfruttamento materiale. Lockwood (Lockwood, 2005) propone l’idea che monitorare i cambiamenti nel modo in cui gli animali vengono rappresentati all’interno della cultura e del linguaggio potrebbe essere un valido strumento per misurare i progressi nel campo del benessere animale.

Lo scopo di questo studio è quello di analizzare se vi siano differenze tra studenti di vari anni nel modo di percepire, comprendere e giudicare il benessere animale e quali fattori possano influenzare questi cambiamenti.

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CAPITOLO II

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2.1 I SOGGETTI

Il presente studio è stato realizzato utilizzando un questionario. Esso è stato distribuito agli studenti di medicina veterinaria che frequentavano i corsi nelle tre Università di medicina veterinaria di Pisa, Milano e Perugia. Un totale di 884 questionari sono stati analizzati, dei quali 347 (il 39,4%) sono stati raccolti nell’Università di Pisa, 229 (il 26%) nell’Univerità di Perugia e 305 (il 34,6%) nell’Università di Milano. I partecipanti al questionario sono stati gli studenti presenti che frequentavano i corsi di ognuno dei 5 anni accademici. Una persona incaricata ha distribuito i questionari agli studenti prima dell’inizio delle lezioni e li ha ritirati una volta che questi sono stati compilati. Questo è avvenuto alcuni giorni dopo l’inizio dell’anno accademico per tutte le classi, ed è stato in particolare ripetuto nel caso degli studenti iscritti al secondo anno, dopo che ebbero frequentato il corso di etologia. I questionari sono stati compilati in maniera completamente anonima dagli studenti e sono stati poi raccolti per essere analizzati così da ottenere dati valutabili statisticamente.

2.2 IL QUESTIONARIO

Il questionario (vedi allegato) presenta domande di tipo:

1) Chiuso: (con la possibilità di dare una o più risposte tra quelle previste)

2) Semi-aperto: (con la possibilità di dare una o più risposte tra quelle previste e di aggiungere eventuali commenti liberi).

Le domande che vengono poste nel questionario possono essere suddivise in tre gruppi: il primo gruppo, composto da dodici domande, indaga in particolare le informazioni personali (sesso, età, l’anno che sta frequentando, regione di provenienza, precedenti esperienze con animali, partecipazione ad associazioni). Il secondo gruppo si concentra invece nel definire meglio la conoscenza del benessere animale posseduta dallo studente attraverso otto domande, tre delle quali (numero 12, 14 e 15) danno la possibilità di rispondere secondo una scala di intensità di 5 gradi. Infine, il terzo gruppo di domande presenta allo studente varie affermazioni, che sono state validate ed utilizzate anche in altre indagini (Herzog, Betchart, & Pittman, 1991; Knight, Vrij, Cherryman, & Nunkoosing, 2004; Serpell, 2005) riguardanti l’uso degli animali nella ricerca, nell’intrattenimento, la cosmetica, gli animali da compagnia, l’uso degli animali con finalità economiche, ed i diritti degli animali usando i criteri indicati da Knight et al (2004). Per rispondere viene data la possibilità di esprimere il proprio giudizio secondo una “scala Likert” con 5 gradi di risposta che vanno dal “pienamente d’accordo” a “in completo disaccordo” alle quali è stato assegnato un punteggio come indicato da Cohen et al (1999). Più è alto il punteggio, più si considera forte la preoccupazione dello studente rispetto al benessere animale.

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2.3 L’ANALISI STATISTICA

I dati ottenuti sono stati immessi in un file di Microsoft Excel® allo scopo di creare un unico database e sono stati in seguito analizzati mediante l'impiego di test statistici parametrici e non parametrici. In particolare, l'analisi è stata effettuata, a seconda delle variabili considerate, mediante test chi-quadrato a campione singolo, ANOVA multivariata con test post-hoc di Bonferroni per confronti multipli, test di Kruskal-Wallis a campioni indipendenti e test esatto di Fisher in tabelle di contingenza 2x2. Valori di p<0,05 sono stati considerati statisticamente significativi. L'analisi statistica è stata effettuata mediante software dedicato SPSS versione 25.0 (SPSS Inc, Chicago, IL, USA).

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CAPITOLO III

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Dalle risposte fornite dagli studenti al questionario osserviamo i seguenti risultati: 3.1. DATI SUGLI STUDENTI

3.1.1 Sesso, età, provenienza

La popolazione degli studenti coinvolti nello studio ammonta ad un totale di 884 dei quali la maggior parte vengono dalla facoltà di Pisa (347, il 39,4% del totale), seguiti dagli studenti della facoltà di Milano (305, il 34,6%) e Perugia (229, il 26,0%).

La popolazione degli studenti di veterinaria risulta essere composta prevalentemente da donne (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo), che infatti rappresentano il 75,1% della popolazione (n=661) contro il 24,4% di uomini (n=215).

