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Impiego di basse dosi di Rocuronio mediante infusione continua per la centralizzazione del globo oculare nel cane

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Academic year: 2021

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SOMMARIO

OBIETTIVO: valutare la posizione del globo oculare mediante infusione continua di rocuronio con o senza bolo di carico a diverso dosaggio, in cani sottoposti a chirurgia oftalmica.

MATERIALI E METODI: Sono stati utilizzati 30 cani di razze ed età diverse, anestetizzati per procedure oftalmologiche. I pazienti sono stati suddivisi in 3 gruppi, in modo casuale: GB5 ha ricevuto una infusione continua di rocuronio ad una velocità di 0,1 mg/kg /h preceduta da un bolo endovenoso di rocuronio alla dose di 0,05 mg/kg; GB3 un’infusione continua ad una velocità di 0,1 mg/kg/h preceduta da un bolo endovenoso alla dose di 0,03 mg/kg, GNB un’infusione continua di rocuronio ad una velocità di 0,1 mg/kg/h senza bolo di carico.

MATERIALI E METODI: Tutti gli animali sono stati premedicati con acepromaziana (20 μg/kg IM) e metadone (20 μg/kg IM), indotti con propofol 2-4 mg/kg. L’anestesia generale è stata mantenuta con isofluorano in miscela ossigeno e area (FiO2 60%). La funzione neuromuscolare è stata monitorata mediante Train-of-Four (ToF) e ToF rate (ToFr), attraverso la stimolazione del nervo facciale. Sono stati valutati i seguenti parametri frequenza cardiaca (FC), frequenza respiratoria (FR), pressione sistolica, media e diastolica (PAS, PAM, PAD), concentrazione espirata di isoflurano (FeISO), pressione di anidride carbonica a fine espirazione (EtCO2), temperatura corporea (T) e i cambiamenti nella posizione del globo oculare, ogni cinque minuti.

RISULTATI: non sono state rilevate differenze significative tra i gruppi per i parametri di FC, FR, PAS, PAD, PAM, EtCO2, FeIso. I valori più bassi di ToFr sono stati registrati nel gruppo GB5. La centralizzazione del globo oculare si è ottenuta nel gruppo GB5 per il 100% dei soggetti al T5, nel gruppo GB3 per il 70% al T5 e per il 100% al T10, nel GNB PER IL 90% al T25.

CONCLUSIONI: tutti i dosaggi di rocuronio hanno consentito di ottenere la centralizzazione del globo senza determinare effetti significativi sull’attività cardiovascolare, anche se con tempi d’insorgenza differenti.

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ABSTRACT

AIM OF THE STUDY: to evaluate the effect on globe position by constant rate infusion of rocuronium preceded or not by a bolus at different dosages.

MATERIAL AND METHODS: 30 dogs of various breeds and, anesthetized for surgical ophthalmic procedures, were enrolled in the study. The dogs were randomly divided into three groups: GB5 received a bolus dose of 0.05 mg/kg rocuronium and an infusion of 0.1 mg/kg/hour; GB3 received a bolus dose of 0.03 mg/kg rocuronium and an infusion of 0.1 mg/kg/hour; GNB received an infusion of 0.1 mg/kg/h started without a loading bolus dose. All the patients were premedicated with acepromazine (20 μg/kg IM) and methadone 0.2 mg/kg IM. The induction was obtained with propofol at 2-4 mg /kg. General anesthesia was maintained with isoflurane in oxygen and air (FiO2 60%). Neuromuscular function was assessed using Train-of-Four (ToF) e ToF ratio, by stimulation of facial nerve. During the surgery heart rate HR, respiratory rate (RR), systolic, mean and diastolic artery pressure (SAP, MAP, DAP), end-tidal isoflurane percentage (FeISO), end-tidal carbon dioxide EtCO2, body temperature and change globe position were recorded, every five minutes. RESULT: no relevant differences were detected between groups about HR, RR, SAP, MAP, DAP, FeISO, EtCO2. Lower values of ToFr were detected on GB5 group. The globe centralization was achieved in 100% of GB5 group at T5, in 70% and in 100% of GB3 respectively at T5 and T10, in 90 % of GNB group at T25.

CONCLUSIONS: All dosages of rocuronium resulted in the centralization of the globe without a significant effect on cardiovascular activity, though with different onset times.

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INTRODUZIONE

L’introduzione dei bloccanti neuromuscolari ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nella pratica anestesiologica. Anche se in maniera differente, quasi tutti i farmaci utilizzati in anestesia determinano un certo grado di rilassamento muscolare, in gran parte dose-dipendente. Un esempio sono le benzodiazepine o gli agonisti 2-adrenergici che esplicano la loro azione a livello centrale, determinando miorilassamento.

Prima che si rendessero disponibili i farmaci selettivi di blocco della trasmissione neuromuscolare, l’anestesista, per soddisfare le esigenze operatorie del chirurgo, era costretto a somministrare al paziente elevate dosi di anestetico generale al fine di ottenere un adeguato rilassamento muscolare, pagando, dal punto di vista clinico, tutte le conseguenze di un piano anestesiologico eccessivamente profondo.

I bloccanti neuromuscolari rappresentano l’unica classe di farmaci che agendo esclusivamente sulla miorisoluzione, consentono di raggiungere un adeguato rilassamento intraoperatorio senza dover ricorrere a dosaggi eccessivi di anestetico generale e permettendo così di ottenere una buona anestesia bilanciata.

Le esigenze di curarizzare, in chirurgia veterinaria, sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle presenti in chirurgia umana, nella quale la miorisoluzione rappresenta una componente fondamentale per soddisfare le richieste operatorie e l’intubazione del soggetto.

In medicina veterinaria, con poche eccezioni, per intubare i pazienti non è necessario somministrare miorilassanti e, inoltre gran parte degli interventi chirurgici sugli animali può essere agevolmente condotta con il paziente in ventilazione spontanea.

Raramente gli interventi chirurgici nei pazienti veterinari richiedono una miorisoluzione spinta come quella offerta dalla curarizzazione, con l’unica eccezione della chirurgia oculistica, nella quale la centralizzazione del globo oculare rappresenta spesso una condizione irrinunciabile.

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Durante le procedure oftalmiche sia diagnostiche (l’elettroretinografia) che chirurgiche (chirurgie corneali e intraoculari), qualsiasi movimento dell’occhio deve essere limitato o assente e il globo oculare dovrebbe trovarsi in posizione centrale.

La posizione del globo oculare, oltre che dal tipo di farmaci impiegati, è correlata anche alla profondità dell’anestesia. Nel cane, la maggior parte degli anestetici sia inalatori che iniettabili determinano, con un piano anestesiologico poco profondo, la deviazione del globo oculare in posizione ventro-mediale e la parziale o completa provvidenza della terza palpebra, mentre man mano che si approfondisce il piano anestesiologico il globo oculare tende a centralizzarsi. Un piano anestesiologico profondo, però può comportare grave depressione dell’attività cardiovascolare e respiratoria.

Con l’utilizzo dei bloccanti neuromuscolari otteniamo la centralizzazione del globo oculare senza dover ricorrere ad un piano anestesiologico profondo (Gazzanelli et al., 2005).

Quindi i bloccanti neuromuscolari sono in grado, non solo di centralizzare il globo oculare migliorando le procedure chirurgiche ma anche di ridurre l'uso di altri farmaci anestetici e gli effetti deleteri di un’anestesia profonda sul sistema cardiovascolare.

Il curaro e la succinilcolina furono i primi miorilassanti utilizzati in mediacina veterinaria, si tratta di molecole non prive di effetti collaterali, mentre le molecole di nuova generazione tra cui il rocuronio sono state studiate per minimizzare gli effetti avversi cardiovascolari.

Il rocuronio in medicina umana è impiegato già da qualche decennio in aggiunta all’anestesia come coadiuvante per migliorare le condizioni chirurgiche (Huang YF, Pryor ME et al, 1998). Introdotto recentemente in medicina veterinaria, il

suo utilizzo è già stato documentato in diverse specie sia con studi sperimentali che clinici (Auer, 2005; Auer et al., 2007a; Auer & Mosing, 2007; Alderson et al., 2007). Il rocuronio è un agente non depolarizzante con breve durata d’azione, possiede potenza relativamente bassa ma al contempo mostra un

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9 onset rapido di circa 98±58 secondi nel cane (Dugdale et al., 2002). Il suo utilizzo nel cane è stato descritto in studi clinici sia con boli ripetuti per il mantenimento del blocco (Dugdale et al., 2002) sia per infusione (Alderson e al., 2007).

