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Benessere e menzogna

Il pensiero gnostico di Ceronett

2. Tecnica e civiltà

2.1 Benessere e menzogna

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La modernità articola due fenomeni correlati: la civiltà e la tecnica. Per Ceronetti la tecnica è figlia della civiltà e la civiltà è «figlia di Satana»198. L’albero genealogico

della tecnica è dunque maligno, in quanto origina dalla civiltà, che a sua volta è una derivazione della storia. Si tratta di un processo di inesorabile caduta la cui traiettoria ci appare invertita in forma di progresso. Ceronetti non sembra interessato alla questione dell’utilizzabilità della tecnica; i suoi pensieri si concentrano sull’origine del fenomeno. Il sistema industriale ne rivela un aspetto fondamentale:

Se non fosse stato costretto a migliorarsi, il sistema industriale avrebbe avuto gli ultimi sussulti sulla battigia di questo secolo. Tanta disumanità e strazio di vita non poteva tenere. Ma sono volati in suo soccorso, braccia occulte del Male, l’umanitarismo sociale, il filantropismo letterario, il sindacalismo, il marxismo, il laburismo, perfino la religione; redenzione, progresso, salvezza. Ma avete così reso simpatico il male, migliorato l’alito del vampiro, messo guanti di velluto ad artigli inesorabili, che hanno continuato a lacerare. Il sistema industriale cessa di essere distruttivo, e di ingoiare vite umane nelle sue fornaci, soltanto per distruggerci meglio, con l’approvazione di tutti, per diventare il sistema della

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Distruzione Universale. […] Ora che ci ha convinti ad accettarlo, può precipitarci tutti nel fuoco dell’abisso199.

Il punto è che l’umanità, foraggiata dal messianismo scientifico, accetta di buon grado il sistema che contribuisce alla sua stessa distruzione e anzi lo aiuta a progredire. L’industria è «un animale mitologico che dà la morte, un minotauro a cui bisogna sacrificare tutto»200. Il progresso, del pari, assume le caratteristiche di una religione

salvifica la cui genealogia è stata occultata. Ne scaturisce una nuova etica, in cui si esprime la “bontà della vita”:

C’è una nuova Inquisizione, che funziona esclusivamente per colpire l’eresia che mette in dubbio la bontà del vivere […]201.

L’eresia in questione è quella gnostica. Ma il farmaco gnostico rimane debole di fronte alla tecnica, la quale pertanto continua a dilagare su scala planetaria.

Una delle caratteristiche più persuasive della tecnica è la facilità:

[…] Apri il rubinetto e giù acqua… È la maledizione della facilità… Andare a prenderla con un secchio e una

199 Id., Silenzio del corpo, cit., pp. 88-89. 200 Ivi, p. 144.

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bottiglia, quando c’è un guasto, subito ti ricorda che l’acqua è preziosa, che la vita è sforzo. […]

Il rubinetto è immorale, come tutto quel che è facile […]. […] l’acqua di questo grande mondo non è infinita e i draghi urbani, industriali e nucleari giocano a sterminarla202.

Tutto ciò che è facile è per ciò stesso immorale. Questo precetto si inscrive perfettamente nella prospettiva gnostica: i frammenti di Luce sono dispersi tragicamente in un mondo alieno e perverso, senza che nessuno possa rimettersi sulle loro tracce. –

Facilità e bene s’intrecciano a formare la più congegnata delle menzogne ascrivibili al

principio del Male.

Il moderno confort, avvisa Ceronetti,

si paga in guerra. Perciò vogliamo a qualunque costo evitarla, nello stesso tempo aumentando smisuratamente – Ibris – l’apparato di pace. Produzione e commercio da Belles Époque riunite, diabolica facilità della vita, negazione della morte. Perché ci sia equilibrio le armi esplosive devono essere sempre più micidiali: è Nemesis che lo vuole. Solo una colossale carestia giustificherebbe

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un regresso, se non un vero disarmo, della capacità delle armi esplosive di bilanciare Piacere e Dolore203.

L’aumento del piacere determinato dal confort della tecnica è direttamente proporzionale alla crescita del tasso di distruzione che minaccia il mondo. Solo una “colossale carestia” riporterebbe l’umanità al giusto equilibrio e alla pace. In mancanza di ciò, una consapevolezza universale sarebbe auspicabile, ma insufficiente – il grido di aiuto dell’umanità è come il grido del dormiente nel sogno:

Dormendo, ci sforziamo di gridare aiuto e l’urlo non può uscire: il sogno non sfoga che in una contratta raucedine interiore la nostra paura. Allo stesso modo, pieni di angoscia per le conseguenze dello sviluppo tecnico delle nazioni, non riusciamo a spremere che suoni molto deboli, da nessuno percepiti. Anche gridando in tanti, tutti insieme, non fabbricheremmo un urlo universale capace di farsi sentire da questa umanità sonnambula che si destina al fuoco. Stiamo gridando in sogno204.

L’infezione tecnologica ha assopito le coscienze. Ma non occorre essere “uno Schopenhauer” per udire l’urlo di sofferenza che avvolge il mondo:

203 Id., Silenzio del corpo, cit., pp. 131-132. 204 Ivi, p. 158.

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Io sono uno qualsiasi nel grande mucchio, eppure li ho percepiti e mi hanno fatto da bussola. E Abramo Lincoln li ha uditi, dalle piantagioni di cotone, e Gandhi nelle due Indie. E tra i poeti moderni parecchi: Baudelaire, Rimbaud, Campana, Owen, Achmatova, Šalamov, Thomas, Cvetaeva… Tra i pittori Schiele, Munch, e Sironi dopo il suicidio di Rossana. I papi ne parlano, spargono unguenti di luoghi comuni, ma non hanno orecchie fatte per intenderli. Tra i filosofi, Michelstaedter, per averli uditi, a ventitré anni si è ucciso. Dostoevskij e Tolstoj: due intere lunghe vite all’ascolto di quei suoni, telegrafisti inchiodati di giorno e di notte all’apparecchio trascrivente205.

In un mondo sempre più soggetto alla tecnologia, al rumore e alla Tenebra, occorre saper scorgere le particelle di Luce che si sprigionano dal grido di Sofferenza Universale. Chi vi riesce, non è ancora perduto.