L’età media è di 21,96 anni con un errore standard di 0,102 ; gli studenti iscritti ai vari anni sono risultati essere:

1°anno: 158 (17,9%) 2°anno: 275 (31,2%) 3°anno: 170 (19,3%) 4°anno: 149 (16,9%) 5°anno: 116 (13,2%) 6°anno/fuori corso: 10 (1,1%)

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Il test del Chi-quadrato a campione singolo segnala che il numero di studenti iscritti al secondo anno è statisticamente maggiore rispetto a quello di altri anni.

La distribuzione geografica vede la gran parte degli intervistati provenire da una regione del nord o del centro Italia, con rispettivamente 351 (il 39,9%) e 410 (il 46,6%) persone, mentre coloro che provenivano dalle altre regioni erano considerevolmente di meno, con 88 (10,0%) dal sud Italia e 23 (2,6%) dall’estero.

Il test del Chi-quadrato a campione singolo eseguito sui risultati rivela che i valori del centro e nord Italia sono statisticamente maggiori rispetto alle altre categorie.

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Alla domanda “in quale tipo di contesto ha vissuto prevalentemente?” 374 persone (il 42,5%) hanno risposto “urbano”, 258 (il 29,3%) hanno risposto “sub-urbano” e 236 (il 26,8%)“rurale”. 11 persone (l’ 1,3%) non hanno risposto a questa domanda.

Il test del Chi-quadrato a campione singolo evidenzia come il valore per la risposta “urbano” sia statisticamente maggiore rispetto alle altre categorie.

3.1.2 Esperienze con animali

La settima domanda chiedeva agli studenti di indicare se, e con quali animali, avessero avuto esperienze continuative (allevato o tenuto in casa) con una o più delle specie animali indicate (cani, gatti, equidi, bovini/ovini/caprini, suini, pollame, piccoli mammiferi, uccellini/pappagalli, rettili, anfibi, pesci). Nella tabella seguente vengono riportati i risultati relativi al numero di studenti che hanno affermato di aver avuto esperienze con ognuna delle specie e la percentuale relativa al totale.

Specie Ha avuto esperienze (n° di persone) Frequenza di specie Anfibi 35 4,0% Bovini 78 8,9% Cani 698 79,3% Cavalli/Pony 179 20,3% Gatti 556 63,2% Pesci 365 41,5% Piccoli mammiferi 415 47,2%

(21)

Pollame 198 22,5%

Rettili 139 15,8%

Suini 44 5,0%

Uccellini/pappagalli 282 32,0%

Si osserva dunque come un gran numero degli studenti abbia avuto esperienze con cani, gatti, pesci o piccoli mammiferi. Il test del Chi-quadrato a campione singolo evidenzia infatti come questo risultato sia significativamente maggiore rispetto agli altri.

3.1.3 L’indirizzo lavorativo e la dieta

L’ottava domanda chiedeva agli studenti di quale specie vorrebbero occuparsi dopo la laurea tra quelle proposte (Animali da reddito, Cavalli, Animali da compagnia, Animali esotici, di più specie). 302 Studenti (il 34,3%) ha risposto che vorrebbe occuparsi di più specie e 287 (il 32,6%) di piccoli animali. Gli studenti che invece hanno intenzione di occuparsi di cavalli, animali esotici o animali da reddito sono rispettivamente 69 (il 7,8%), 64 (il 7,3%) e 48 (il 5,5%).

(22)

Il test del Chi-quadrato a campione singolo evidenzia che i valori, sia per gli “animali da compagnia” che “per più di una specie”, sono statisticamente maggiori.

Nella nona domanda si chiedeva se gli studenti stavano seguendo o avessero seguito una dieta con l’esclusione di particolari alimenti o prodotti animali per motivi etici (non di salute o gusto). 96 persone (il 10,9%) hanno dichiarato di aver seguito una dieta senza carne; 88 persone (il 10,0%) hanno seguito una dieta senza carne né pesce; 25 persone (il 2,8%) hanno seguito una dieta senza alcun prodotto di origine animale; infine, 633 persone (il 71,9%) non aveva seguito alcun tipo di dieta particolare. L’analisi dei dati col test del Chi-quadrato a campione singolo rivela come statisticamente significativo rispetto alle altre categorie il dato sulle persone che non hanno mai seguito alcuna dieta.