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CAPITOLO 1

BLOCCANTI NEUROMUSCOLARI

1.1 Storia dei bloccanti neuromuscolari

I miorilassanti sono sostanze che provocano una paralisi flaccida della muscolatura scheletrica che avviene per inibizione della conduzione dell’impulso elettrico a livello della giunzione neuromuscolare.

La storia dei miorilassanti inizia con la scoperta del curaro nel sedicesimo secolo, a seguito delle esplorazioni dell’Amazzonia. Questa sostanza è stata utilizzata per secoli dagli Indi sudamericani sulle frecce e sulle lance per la caccia, ma anche come sostanza magica nelle cerimonie rituali. Il veleno veniva ricavato dal Chondrodendrum e dalla Strychnos. Già Claude Bernard, fisiologo francese, scoprì nei suoi esperimenti che il curaro riusciva a paralizzare i muscoli respiratori e la vittima veniva a morte per soffocamento. L’impiego di rilassanti neuromuscolari in medicina umana risale al 1942 e ciò ha comportato un importante vantaggio per l’anestesia in quanto è diventato possibile raggiungere un buon grado di miorilassamento indipendentemente dalla profondità dell’anestesia (Griffith & Johnson, 1942). L’Inizio del loro utilizzo, in medicina rappresentò una vera e propria rivoluzione in quanto era incomprensibile per i medici dell’epoca, cresciuti con il motto "Where there is breath, there is hope", somministrare farmaci che intenzionalmente bloccano i muscoli respiratori.

Il primo utilizzo di miorilassanti nel cane risale alla metà del 1900 con l’impiego inizialmente di curaro (Pickett, 1951) e succinilcolina (Riley et al., 1956), seguiti da diversi agenti non depolarizzanti introdotti più recentemente in medicina veterinaria come pipecuronio, atracurio pancuronio e vecuronio (Jones, 1985; Jones, 1987; Narita T.& al., 1992; Ioneda et al., 1994; Iwasaki et al.,1994; Lee et al., 1998; Sai et al., 1998; McMurphy et al., 2004; Kastrup et al., 2005; Kariman & Clutton, 2008; Sarrafzadeh-Rezaei & Clutton, 2009) fino a molecole

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11 più nuove come il rocuronio, studiato per minimizzare gli effetti indesiderati cardiovascolari.

1.2 Cenni di fisiologia della giunzione neuromuscolare

Le fibre muscolari sono innervate da grosse fibre nervose mieliniche, che originano da grandi motoneuroni nelle corna anteriori del midollo spinale. Ogni fibra nervosa, dopo essere penetrata nel muscolo, si ramifica più volte e stimola da tre a diverse centinaia di fibre muscolari. Ogni terminazione nervosa forma una sinapsi con la fibra, detta giunzione neuromuscolare.

La sinapsi fra il motoneurone e il muscolo scheletrico, costituisce l’esempio meglio conosciuto di trasmissione chimica diretta presente nei vertebrati ed è una delle poche sinapsi del sistema nervoso di cui è nota la maggior parte dei dettagli della trasmissione chimica in quanto è sufficientemente grande da essere studiata con facilità. Inoltre la disposizione anatomica delle sinapsi neuromuscolari è piuttosto semplice: nei vertebrati, ogni fibra motrice innerva una sola fibra muscolare.

L’assone della fibra motrice innerva una zona specifica della membrana muscolare che è detta placca motrice. In prossimità della placca, la fibra motrice perde il suo rivestimento, la guaina mielinica e si suddivide in numerose branche terminali. Ciascuna di queste branche terminali forma alla sua estremità un bottone sinaptico a livello del quale viene liberato il neurotrasmettitore. I bottoni sono situati in corrispondenza di depressioni della fibra muscolare dette pieghe giunzionali che contengono i recettori per l’acetilcolina (Ach). Su queste pieghe si stende una membrana basale che ricopre tutta la superficie della fibra muscolare.

La giunzione neuromuscolare è costituita da due strutture distinte e separate, che si possono schematicamente distinguere in una componente presinaptica

(nervosa) e postsinaptica (muscolare). A separazione dei due versanti, c’è uno

stretto spazio che misura circa 20-30 nm chiamato spazio sinaptico o fessura sinaptica. Nel versante presinaptico avvengono tutta quella serie di eventi che

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conducono al rilascio del neurotrasmettitore rappresentato dall’acetilcolina che viene sintetizzata nel citoplasma del bottone terminale e accumulata all’interno di numerose piccole vescicole sinaptiche.

Ogni qualvolta che il potenziale d’azione arriva al terminale presinaptico della fibra motrice determina la depolarizzazione della membrana nervosa. Questo comporta l’apertura dei canali del calcio (Ca++) localizzati sul bottone

presinaptico. Questi canali vengono definiti “voltaggio dipendenti”, ovvero si aprono e si chiudono in seguito a modificazioni del potenziale di membrana. La diffusione di ioni Ca++ dall’ambiente extracellulare, verso l’interno della fibra

nervosa presinaptica comporta modificazioni a carico delle vescicole sinaptiche e il rilascio del loro contenuto nella fessura sinaptica, per esocitosi. Non tutto il neurotrasmettitore tuttavia raggiunge i recettori in quanto si mettono in moto due diversi processi volti a ridurre la concentrazione di acetilcolina nella fessura sinaptica, risultato ottenuto sia per redistribuzione che per idrolisi da parte dall’enzima acetilcolinesterasi localizzato nella membrana basale.

Nel versante postsinaptico avviene il legame dell’acetilcolina con i recettori nicotinici presenti sulla membrana muscolare postgiunzionale, permettendo il passaggio di ioni Na+ e Ca++ dall’esterno all’interno della cellula muscolare e

ioni K+ in senso opposto. Tale legame determina la depolarizzazione della

placca neuromuscolare, lo sviluppo del potenziale di placca postgiunzinale (EPP) e infine la contrazione muscolare.

I recettori postsinaptici sono localizzati sulle pieghe postgiunzionali, immediatamente di fronte ai siti di rilascio dell’acetilcolina sul versante pregiunzionale. (Hirokawa & Heuser, 1982).

Nella zona sottostante l’apice delle pieghe, la membrana del muscolo è ricca di canali Na+ voltaggio dipendente, che trasformano il potenziale di placca in

un potenziale di azione. Il potenziale postsinaptico eccitatorio è chiamato

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I recettori postgiunzionali si dividono in due tipi: giunzionali ed extra-giunzionali (Edwards, 1979):

 Recettori giunzionali: si trovano sulla placca neuromuscolare degli animali adulti e sono responsabili della contrazione muscolare quando interagiscono con l’acetilcolina e del miorilassamento quando interagiscono con i bloccanti neuromuscolari.

 Recettori extra-giunzionali: si trovano soprattutto nei neonati, per questo vengono definiti anche fetali mentre non sono presenti in quantità elevata sulle membrane dei muscoli scheletrici dei mammiferi adulti. Sono distribuiti in gran parte al di fuori della placca neuromuscolare (localizzazione extra-giunzionale), in contrapposizione alla variante cosiddetta adulta o matura (giunzionale) presente esclusivamente all’interno della placca.

I recettori extra-giunzionali si possono ritrovare anche nell’adulto in quanto la loro espressione non è completamente abolita, ma semplicemente quiescente e inoltre perché il loro numero è funzione inversa del grado di innervazione di un muscolo. Quindi tutte quelle situazioni che portano a una riduzione dell’innervazione come lesioni del midollo spinale o un lungo periodo di disuso del muscolo portano ad un aumento dell’espressione dei recettori extra-giunzionali.

I recettori extra-giunzionali sembrano essere più sensibili ai bloccanti neuromuscolari depolarizzanti come la succinilcolina e meno sensibili ai non depolarizzanti come l’atracurio (Azar, 1984). Questa caratteristica, per lo meno nell’uomo ha importanti ripercussioni dal punto di vista pratico: l’utilizzo di succinilcolina in situazioni cliniche in cui vi sia un’ampia espressione di recettori extra-giunzionali provoca un prolungamento dei tempi di apertura dei canali ionici, in virtù dell’aumentata sensibilità nei confronti dell’agonista. Ciò comporta una maggiore fuoriuscita di potassio dal muscolo, con conseguente iperkaliemia che può esitare in gravi e pericolose alterazioni del ritmo cardiaco.

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I recettori nicotinici per l’acetilcolina si trovano anche sulla porzione presinaptica ma la loro funzione in questo sito è quella di sintesi e liberazione delle riserve del neurotrasmettitore non della sua diffusione (Bowman, 1980).

A tale livello la loro funzione principale è quella di modulare la liberazione di acetilcolina in base alle richieste fisiologiche.

