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Libertinismo: il male per il bene

Il pensiero gnostico di Ceronett

3. L’etica gnostica: Spinoza e Sade

3.5 Libertinismo: il male per il bene

Se è possibile affermare che l’idea di natura di Spinoza corrisponde a quella di Sade, allora anche per quest’ultimo le passioni basse rappresentano la sottomissione dell’uomo alla morsa del Male. In che modo, dunque, il libertinismo può essere considerato (al pari della castità) una pratica che muove verso la liberazione? Qual è la differenza fondamentale tra l’uomo comune, sottomesso al dominio delle passioni basse, e il libertino che all’apparenza vi si abbandona in egual misura? La risposta si trova nella nozione di perversione. Diversamente dall’uomo comune, che si sottomette alle passioni basse e segue (per così dire) il movimento che esse gli impongono, il perverso subordina volontariamente le sue funzioni vitali a un appetito sproporzionato. Si tratta di un atto di forza – inverso a quello della castità – che intende cavalcare l’appetito portandolo oltre

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le sue possibilità; l’atto perverso trasfigura l’appetito, permettendo all’esecutore di passare dal ruolo di succube a quello di padrone. Il risultato, il “fine”, del perverso è lo stesso di quello del casto – ovvero, l’accrescimento del proprio essere:

La perversione corrisponderebbe così a una proprietà

d’essere fondata sull’espropriazione delle funzioni vitali.

Un’espropriazione del proprio e dell’altrui corpo sarà di conseguenza il senso di questa proprietà d’essere282.

Uno degli atti che maggiormente qualifica la pratica perversa è quello della sodomia. Per suo tramite, il perverso soddisfa l’appetito separandolo dal principio vitale che lo muove (negando così il dogma del mondo moderno “la vita è bene”, che incoraggia la procreazione283). Il perverso non è dunque più sottomesso all’appetito, ma lo

sottomette, lo trascende e lo sublima. Egli accoglie la passione dominante per poi aggredirla, sublimarla, trascenderla e infine perderla.

[…] la sodomia si qualifica con un gesto specifico di controgeneralità, il più altamente significativo agli occhi di Sade: quello che colpisce la legge di propagazione della specie e che testimonia così della morte della specie

282 P. Klossowski, Il filosofo scellerato, cit., p. 29. 283 Cfr. infra, seconda parte, par. 1.1.

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in un individuo. Non si tratta soltanto di un atteggiamento

di rifiuto, ma di un’aggressione: pur rimanendo il

simulacro dell’atto di generazione, la sodomia ne è la derisione284.

L’atto etico del libertino si concretizza in un’aggressione al concetto (contrario al pensiero gnostico) che fonda il dogma del mondo moderno; Ceronetti lo sintetizza nel detto “la vita è bene”. La sottomissione agli atti libidici è dunque apparente: il libertino aggredisce e distrugge l’essenza delle passioni basse. L’atto supera dunque l’oggetto, ma è il processo di reiterazione che lo separa definitivamente dalla sua funzione primaria – l’orgasmo:

Non basta che nell’atto sodomita l’orgasmo non costituisce che una dispersione di forze, in quanto godimento inutile: questo godimento inutile si confonde con l’estasi del pensiero, attraverso la reiterazione dell’atto, questa volta separato dall’orgasmo285.

L’intento finale del perverso non è dunque l’estasi corporea, ma l’estasi del

pensiero; con ciò si può affermare che la perversione, emancipando prima il godimento

284 P. Klossowski, Il filosofo scellerato, cit., p. 31. 285 Ivi, p. 38.

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dalle sue funzioni vitali (sodomia) e poi ripetendo inutilmente l’atto “separato dall’orgasmo” (reiterazione), emancipa di fatto l’esecutore dalla passione che aveva accolto, la distrugge dall’interno e la libera dalle sue catene. Il fine del perverso, come quello del casto, è dunque diretto alla vita intellettiva e all’emancipazione dalle passioni corporee.