(23)

3.2. DOMANDE SUL BENESSERE ANIMALE

3.2.1 La misura dello stato di welfare

Nelle seguenti due domande (la numero 10 ed 11) era chiesto agli studenti quali dati utilizzerebbero per misurare lo stato di welfare rispettivamente degli animali da reddito, nella domanda numero 9, e degli animali da compagnia, nella domanda numero 10. Le opzioni per entrambe le domande erano:

1) I parametri fisiologici (livelli di cortisolo, ormoni, etc.) 2) I parametri comportamentali (segnali di stress)

3) Allo stesso modo i parametri fisiologici e comportamentali Di seguito vengono riportate le risposte date dagli studenti

Animali da reddito Numero di risposte percentuale

parametri fisiologici 35 4,0%

parametri comportamentali

81 9,2%

entrambi 758 86,1%

Animali da compagnia Numero di risposte percentuale

parametri fisiologici 18 2,0%

parametri comportamentali

171 19,4%

entrambi 686 78,0%

Per entrambe le domande la risposta più frequente è stata la 3, con valori che risultano statisticamente significativi al test del Chi-quadrato a campione singolo; ma è interessante notare come per gli animali da compagnia gli studenti che hanno risposto con “i parametri comportamentali” siano più del doppio di coloro che hanno dato la stessa risposta per gli animali da reddito (il valore risulta essere statisticamente maggiore (p=0,001), se analizzato utilizzando il test del Chi-quadrato a campione singolo, rispetto al valore della prima risposta).

(24)

3.2.2 L’importanza degli insegnamenti

Nella domanda numero 12 veniva chiesto agli studenti di dare un giudizio, espresso sotto forma di gradi di crescenti di importanza, (per niente importante, poco, abbastanza, molto, estremamente) rispetto al valore che ritenevano avere dell’insegnamento, all’interno del loro corso di laurea, di materie quali l’etologia di base, il benessere animale, la medicina comportamentale e la bioetica animale.

Domanda per niente

important e Poco importante Abbastanz a important e Molto importante Estremamen te importante Etologia di base 3 (0,3%) 11 (1,3%) 144 § (16,4%) 379 * (43,1%) 342 * (38,9%) Benessere animale 2 (0,2%) 7 (0,8%) 123 § (14,0%) 376 * (42,7%) 371 * (42,2%) Medicina comportamentale (0,5%) 4 (1,9%) 17 (16,5%) 145 § (44,4%) 391* (36,5%) 321 * Bioetica 9 (1,0%) 37 (4,2%) 255 § (29,0%) 364 * (41,4%) 209 § (23,8%)

Nella tabella sono stati segnalati con un asterisco i valori delle risposte che sono risultati essere statisticamente maggiori (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo) rispetto a tutte le altre risposte date per la stessa domanda, mentre sono stati segnalati con § i valori delle risposte che sono risultati essere statisticamente maggiori (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo) rispetto alle altre risposte ma minori rispetto alle risposte segnate con asterisco.

In questo caso notiamo come l’importanza che gli studenti hanno attribuito agli insegnamenti di etologia di base e benessere animale sia molto forte mentre diminuisce l’interesse verso la medicina comportamentale e, nel caso della bioetica, vi sia addirittura un maggior numero di studenti che considerano l’insegnamento di questa materia “abbastanza importante” rispetto a quelli che la giudicano “estremamente importante” (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo) .

(25)

3.2.3 La definizione di stress

Nela domanda 13 veniva chiesto agli studenti di scegliere quale secondo loro fosse la definizione più corretta, le scelte possibili erano:

1) “è una alterazione di breve o lunga durata dell’equilibrio fisico di un animale” 2) “è una alterazione di breve o lunga durata dell’equilibrio psicologico di un

animale”

3) “è una alterazione di breve durata dell’equilibrio psico-fisico che non ha conseguenze sulla salute di un animale”

4) “è una alterazione di breve o lunga durata dell’equilibrio psico-fisico che può causare conseguenze negative sulla salute di un animale”

Vengono qui di seguito riportate le risposte osservate: Breve/lungo squilibrio fisico Breve/lungo squilibrio psicologico Breve Squilibrio psico-fisico (nessuna conseguenza) Breve /lungo Squilibrio psico-fisico (conseguenze negative) N° di risposte 2 3 13 859 Frequenza 0,2% 0,3% 1,5% 97,6%

Osserviamo che la quasi totalità degli intervistati ha scelto la quarta risposta ed il test del Chi-quadrato a campione singolo segnala come questo risultato sia statisticamente maggiore degli altri.

3.2.4 L’importanza delle 5 libertà

La domanda numero 14 e 15 chiedevano agli studenti di quantificare quella che per loro era l’importanza delle 5 libertà riportate dal Brambell Report (1965) per il benessere di un animale, rispettivamente da reddito e da compagnia. Gli studenti potevano rispondere indicando la risposta tra quelle proposte in una scala di cinque valori d’importanza (per niente importante, poco, abbastanza, molto, estremamente). Vengono di seguito riportati i dati ottenuti:

(26)

Libertà da sete, fame e cattiva nutrizione

Importanza animali da reddito animali da compagnia

Per niente 1 (0,1%) 0 (0%) Poco 2 (0,2%) 4 (0,5%) Abbastanza 26 (3,0%) 21 (2,4%) Molto 138 § (15,7%) 138 § (15,7%) Estremamente 709 * (80,6%) 713 * (81,0%)