Tornando ai recettori postgiunzionali, questi recettori osservati al microscopio elettronico, si presentano formati da una fossa centrale circondata da una superficie circolare rialzata.

L’area circolare rialzata è la bocca di un cilindro di proteine che sporge attraverso la membrana cellulare e contiene i siti di legame per l’acetilcolina e altri ligandi. La fossa centrale è l’apertura extracellulare di un canale ionico che corre per tutta la lunghezza del cilindro.

L’area centrale è costituita da cinque unità di cui due unità  e tre sub-unità codificate rispettivamente come ,  e . Queste sub-unità sono unite insieme a formare una sorta di “corona allungata” che attraversa a tutto spessore la membrana postsinaptica e il cui interno è interamente attraversato da un canale che ha la funzione di permettere, una volta attivato, il passaggio di determinati ioni.

Solo le due sub-unità  sono in grado di riconoscere e interagire con l’acetilcolina (e altri agonisti e antagonisti competitivi), e ognuna di esse è in grado di legare solamente una molecola di neurotrasmettitore.

Perché avvenga l’attivazione del recettore e il prosieguo degli eventi che portano alla contrazione muscolare, entrambe le unità  devono legare simultaneamente una molecola di acetilcolina.

Quando ciò avviene, il recettore si attiva, cambia conformazione e si apre permettendo così agli ioni di attraversarlo liberamente. L’apertura del canale permette il flusso di ioni Na+ e Ca++ dall'esterno all’interno della cellula muscolare, e di ioni K+ insenso inverso.

Questo flusso di ioni attraverso il canale aperto del recettore per l’acetilcolina determina la depolarizzazione massiva della placca neuromuscolare, e la formazione del potenziale di placca post-giunzionale.

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15 Grazie alla presenza nell’area peri-giunzionale di un gran numero di canali sodio voltaggio-dipendenti, la depolarizzazione della placca indotta dai recettori per l’acetilcolina può facilmente propagarsi lungo tutta la membrana muscolare per dar luogo alla contrazione muscolare.

L’acetilcolina viene quindi rapidamente idrolizzata dall’ acetilcolinesterasi, ponendo così fine alla depolarizzazione. Il canale ionico si chiude e la membrana viene rimessa a riposo.

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Grafico 1.1: Sintesi degli avvenimenti che si verificano durante la

trasmissione neuromuscolare.

Arrivo del potenziale d’azione al terminale presinaptico della fibra motrice

Aumento della permeabilità al Ca++ e ingresso di Ca++ nel terminale assonico

Liberazione di Ach

Diffusione della Ach alla membrana post giunzionale

Combinazione di Ach con recettori specifici della membrana post giunzionale

Aumento della permeabilità della membrana post giunzionale al Na+ e K+ con conseguente genesi del EPP

Depolarizzazione delle zone della membrana muscolare contigue alla regione della placca e nascita del potenziale d’azione

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1.3 Farmaci attivi sulla giunzione muscolare

I farmaci che agiscono sui recettori dell’acetilcolina si suddividono in quelli che agiscono sul recettore ionotropico, nicotinico, e quelli che agiscono sul recettore metabotropico, muscarinico. I farmaci che agiscono sul recettore nicotinico si suddividono in:

- Bloccanti della placca neuromuscolare; - Farmaci stimolanti gangliari;

- Farmaci bloccanti gangliari; - Farmaci anticolinesterasici.

I farmaci che agiscono sul recettore muscarinico si suddividono in: - Farmaci agonisti o parasimpatico-simili;

- Farmaci antagonisti o parasimpaticolitici.

I recettori nicotinici per l’acetilcolina (Ach) mediano la trasmissione postsinaptica a livello della giunzione neuromuscolare e dei gangli autonomi periferici mentre a livello del SNC controllano diffusamente il rilascio dii neurotrasmettitori dai siti presinaptici. I recettori nicotinici dell’acetilcolina sono così chiamati perché vengono stimolati sia da tale neurotrasmettitore, sia dall’alcaloide nicotina. Esistono distinti sottotipi di recettore nicotinico a livello della giunzione neuromuscolare, dei gangli e del sistema nervoso centrale e i farmaci che agiscono su questi recettori sono in grado di discriminarli.

I recettori muscarinici, invece, sono così chiamati per la loro affinità con la muscarina, alcaloide contenuto nell’ Amanita Muscaria e altri funghi velenosi. A differenza dei recettori nicotinici, o ionotropici, la cui attivazione provoca direttamente l’apertura del canale ionico contenuto all’interno del complesso recettoriale, tali recettori sono classificati come metabotropici la cui attivazione conduce alla trasduzione del segnale per un secondo messaggero. Esistono diversi sottotipi di questi recettori con localizzazione nel sistema nervoso centrale, cardiaca, ghiandolare e della muscolatura liscia.

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I farmaci bloccanti la trasmissione neuromuscolare sono distinti in base alla loro capacità di provocare la depolarizzazione della placca motrice e per questo vengono classificati come competitivi (stabilizzanti) di cui il curaro è un esempio classico o come agenti depolarizzanti come la succinilcolina. Il principale uso clinico di entrambe le due classi di farmaci bloccanti neuromuscolari consiste nell’indurre il rilasciamento della muscolatura striata

1.4 Blocco depolarizzante

I farmaci depolarizzanti agiscono come agonisti dell’acetilcolina, per cui legandosi al recettore nicotinico determinano la depolarizzazione della membrana post-giunzionale. A differenza di questo neurotrasmettitore sono però immuni all’attività dell’acetilcolinesterasi e quindi il canale ionico rimane aperto e la ripolarizzazione non avviene.

La succinilcolina attualmente è l’unico bloccante neuromuscolare depolarizzante ad essere utilizzato in medicina veterinaria; strutturalmente è costituita da due molecole di acetilcolina legate attraverso i residui metilici dei gruppi acetati.

Gli effetti neuromuscolari della succinilcolina sono sovrapponibili a quelli dell’acetilcolina, ma più prolungati. L’interazione della succinilcolina con il recettore nicotinico provoca la depolarizzazione della membrana muscolare e la comparsa di fascicolazioni, ovvero contrazioni disorganizzate e generalizzate delle unità motorie muscolari.

Rimanendo legata al recettore molto più a lungo dell’acetilcolina, in quanto la succinilcolina è immune dall’attività dell’acetilcolinesterasi, essa mantiene le membrane depolarizzate ed incapaci di rispondere ad ulteriori stimoli. Poiché la tensione muscolare richiede scariche ripetitive per essere mantenuta, la succinilcolina realizza una paralisi flaccida. La situazione descritta finora viene definita “blocco di fase |”.

Tuttavia, se la placca resta per lungo tempo esposta all’azione dell’agente depolarizzante il blocco può cambiare, assumendo tutte le caratteristiche del

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19 blocco non depolarizzante. Il potenziale di membrana, pur in presenza del miorilassante depolarizzante, ritorna progressivamente e gradualmente in uno stato di ripolarizzazione e il “blocco di fase 1 “si trasforma in quello che viene definito “blocco di fase 2”. Nonostante anni di indagine sulla genesi del blocco di fase 2, il suo meccanismo non è ancora ben chiaro.

Da un punto di vista farmacocinetico, la succinilcolina iniettata viene rapidamente idrolizzata dalla pseudocolinesterasi plasmatica, a succinilmonocolina, ancora debolmente attiva, ed infine ad acido succinico e colina. In tal modo solo una piccola frazione della dose iniettata sopravvive alla degradazione nel plasma e raggiunge il sito d'azione a livello della giunzione neuromuscolare. Nello spazio sinaptico la presenza di pseudocolinesterasi è molto bassa, questo comporta che la paralisi indotta dalla succinilcolina termina quando il farmaco si diffonde dalla giunzione neuromuscolare al fluido extracellulare.

Paradossalmente, il rapido degrado della succinilcolina nel plasma è in qualche modo responsabile della rapida insorgenza dell'effetto ottenuto dal farmaco. Grazie al metabolismo da parte delle pseudocolinesterasi plasmatiche, grandi dosi di succinilcolina possono essere somministrate senza che questo comporti una maggiore durata dell'effetto. Maggiore è la dose di succinilcolina, più rapida sarà l’insorgenza della paralisi. Questa strategia non si applica quando si utilizzano bloccanti neuromuscolari non depolarizzanti, dove un significativo aumento della dose del farmaco comporta un aumento della durata d’azione.