Inoltre, Klossowski afferma che in Sade la reiterazione coincide con l’estasi286.

Essa è dunque associabile a un atto mistico, propedeutico alla realizzazione della

mostruosità integrale,cioè l’inversione e, infine, la confusione dei generi sessuali:

L’uomo, che tradizionalmente è il solo a esercitare la riflessione, rappresenta il sesso ragionevole; è dunque

anche il solo chiamato a render conto

dell’irragionevolezza.

Invece la donna, per quanto mostruosa, perversa, delirante possa essere, non viene mai considerata “anormale”, in quanto nelle norme è iscritto che per sua natura non possiede affatto riflessione, né equilibrio, né misura e che rappresenta sempre e soltanto il sensibile incontrollato, più o meno attenuato da una riflessione prescritta dall’uomo. […] La donna tuttavia possiede

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delle risorse che l’uomo non possiederà mai, ma che condivide con il perverso.

Ora, la mostruosità integrale progettata da Sade opera come effetto immediato uno scambio dei sessi nelle loro qualità specifiche287.

In un articolo in cui si intuisce la presenza intellettuale del Marchese, Ceronetti afferma:

Siamo donne malriuscite, femmine barbute, noi apici della virilità e luci dell’eterno maschilino, bande di fuchi vaganti, e alla fine dei tempi la maschera virile sarà in frantumi, tutto sarà femmina o femminile, la partenogenesi fiorirà come il trifoglio, Tiamat si vendicherà crudelmente di Marduk, e il Caos riprenderà i suoi diritti sull’oppressione dell’Ordine apparente e insignificante.

[…]

L’androgino è la nostra immagine primordiale: la separazione successiva esigeva due apparati sessuali, due diversi cicli, due pubertà, due climateri. Niente di strano, è natura. Ma, in profondo, non c’è che l’unità dei due288.

287 Ivi, pp. 40-41.

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Pur osservando, dunque, che in Sade (come in Spinoza) la realtà è interamente collocata sul piano dell’immanenza, e che il pensiero di Ceronetti, gnostico e dualista, si muove lungo le coordinate della trascendenza, si nota una corrispondenza di ordine mitico nell’intento sadiano di un ritorno all’androginia che sposa l’idea ceronettiana dell’origine dell’essere umano prima della separazione sessuale. Potrebbe sembrare che – proprio come il perfetto sistema spinoziano “vacillò di fronte ai grovigli del cuore” – la realtà sadiana, priva di trascendenza, ha intravisto qualcosa al di là delle “onnicomprensive” leggi della natura. Attraverso la trasfigurazione androgina dei suoi personaggi – che implica il richiamo al mito e trascende le leggi della natura immanente – Sade supera dunque il suo stesso obiettivo: esso, infine, trascende sé stesso.

Se l’etica gnostica prevede due vie opposte, castità spinoziana o perversione sadiana, dove si può collocare lo scrittore torinese? Il crimine assoluto di Sade, sulla base di ciò che è stato precedentemente osservato289, non sembra accettabile per Ceronetti;

d’altra parte, la propensione immaginativa dell’autore lo allontana dalla razionalità spinoziana (egli stesso afferma: «immaginare è il mio peccato di antispinozismo»290). Le

sue parole sembrano fornire un’indicazione:

289 Cfr. infra, seconda parte, par. 1.1. 290 Id., Ultimo mio Spinoza, cit., p. 24.

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Non rifiutando il tragico, non pretendendo di convertirci a una metafisica ottimistica, Sade è molto più accettabile di Spinoza291.

Ma il sadismo di Ceronetti è frutto di una lettura superficiale. Egli, di fatto, non appartiene in modo esclusivo a nessuna delle due postazioni; entrambe convergono verso una categoria che le assorbe e trasfigura e che caratterizza più di qualsiasi altra la reale prospettiva di Ceronetti: l’arte.