Libertà di avere un ambiente fisico adeguato

Importanza animali da reddito animali da compagnia

Per niente 0 (0%) 1 (0,1%) Poco 1 (0,1%) 1 (0,1%) Abbastanza 38 (4,3%) 29 (3,3%) Molto 221 § (25,1%) 222 § (25,2%) Estremamente 617 * (70,1%) 624 * (70,9%)

Libertà da dolore, ferite e malattie

Importanza animali da reddito animali da compagnia

Per niente 0 (0%) 0 (0%) Poco 2 (0,2%) 2 (0,2%) Abbastanza 24 (2,7%) 20 (2,3%) Molto 140 § (15,9%) 127 § (14,4%) Estremamente 709 * (80,6%) 727 * (82,6%)

(27)

Libertà di manifestare i normali comportamenti specie-specifici

Importanza animali da reddito animali da compagnia

Per niente 0 (0%) 0 (0%) Poco 5 (0,6%) 5 (0,6%) Abbastanza 74 (8,4%) 48 (5,5%) Molto 289 § (32,8%) 249 § (28,3%) Estremamente 509 * (57,8%) 576 * (65,5%) Libertà da paura e disagio

Importanza animali da reddito animali da compagnia

Per niente 0 (0%) 1 (0,1%) Poco 4 (0,5%) 4 (0,5%) Abbastanza 49 (5,6%) 33 (3,8%) Molto 211 § (24,0%) 165 § (18,8%) Estremamente 611 * (69,4%) 672 * (76,4%)

Nelle tabelle sono stati segnalati con un asterisco i valori delle risposte che sono risultati essere statisticamente maggiori (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo) rispetto a tutte le altre risposte date per la stessa domanda, mentre sono stati segnalati con § i valori delle risposte che sono risultati essere statisticamente maggiori (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo) rispetto alle altre risposte ma minori rispetto alle risposte segnate con asterisco.

Dai dati raccolti è possibile notare che per nessuna delle cinque libertà vi sono differenze rispetto alla tipologia di animale considerata (da reddito o da compagnia) ma si hanno differenze nel numero e nella distribuzione delle risposte tra le diverse libertà: La libertà dalla fame e dalla sete, la libertà dal dolore e la libertà dalla paura sono considerate generalmente estremamente importanti da una grandissima parte degli studenti, mentre la libertà di avere un ambiente adeguato e la libertà di manifestare i comportamenti specie-specifici sono considerate “estremamente importanti” da un minor numero di persone, aumentando di conseguenza il numero di coloro che le considerano “molto o abbastanza importanti”.

(28)

3.2.5 La tutela del benessere

Le domande 16 e 17 chiedevano agli studenti di esprimere il proprio pensiero a riguardo del benessere animale ed in particolare se vi fosse il bisogno di migliorre e tutelare di più il benessere degli animali, rispettivamente verso gli animali da reddito e quelli da compagnia. Per rispondere alla domanda essi potevano scegliere una delle seguenti cinque possibilità :

1) Sicuramente si 2) Probabilmente si 3) Probabilmente no 4) Sicuramente no 5) Non so

Vengono di seguito riportati i dati ottenuti: Sicuramente si Probabilmente si Probabilmente no Sicuramente no Non so Animali da reddito (67,6%) 595 * (29,5%) 260 § (0,8%) 7 (0,5%) 4 (1,5%) 13 Animali da compagnia (37,2%) 327 § (50,6%) 445 * (8,9%) 78 (0,8%) 7 (2,4%) 21

Nella tabella sono stati segnalati con un asterisco i valori delle risposte che sono risultati essere statisticamente maggiori (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo) rispetto a tutte le altre risposte date per la stessa domanda, mentre sono stati segnalati con § i valori delle risposte che sono risultati essere statisticamente maggiori (p=0,001 al test del Chi-quadrato a campione singolo) rispetto alle altre risposte ma minori rispetto alle risposte segnate con asterisco.

È interessante notare come la preoccupazione degli studenti verso il benessere degli animali da reddito sia più forte, dando come maggiore risposta “sicuramente si” mentre per gli animali da compagnia non solo questa risposta è stata data in misura minore ma il numero delle persone che hanno risposto “probabilmente si” rappresenta la maggior parte; inoltre anche la terza risposta “probabilmente no” vede un numero di risposte relativamente alto.

(29)

3.2.6 domanda 18

La domanda numero 18 si compone di 26 affermazioni alle quali gli studenti potevano rispondere scegliendo una tra le cinque possibilità della “scala Likert” (Pienamente d’accordo, d’accordo, incerto, in disaccordo, in completo disaccordo). Ad ognuna di queste scelte è assegnato un valore da 1 (pienamente d’accordo) a 5 (in completo disaccordo); è però importante sottolineare che alcune domande sono state invertite per cui in quei casi i punteggi andranno da 1 (in completo disaccordo) a 5 (pienamente d’accordo). Per l’analisi statistica è stata calcolata la media dei punteggi ottenuti da tutti gli studenti all’interno dei vari anni. Verranno di seguito discussi i risultati relativi esclusivamente ai dati che sono risultati significativi da un punto di vista statistico.