Per il suo rapido onset e durata molto breve, la succinilcolina è frequentemente utilizzata per facilitare l'intubazione endotracheale umana, rendendola una procedura facile e sicura. Nell’uomo, la somministrazione di 0,3 mg/kg di succinilcolina alla velocità di 15-30 secondi in pazienti premedicati e già indotti farmacologicamente, è in grado, nella maggior parte dei casi, di fornire miorisoluzione idonea per l’intubazione endotracheale entro i 45 secondi circa dal termine della somministrazione e per una durata di circa 60 secondi. Nessun altro bloccante neuromuscolare è in grado di garantire un tempo di onset e offset così rapido.

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Nella pratica veterinaria, non trova invece reali motivazioni di utilizzo, perché la contrazione della laringe è raramente un ostacolo all’ intubazione tracheale. Il blocco depolarizzante presenta tuttavia delle complicazioni:

- Iperkalemia; è una delle complicanze più temute. L’aumento del numero dei recettori extra-giunzionali in muscoli denervati o inutilizzati li rende maggiormente sensibili alla succinilcolina e fa sì che rilascino più potassio rispetto a quelli giunzionali;

- Aumento della pressione intraoculare; nell’uomo, la pressione intraoculare raggiunge il massimo picco entro due/quattro minuti e rimane aumentata per circa sei minuti dopo la somministrazione. (Pandey et al., 1972). Il meccanismo responsabile dell’aumento della pressione intraoculare è attualmente sconosciuto;

- Fascicolazioni; le contrazioni muscolari indotte dalla succinilcolina possono portare anche ad un aumento della pressione intracranica e intragastrica. Le fascicolazioni possono essere evitate o comunque ridotte mediante una “pre-curarizzazione” con basse dosi di un bloccante non depolarizzante, oppure incrementando ulteriormente la profondità dell’ipnosi in fase di induzione;

- Dolore muscolare; negli animali come nell’uomo è stato riscontrato un aumento della creatinichinasi, tuttavia non sappiamo se ciò è legato anche alla dolorabilità muscolare come nell’uomo ma è probabile;

- Rischio di ipertermia maligna; documentato in medicina umana, non è stato riscontrato in veterinaria. Si tratta di un’affezione genetica della muscolatura striata che si manifesta clinicamente nei soggetti predisposti con un grave quadro di catabolismo muscolare. La caratteristica patogenetica dell’affezione consiste in una difettosa regolazione del calcio libero citoplasmatico nella fibrocellula muscolare striata, dovuta ad un’alterazione genetica dei canali del calcio del reticolo sarcoplasmatico. I farmaci scatenanti, anestetici alogenati o appunto miorilassanti depolarizzanti, possono provocare nei soggetti suscettibili una prolungata apertura dei canali per il calcio, con un aumento abnorme della concentrazione di tale ione nel citoplasma della fibrocellula muscolare. Ciò determina una

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21 contrazione muscolare patologica con enorme produzione di calore, anidride carbonica (CO2), lattati, caduta della concentrazione di ATP e compromissione di tutti i processi endocellulari che richiedono energia, primi fra tutti i meccanismi che regolano la permeabilità di membrana. Si determina così la crisi acuta di ipertermia maligna; l’incidenza è di 1 caso ogni 5000 anestesie condotte con alogenati e succinilcolina (Morio et al., 1996).

Il recupero del blocco depolarizzante (blocco di fase 1) è rapido e spontaneo grazie all’idrolisi della succinilcolina ad opera delle colinesterasi plasmatiche. Qualsiasi situazione clinica che comporti una riduzione dell’attività della butirricolinesterasi, l’enzima prodotto dal fegato e deputato all’inattivazione della succinilcolina, può prolungare il blocco (ridotta funzionalità epatica, cachessia, gravidanza, malattie neoplastiche, contemporaneo utilizzo di farmaci come la metoclopramide o gli anticolinesterasici).

Invece, quando il blocco indotto dalla succinilcolina si trova in fase 2 può essere antagonizzato in modo simile al blocco indotto da i miorilassanti non depolarizzanti. Questo sta a sottolineare la necessità di determinare il tipo di blocco (fase 1 o fase 2) presente quando si utilizza la Succinilcolina (Lee, 1976), (Cullen & Jones,1980).

Sia la durata che l’intensità del blocco neuromuscolare sono frequentemente e facilmente influenzati da numerosi fattori quali:

 Temperatura corporea: in particolare l’ipotermia è in grado di prolungare in maniera significativa la durata del blocco;

 Dosaggio e numero di somministrazioni: l’intensità del blocco neuromuscolare è dose dipendente inoltre, somministrazioni ripetute possono prolungare la durata del blocco;

 Trattamenti farmacologici: alcuni farmaci sono in grado di potenziare e prolungare il blocco neuromuscolare come antiparassitari a base di organofosforici e alcuni antibiotici (streptomicina, gentamicina, lincomicina, clindamicina, ecc.);

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l’intensità del blocco, mentre l’alcalosi respiratoria diminuisce l’effetto. Sia l’acidosi metabolica che l’alcalosi possono potenziare gli effetti dei miorilassanti, rendendo più difficile antagonizzare il blocco (Crul-Sluijter & Crul, 1974), (Hughes & Chappie,1981);

 Squilibri elettrolitici: una diminuzione delle concentrazioni di potassio extracellulare porta ad una iperpolarizzazione della placca terminale con una resistenza alla depolarizzazione indotta dall'acetilcolina. Un aumento delle concentrazioni extracellulari di potassio invece abbassa il potenziale di riposo di membrana, opponendosi al rilassamento muscolare (Waud & Waud, 1980). L’aumento della concentrazione sierica di ioni magnesio, diminuisce il rilascio di acetilcolina incrementando la durata d’azione dei miorilassanti. Anche l’ipocalcemia diminuisce il rilascio di acetilcolina potenziando l’effetto del blocco. Tipicamente l’ipercalcemia diminuisce l’effetto della d-tubocurarina e del pancuronio, con conseguente bisogno di somministrare dosi più elevate dei farmaci;

 Età: in particolare, i soggetti giovani risultano essere più resistenti, mentre quelli più anziani sono più sensibili alle molecole di vecchia generazione;

 Patologie muscolari: gli animali con malattie neuromuscolari possono presentare risposte imprevedibili inseguito alla somministrazione dei bloccanti neuromuscolari.

1.5 Blocco non depolarizzante

Il blocco di tipo non depolarizzante è un blocco di tipo competitivo, infatti le molecole che sono in grado di realizzarlo si legano al complesso recettore nicotinico-canale ionico della placca neuromuscolare negli stessi siti di legame specifici per l’acetilcolina (sub-unità ), ma senza promuoverne l’attivazione. In pratica, il canale ionico resta chiuso per cui la membrana non si depolarizza. La “competizione “tra acetilcolina e agente non depolarizzante è sbilanciata a

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23 sfavore dell’acetilcolina. Affinché l’acetilcolina riesca ad attivare il recettore è necessario che entrambe le sub-unità  si leghino contemporaneamente a una molecola di tale neurotrasmettitore, mentre per bloccare il recettore, è sufficiente che una sola molecola di miorilassante non depolarizzante si leghi a una sub-unità .

Il successo o il fallimento della trasmissione neuromuscolare in presenza di un bloccante neuromuscolare non depolarizzante è determinata dalla concentrazione dello stesso farmaco in contrapposizione alla concentrazione di acetilcolina.

Una percentuale elevata di recettori occupati dal neurotrasmettitore favorisce la contrazione muscolare, mentre una elevata percentuale di recettori occupata dal bloccante neuromuscolare favorisce la paralisi. Questo suggerisce un metodo per invertire la paralisi, cosa che non si verifica nel blocco depolarizzante almeno fino a quando si trova nella fase 1. Concentrazioni maggiori di acetilcolina rispetto a concentrazioni del bloccante neuromuscolare aumenterà la probabilità che il recettore leghi l‘acetilcolina e la normale trasmissione neuromuscolare venga ristabilita.

Appare chiaro che un importante fattore in grado di influenzare notevolmente le sorti della competizione sia la quantità di acetilcolinesterasi presente nella fessura sinaptica. Fattori che inibiscono l’attività dell’acetilcolinesterasi vengono utilizzati clinicamente per antagonizzare il blocco non depolarizzante, tra cui la neostigmina.

Altre aspetti che differiscono tra il blocco depolarizzante e non depolarizzante sono rappresentati dal fatto che nel blocco non depolarizzante, non essendovi alcuna attivazione iniziale del recettore di placca, non si osserva comparsa di fascicolazioni prima dell’inizio del blocco; nel blocco non depolarizzante, le risposte alla stimolazione tetanica e al train of four non si mantengono nel tempo, ma si esauriscono rapidamente, ciò non avviene nel blocco depolarizzante in cui si mantengono sostenute e costanti nel tempo.

