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Blocco neuromuscolare residuo, ricurararizzazione e conseguenze postoperatorie

2.1 Monitoraggio dell’intensità del blocco neuromuscolare senza neurotrasmettitore

2.4 Blocco neuromuscolare residuo, ricurararizzazione e conseguenze postoperatorie

Studi sperimentali riportano che i muscoli rispondono in maniera diversa all’azione dei bloccanti neuromuscolari. Questo sembrerebbe dovuto alla presenza sulle fibre dei vari gruppi muscolari di differenti subunità per l’acetilcolina.

Nei mammiferi adulti, con poche eccezioni, le fibre muscolari scheletriche contengono una singola giunzione neuromuscolare, di solito situata al centro della fibra, e queste fibre singolarmente-innervate sono state i modelli per indagare l'assemblaggio, la struttura e la funzione della giunzione (Sanes, 2001).

Sebbene diverse proteine siano coinvolte nella struttura della giunzione, la più importante è il recettore nicotinico (AChR), che consente la trasmissione degli impulsi nervosi nella fibra. La concentrazione dei recettori nicotinici nella membrana subsinaptica è il risultato di un processo complesso che coinvolge migrazione recettoriale, capacità nucleari, e cambiamenti nell'espressione genica del recettore (Sanes & Lichtman, 1999).

Nelle fibre immature si trovano nuclei in grado di sintetizzare le subunità per i recettori nicotinici dell’acetilcolina per tutta la lunghezza della fibra, inoltre queste fibre hanno un’innervazione polineuronale (Brown & Jensen,1976). Con la maturazione, l'innervazione polineuronale viene persa, i recettori preformati migrano alla regione sinaptica e la sintesi di subunità del recettore è in gran parte limitata a nuclei subsinaptici. Nel muscolo scheletrico adulto le subunità per il recettore nicotinico dell’acetilcolina sono sintetizzate solo da questi nuclei subsinaptici.

Tutti questi cambiamenti, tra le fibre mature e immature, non sembrano avvenire in maniera uguale nei vari gruppi muscolari. Alcuni di loro mantengono più fibre muscolari immature rispetto ad altri e per questo hanno una risposta diversa all’acetilcolina (Fraterman et al., 2006). Nei cani e nei gatti, sembrerebbe, che i muscoli responsabili della ventilazione siano più resistenti all’azione dei bloccanti neuromuscolari, rispetto ai muscoli degli arti; per questo riprendono la loro funzione prima dei muscoli degli arti (Auer et al., 2007).

I muscoli della laringe del gatto sono risultati più resistenti all’effetto del rocuronio rispetto ai muscoli dell’arto pelvico. Uno studio sperimentale del 2016, ha incluso 22 gatti che sono stati sottoposti a dosaggi differenti di rocuronio con l’obiettivo di identificare il dosaggio più basso da utilizzare per l’intubazione. I dosaggi di rocuronio utilizzati sono stati rispettivamente 0,1- 0,2-0,3-0,6 mg/kg. Ad eccezione del dosaggio di 0,1 mg/kg con il quale non si è verificato un blocco completo della laringe in tutti i gatti, nonostante ci fosse una totale assenza di risposta dei muscoli dell’arto posteriore testato attraverso l’uso del TOF, non si è verificato un totale impedimento all’abduzione delle aritenoidi (Martin-Flores et al., 2016). Tale evenienza era già stata dimostrata nell’uomo dove è stato osservato che i muscoli della laringe erano più resistenti al vecuronio rispetto ai muscoli del pollice (Al

41 Iwasaki et al,1994). Tale studio ci porta a pensare che un animale, sottoposto a un bloccante neuromuscolare, quando riprende la sua funzione ventilatoria autonoma non è detto che sia completamente svincolato dal blocco.

Murphy nel suo studio condotto nel 2005, valutò se la ripresa della ventilazione spontanea nei soggetti sottoposti a bloccanti neuromuscolari, fosse un parametro oggettivo che mostrasse la completa inversione del blocco. Su 22 cani sottoposti a un dosaggio di vecuronio di 25 mcg/kg per via endovenosa, la risoluzione del blocco è stata monitorata tramite TOF. Dallo studio è emerso che la ripresa della ventilazione spontanea non corrisponde a una completa risoluzione della curarizzazione, monitorata tramite TOF posizionato sull’arto posteriore. In questo studio il TOF risultava avere una ratio inferiore al 20% anche se vi era una ripresa totale della respirazione autonoma (Murphy & Szokol, 2005). Quindi, se ci basassimo soltanto sui parametri della ventilazione per monitorare il blocco, questo aumenterebbe il rischio di una paralisi residua. La curarizzazione residua nel post operatorio può essere una complicazione che si verifica con l’utilizzo dei bloccanti neuromuscolari.

In medicina umana è dimostrato che il blocco neuromuscolare residuo aumenta il rischio di eventi avversi come l’ostruzione delle vie aeree superiori e ipossia (Murphy et al., 2008). Viene infatti riportato che il blocco neuromuscolare residuo è una complicanza comune nel reparto di terapia intensiva nei pazienti postanestesia, con circa il 40% dei pazienti che presentano un rapporto tof <0,9.

Nell’uomo, è necessario un rapporto di accelerografia mediante TOF ≥ 90%, per essere considerato adeguato il recupero del blocco neuromuscolare (Kaufman et al., 2003).

Nei cani non è stato ancora stabilito un rapporto adeguato di recupero, tuttavia, è evidente che un rapporto TOF ≤ 20% indichi che il ripristino del blocco è lontano dall'essere completo, almeno nel muscolo monitorato, per cui è auspicabile aspettare almeno un recupero del 80- 90 % della percentuale TOF per evitare le conseguenze del blocco residuo (Moreno- Sala & Ortiz-Martinez, 2013).

Nel gatto ma anche nel cane, il blocco neuromuscolare residuo è stato associato a disfunzione della laringe con una riduzione delle dimensioni delle vie aeree superiori e della loro funzione; questo aumenta il rischio di aspirazione tracheale e di conseguenza di polmonite ab ingestis (Martin- Flores et al., 2016).

La migliore strategia per ridurre al minimo il rischio di un blocco residuo è quello di monitorare accuratamente il grado del blocco prima della fine dell’anestesia generale. Il monitoraggio quantitativo tramite l’utilizzo del TOF sembra infatti ridurre notevolmente l’incidenza di complicazioni legate al blocco residuo (curarizzazione residua) e risulta essere più preciso e oggettivo della valutazione visiva delle risposte muscolari evocate manualmente sui nervi di cavalli anestetizzati (Martin-Florens et al., 2008), (Brull & Murphy, 2011).

In veterinaria, tuttavia, sono necessari ulteriori studi per indagare il reale impatto di un blocco neuromuscolare residuo.

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CAPITOLO 3

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