1) 18.2: “non penso ci sia niente di sbagliato nell’utilizzare animali nella ricerca medica”.

Per questa affermazione la scala di punteggio è stata invertita. Il valore ottenuto per il 5° anno è significativamente maggiore (p<0,05 al test ANOVA multivariata e test post-hoc di Bonferroni) rispetto al valore ottenuto al 1° e 2° anno. Questo significa che gli studenti del 5° anno sono in maggior misura in accordo con l’affermazione rispetto agli studenti del 1° e 2° anno.

(30)

2) 18.7: “Molta della ricerca scientifica fatta con animali è non necessaria e crudele”.

Come si osserva dal grafico il punteggio ottenuto dagli studenti del 5° anno è maggiore (p<0,05 al test ANOVA multivariata e test post-hoc di Bonferroni) rispetto al punteggio ottenuto dagli studenti del 1° e 2° anno, ovvero gli studenti del 5° anno sono più in disaccordo con l’affermazione.

3) 18.10: “L’uccisione di balene e delfini dovrebbe essere immediatamente cessata, anche se questo significa che alcune persone potrebbero perdere il proprio lavoro.”

Come si osserva dal grafico il punteggio ottenuto dagli studenti del 3° anno è maggiore (p<0,05 al test ANOVA multivariata e test post-hoc di Bonferroni)

(31)

rispetto al punteggio ottenuto dagli studenti del 1° e 2° anno, ovvero gli studenti dei 3° anno sono più in disaccordo con l’affermazione.

4) 18.15: “Alcuni aspetti della biologia possono essere imparati solo tramite la dissezione di animali conservati in formalina quali rane.”

Per questa affermazione la scala di punteggio è stata invertita. Il valore ottenuto per il 1° anno è significativamente maggiore (p<0,05 al test ANOVA multivariata e test post-hoc di Bonferroni) rispetto al 4° e 5° anno, ovvero gli studenti del 1° anno sono maggiormente in accordo con l’affermazione.

5) 18.20: “L’uso di animali nei circhi e nei rodei è crudele”

Come si osserva dal grafico il punteggio ottenuto dagli studenti del 5° anno è maggiore (p<0,05 al test ANOVA multivariata e test post-hoc di Bonferroni)

(32)

rispetto al punteggio ottenuto dagli studenti del 2° anno, ovvero gli studenti dei 5° anno sono più in disaccordo con l’affermazione.

Per l’analisi statistica delle affermazioni 21, 22 e 24 della domanda 18 è stato eseguito un raffronto tra il numero di persone e dei giudizi da loro espressi nei vari anni di corso. Vengono di seguito riportati i risultati:

6) 18.21: “I veterinari hanno il dovere di fornire servizi quali il taglio delle orecchie e della coda quando questi sono richiesti da un cliente.”

Come vediamo dal grafico la risposta 5 (in completo disaccordo) è risultata in tutti gli anni quella scelta da più studenti, questo numero è però risultato significativamente maggiore degli altri (p=0,001 al test del Chi-Quadrato a campione singolo/ p=0,12 rispetto alle altre risposte all'interno dello stesso anno, Test esatto di Fisher) al 1°, 2° e 5° anno

(33)

7) 18.22: “Gli stessi standard di trattamento compassionevole dovrebbero essere applicati ugualmente agli animali da compagnia e da reddito.”

Come vediamo dal grafico la risposta 1 (pienamente d’accordo) è risultata quella scelta da più studenti solo al secondo anno, mentre negli altri anni la risposta in assoluto più frequente è stata la 2 (d’accordo). Il numero di studenti che ha risposto 1 al secondo e quinto anno e quelli che hanno risposto 2 al terzo e quinto anno è risultato essere statisticamente maggiore (p<=0,019 al test esatto di fisher) rispetto al numero di studenti che ha dato una risposta differente all’interno di ciascun anno.

8) 18.24: “Quando gli interessi di un paziente animale sono in conflitto con i desideri del proprietario, la responsabilità principale del veterinario dovrebbe essere verso l’animale.”

(34)

Come vediamo dal grafico la risposta 1 (pienamente d’accordo) è risultata quella più scelta in tutti gli anni di corso ma solo all’interno del secondo anno il valore è risultato essere statisticamente maggiore (p<=0,018 al test esatto di fisher) rispetto alle risposte nello stesso anno.

I dati ottenuti dalle risposte alla domanda 18 sono inoltre stati usati per analizzare il ruolo del sesso e quale influenza questo possa avere sugli studenti intervistati nel modificare il loro giudizio rispetto al benessere animale. Di seguito vengono riportati i grafici che mostrano i valori medi ottenuti dagli studenti confrontando quelli delle donne e dagli uomini.