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1.6 Bloccanti non depolarizzanti

Esistono due distinte classificazioni comunemente accettate e utili per distinguere gli effetti collaterali e il profilo farmacocinetico dei miorilassanti non depolarizzanti; la prima è riferita alla durata d’azione e distingue fra composti a durata lunga, intermedia e breve.

Tra i miorilassanti a lunga durata d’azione troviamo: d-tubocurarina e metocurina (non più utilizzate), pancuronio e doxacurio. I problemi del blocco neuromuscolare persistente e la difficoltà di invertire completamente l’effetto dopo l’intervento chirurgico riscontrati con molecole a lunga durata d’azione, hanno portato allo sviluppo di molecole a durata d’azione intermedia come vecuronio, atracurio e Cis-atracurio.

Anche il rocuronio è un composto a durata d’azione intermedia, ma con insorgenza dell’effetto rapida e dotato di minor potenza. La sua rapida azione ne permette l’utilizzo in alternativa alla succinilcolina nell’induzione rapida dell’anestesia e per rilasciare i muscoli laringei e della mandibola durante l’intubazione tracheale in medicina umana.

Mentre, tra i bloccanti neuromuscolari non depolarizzanti a breve durata d’azione, troviamo il mivacurio che ha una struttura simile a quella dell’atracurio ma modificata in maniera da possedere un offset molto più rapido che lo rende, in questo, più simile alla succinilcolina.

Il secondo tipo di classificazione distingue i bloccanti competitivi, in base alla natura chimica:

 Benzilisochinoline (doxacurio, atracurio, Cis-atracurio, mivacurio): correlati alla d-tubocurarina ma con minor durata d’azione e netta riduzione dell’attività ganglioplegica ed istamino-liberatrice;

 Ammonio-steroidi (pancuronio, vecuronio, rocuronio);

I singoli farmaci differiscono per proprietà farmaco cinetiche, tempo di insorgenza dell’effetto, durata clinica dell’effetto, e via di eliminazione.

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25 a) Sono somministrati esclusivamente per via endovenosa;

b) Presentano uno scarso assorbimento se somministrati per via orale; c) Non attraversano la barriera emato-encefalica (BBB), quindi non hanno

effetti sul sistema nervoso centrale. Tutti i curari presentano due teste cationiche indispensabili per l’interazione con il recettore nicotinico, e uno o due azoto quaternari responsabili della loro scarsa liposolubilità. La natura idrosolubile di questi farmaci non gli permette di attraversare facilmente le membrane cellulari. La somministrazione accidentale di bloccanti neuromuscolari non depolarizzanti nel liquido cerebrospinale ha causato miotonia, convulsioni, ed effetti non controllabili. La laudanosina, un metabolita dell’atracurio, attraversa facilmente la barriera emato-encefalica nei cani stimolando il sistema nervoso centrale. Tuttavia i dosaggi clinicamente usati di atracurio, non portano alla formazione di quantità sufficiente di laudanosina da causare alterazioni del sistema nervoso;

d) Gli ammonio-steroidi sono idrolizzati dal fegato ed eliminati per ultrafiltrazione renale;

e) Le benzilisochinoline sono metabolizzate dalle butirrilcolinesterasi epatiche e plasmatiche. L’atracurio e il mivacurio vengono idrolizzati dalle colinesterasi plasmatiche. Subiscono in oltre una degradazione spontanea della pozione N-alkylica (degradazione di Hofmann). Solo il 10 % passa nelle urine per cui la dose non deve essere ridotta in caso di insufficienza renale;

Gli effetti farmacologici di tali farmaci sono dovuti al blocco del recettore nicotinico, soprattutto a livello della giunzione neuro-muscolare. Questo è quello che desideriamo da tali molecole ma possono causare anche effetti indesiderati dovuti al loro legame con i recettori colinergici, tra cui i recettori muscarinici cardiaci e nicotinici e dalla loro azione che mima quella dell’acetilcolina. Gli effetti farmacologici dei bloccanti neuromuscolari sono:

a) Paralisi flaccida dei muscoli scheletrici, dapprima quelli con movimenti più rapidi e precisi, quindi i muscoli dell’occhio, laringe, mascella;

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seguono poi i muscoli degli arti ed infine il diaframma e i muscoli intercostali. Il recupero funzionale avviene con ordine inverso;

b) Si ha un parziale blocco dei gangli, questo perché anche a livello della sinapsi colinergica tra neurone pre e postgangliare del sistema nervoso autonomo sono presenti recettori nicotinici. La rapida somministrazione per via endovenosa di una dose paralizzante di d-tubocurarina può portare a una diminuzione significativa della pressione. Questo si verifica perché il blocco dell’azione dell’acetilcolina a livello dei gangli simpatici, provoca una diminuzione dell’attività simpatica efferente e di conseguenza ipotensione;

c) Effetti parasimpaticolitici, che inducono tachicardia per inibizione del tono vagale sul cuore, ciò avviene soprattutto con la somministrazione di pancuronio. Rapide somministrazioni endovenose di pancuronio possono produrre un aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e output cardiaco (Reitan & Warpinski, 1975). Questa risposta è causata dal blocco dei recettori muscarinici cardiaci e conseguentemente alla diminuzione del sistema nervoso parasimpatico abbiamo gli effetti sul cuore (Durant et al., 1979);

d) Agenti più recenti con durata d’azione intermedia come atracurio e vecuronio, sono praticamente privi di questi effetti cardiovascolari. Gli ultimi bloccanti neuromuscolari come il pipecuronio, doxacurio e rocuronio sono stati progettati con l’intento di garantire una certa stabilità cardiovascolare;

e) Solo le benzilisochinoline inducono il rilascio di istamina dai mastociti. La struttura ammonio quaternaria dei bloccanti neuromuscolari è responsabile per la propensione che hanno molti di questi composti a rilasciare istamina. Il rilascio di istamina negli animali provoca vasodilatazione e diminuzione della pressione sanguigna. Di solito è associata alla somministrazione della classe benzilisochinolina dei NMBA, il rilascio di istamina, ma è stata riportato un basso rilascio anche con la classe steroide (Savarese et al., 2000);

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27 Molto importanti sono le interazioni farmacologiche con gli anestetici locali, gli anestetici gassosi, gli amino glicosidi, le tetracicline, i bloccanti dei canali del calcio. Tutti questi farmaci, con meccanismi diversi, potenziano il blocco muscolare dei curarici.

Gli effetti tossici dei bloccanti competitivi sono rappresentati da paralisi respiratoria, collasso cardiocircolatorio, effetti da rilascio di istamina (arrossamenti cutanei, broncospasmo, tachicardia), possibilità di reazioni allergiche crociate tra bloccanti neuromuscolari.

Il principale uso clinico dei bloccanti neuromuscolari è il miorilassamento, come adiuvante dell’anestesia chirurgica; frequente utilizzazione in ortopedia per correggere lussazioni o per allineare e ridurre fratture; i farmaci a breve durata di azione sono utilizzati soprattutto in medicina umana per facilitare l’intubazione tracheale, laringoscopie, broncoscopie, esofagoscopie.

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29 I miorilassanti non depolarizzanti possono essere antagonizzati quando il blocco ha cominciato a risolversi spontaneamente, somministrando inibitori dell’enzima colinesterasi.

Gli inibitori della colinesterasi inibiscono la metabolizzazione dell’acetilcolina nelle sinapsi colinergiche, favorendone l’accumulo e l’aumento della sua concentrazione. L’aumento della concentrazione dell’acetilcolina nella sinapsi neuromuscolare determina la cessazione dell’azione del miorilassante non depolarizzante per un meccanismo di competizione con il recettore nicotinico.

La trasmissione colinergica, tuttavia, aumenta anche a livello delle sinapsi muscariniche del sistema nervoso parasimpatico (colinergiche), causando diminuzione della frequenza cardiaca, aumento della peristalsi e delle secrezioni gastrointestinali.

Gli anticolinesterasici utilizzati per antagonizzare i miorilassanti non depolarizzanti sono la neostigmina, l’edrofonio cloruro e la piridostigmina. La neostigmina e la piridostigmina si legano alla colinesterasi formando un legame stabile di tipo esterico, inibendo l’attività dell’enzima per un tempo più lungo con un range che può variare da 30 a 80 minuti, mentre il legame dell’edrofonio con l’enzima è di tipo ionico, quindi meno stabile e duraturo. La piridostigmina non trova applicazione nella pratica anestesiologica; essa attualmente viene commercializzata sotto forma di compresse per uso orale per la terapia della miastenia gravis.

Nei pazienti umani, per la risoluzione del blocco neuromuscolare non depolarizzante la neostigmina è 4,4 volte più potente della piridostigmina e 5,7 volte più potente dell’edrofonio (Cronnelly et al.,1982). Nel gatto, la neostigmina è 12 volte più potente dell’edrofonio (Baird et al., 1982). L’antagonismo del blocco è efficace solo dopo l’inizio della ripresa spontanea della funzione

neuromuscolare.

Per minimizzare gli effetti indesiderati degli anticolinesterasici, in particolare la bradicardia, è consigliabile somministrare, precedentemente o contemporaneamente all’inibitore della colinesterasi, un antimuscarinico (atropina 10-20 μg/kg, glicopirrolato 5-10 μg/kg).

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dell’edrofonio sono più blandi, quindi può essere un’ottima scelta quando si vuole evitare l’uso di un anticolinergico prima della risoluzione del blocco. Ad esempio, è frequentemente utilizzato negli equidi dove la somministrazione di anticolinergici è associata alla comparsa di coliche. Gli anticolinesterasici devono essere somministrati per via endovenosa molto lentamente per minimizzarne gli effetti cardiocircolatori.

Dopo somministrazione endovenosa di neostigmina, l’antagonismo della paralisi comincia ad essere evidente in qualche minuto ed è massimo dopo circa 7 minuti. La durata dell’antagonismo è di circa 30 minuti.

Dopo somministrazione di edrofonio l’effetto insorge più rapidamente, ma ha durata breve, pertanto è possibile che al termine dell’azione competitiva dell’agonista prevalga l’effetto del miorilassante.

Da pochi anni è disponibile un antagonista completamente nuovo, il sugammadex che è in grado di antagonizzare il blocco indotto da miorilassanti aminosteroidei quali il rocuronio, il vecuronio e, in misura minore e con inferiore efficacia, il pancuronio.

Il sugammadex, al contrario dei farmaci anticolinesterasici non ha nessun effetto sull’acetilcolinesterasi, ma agisce incapsulando in maniera irreversibile le molecole di rocuronio e vecuronio. Si forma così un complesso che non è più in grado di interagire con i recettori per l’acetilcolina, determinando la risoluzione del blocco.

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CAPITOLO 2

MONITORAGGIO

DEL

BLOCCO

NEUROMUSCOLARE

2.1 Monitoraggio dell’intensità del blocco neuromuscolare

senza neurotrasmettitore

La corretta valutazione dell’intensità della paralisi indotta dai farmaci di blocco neuromuscolare impone l’obbligo di conoscere con quale ordine vengono progressivamente interessati i vari gruppi muscolari. La miorisoluzione, infatti, non coinvolge contemporaneamente tutta la muscolatura, ma segue un ordine e una progressione precisa e costantemente riproducibile.

I primi a essere interessati sono i muscoli oculopalpebrali, insieme a quelli facciali e mandibolari, rapidamente accompagnati dai muscoli delle prime vie aeree, a sua volta seguiti dai muscoli delle estremità degli arti; vengono poi coinvolti i muscoli intercostali e infine il diaframma.

La reversione spontanea del blocco avviene seguendo un ordine e una progressione inversa per cui, il diaframma è l’ultimo muscolo a essere interessato dalla paralisi ma anche il primo a liberarsene.

Ciò ha importanti risvolti sia dal punto di vista clinico sia da quello procedurale: avvalora ulteriormente l’affidabilità e l’importanza della stimolazione neuromuscolare quale mezzo per la valutazione della profondità del blocco. Infatti, qualora la stimolazione di un nervo motore periferico, come per esempio il nervo ulnare, determini una piena risposta da parte dei muscoli tributari, si avrà la certezza di un completo recupero dei muscoli respiratori, in particolare del diaframma.

Occorre subito precisare che una valutazione esclusivamente “clinica” del grado di profondità o di superficializzazione del blocco neuromuscolare è da ritenersi una metodica empirica e poco affidabile; ciò è vero soprattutto nei pazienti veterinari, ai quali i vari test clinici di ripresa della funzionalità muscolare utilizzati nell’uomo non possono, per ovvi motivi, essere applicati.

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I primi segni di reversione del blocco interessano i muscoli respiratori e in particolare il diaframma in quanto, seguendo lo step con cui avviene la decurarizzazione è il primo muscolo che a recuperare dalla paralisi.

Tra i segni i più comuni di esaurimento del blocco neuromuscolare vi è il tentativo da parte del paziente di attuare degli atti respiratori spontanei, evidenziabili sul tracciato capnografico con l’improvvisa comparsa sulla linea di plateau di una incisura deflettente (“curva dicotoma”) e la contemporanea brusca modificazione del tracciato della curva di pressione-volume nel monitoraggio spirometrico; sempre la spirometria, evidenzierà una progressiva diminuzione della compliance toraco-polmonare.

Purtroppo la ripresa dell’attività respiratoria spontanea e/o la comparsa di riflesso palpebrale non possono essere sempre considerate indici affidabili di reversione completa del blocco. Un animale che respira spontaneamente e con una dinamica apparentemente fisiologica non deve mai essere considerato esente da curarizzazione residua, neppure se vi è il conforto della presenza del riflesso palpebrale.

Quindi per valutare la reversione completa del blocco devono essere considerati vari fattori fra cui il miorilassante utilizzato, le sue caratteristiche farmacologiche e i dosaggi utilizzati.

Detto questo, i segni che indicano la ripresa completa della funzione neuromuscolare sono:

• ventroflessione del bulbo; nel paziente in fase di superficializzazione del piano anestesiologico si riscontra di norma una progressiva ventroflessione del bulbo oculare. La persistenza di un bulbo in posizione centrale deve far sospettare blocco residuo;

• comparsa di riflesso palpebrale;

• comparsa di tosse, deglutizione o di movimenti grossolani degli arti; • attività respiratoria efficiente;

• quadro spirometrico con volumi e pressioni inspiratorie considerati fisiologici per il paziente.

2.2 Monitoraggio dell’intensità del blocco neuromuscolare

tramite stimolatore neuromuscolare

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33 risposta di un muscolo alla stimolazione elettrica sopramassimale di un nervo motorio periferico: misurando l’accelerazione impressa dal muscolo dopo tale stimolazione si ottiene una valutazione quantitativa (numerica) del grado di miorilassamento.

Grazie al monitoraggio mediante stimolatore neuromuscolare è possibile: • stabilire, in ogni fase dell’anestesia, l’intensità del blocco neuromuscolare; • stabilire quando e se effettuare ulteriori somministrazioni di miorilassante,

evitando inutili e controproducenti sovradosaggi e curarizzazioni residue; • valutare il recupero della funzionalità neuromuscolare;

• stabilire quando e se somministrare un anticolinesterasico;

Affinché il monitoraggio strumentale del blocco neuromuscolare sia più oggettivo e riproducibile possibile, deve possedere determinati requisiti di intensità, durata, forma d’onda e frequenza.

Per quanto riguarda l’intensità, lo stimolo deve essere sopramassimale, deve cioè essere di intensità superiore (di circa il 20%) a quella di uno stimolo in grado di evocare la contrazione di tutte le fibre muscolari innervate. In questo modo la stimolazione sopramassimale assicura, in maniera costante, la contrazione di tutte le fibre muscolari coinvolte e quindi la riproducibilità della risposta alla neurostimolazione.

In relazione alla durata esso deve essere breve (200-300 nanosecondi) poiché durate superiori provocherebbero sollecitazioni eccessive, con il rischio di scatenare risposte incontrollate di tipo tetanico. La forma d’onda deve essere quadra, per evitare una scarica ripetitiva del nervo e infine, la frequenza di scarica può variare da 1 Hz a 50Hz, a seconda della modalità di stimolazione utilizzata.

Esistono diversi tipi di stimolazione nervosa, che possono essere così classificati:

• Stimolo singolo o Single Twitch; è la forma più semplice di stimolazione nervosa di un nervo; consiste nell’applicare uno stimolo elettrico sopramassimale alla frequenza di 1 Hz. Questo tipo di stimolo viene impiegato quando si vuole monitorare l’onset-time di un bloccante neuromuscolare e questo dato deve essere confrontato con il valore ottenuto prima della somministrazione del farmaco. Dal momento che il rilascio di acetilcolina è diminuito per gli effetti pregiunzionali del

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miorilassante, la frequenza delle singole contrazioni non dovrebbe essere aumentata; si stima che dovrebbe essere circa ogni 7-10 secondi (Ali et al., 1980). Se lo stimolo è applicato troppo spesso, possono risultare risposte erroneamente più basse. La maggior completezza delle informazioni fornite dalla stimolazione TOF, rende questa modalità di stimolazione di scarsa utilità clinica.