(35)
(36)
(37)
(38)
(39)
(40)
(41)

Come si osserva dai grafici, se si fa eccezione per l’affermazione 18.17 in tutte le prime 20 affermazioni i valori medi ottenuti dalle studentesse risultano maggiori di quelli ottenuti dagli studenti maschi.

Per le affermazioni dalla 18.21 alla 18.26 l’analisi statistica è stata incentrata nel valutare quante persone di ogni sesso avessero scelto la stessa risposta. Vengono di seguito riportati i risultati ottenuti.

18.21: “I veterinari hanno il dovere di fornire servizi quali il taglio delle orecchie e della coda quando questi sono richiesti da un cliente.”

L’analisi statistica evidenzia che il numero di donne che hanno risposto 5 (in completo disaccordo) è maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) rispetto al numero degli uomini; inoltre il numero di uomini che hanno risposto 1 (pienamente d’accordo) è statisticamente maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) al numero di donne.

(42)

18.22: “Gli stessi standard di trattamento compassionevole dovrebbero essere applicati ugualmente agli animali da compagnia e da reddito.”

L’analisi statistica evidenzia che il numero di donne che hanno risposto 1 (pienamente d’accordo) è statisticamente maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) rispetto al numero degli uomini; inoltre il numero di uomini che hanno risposto 5 (in completo disaccordo) è risultato essere statisticamente maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) rispetto all’altro genere.

(43)

L’analisi statistica evidenzia che il numero di donne che hanno risposto 5 (in completo disaccordo) è maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) rispetto al numero degli uomini.

18.24: “Quando gli interessi di un paziente animale sono in conflitto con i desideri del proprietario, la responsabilità principale del veterinario dovrebbe essere verso l’animale”

L’analisi statistica evidenzia che il numero di donne che hanno risposto 1 (pienamente d’accordo), 2 (d’accordo) e 3 (incerto) è statisticamente maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) al numero degli uomini per la stessa risposta.

18.25: “I veterinari non dovrebbero essere oblligati a fare l’eutanasia ad un animale sano quando richiesta da un cliente”

(44)

L’analisi statistica evidenzia che il numero di donne che hanno risposto 1 (pienamente d’accordo) è maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) rispetto al numero degli uomini.

18.26: “Argomenti controversi come i diritti animali non dovrebbero essere inclusi nel corso di laurea che sta frequentando”

L’analisi statistica evidenzia che il numero di donne che hanno risposto 5 (in completo disaccordo) è maggiore (p=0,001 al test del Chi-quadrato) rispetto al numero degli uomini.

3.2.7 Le maggiori preoccupazioni riguardo il benessere animale

La domanda 19 chiedeva agli studenti se una o più delle opzioni presentate fosse un argomento del benessere animale che lo preoccupava. Le possibilità elencate erano:

1) Trattamento inadeguato e/o incuria 2) Maltrattamento, abuso, violenza

3) In generale il trattamento degli animali negli allevamenti 4) L’abbandono di cani e gatti

5) L’ignoranza e/o l’irresponsabilità dei proprietari Vengono di seguito riportati i dati ottenuti:

(45)

incuria violenza allevamento abbandono ignoranza

no si no si no si no si no si

N° risposte 440 437 165 712 509 368 449 428 333 544

percentuale 50,0% 49,7% 18,8% 80,9% 57,8% 41,8% 51,0% 48,6% 37,8% 61,8%

Dai dati è possibile vedere come gli studenti siano più preoccupati rispetto ai maltrattamenti ed all’ignoranza rispetto alle condizioni di vita degli animali in allevamento.

3.2.8 La conoscenza del benessere animale

Nelle domande 21 e 22 si chiedeva agli studenti quanto ritenessero di conoscere le condizioni d’allevamento rispettivamente degli animali da reddito e da compagnia. Essi potevano scegliere tra:

1) Molto 2) Poco 3) Per niente 4) Non so

La domanda numero 20 invece chiedeva agli studenti se avessero fatto parte di un’associazione animalista nel presente o nel passato.

Vengono di seguito riportati i dati ottenuti: Ha fatto parte di un’associazione animalista no si Non ha risposto Numero 784 14 82 Percentuale 89,1% 1,6% 9,3%

Conoscenza delle condizioni d’allevamento

Molto Poco Per niente Non so

animali da reddito 205 (23,3%) 592 (67,3%) 29 (3,3%) 45 (5,1%) animali da compagnia 197 (22,4%) 573 (65,1%) 45 (5,1%) 56 (6,4%)

(46)

Dai dati ottenuti si osserva che la risposta più frequente data dagli studenti è in entrambi casi “poco” ed a seguire “molto” sia per l’allevamento degli animali da reddito che da compagnia (p=0,001 al test del Chi-Quadrato a campione singolo).

(47)

CAPITOLO IV

(48)

4.1 ANALISI DELLA POPOLAZIONE

Dai dati analizzati è emerso come la popolazione di studenti di medicina veterinaria che sono stati intervistati sia poco omogenea in particolar modo per quel che riguarda il genere, che vede una forte maggioranza delle donne rispetto agli uomini. Se si prendono a confronto i dati sugli iscritti alle università italiane nell’anno accademico 2016/2017 (dati ISTAT) vediamo che il 55% degli iscritti è di genere femminile ed in particolare gli iscritti a corsi di laurea di discipline scientifiche sono rappresentati solo al 37,9% da donne. Questa forte differenza di genere tra uomini e donne è stata spesso rilevata anche in altri studi effettuati sugli studenti di medicina veterinaria in tutto il mondo come ad esempio negli Stati Uniti d’America (Serpell, 2005), Australia e Nuova Zelanda (Cornish et al., 2016; Verrinder & Phillips, 2014), Croazia (Ostović et al., 2016) nei quali si è registrata una popolazione di studenti composta dal 60 fino all’80% da donne. Appare quindi esservi un trend chiaro e costante dell’aumento del numero di iscritti di genere femminile (Lofstedt 2003;Irvine & Vermilya, 2010) all’interno delle facoltà di medicina veterinaria. Non si hanno dati utili, all’interno di questo studio, per determinare a cosa sia dovuto questo trend ma è possibile ipotizzare che la popolazione di nuovi iscritti dipenda, almeno in parte, dalle aspettative lavorative future e dalla figura del medico veterinario odierno nell’immaginario collettivo. In passato la figura del medico veterinario era maggiormente associata con il lavoro in allevamento con grandi animali, all’opposto del medici veterinari contemporanei, dei quali la grandissima maggioranza svolge il proprio lavoro a contatto con animali da compagnia. Alcuni studi hanno visto come vi sia una spiccata preferenza degli uomini a scegliere carriere legate ad attività di sfruttamento di animali (Serpell, 2005) ipotizzando che questo possa essere dovuto a pregiudizi verso le colleghe donne in un’ambiente storicamente dominato dagli uomini che le porterà quindi ad allontanarsene, o che queste scelgano di lavorare in altri ambiti per la loro capacità di dimostrare più preoccupazione per il benessere degli animali. È quindi possibile che questo fattore, assieme ad altri (che vedremo di seguito) quali l’ambiente nel quale le persone vivono maggiormente e i contatti precoci con animali, influenzi le scelte lavorative e di studio.

L’analisi dei dati raccolti conferma quello che è stato visto in altri studi, ovvero come il sesso sia il fattore più predittivo e costante per valutare la capacità degli studenti di percepire il benessere animale. Le medie dei valori ottenuti da uomini e donne considerando la scala likert applicata nelle affermazioni della domanda 18 vede le donne ottenere quasi sempre punteggi più alti rispetto agli uomini. Quale sia il motivo dietro al fatto che le donne mostrino più attenzione nei confronti del benessere animale è stato largamente ipotizzato ma è difficile, se non impossibile, da dimostrare; le motivazioni potrebbero risiedere in fattori biologici, o essere dovuti alla struttura del cervello, ai valori morali ed etici (Maria, 2006), del loro ruolo nella società (PEEK, BELL,

(49)

& DUNHAM, 1996) o della percezione del mondo (Herzog et al., 1991; Knight, Vrij, Cherryman, & Nunkoosing, 2004; Kruse, 1999; Pifer et al., 1994).