• Stimolazione tetanica o Tetanic Stimulation; questo tipo di stimolo consiste nell’erogazione rapida di una stimolazione di 50 Hz per 5 sec. Essendo molto dolorosa la stimolazione tetanica non può essere utilizzata in fase di superficializzazione del piano anestesiologico. Inoltre la pausa tra una stimolazione e l’altra deve essere almeno di 5-10 minuti, per non causare danni al nervo. Oggi questo tipo di stimolazione non viene più utilizzata nella pratica clinica, non avendo nulla da aggiungere rispetto alle informazioni che è in grado di fornire la stimolazione TOF (William, 2013).

• Conta post-tetanica o Post-Tetanic Count (PCT); sfrutta il fenomeno della “facilitazione post-tetanica” grazie alla quale, in presenza di un blocco non depolarizzante subtotale, uno stimolo tetanico determina un incremento della risposta a eventuali stimoli successivi. Se il blocco neuromuscolare è profondo, la liberazione massiva di acetilcolina determinata dalla stimolazione tetanica non è in grado di competere efficacemente con il miorilassante presente in elevate quantità nel sito effettore (PCT bassa). Più il blocco neuromuscolare è leggero, più avremo risposte alla conta post tetanica (PCT alto). Permette di valutare il grado di blocco neuromuscolare quando non ci sia risposta al TOF o allo stimolo singolo come conseguenza di un intenso blocco non depolarizzante. Questo tipo di stimolo consiste nell’erogare inizialmente stimolazioni con una frequenza di 1Hz per 15 secondi e se non vi è risposta alla stimolazione TOF è seguito da una stimolazione tetanica di 50Hz per cinque secondi, e dopo 3 secondi di pausa le stimolazioni riprendono ad una frequenza di 1 Hz per 15 secondi. Sul display si visualizza il numero delle risposte rilevate. Il numero di risposte è inversamente correlato alla profondità del blocco (William, 2013). • Stimolazione a doppia carica o Double Burst Stimulation (DBS); questa modalità di stimolo è stata introdotta per migliorare la sensibilità nei confronti della valutazione tattile-visiva alla risposta neurostimolatoria. Durante la

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35 DBS, l’operatore cerca di percepire come si modifica l’intensità della contrazione nei due stimoli erogati in rapida successione sia appoggiando le dita al segmento anatomico interessato ed esercitando una lieve resistenza (valutazione tattile) sia, osservandone il movimento (valutazione visiva). La DBS è caratterizzata dall’erogazione di due brevi scariche di 50 Hz separate da una pausa di 750 ms. In assenza di un blocco le due contrazioni saranno di uguale intensità, in caso contrario, la seconda contrazione sarà assente o di minore intensità. Nella pratica non viene utilizzato (William, 2013).

• Stimolazione con “treno di quattro“ o Train Of Four ( TOF): a oggi, è ritenuta la modalità di neurostimolazione più affidabile in anestesia. Ci consente nella pratica di sapere quando somministrare una nuova dose di farmaco, quando somministrare l’antagonista e quale è il momento adatto per estubare il paziente. Nella stimolazione TOF quattro stimoli sopramassimali, denominati t1, t2, t3, t4 sono erogati in automatico dall’apparecchio in rapida successione, a una frequenza di 2 Hz. Quindi uno stimolo ogni 0,5 secondi, per un totale di 2 secondi. Ogni stimolo causa una contrazione del muscolo e il decremento della risposta fornisce la base della valutazione del TOF.

Analizzando le risposte che possiamo avere alla stimolazione TOF, nella risposta di controllo che viene effettuata prima della somministrazione del miorilassante, teoricamente le quattro risposte sono uguali. Anche con la somministrazione di bloccanti neuromuscolari depolarizzanti si mantengono costantemente uguali le risposte. Mentre con la somministrazione dei miorilassanti non depolarizzanti, le quattro risposte si presentano differenti al variare del blocco e dividendo l’ampiezza della quarta risposta con l’ampiezza della prima otteniamo il valore TOF. Se ai quattro stimoli corrispondono un numero di risposte inferiore a quattro, oppure se la contrazione in risposta al quarto stimolo è inferiore al 20%, il display visualizzerà solo il numero di risposte, senza la percentuale TOF. Se compare una sola risposta, sul display viene visualizzato il numero 1, si deve considerare un blocco subtotale, pari al 90-95%. Invece, la comparsa di due o tre risposte alla stimolazione TOF testimonia un blocco inferiore al 90%, ma sufficiente a garantire, unitamente ad un adeguato piano

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anestesiologico, una miorisoluzione soddisfacente. Qualora vengano evidenziate tutte e quattro le risposte, verrà visualizzato sul display la così detta TOF-ratio, questa volta come valore in percentuale. La TOF-ratio rappresenta il rapporto tra l’intensità della quarta risposta e quella della prima (rapporto t4:t1); una risposta muscolare al t4 si ottiene in presenza di un blocco del 60-85%. La comparsa di un TOF-ratio intorno a valori di 85-90%, unitamente a confortanti segni clinici, è garanzia di un ritorno alla normalità della forza inspiratoria (William, 2013).

Per l’antagonismo farmacologico del blocco è preferibile che siano presenti almeno 3 risposte TOF. Tuttavia, ripetute somministrazioni del farmaco possono determinare l’inversione del blocco da fase uno a fase due. Quando ciò si verifica, il “fade” cioè il decremento della risposta, sarà rilevato alla stimolazione TOF (Klein, 1987).

2.3 Apparecchiature per quantificare la risposta alla

stimolazione neuromuscolare

Le apparecchiature e le relative modalità di monitoraggio a disposizione del clinico sono sostanzialmente due: meccanomiografia e accelerografia (ve ne sono anche altre ma meno utilizzate soprattutto in medicina veterinaria, tra cui: eletromiografia, cinemiografia, fonomiografia).

• Meccanomiografia (MMG): è una tecnica indaginosa e di non facile applicazione clinica, rivolta principalmente a indagini di tipo sperimentale. Misura la risposta evocata dalla stimolazione di un muscolo attraverso un trasduttore di forza. L’ arto viene immobilizzato e gli elettrodi sono disposti sopra un nervo periferico (ulnare o peroneo), mentre il trasduttore di forza viene posizionato ad angolo retto rispetto alla direzione di contrazione muscolare. Uno stimolo sopramassimale viene applicato al nervo con la metodica TOF, Single Twitch o DBS e l’energia di contrazione che ne risulta può essere così quantificata con il trasduttore di forza.

• Accelerografia: Si è rapidamente impostato come una metodica affidabile, estremamente versatile e di facile e intuitivo utilizzo. Attualmente

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37 rappresenta la metodica di monitoraggio neuromuscolare maggiormente utilizzata in anestesia sia nell’uomo sia nell’animale. L’accelerografia si serve di due elettrodi che vengono posti lungo il nervo da stimolare e un sensore piezoelettrico che va fissato al segmento anatomico oggetto della neurostimolazione. Il sensore misura l’accelerazione evocata dalla contrazione muscolare in seguito allo stimolo nervoso, la elabora e la traduce in valori numerici facilmente interpretabili.

La misurazione dell’accelerazione rappresenta una buona alternativa a quella della forza (meccanomiografia). Basandosi sulla seconda legge di Newton per cui la forza è uguale al prodotto di massa per accelerazione (F = M x A), la relazione tra l’accelerazione di un muscolo e la forza da esso esercitata è direttamente proporzionale. È stato dimostrato che esiste una buona correlazione fra i risultati dell’acceleromiografia e della meccanomiografia. Uno studio condotto su dei cani, ai quali era stato somministrato atracurio come miorilassante, non ha riportato alcuna differenza statistica tra l’utilizzo della meccanografia e l’accelerografia durante la stimolazione TOF (Martinez et al., 1998).

Il TOF-Watch è lo strumento impiegato per la conduzione del nostro studio clinico al fine di valutare l’impiego del rocuronio come bloccante neuromuscolare e, tale strumento, utilizza questo tipo di metodica.

Il TOF-Watch è in grado di erogare tutte le modalità di neurostimolazione sopra descritte, anche se la più efficiente è quella che è stata utilizzata nel nostro studio, la Train of Four. È uno strumento per il monitoraggio della trasmissione neuromuscolare durante interventi chirurgici e nelle Unità di Terapia Intensiva tramite l’acceleromiografia; può essere anche usato come stimolatore di nervi periferici e per la localizzazione dei nervi in anestesia loco-regionale.