Altri dati particolarmente interessanti riguardanti le caratteristiche della popolazione intervistata sono quelli che ci descrivono una popolazione fortemente concentrata attorno agli ambienti urbani (il 42,5% dichiara di aver vissuto prevalentemente in ambiente urbano e il 29,3% in ambiente sub-urbano, per un totale di 71,8%) in cui appena il 26,8% dichiara di aver vissuto in ambiente rurale. Questo dato assume molta importanza nel comprendere i risultati ottenuti quando è stato chiesto agli studenti di segnalare con quali specie animali avessero avuto contatti ed esperienze prolungate. L’assoluta predominanza di coloro che hanno avuto esperienze con cani e gatti (79,3% e 63,2%) seguiti da vicino da piccoli mammiferi e pesci (47,2% e 41,5%) contrasta fortemente con il numero molto più ridotto di persone che hanno avuto contatti con pollame e cavalli (22,5% e 20,3%) e i pochissimi che abbiano vissuto esperienze prolungate a contatto con bovini e suini (8,9% e 5%). L’immagine che si viene a costruire è quindi quella di una popolazione con poca familiarità con quegli animali che sono tradizionalmente conosciuti come “animali da fattoria” ed in particolar modo con quelli più tipicamente sfruttati per le produzioni animali quasi esclusivamente in grandi allevamenti. Altri studi condotti su studenti di medicina veterinaria (Ostović et al., 2016; Serpell, 2005) suggeriscono che le esperienze con determinate specie animali influenzino la futura scelta lavorativa, per cui l’esperienza diretta e prolungata, in particolare nell’adolescenza, predisporrebbe le persone a desiderare di condurre la propria carriera lavorativa proprio a contatto con le stesse. Questo è coerente anche con i dati raccolti nel presente studio, dove vediamo il 32,6% degli intervistati interessati a svolgere il lavoro di medico veterinario nell’ambito degli animali da compagnia contro coloro che desiderano invece lavorare con cavalli, animali esotici e animali da reddito che rappresentano rispettivamente il 7,8%, 7,3% e 5,5%. Non è trascurabile, a riguardo di questo dato, il fatto che la maggioranza degli studenti (che acconta al 34,3% degli intervistati) abbia espresso il desiderio di occuparsi, una volta laureato, di “più specie animali”, ma non essendo possibile determinare con esattezza a quali specie siano orientati coloro che hanno scelto questa opzione si potrebbero fare solo speculazioni. È però mio parere personale che in quasi tutti questi casi gli studenti volessero esprimere il desiderio di lavorare con “animali da compagnia” insieme ad una delle altre opzioni e che quindi, se fosse stato possibile esaminare più nel dettaglio questo dato, la percentuale di coloro che intendono lavorare in futuro con gli animali da compagnia, rispetto alle altre, sarebbe stata ancora maggiore. In aggiunta, molti studi condotti hanno osservato un collegamento tra esperienze di vita o lavoro in fattoria ed in ambienti rurali con una ridotta preoccupazione per i diritti degli animali ed i problemi di benessere animale (minor avversione alla caccia, all’uso di trappole, all’utilizzo di animali vivi per addestramento dei chirurghi ed, in generale, una visione più utilitaristica degli animali) (Bjerke et al., 1998; Herzog et al., 1991; Hills, 1993).

(50)

Le considerazioni che si possono fare alla luce di questi risultati sono in primo luogo che gli studenti hanno avuto, nel corso della loro vita, maggiori rapporti con animali da compagnia e che quindi ne hanno una maggiore conoscenza rispetto ai grandi animali ed agli animali da fattoria. Questo, come è stato precedentemente discusso, andrà inevitabilmente a condizionare la percezione del benessere animale in modo profondamente differente a seconda delle specie che vengono considerate. È inoltre possibile ipotizzare che la già discussa differenza di genere tra gli iscritti in medicina veterinaria sia legata anche a questi dati: la preferenza osservata negli uomini a scegliere carriere legate alla gestione ed allevamento di animali in ambiti di sfruttamento può aver condizionato la scelta di coloro che, volendo appunto proseguire in attività legate a queste tipologie di animali, non hanno individuato nella medicina veterinaria una scelta di studio consona al raggiungimento di questo scopo in quanto l’idea che si ha del medico veterinario odierno è proprio quella del lavoro con animali da compagnia, portando quindi coloro che sono interessati ad attività differenti (e che si suppone siano in maggioranza uomini) a scegliere indirizzi di studio o lavorativi diversi. È necessario però ricordare che non è lo scopo di questo studio quello di indagare questi argomenti e non si hanno quindi dati precisi a supporto di queste ipotesi.

4.2 IL BENESSERE ANIMALE

I dati raccolti, riguardanti la percezione del benessere animale e dei problemi ad esso annessi, compongono un quadro complesso: innanzitutto, quando viene chiesto agli studenti di indicare quali dati ritenessero più affidabili per misurare lo stato di welfare degli animali, la maggioranza ha risposto “allo stesso modo i parametri fisiologici e comportamentali” ma, nei confronti degli animali da compagnia vi è stato un numero consistente (171, il 19,4%) che ha indicato “i parametri comportamentali” come il dato più affidabile. Questa differenza con gli animali da reddito, per i quali solo 81 (il 9,2%) hanno indicato “i parametri comportamentali” come i più affidabili, è certamente interessante: Circa un quinto degli studenti ritiene che l’osservazione del comportamento sia un dato affidabile e sufficiente per determinare la presenza di malessere fisico o psichico in animali quali cani e gatti. È ragionevole, anche rispetto ai dati che sono stati sopra discussi, pensare che questa differenza si basi in buona parte sulla conoscenza diretta che gli studenti hanno avuto nel corso della loro vita: le esperienze di allevamento e di convivenza accrescono la conoscenza personale e questa modifica dunque il pensiero e le scelte che vengono compiute. La relativa inesperienza del comportamento degli animali da reddito comporta un maggiore affidamento su quei dati meglio conosciuti, ovvero i parametri fisiologici; al contrario, la più vasta conoscenza di quelli che sono gli schemi comportamentali e la miglior capacità di interpretare correttamente i segnali corporei e vocali messi in atto dagli animali da compagnia conferisce una maggior sicurezza nella possibilità di una loro corretta decifrazione. Non solo questo, è anche importante ricordare che il ruolo

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