Fornisce un grande vantaggio per l’anestesista, in quanto durante l’intervento chirurgico il rilassamento muscolare può essere monitorato in modo continuo sia per stabilire la necessità di una nuova somministrazione di rilassante muscolare, sia quella di un farmaco antagonista durante il risveglio.

Esistono vari modelli di TOF-Watch, nella versioneFX, presenta anche il sensore adibito al monitoraggio della temperatura del segmento anatomico

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interessato dalla stimolazione. Tale informazione riveste una non trascurabile importanza dal punto di vista interpretativo, visto che l’ipotermia come già detto precedentemente è in grado di ridurre in maniera significativa l’entità della risposta contrattile.

È composto da due elettrodi e un sensore piezoelettrico; i due elettrodi stimolanti sono caratterizzati da polarità opposte: l’elettrodo positivo è contraddistinto dal colore bianco o rosso, mentre quello negativo dal colore nero. Si ritiene che il posizionamento distale dell’elettrodo negativo sia in grado di evocare una risposta neuromuscolare maggiore. Di norma però, fino a quando la distanza da un elettrodo all’altro non supera i cinque centimetri, il loro posizionamento lungo l’asse longitudinale del nervo può essere indifferentemente invertito, senza che la risposta evocata subisca significative modificazioni.

Un posizionamento degli elettrodi che coinvolga esclusivamente il nervo da stimolare rappresenta un fattore importante per la corretta risposta alla neurostimolazione infatti, un posizionamento distale dal nervo può determinare sia variazioni dello stimolo sia una stimolazione muscolare diretta. Per aumentare l’ampiezza della risposta evocata, bisogna cercare di posizionare almeno l’elettrodo negativo il più vicino possibile al nervo da stimolare.

Il sensore piezoelettrico deve essere fissato con il lato piatto a contatto con la cute del segmento anatomico oggetto della neurostimolazione.

Un’accortezza, prima di posizionare gli elettrodi, è quella di pulire accuratamente la cute per eliminare eccessiva sporcizia che potrebbe aumentare la resistenza della cute. Questo non sempre è possibile in medicina veterinaria, dal momento che la zona dovrebbe essere tricotomizzata e sgrassata per permettere una maggior adesione degli elettrodi.

In teoria, può essere utilizzato ogni nervo superficiale in grado di determinare una contrazione adeguatamente interpretabile dall’accelerografia ma nella pratica, si sfruttano i segmenti neuromuscolari più facilmente accessibili.

In medicina umana, i nervi che vengono maggiormente utilizzati sono: il nervo ulnare per la sua facile accessibilità, e il nervo facciale o tibiale

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39 posteriore quando il primo per anomalie anatomiche o posizionamento del paziente non è raggiungibile.

Nei pazienti veterinari possono essere utilizzati: il nervo ulnare, il nervo peroneo comune, il nervo tibiale posteriore e il nervo facciale come abbiamo utilizzato nel nostro studio.

figura 2.1: monitoraggio del blocco neuromuscolare tramite Tof, a livello del nervo facciale.

2.4 Blocco neuromuscolare residuo, ricurararizzazione e

conseguenze postoperatorie

Studi sperimentali riportano che i muscoli rispondono in maniera diversa all’azione dei bloccanti neuromuscolari. Questo sembrerebbe dovuto alla presenza sulle fibre dei vari gruppi muscolari di differenti subunità per l’acetilcolina.

Nei mammiferi adulti, con poche eccezioni, le fibre muscolari scheletriche contengono una singola giunzione neuromuscolare, di solito situata al centro della fibra, e queste fibre singolarmente-innervate sono state i modelli per indagare l'assemblaggio, la struttura e la funzione della giunzione (Sanes, 2001).

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Sebbene diverse proteine siano coinvolte nella struttura della giunzione, la più importante è il recettore nicotinico (AChR), che consente la trasmissione degli impulsi nervosi nella fibra. La concentrazione dei recettori nicotinici nella membrana subsinaptica è il risultato di un processo complesso che coinvolge migrazione recettoriale, capacità nucleari, e cambiamenti nell'espressione genica del recettore (Sanes & Lichtman, 1999).

Nelle fibre immature si trovano nuclei in grado di sintetizzare le subunità per i recettori nicotinici dell’acetilcolina per tutta la lunghezza della fibra, inoltre queste fibre hanno un’innervazione polineuronale (Brown & Jensen,1976). Con la maturazione, l'innervazione polineuronale viene persa, i recettori preformati migrano alla regione sinaptica e la sintesi di subunità del recettore è in gran parte limitata a nuclei subsinaptici. Nel muscolo scheletrico adulto le subunità per il recettore nicotinico dell’acetilcolina sono sintetizzate solo da questi nuclei subsinaptici.

Tutti questi cambiamenti, tra le fibre mature e immature, non sembrano avvenire in maniera uguale nei vari gruppi muscolari. Alcuni di loro mantengono più fibre muscolari immature rispetto ad altri e per questo hanno una risposta diversa all’acetilcolina (Fraterman et al., 2006). Nei cani e nei gatti, sembrerebbe, che i muscoli responsabili della ventilazione siano più resistenti all’azione dei bloccanti neuromuscolari, rispetto ai muscoli degli arti; per questo riprendono la loro funzione prima dei muscoli degli arti (Auer et al., 2007).

I muscoli della laringe del gatto sono risultati più resistenti all’effetto del rocuronio rispetto ai muscoli dell’arto pelvico. Uno studio sperimentale del 2016, ha incluso 22 gatti che sono stati sottoposti a dosaggi differenti di rocuronio con l’obiettivo di identificare il dosaggio più basso da utilizzare per l’intubazione. I dosaggi di rocuronio utilizzati sono stati rispettivamente 0,1-0,2-0,3-0,6 mg/kg. Ad eccezione del dosaggio di 0,1 mg/kg con il quale non si è verificato un blocco completo della laringe in tutti i gatti, nonostante ci fosse una totale assenza di risposta dei muscoli dell’arto posteriore testato attraverso l’uso del TOF, non si è verificato un totale impedimento all’abduzione delle aritenoidi (Martin-Flores et al., 2016). Tale evenienza era già stata dimostrata nell’uomo dove è stato osservato che i muscoli della laringe erano più resistenti al vecuronio rispetto ai muscoli del pollice (Al

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41 Iwasaki et al,1994). Tale studio ci porta a pensare che un animale, sottoposto a un bloccante neuromuscolare, quando riprende la sua funzione ventilatoria autonoma non è detto che sia completamente svincolato dal blocco.

Murphy nel suo studio condotto nel 2005, valutò se la ripresa della ventilazione spontanea nei soggetti sottoposti a bloccanti neuromuscolari, fosse un parametro oggettivo che mostrasse la completa inversione del blocco. Su 22 cani sottoposti a un dosaggio di vecuronio di 25 mcg/kg per via endovenosa, la risoluzione del blocco è stata monitorata tramite TOF. Dallo studio è emerso che la ripresa della ventilazione spontanea non corrisponde a una completa risoluzione della curarizzazione, monitorata tramite TOF posizionato sull’arto posteriore. In questo studio il TOF risultava avere una ratio inferiore al 20% anche se vi era una ripresa totale della respirazione autonoma (Murphy & Szokol, 2005). Quindi, se ci basassimo soltanto sui parametri della ventilazione per monitorare il blocco, questo aumenterebbe il rischio di una paralisi residua. La curarizzazione residua nel post operatorio può essere una complicazione che si verifica con l’utilizzo dei bloccanti neuromuscolari.

In medicina umana è dimostrato che il blocco neuromuscolare residuo aumenta il rischio di eventi avversi come l’ostruzione delle vie aeree superiori e ipossia (Murphy et al., 2008). Viene infatti riportato che il blocco neuromuscolare residuo è una complicanza comune nel reparto di terapia intensiva nei pazienti postanestesia, con circa il 40% dei pazienti che presentano un rapporto tof <0,9.

Nell’uomo, è necessario un rapporto di accelerografia mediante TOF ≥ 90%, per essere considerato adeguato il recupero del blocco neuromuscolare (Kaufman et al., 2003).

Nei cani non è stato ancora stabilito un rapporto adeguato di recupero, tuttavia, è evidente che un rapporto TOF ≤ 20% indichi che il ripristino del blocco è lontano dall'essere completo, almeno nel muscolo monitorato, per cui è auspicabile aspettare almeno un recupero del 80- 90 % della percentuale TOF per evitare le conseguenze del blocco residuo (Moreno-Sala & Ortiz-Martinez, 2013).

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